Le sue corde. Volume 1
di
valchiria96
genere
dominazione
Il tossicomane da barbiturici offre uno spettacolo terrificante. Non riesce a coordinarsi, barcolla, cade dagli sgabelli del bar, si addormenta nel mezzo di una frase, si fa cadere il cibo dalla bocca. È confuso, rissoso e stupido. E quasi sempre fa uso di altre droghe, qualunque cosa sulla quale possa mettere le mani: alcol, benzedrina, oppiacei, marijuana. Chi usa barbiturici viene guardato con sdegno nella società dei tossicomani: "Pezzenti delle pasticche".
E si apre così, citando Burroughs. Sarà per la follia di ciò che sto per narrare, non certo per lo stile.
Mi sento in dovere di precisare che quanto segue è pura fantasia, nulla di tutto ciò è mai successo. Detto questo, buona lettura.
Cenere e ghiaccio, una debole luce sul mio viso, la mia schiena piegata e gli arti indolenziti. Non so da quanto vada avanti questa cosa, ho perso la cognizione del tempo da un po’ ormai. Rinchiusa in una stanza chissà dove e lontana certo da occhi indiscreti.
Non ricordo bene come tutto sia iniziato, forse l’ alcol e le droghe sono complici di questa mente bacata.
Sono rannicchiata sul pavimento, nuda e sporca, le mie mani legate dietro la schiena. Il mio corpo è intriso di lacrime e sudore misto a quella polvere sottile che ricopre il pavimento di cemento. Non so se piangere o urlare, so solo che non doveva andare così, nulla mai dovrebbe andare così.
Forse ero in un bar, ricordo che entrai per incontrare qualcuno, probabilmente per una dose ma ora che ci penso bene, da quel bar sono uscita alla svelta e corsi verso quel buco di fogna che ormai chiamo casa. Un covo di tossici, puttane e disadattati, non mi faccio da molto, forse sono ancora in tempo a tornare indietro ma nonostante ciò mi sono ritrovata la porta di casa sbattuta in faccia. Ho trovato rifugio nel cesso dell’inferno, dormo su un mucchio stracci vecchi e puzzolenti, uno scenario disgustoso. Intorno a me sento solo bestemmie, urla e puttane che fingono di godere vendendo il culo solo per quella cazzo di eroina. Non credo di essere qui legata per lo stesso motivo, non sono ancora arrivata a tanto e poi tutto questo è fin troppo assurdo. Tra quei disadattati come me, devo sempre prestare attenzione, non tanto verso me stessa bensì alla mia roba, troppo preziosa per lasciarsela rubare. Vicino al mio letto, o come preferite chiamarlo voi, spesso c’è un tossico, Valerio, lui la roba se la infila nel culo, un tipo strano ed evidentemente ormai a fine corsa. Iniziai a seguire il suo esempio, presi ad infilarmi le dosi ovunque. Presto mi sono ritrovata senza un lavoro, le mie assenze e l’astinenza hanno fatto sì che mi buttassero fuori da quella merda di albergo per vip ignoranti. Fanculo, tanto mi sbattevano sopra e sotto per 3 euro l’ora. Inevitabilmente, spinta dalla disperazione e dall’astinenza, dovetti iniziare a fare marchette, mi sono sempre limitata a qualche pompino e tirare seghe un po’ ovunque, non ho mai avuto certo intenzione di vendere il culo. Ovviamente di proposte allentanti ne ho ricevute e diavolo per il mio sedere mi hanno offerto 200 euro una volta. Un vecchio bavoso comunque, squallido quanto I suoi soldi. Di gente strana in giro se ne trova e incontrai una donna tempo fa, palesemente schizzata, mi offrì 30 euro per masturbarmi e venire con gli slip ancora addosso per poi darglieli, ovviamente accettai l’offerta, I trenta euro più facili di sempre.
Questo mondo però sa fotterti, e io sono stata fottuta alla grande, I miei slip ora non so neanche dove siano, come d’altronde il resto dei miei vestiti e I frammenti della mia anima.
