Una famiglia accogliente - Capitolo 3 - Senso di colpa

di
genere
etero

Rimanemmo le successive due ore a parlare. Venimmo interrotti solo da una telefonata di Lorena, che diceva che sarebbe rimasta a casa di Sabrina anche la notte, e che poi l'avrebbe accompagnata all'università. Non sarebbe tornata prima dell'indomani pomeriggio.

Sonia si sfogò con me senza freni e inibizioni. Si avvertiva che erano anni che serbava dentro di se quelle cose: parlò del suo matrimonio fallito, del fatto che avesse dovuto praticamente cresce Sabrina da sola, del fatto che era un po' stanca ora. Mi confidò addirittura che per il compleanno del marito, si era fatta un intervento al seno, non per aumentarlo, visto che lo aveva abbastanza grande anche prima, ma per evitare che l'età potesse sfiorirlo. Naturale per metà insomma. Aveva addirittura pensato di togliersi gli impianti dopo la fine del matrimonio, ma per vari motivi aveva sempre rinviato.

Durante la conversazione, scoppiò a piangere più volte. L'abbracciai, stringendola forte. Dopo due ore, eravamo sul divano, nel buio totale se non per una flebile luce di candela dalla stanza vicina. Sembravamo due adolescenti. Era appoggiata di spalle a me, e io la circondavo abbracciandola.
“Tu sei una bellissima e straordinaria donna, e hai tutta la vita davanti. Prenditi ciò che vuoi, e buttati dietro tutto quello che di brutto ha dovuto passare. La tua vita ricomincia da oggi”.
Sonia si girò verso di me. Avevo il suo viso a pochi centimetri, le sue labbra vicinissime.
“Tu pensi? Ma io ormai ho quasi cinquant'anni, cos'altro posso mai fare”.
La presi per le spalle e la girai leggermente guardandola dritta negli occhi: “Non dire queste sciocchezze. Non piangerti addosso. Sei una donna forte, non abbandonarti così – le dissi mentre Sonia mi guardava immobile – fai tutto quello che vuoi, ora!” dissi alzando leggermente la voce.
Sonia abbassò per qualche secondo lo sguardo, poi lo rialzò. Mi incantai a guardarle le labbra. Mi avvicinai leggermente al suo viso. Sonia si mosse verso di me, e ci baciammo.

All'inizio fu un bacio timido, con le labbra che si toccavano appena. Poi mi spinsi più in fondo, e le nostre due lingue cominciarono a danzare. Si appoggiò di schiena su di me. Il mio sesso era già duro, ma non credo che Sonia se ne fosse accorta. Continuammo a baciarci per quasi un minuto, poi Sonia si staccò, e si spostò in avanti. Si portò le mani al viso.
“Che cosa ho fatto” disse concitata.
Mi avvicinai e le presi la mano. Lei la ritrasse.
“Hai fatto, dopo anni, quello che realmente volevi” dissi a voce bassa.
“Non con il ragazzo di mia figlia!” urlò quasi Sonia.
Mi inginocchiai di fronte a lei. Le presi le mani, le portai al viso e le baciai: “Posso prendermi cura di tutte e due. Io e Lorena non siamo propriamente fidanzati, ma è troppo lungo da spiegare...”
Sonia chiuse gli occhi, poi disse: “Non posso, potresti essere mio figlio”.
Le presi le mani e le appoggiai al mio viso: “Non negare ancora a te stessa ciò che realmente vuoi” le dissi.

Sonia tirò via lentamente le mani, e le poggiò sulle sue gambe. Indossava una tuta di velluto, e sotto la giacchetta una maglietta rossa. Rimasi qualche secondo a rimirare il suo seno così grande. Tornai in me quando Sonia disse: “Prima – disse abbassando lo sguardo – prima … ho visto che … ho visto che il tuo … si, insomma, il tuo jeans era duro”.
Abbassai lo sguardo a vidi la patta gonfia. Stavo per esplodere a dirla tutta.
“Oh, si … ecco, io...” dissi imbarazzato abbassando lo sguardo.
“Mi dispiace così tanto – disse Sonia portandosi le mani sulla bocca – è tutta colpa mia, non dovevo, non doveva succedere”.
“Sonia, no...” dissi mentre Sonia si alzava e andava verso la finestra, e mentre tuoni e lampi dominavano il paesaggio buio.
Mi alzai e la raggiunsi. La presi per la braccia, stringendola lentamente. Sonia si girò. Ero di fronte a lei, i nostri corpi si sfioravano.

“Se ti sei eccitato è colpa mia, devo rimediare - disse Sonia guardando i miei jeans – ti prego di scusarmi ancora. Questa cosa dovrà rimanere un segreto, Lorena non dovrà mai saperlo. E dovrà finire tutto qui. Non deve succedere null'altro” disse Sonia mentre una lacrima le rigava il viso.
Io, leggermente stordito, non capivo. Poi sentii le mani di Sonia armeggiare con la cintura, slegarla, e sbottonare il jeans. Lo abbassò leggermente. Il sesso duro nei boxer puntava dritto verso di lei.
“Questo è tutto quello che posso fare per scusarmi. Dopo però, torneremo ad essere due estranei come è sempre stato”.

Abbassò il boxer, e il pene durò uscì con un movimento rapido. Guardai mentre la sua mano destra lo accarezzò. Alzai lo sguardo, quando cominciò a masturbarmi.
Muoveva la mano lentamente, mentre con l'altra i toccava i testicoli. Aveva le mani fredde, ma non dissi niente.
Lei non alzava mai lo sguardo. Posai le mani alla finestra, mentre cominciai a gemere piano.
“Signora Sonia...” dissi gemendo e stringendo i pugni che scivolavano sul freddo vetro.
Sonia non diceva niente, ma come un automa continuava a muovere le mani.
“Sonia, posso stringerti?” disse mentre con una mano le toccai per la prima volta il seno. Ebbi un sussultò.
“Ti prego, non ti basta?” rispose guardandomi negli occhi mentre accelerava il ritmo.
Chiusi gli occhi, e li riaprii. Adesso aveva rallentato leggermente.
“Forse tuo marito non te lo avrà mai detto, ma il tuo seno è bellissimo, e sarebbe stato un delitto distruggere questo capolavoro che hai addosso. E' perfetto così”.
Sonia mi guardò, poi riabbassò lo sguardo. Mi sembrò di intravedere un sorriso.
Accelerò di nuovo: questa volta ero vicino all'orgasmo.
“Sto … sto per venire, Soniaaa!” dissi alzando la voce.
Sonia aumentò ancora il ritmo, fino a che chiusi gli occhi, e schizzi di sperma caldo colpirono la sua tuta. Respiravo affannosamente.
“Mi scusi, non volevo, io...” dissi mentre la Sonia si spostò lentamente.
“Non fa niente. Adesso però è meglio che vai, si è fatto tardi”.
Annuii. Mi rivestii, e aprii la porta. Sonia si era ripulita con dei fazzoletti.
“Buonanotte Sonia”.
“Chiamami signora Sonia per piacere” disse con lo sguardo basso mentre chiudeva piano la porta.
Sospirai, e scesi giù.
scritto il
2010-11-19
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