Una famiglia accogliente - Capitolo 6 - Stacanovista

di
genere
etero

Il bus si fermò con un sussulto. C'era poca gente, e quando scesi l'odore della pioggia appena caduta permeava l'aria della piazza. Il palazzone antico era proprio di fronte a me: la sua stazza e il suo stile classico ben si intonava con la sacralità che hanno tutte le cose antiche, come quel posto. Entrai, e leggendo tra i vari cartelli, trovai la freccia.
“Archivio”.

Seguii i corridoi semivuoti, di gente che indaffarata andava a casa. Erano le sette passate. Mi fermai davanti ad una porta: “Archivio storico – Sezione B”. Bussai alla porta. La voce di Sonia rispose con un “Avanti”.
Entrai e richiusi la porta dietro di me: “Buonasera Signora Sonia” dissi sorridendo.
Sonia mi guardò sorpresa: “E tu che ci fai qui?”.
“Ti ho portato la cena – dissi alzando la busta che avevo in mano – Lorena mi ha detto che avresti fatto più tardi questa sera, e quindi ho pensato di farti da chef”.
Sonia rise, poi disse: “Non dovevi disturbarti. Ma stasera non esci con lei?”.
“No, ha da studiare. Quindi ho pensato di venire un po' a vedere come stesse la mamma”.
Sonia si imbarazzò leggermente.
“L'edificio è quasi vuoto ormai. Come mai devi rimanere fino a quest'ora?” le chiesi.
“I giorni scorsi ci sono stati dei problemi con delle assenze, e quindi abbiamo dovuto fare un po' di straordinari. Oggi tocca a me”.
Mi avvicinai alla scrivania dove era seduta, dietro pile di carte. Poggiai la busta sulla sedia sinistra, e mi sedetti sulla destra.
“Rimarrai sola quindi”.
“Già” rispose Sonia tornando ad annotare su dei registri.
Mi alzai e gironzolai un po' tra gli scaffali pieni di documenti di ogni genere. Dopo qualche minuto sentii la porta aprirsi.
“Signora, allora se mi cerca io sono nel gabbiotto dell'ingresso. Basta un colpo di telefono”.
“Ti ringrazio Giovanni – rispose Sonia – qui ne avrò per un altro po'”.
“Bene, allora non la disturbo oltre. Con permesso”. E sentii la porta chiudersi.
Tornai da Sonia. L'unica luce accesa era quella della scrivania di legno. Fuori le luci della città erano già accese.
Mi avvicinai e da dietro mi abbassai su di lei. Le presi per il mento, e le diedi un bacio, dolce.
Sonia sorrise, poi disse: “Non mi distrarre, che ne avrò ancora per un po'”.
Mi affacciai alla finestra, guardando i bus, i taxi e le macchine che affollavano le strade. Sonia si era alzata e cercava qualcosa in uno scaffale. Indossava un completo grigio, giacca e gonna, che scendeva oltre il ginocchio. Sotto la giacca, un maglione blu a collo alto. Occhiali dalla montatura nera in viso, capelli raccolti.
Tornò a sedersi dietro alla scrivania.
Mi avvicinai a lei, e poggiai le mie due mani sulle spalle.
“Mi sa che ti meriti un bel massaggio – dissi – sei proprio una stacanovista”.
Sonia si tolse gli occhiali e li poggiò sulla scrivania. Chiuse gli occhi, mentre le mie mani si stringevano sulle spalle.
“Oddio, mi sa che hai ragione. Sono bloccata su questa sedia da stamattina”.
Le mie mani si muovevano su tutte le spalle. Le spostai sul collo, e con i pollici le massaggiavo la cervicale. Mi abbassai su di lei, e le dissi all'orecchio: “Quando te lo faccio a casa da nuda, e tutt'altra cosa vero?”.
Sonia sorrise, e disse: “Ma adesso sono a lavoro, mi dovrò accontentare”.
Continuai per qualche altro minuto. Poi mi interruppi, e mi avvicinai alla porta.
“Dove vai?” chiese Sonia.
Aprii la porta, misi la testa fuori. Non c'era anima viva. Chiusi, e girai la chiave.
“Niente, volevo controllare che non ci fosse nessuno”.