Che situazione di merda, probabilmente me la sarò cercata, strafatta come ero chi può dirlo. Una cosa è certa, non sono in astinenza, di sicuro non mi privano della mia dose. Ricordassi almeno I loro volti, non so dire neanche se siano in tanti o soltanto una persona. Devo ricordare, prendo ad imprecare contro il mondo e non vedendo via di uscita è l’unica cosa che possa fare. Ad un tratto, sento urlare qualcosa, una voce chiaramente femminile, non capisco e chiedo aiuto. Pessima idea, inizio a sentire dei passi veloci avvicinarsi alla porta chiusa di quella stanza. La chiave nella serratura che inizia a girare, la porta si spalanca, e finalmente luce. Sono in ginocchio cercando di mettere a fuoco quella sagoma e poco a poco le immagini si fanno più nitide, è una donna, l’ho già vista, ma dove?. Mi viene incontro con fare alterato, mi afferra per I capelli, e mi urla.
-”Hai fame puttanella?, la cena non è ancora pronta, non che ti spetti molto non illuderti ma potrai avere la tua parte fra poco”
Non capisco, cosa diavolo significa? Puttanella? Non sono una puttana maledizione!
-”Cosa vuoi da me?” - le chiedo con una voce spezzata, -”Non temere, ti tornerà la memoria” - risponde lei, - ”e ricorda” - continuando - “devi chiamarmi Miss, per questa volta te la lascio passare, la prossima saranno guai”.
Miss!? Mi chiedo, starà forse per Mistress? Anche se fosse, non è così che di solito funzionano queste cose, a meno che io non abbia acconsentito. Ma è impossibile, mi rifiuto di credere che abbia potuto accettare tutto ciò. Se l’ho fatto dovevo essere proprio disperata e ora non sono in astinenza. Forse dovrei preoccuparmi, vuol dire solo una cosa. Ho superato ogni mio limite per una dose. Devo scoprire di più e non ho idea di cosa mi aspetti.
Guardo quella donna voltarmi le spalle mentre ancora una volta mi chiude in quella gabbia ma questa volta lasciando la luce accesa. Nell’attesa, inizio a guardarmi intorno, sono in un sotto tetto, circondata da scatole e altre cose ammucchiate un po’ ovunque senza troppa cura.
Poco dopo sento ancora quei quei passi avvicinarsi verso i confini di quello spazio angusto.
Nuovamente la porta si spalanca e mi sento trapassare dal quel gelido sguardo proveniente dagli occhi di quella donna misteriosa.
-”Forza! E’ pronta la cena, seguimi avanti! E non fare cose stupide” - Mi ordina con tono glaciale.
Non oso replicare, la seguo in silenzio, giù per quella scala che sembra interminabile. Scendendo per due piani riesco a dare un veloce sguardo a quella casa che sembra a prima vista normale e accogliente come tutte le altre. Arriviamo in cucina, così precisamente ordinata con le pentole ancora sui fornelli. Mi assale uno splendido profumo di carne al forno e di verdure grigliate. Il mio stomaco brontola senza un minimo di discrezione, so che tutto ciò non è per me ed infatti a terra trovo una tazza con dentro solo una manciata di riso chiaramente troppo cotto.
Mi sento spingere a terra con forza e disprezzo, le mie ginocchia collidono bruscamente contro il pavimento gelido. Quella donna, che con una mano mi afferra i capelli e che con l’altra mi porge quell’umile pasto, sussurra dritta nelle mie orecchie.
-”Ora mangia, schifosa, e ringraziami, questo è anche troppo, ti lascerei morire di fame ma per te sarebbe una fine fin troppo rosea”-
Quelle parole mi gelano il sangue, non uscirò mai da qui.
-”Si Miss”- replico, mentre le lacrime mi accarezzano il viso.
Mi fiondo in un attimo sulla quella ciotola già mezza vuota. E’ uno schifo ma anche tutto ciò che ho.
Quel freddo essere, così duro e impassibile, prende posto a tavola servendosi quelle deliziose pietanze e dello scurissimo vino rosso.
Dopo pochi bocconi finisco la mia cena e mi metto seduta a guardare il pavimento. Qualche istante più avanti, prendo ad osservarla. E’ una donna sui trentacinque, mediamente alta, capelli lunghi di un rosso tinto e un corpo, così perfettamente scolpito, che farebbe impallidire qualsiasi uomo o donna al solo sguardo. Il suo seno non è abbondante anzi quasi impercettibile sotto quella sottile maglietta mentre le sue gambe affusolate terminano con dei piedi nudi,perfetti e dalle unghia smaltate.
Il suo viso, dai tratti ben definiti e snelli, è completato dai i suoi occhi verdi tanto profondi quanto agghiaccianti che con la sua bocca dalle labbra sottili, completano un quadro dove al centro, con grazia perfetta, si colloca il suo naso dalla punta all’insù.
Una splendida visione, non c’è alcun dubbio, ma dietro tanta bellezza si cela qualcosa di tremendo che a breve e inarrestabile si scaglierà su di me.
Passano qualche decina di minuti e quella che ormai identifico come Miss finisce deliziata il suo piatto sorseggiando le ultime gocce di vino. Si volta verso di me, mi scruta dall’alto verso il basso, forse studiando la prossima mossa. In silenzio si alza, io ancora con le mani legate e seduta ai piedi del tavolo che è adagiato lungo la parete. Mi sento minuscola e impotente, specialmente ora che la fame di droga sale. Vorrei solo un ultima dose, ancora un viaggio lontano dalla realtà.
La discesa nell’oblio inizia quando Miss, con il piede, prende a schiacciarmi il ventre. Un dolore atroce trapassa il mio corpo mentre il suo tallone sembra volermi entrare dentro.
Respirare è impossibile, ho il fiato spezzato dalle lacrime e dalla paura.
Non immagino cosa seguirà ma se questo è solo l’inizio allora non vedrò sorgere l’alba.
L’orologio sulla parete segna le ventuno e il tempo sembra essersi fermato, passano i secondi mentre quella tremenda pressione inizia ad allentarsi.
Sono finalmente libera e ricomincio a respirare quell’aria carica di odori e paura.
-”Dimmi, quanto la desideri?”- Mi dice, chiaramente rivolgendosi alla mia dose. -”So che la vuoi, i tuoi occhi mi parlano chiaro, non sono più un mistero e ora posso guardarti dentro”- Continua lei con tono sprezzante.
Mi afferra per un braccio, mi tira su con forza non curante dello spigolo del tavolo che quasi mi squarcia la schiena. Sono in piedi, proprio davanti a lei e con un veloce sguardo sul tavolo noto un foglio, adagiato proprio sul lato più lontano, non riesco a leggere ma una cosa la riconosco. E’ la mia firma, inconfondibile rende chiara ogni cosa. Posso solo immaginare le condizioni e ormai ci sono dentro.
Sento la presa di Miss serrarsi sul mio viso, le guancia, doloranti, strette sui denti.
-”Lo hai voluto tu, non lo ricordi ma lo hai voluto tu”- Incredula abbasso lo sguardo, lei prosegue.
-”Guarda! Su questa carta c’è la prova sottoscritta proprio da te. E pensa, alcuni di questi punti sei stata tu stessa a suggerirli.” -
Prende quel documento porgendomelo tra le mani. Inizio a leggere quel testo che come i versi di una macabra poesia recita:
Io Sara, da oggi, quindici giugno, e per i prossimi tre giorni, sarò serva di Irene, mia Miss e padrona.
Mi dichiaro quindi preda suo dell’istinto e del suo desiderio alle seguenti condizioni.
1) Nulla di quanto sarà dichiarato nei punti successivi potrà nuocere alla mia vita in alcun modo.
2) Il mio corpo potrà essere marchiato una e una sola volta nel modo che più appagherà la mia Miss.
3) La mia mente sarà schiava del tempo e della perversione.
4) La mia carne non apparterrà più al mio essere bensì come un dono la offro alla mia padrona.
5) I miei orgasmi saranno governati non dalla mia mia volontà ma dal permesso che mi impegno a chiedere ogni volta che se ne renderà necessario.
6 L’uso del mio corpo sarà riservato solo ed esclusivamente alla mia Miss e nessuna altra forma di vita sarà permessa.
7) Sebbene la mia pelle potrà essere sporcata incondizionatamente, tutto ciò che verrà introdotto dentro di me sarà accuratamente pulito.
8) La natura di tutto ciò che violerà il mio corpo non verrà messa in alcun modo in discussione purché non violi i punti 1, 2, 5 e 6.
9) Per tutto il tempo concordato rimarrò priva di ogni indumento e con le mani legate dietro la schiena.
10) Tutto ciò che accadrà in questi contesti rimarrà nel privato.
11) Qualsiasi abuso compiuto da entrambe le parti non sarà tollerato se non sotto esplicito consenso.