“E perché” disse Sonia guardandomi mentre tornavo a massaggiarla.
“Nulla, era per stare più tranquilli. Tutto qui”.
Sorrisi, e con le mani energiche le cingevo le spalle. Sonia si arcuò leggermente, inarcando la schiena e rilassando i muscoli.
Scesi con le labbra su di lei, e le diedi un altro bacio. Poi le mie mani scesero fino al suo seno. Strinsi delicatamente, cominciando a palparle.
“Che massaggio è questo?” chiese Sonia con gli occhi chiusi.
“Sssshh” risposi.
Mi abbassai, e la baciai con passione. Le mie mani si strinsero più forti. Poi mi staccai. Le presi per mano, e la feci alzare.
“Vieni” le dissi tirandola verso il labirinto di scaffali.
Girai un paio di angoli tra gli scaffali pieni di libri, raccoglitori. A un certo punto mi fermai: non c'erano finestre vicine, ne porte. Nessuni poteva vederci. Mi girai verso Sonia che mi teneva per mano. La spinsi verso uno scaffale. Poggiai le mie mani su un ripiano, bloccandola.
“Che intenzioni hai?” chiese sorridendo.
Le diedi un bacio sul collo, poi risposi: “Ogni tanto ci vuole una pausa no?”.
Sonia rise, mentre mi accarezzava i capelli.
“E poi – le sussurrai all'orecchio – quante volte hai sognato di fare l'amore qui dentro?”.
“E tu che ne sai?” rispose lei.
Le diedi un bacio. Le mie mani scesero sulla sua gonna, stringendo il suo sedere: “Lo so e basta”.
Ci baciammo con passione. La presi per la giacca, e la tirai a me: “Che intimo hai addosso?” le chiesi ridendo.
“Queste cose non si chiedono, sporcaccione” rispose lei schernendosi leggermente. Le tolsi con un movimento deciso la giacca, che lanciai lontano.
“Aspetta, ma se qualcuno...” la interruppi baciandola.
Le alzai il maglione sopra il seno. Essendo elastico, rimase su da solo. Sonia indossava un reggiseno nero, molto semplice. Presi il suo seno tra le mani, e tornai a baciarla.
Le stringevo forte: lei ansimava leggermente, mentre con un movimento si tolse la forcina dai capelli, liberandoli.
Mi abbassai sul suo seno, Mi buttai tra le sue tette, baciandole il petto. Sonia mi strinse a se, abbracciandomi. Portai una mia mano dietro la sua schiena. Trovai la clip, sciolsi il reggipetto. Le tette non più costrette si allargarono davanti a me, e io alzai il reggiseno sopra il suo seno.
Giocherellai con il suo seno per parecchio tempo. A Sonia piaceva un sacco quando le leccavo con voracità i suoi seni. Passavo più tempo con i suoi capezzoli in bocca che senza.
“Sei testardo come sempre – disse Sonia mantenendo il seno mentre lo leccavo – eri già venuto con la voglia di fare questo”.
“Non solo questo” le risposi ridendo.
Sonia rispose ridendo, quando il suo cellulare squillò.
“Chi può essere” dissi guardandola.
“Non lo so” disse Sonia dirigendosi verso la sua borsa sulla scrivania.
La seguii.
“E' Lorena” disse Sonia guardandomi.
“Rispondi” dissi io avvicinandomi a lei.
Sonia rispose: “Ciao Lory … si, sono ancora a lavoro, tu stai studiando? … non so quando torno … e si allora … ”.
Mi avvicinai a Sonia. Manteneva il cellulare con la mano destra. Si era abbassata di nuovo il maglione. Le andai vicino. Era appoggiata alla scrivania. Le alzai di nuovo io maglione, stringendo le sue montagne di carne.
“Che fai” disse Sonia muovendo le labbra ma senza pronunciar suoni.
“Sssshhhh. Fai la brava mamma e chiedi a tua figlia com'è andata la giornata, no?” le sussurrai all'orecchio.
Potevo sentire Lorena parlare a cellulare mentre mordicchiavo i capezzoli di Sonia. Proprio Sonia cercava di mantenere una conversazioni attiva senza lasciar trasparire nulla, ma la vedendo trattenersi per qualche mugolio.