Ora non ci sono proprio più dubbi, tutto torna alla luce e come un lampo che squarcia il cielo, i ricordi riaffiorano nella mia testa. E io che pensavo di essere qui chissà da quanto tempo, sono solo poche ore, stupida, stupida e stupida. Quel maledetto treno, è li che l’ho incontrata, doveva essere la mia occasione per ricominciare. Avevo trovato asilo dai miei zii a Firenze, mi avrebbero offerto un tetto e un lavoro nel piccolo negozio di articoli sportivi, comunque sempre uno schifo. Certo, mi sarei disintossicata e avrei ricominciato a vivere la mia vita come una persona normale ma non ho mai saputo sopportare quelle persone. E a dimostrazione di ciò, c’è il fatto di come abbiano scelto di sfruttare una tossica pur di non pagare un qualsiasi altro individuo. Da parte sua invece, Irene, una cacciatrice, dominatrice insaziabile, ha incrociato la mia strada. Non ha impiegato molto ad inquadrarmi, sono la preda perfetta per una come lei. Senza troppo impegno è riuscita a deviare il mio percorso, mentre a me, disperata come sono, non è servito molto tempo per riflettere ed accettare la sua allettante proposta, non molto diversa da quella dei miei zii comunque, con la differenza però è che avrei goduto di un lavoro retribuito nel suo bar a Firenze e sopratutto vivere liberamente la mia vita.
Le condizioni per tutto ciò sono già note. Ora non ho più scuse, con quella firma, sono diventata una vera puttana. E’ sia chiaro, non dico questo perché credo che loro non abbiano dignità, anzi, so bene cosa si prova, e spesso quella non è una vita felice ed io voglio vivere una vita serena.
Ormai ci sono dentro, non ho modo di tirarmi indietro. Le parole di Irene sono state chiare, potrò continuare a farmi solo finché avrò una dose e finita l’ultima dovrò disintossicarmi definitivamente altrimenti perderò ogni privilegio da lei offerto.
E i ricordi? Vi chiederete. Non è di certo un problema patologico, No ovviamente no, è stato solo frutto di una gran botta nel sangue e una gran quantità di vodka. Dio se ero ubriaca, non so neanche come abbia fatto a salire su quel treno. Certo che in quello stato, anche se mi avesse chiesto un rene avrei accetto.
-”Ora ricordo Miss”- Le dico con tono spento. -”Era anche ora ragazza”- Replica lei con un tono che quasi sembra essere uscita da quella parte così fredda e impulsiva.
-”Sara, non devi preoccuparti, sono una leonessa ma sono anche molto esperta, ora tu sei mia certo, non ti farò del male, o almeno non più di quanto ti sia già fatta da sola” -
Queste parole mi rendono perplessa e incredula, sembra quasi un controsenso, prima mi calpesta come un insetto ed ora mi dice queste cose. Non la interrompo limitandomi ad ascoltare.
-”Sappi che hai finito tutta la tua roba, te la sei sparata tutta insieme e non ho idea di come tu faccia ancora a respirare e non so neanche come tu abbia potuto ridurti in questo modo.”-
Non ci voglio credere, non posso subire tutto questo in piena crisi di astinenza. Merda!
-”Guardati Sara, non puoi sciupare tanta bellezza, sei un fiore appena sbocciato così fresco e profumato. Rilassati ora, la tua crisi imminente non la sentirai neanche, io sovrasterò ogni tua emozione, ti sto per trascinare con me nel paradiso dei sensi. Un luogo lontano dal dolore e dalla disperazione dove la tua mente e la tua carne muteranno e tu risorgerai priva di quelle catene che da sola hai legato alla tua vita.”-
Queste parole sembrato essere pronunciate da un angelo più che da una bestia assatanata.
Forse è veramente il mio punto di svolta, forse dovrei fidarmi di queste parole. Non che abbia molte alternative comunque.
-”Ora però, puttanella, apri quelle gambe, fai vedere alla tua Miss cos’hai li sotto”-
E’ tornata, quel tono e quello sguardo così selvaggio si riaccendono come se mai quella fiamma fosse mai stata spenta.
-”Si Miss, sono tua Miss”- Sono le uniche parole che riesco a pronunciare.
Irene si sposta proprio dietro di me. Mi stringe il seno come se fosse pongo, mentre con l’altra mano e senza alcun ritegno si insinua sul mio sesso e senza neanche concedermi il lusso di una lieve eccitazione penetra il mio corpo. Gemo dal dolore, ma con quei suoi baci sul collo e quella delicatezza con la quale morde le mie orecchie placa i miei sensi trasportandomi poco a poco verso un nuovo orizzonte di passione.
-”Sei fresca proprio come immaginavo”. - Sussurra lei. -”Sento che ti stai eccitando, stai diventando un fuoco li sotto”-
Oh si, è vero. Non sono mai stata toccata in questo modo da una donna prima d’ora.
-”Ora però basta, razza di ingorda! Sei schifosa, non faccio in tempo a toccarti che già sei bagnata come una lurida sgualdrina!”-
Mi spinge con violenza sul tavolo. All’impatto, con la testa, colpisco il calice ancora sporco di vino che si infrange in mille pezzi cadendo a terra. Con una mano mi tiene giù, ferma su quell’asse di legno. Afferra intanto la paletta ancora intrisa d’olio, con la quale poco prima si è servita l’arrosto, e inizia con violenza a tirarmela sul culo. Colpo dopo colpo, gemito dopo gemito, dopo che quell’olio ancora tiepido è sceso quasi fin sotto ai piedi, le mie chiappe sono ormai un bollente fuoco.
All’istante Irene lascia cadere l’utensile a terra, mi afferra un spalla e mi tira su. Mi gira di scatto, e mentre ancora mi tiene per i capelli, mi bacia sulla bocca mentre con la gamba si struscia contro il mio sesso.
Quell’alternanza tra dolore e affetto mi confonde. Sembra quasi che neanche lei sappia bene cosa farne di me.
-”Guarda la mia gamba! Guarda come l’hai bagnata”- Mi urla contro mentre con un dito raccoglie i miei umori per poi portarseli alla bocca.
-”Certo che però, hai una fighetta proprio di zucchero eh!”- La guardo quasi con soddisfazione.
-”A quanti l’hai fatta leccare? Visto quanto sei troia scommetto che neanche tu sapresti rispondermi”-
-”No infatti, non lo so”- Replico io, e lei di tutto punto mi risponde con un sonoro schiaffo sul viso.
“Non hai un briciolo di educazione. Devi chiamarmi Miss quando ti rivolgi a me, chiaro?”-
-”Perdonami Miss, non accadrà più”- Sono ormai bagnata, dolorante e sconcertata. Non so dire se eccitata.
-”Spero sia l’ultima volta dannazione, ora dovrò punirti, è solo colpa tua se ora sono costretta ad aggiungere una lingua a tutte quelle che hai già preso tra le gambe”-
In un lampo mi ritrovo con il suo visto proprio sotto di me, quasi mi sento io la padrona adesso. E’ la prima volta che posso guardarla dall’alto. Intanto, la lingua di Irene è già dentro di me, la sento muoversi vorticosamente tra le mie labbra, le mie mani chiuse a pugno, la mia testa rivolta all’indietro, gli occhi sbarrati e il respiro che si accorcia. I capezzoli ormai turgidi tanto da farmi male e quel calore incessante che sale vertiginosamente mi fanno gemere di piacere. La bocca della mia Miss, ingorda del mio sesso, si chiude sul mio clitoride come una conchiglia rinchiude la sua perla. Tremo sotto i colpi di quella lingua che quasi come una frusta si scaglia sul mio punto più sensibile. Quel miscuglio di umori e saliva si fa strada tra le mie cosce solleticandomi la pelle. E le,i famelica del mio corpo, non lascia che neanche una goccia venga sprecata.
L’orgasmo è vicino, lo sento crescere, lo sento in gola mentre il mio ventre si contorce incontrollato.
-”Non resisto Miss, sto venendo, ti prego lasciami godere”- Le supplico con voce spezzata.
Lei insiste mi porta al limite, e io le resisto con tutte le mie forze, non posso disobbedire, non ho idea di cosa potrebbe farmi.
Irene all’improvviso, si stacca dalla fonte del mio piacere, troppo tardi però per fermarsi. Il mio orgasmo esplode incontrollato tanto che non riesco a nasconderlo, gemo sonoramente, un urlo secco quasi rauco esce dalla mia bocca mentre le mie gambe cedono sotto il peso della lussuria.