“Ti prego - mi sussurrò allontanando per qualche secondo il cellulare – ci scoprirà”.
Mi staccai un secondo. La feci un attimo alzare. Le diedi un bacio leggerissimo sulle labbra, e dissi: “Ma non ti eccita tantissimo anche a te?”. Abbassai le mani e le alzai la gonna, poi la feci riappoggiare alla scrivania.
Sonia perlopiù annuiva e rispondeva si a quello che Lorena diceva. Le accarezzai la pancia mentre le baciavo il collo.
“Dio, come vorrei adesso sbatterti su questa scrivania” le dissi all'orecchio.
Sonia chiuse gli occhi, mordendosi le labbra: “Certo, hai ragione, ci mancherebbe …” rispose a Lorena.
Infilai una mano nelle sue mutandine. Era già bagnata: “Lo vedi che avevo ragione a dire che era eccitante?” le dissi.
Con una mano le palpavo il seno, con l'altra le palpavo le labbra della sua vagina pregne dei suoi umori. Con molta lentezza, le infilai un dito dentro. Sonia emise un gemito, poi si affrettò dicendo: “Nono, tutto bene”. Chiuse gli occhi.
Continuai a muovere la mia mano, mentre le sussurravo all'orecchio quanto la desiderassi.
“Sisi, devi fare così ...” diceva a telefono.
“Signora Sonia, la prego, non vede che sto per esplodere - le sussurai sorridendo – forse le sue mani possono fare qualcosa”.
La mano di Sonia si poggiò sulla mia patta. Avevo il sesso in tiro da tempo, ci sarebbe voluto poco per l'orgasmo. Abbassò la zip del pantalone, e infilò la mano dentro frugando: afferrò il mio pene duro e lo tirò fuori. Cominciò a masturbarmi.
Io nel frattempo non smettevo di muovere la mia mano tra le sue gambe. Le baciavo il collo con passione, mentre lei, anche se  molto a fatica, continuava a rispondere a sua figlia.
“Sei bravissima come sempre, forse anche di più ora che Lorena è qui con noi” le dissi.
“Ti prego, abbassa la voce” mi sussurrò.
Aumento il ritmo. Tirai via la mia mano tra le sue gambe, stringendole il seno. Ero immobile di fronte a lei, con la mano della zia che si muoveva veloce.
“Sonia, ci sono quasi” dissi piano.
Mi abbassai su di lei, e la baciai. “Eccomi, sto venendo Sonia”.
“Si, verrò tra un paio di ore credo” rispose Sonia a telefono.
“Sonia, Soniaaaaa” le dissi all'orecchio.
Qualche secondo dopo, schizzi di sperma colpirono il corpo di Sonia. Scivolando fin sulle sue mutandine. Ansimai piano, cercando di non fare rumore.
“Ok, a dopo” disse Sonia chiudendo il cellulare e riappoggiandolo nella borsa.
“Scusami Sonia, ma non ce la facevo più a trattenermi” le dissi.
Sonia si alzò e mi diede un bacio: “Non preoccuparti, ero io che dovevo pensarci prima”.
Sorrisi. Sonia prese un fazzoletto per pulirsi.
Mi riabbassai su di lei. La baciai, poi le dissi: “Sei bella come il primo fiore della primavera, sai?”.
Sonia arrossì. Poi sussurrò: “Grazie”.
La presi per mano, e la riportai tra gli scaffali dove eravamo prima.
“Però non hai completato quello che hai iniziato. Non si pulisce dopo aver sporcato” le sussurrai all'orecchio.
Sonia rise, mi diede un colpetto sul petto, e disse: “Ma a te chi ti ha mandato?”.
Si abbassò sulle ginocchia. Prese con una mano il pene che era ancora duro: “Non ci posso credere al fatto che sei venuto da due minuti e il tuo pene è ancora duro come prima”.
Le accarezzai il viso. Si tirò i capelli dietro le orecchie, aprì la bocca e cominciò a leccare il mio sesso duro.

Racconto di fantasia -fatti e riferimenti a persone reali sono puramente casuali-

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scritto il
2011-01-13
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