-”Sei veramente un animale, ora ti tratterò come una vera bestia, non mi lasci altra scelta!”- Con tono deluso, la mia Miss stampa queste parole nella mia testa.
-”Perdonami, Miss, avresti dovuto fermarti prima”-
-”Non dirmi quello devo fare puttana, io sono la padrona e io decido e tu quando vieni devi chiedermi il permesso e finché non ti rispondo devi trattenerti”-
Mi sbatte di nuovo sul tavolo, ordinandomi di non muovermi. Sono completamente esposta, di nuovo impotente e minuscola. Irene va verso il frigo, lo apre e afferra qualcosa di bianco e piccolo. All’inizio non capisco ma poi me lo sbatte proprio davanti agli occhi. Un uovo, sodo, capisco all’istante. Lei mi sorride con malizia, le sue labbra ancora bagnate di me.
Miss lascia rotolare quella fredda punizione sulla schiena e riafferrandola al volo, prima che scivoli via dal mio sedere, inizia lentamente a spingerlo tra le mie labbra ancora bollenti di un orgasmo tanto potente. Il freddo mi invade ad ogni centimetro che quell’uovo percorre dentro di me mentre, lo sento entrare, soffice e delicato, nel umido sesso e alla fine, le mie labbra lentamente si chiudono intrappolando quella bianca pietanza.
-”Ora sei una gallina! E cosa fanno le galline?”- Mi suggerisce, mentre con il pollice spinge ancora più a fondo l’uovo dentro di me.
-“Cosa Miss?, cosa fanno?”- … - “Ora dovrai covare”- Risponde Irene con assoluta freddezza.
E ora che faccio, mi chiedo. Cosa si aspetta? Che lo porti dentro per tutto il tempo per caso?
Non è questa la cosa più strana però. L’assurdo, è che tutto ciò non fa che eccitarmi nuovamente. Cosa sta succedendo?
Arrossisco incredula di me stessa.
-”Vedo che ti piace eh? Non avevo dubbi, sei porca e perversa almeno quanto me. Il fatto che tu non abbia neanche provato ad ostacolarmi mi dice che la tua vita ha veramente toccato il fondo e che con me sta finalmente risalendo.”-
Le sue parole sono toccanti, che sia davvero come lei? Non lo so ancora. I suoi modi e il suo tocco, fisico e verbale, mi hanno riaccesa, mi hanno invogliata eccitata e portata al piacere. Forse veramente inizio a covare qualcosa. Che la sua sia una metafora? Può essere certo, come può anche essere che, con questo pensiero, io stia solamente mascherando la mia perversione e godendo quindi di quest’uovo che porto dentro.
Mi inginocchio, la guardo negli occhi e le dico:
-”Miss, lascia che io ti faccia godere come tu hai fatto con me, lascia che io assapori il tuo corpo e lascia che la mia bocca ripaghi la mia insolenza.”-
Qualcosa di insolito è scattato all’improvviso, l’istinto inizia a governarmi e il mio cuore mi traina verso nuovi orizzonti.
Irene non se lo lascia ripetere ma ad ogni modo non si abbassa a stupide lusinghe.
-”Da quando tu puoi fare richieste? Sei la sgualdrina più strana che mi sia mai capitata tra le mani ma va bene, ti darò un piccolo assaggio del mio corpo. Vedi però di farmi godere per bene altrimenti la tua fighetta non sarà l’unica cosa che ho riempito”-
Miss lascia subito cadere a terra quei cortissimi pantaloncini neri, niente intimo al disotto. Solo due gran labbra carnose dall’aspetto vissuto e incorniciate da una sottile peluria castana.
Non ho mai leccato una donna ma è stata spesso una mia fantasia e non sono estranea al mio sapore. Mi chiedo solo se quello di Irene sarà uguale,
Mi avvicino al suo sesso, le sua gambe leggermente aperte giusto per accogliere il mio viso. Lei ancora in piedi, impassibile e forse ansiosa di saggiare la mia lingua.
Non so bene come muovermi ma prendo a baciare quelle labbra soffici. Il suo odore mi invade, non è come il mio, dolce e delicato, sembra più intenso e maturo. Mi rapisce del tutto e la mia lingua affonda tra quei due morbidi veli incontrando il clitoride, così pronunciato e altrettanto sensibile. Continuo a massaggiarla con lentezza attendendo i suoi umori che ben presto, come rugiada sull’erba, intingono le mie labbra di quel sapore così ben custodito.
Irene d’istinto mi afferra la testa e con forza mi spinge ancora di più verso il suo piacere.
-”Scopami con quella lingua avanti!, cosa aspetti a penetrarmi?”-
Affondo la lingua dentro di lei, i suoi umori mi invadono ed Irene sembra quasi impazzire, mi tiene stretta, mentre si agita quasi incontrollata. Non sembra più che sia io a scopare lei bensì è lei che scopa impunemente la mia bocca.
-”Fammi godere dai, voglio venire proprio sul tuo viso e lavare via quell’innocenza che ancora ti porti dietro”-
Ormai ha perso il controllo, non si rende neanche conto che ora è semplicemente lei a violare avidamente il mio volto. La mia lingua è ora paralizzata dentro di lei, ho solo il suo sapore dalla mia parte, quello di una vera donna così forte, bella e tremendamente eccitante.
Il suo orgasmo è ormai dietro l’angolo, in agguato aspetta di esplodere dritto su di me e alla fine con un sottile schizzo il suo piacere bagna il mio viso scendendo sul collo e sfiorandomi il seno.
Continua...Probabilmente...
E si apre così, citando Burroughs. Sarà per la follia di ciò che sto per narrare, non certo per lo stile.
Mi sento in dovere di precisare che quanto segue è pura fantasia, nulla di tutto ciò è mai successo. Detto questo, buona lettura.
Cenere e ghiaccio, una debole luce sul mio viso, la mia schiena piegata e gli arti indolenziti. Non so da quanto vada avanti questa cosa, ho perso la cognizione del tempo da un po’ ormai. Rinchiusa in una stanza chissà dove e lontana certo da occhi indiscreti.
Non ricordo bene come tutto sia iniziato, forse l’ alcol e le droghe sono complici di questa mente bacata.
Sono rannicchiata sul pavimento, nuda e sporca, le mie mani legate dietro la schiena. Il mio corpo è intriso di lacrime e sudore misto a quella polvere sottile che ricopre il pavimento di cemento. Non so se piangere o urlare, so solo che non doveva andare così, nulla mai dovrebbe andare così.
Forse ero in un bar, ricordo che entrai per incontrare qualcuno, probabilmente per una dose ma ora che ci penso bene, da quel bar sono uscita alla svelta e corsi verso quel buco di fogna che ormai chiamo casa. Un covo di tossici, puttane e disadattati, non mi faccio da molto, forse sono ancora in tempo a tornare indietro ma nonostante ciò mi sono ritrovata la porta di casa sbattuta in faccia. Ho trovato rifugio nel cesso dell’inferno, dormo su un mucchio stracci vecchi e puzzolenti, uno scenario disgustoso. Intorno a me sento solo bestemmie, urla e puttane che fingono di godere vendendo il culo solo per quella cazzo di eroina. Non credo di essere qui legata per lo stesso motivo, non sono ancora arrivata a tanto e poi tutto questo è fin troppo assurdo. Tra quei disadattati come me, devo sempre prestare attenzione, non tanto verso me stessa bensì alla mia roba, troppo preziosa per lasciarsela rubare. Vicino al mio letto, o come preferite chiamarlo voi, spesso c’è un tossico, Valerio, lui la roba se la infila nel culo, un tipo strano ed evidentemente ormai a fine corsa. Iniziai a seguire il suo esempio, presi ad infilarmi le dosi ovunque. Presto mi sono ritrovata senza un lavoro, le mie assenze e l’astinenza hanno fatto sì che mi buttassero fuori da quella merda di albergo per vip ignoranti. Fanculo, tanto mi sbattevano sopra e sotto per 3 euro l’ora. Inevitabilmente, spinta dalla disperazione e dall’astinenza, dovetti iniziare a fare marchette, mi sono sempre limitata a qualche pompino e tirare seghe un po’ ovunque, non ho mai avuto certo intenzione di vendere il culo. Ovviamente di proposte allentanti ne ho ricevute e diavolo per il mio sedere mi hanno offerto 200 euro una volta. Un vecchio bavoso comunque, squallido quanto I suoi soldi. Di gente strana in giro se ne trova e incontrai una donna tempo fa, palesemente schizzata, mi offrì 30 euro per masturbarmi e venire con gli slip ancora addosso per poi darglieli, ovviamente accettai l’offerta, I trenta euro più facili di sempre.
Questo mondo però sa fotterti, e io sono stata fottuta alla grande, I miei slip ora non so neanche dove siano, come d’altronde il resto dei miei vestiti e I frammenti della mia anima.
Che situazione di merda, probabilmente me la sarò cercata, strafatta come ero chi può dirlo. Una cosa è certa, non sono in astinenza, di sicuro non mi privano della mia dose. Ricordassi almeno I loro volti, non so dire neanche se siano in tanti o soltanto una persona. Devo ricordare, prendo ad imprecare contro il mondo e non vedendo via di uscita è l’unica cosa che possa fare. Ad un tratto, sento urlare qualcosa, una voce chiaramente femminile, non capisco e chiedo aiuto. Pessima idea, inizio a sentire dei passi veloci avvicinarsi alla porta chiusa di quella stanza. La chiave nella serratura che inizia a girare, la porta si spalanca, e finalmente luce. Sono in ginocchio cercando di mettere a fuoco quella sagoma e poco a poco le immagini si fanno più nitide, è una donna, l’ho già vista, ma dove?. Mi viene incontro con fare alterato, mi afferra per I capelli, e mi urla.
-”Hai fame puttanella?, la cena non è ancora pronta, non che ti spetti molto non illuderti ma potrai avere la tua parte fra poco”
Non capisco, cosa diavolo significa? Puttanella? Non sono una puttana maledizione!
-”Cosa vuoi da me?” - le chiedo con una voce spezzata, -”Non temere, ti tornerà la memoria” - risponde lei, - ”e ricorda” - continuando - “devi chiamarmi Miss, per questa volta te la lascio passare, la prossima saranno guai”.
Miss!? Mi chiedo, starà forse per Mistress? Anche se fosse, non è così che di solito funzionano queste cose, a meno che io non abbia acconsentito. Ma è impossibile, mi rifiuto di credere che abbia potuto accettare tutto ciò. Se l’ho fatto dovevo essere proprio disperata e ora non sono in astinenza. Forse dovrei preoccuparmi, vuol dire solo una cosa. Ho superato ogni mio limite per una dose. Devo scoprire di più e non ho idea di cosa mi aspetti.
Guardo quella donna voltarmi le spalle mentre ancora una volta mi chiude in quella gabbia ma questa volta lasciando la luce accesa. Nell’attesa, inizio a guardarmi intorno, sono in un sotto tetto, circondata da scatole e altre cose ammucchiate un po’ ovunque senza troppa cura.
Poco dopo sento ancora quei quei passi avvicinarsi verso i confini di quello spazio angusto.
Nuovamente la porta si spalanca e mi sento trapassare dal quel gelido sguardo proveniente dagli occhi di quella donna misteriosa.
-”Forza! E’ pronta la cena, seguimi avanti! E non fare cose stupide” - Mi ordina con tono glaciale.
Non oso replicare, la seguo in silenzio, giù per quella scala che sembra interminabile. Scendendo per due piani riesco a dare un veloce sguardo a quella casa che sembra a prima vista normale e accogliente come tutte le altre. Arriviamo in cucina, così precisamente ordinata con le pentole ancora sui fornelli. Mi assale uno splendido profumo di carne al forno e di verdure grigliate. Il mio stomaco brontola senza un minimo di discrezione, so che tutto ciò non è per me ed infatti a terra trovo una tazza con dentro solo una manciata di riso chiaramente troppo cotto.
Mi sento spingere a terra con forza e disprezzo, le mie ginocchia collidono bruscamente contro il pavimento gelido. Quella donna, che con una mano mi afferra i capelli e che con l’altra mi porge quell’umile pasto, sussurra dritta nelle mie orecchie.
-”Ora mangia, schifosa, e ringraziami, questo è anche troppo, ti lascerei morire di fame ma per te sarebbe una fine fin troppo rosea”-
Quelle parole mi gelano il sangue, non uscirò mai da qui.
-”Si Miss”- replico, mentre le lacrime mi accarezzano il viso.
Mi fiondo in un attimo sulla quella ciotola già mezza vuota. E’ uno schifo ma anche tutto ciò che ho.
Quel freddo essere, così duro e impassibile, prende posto a tavola servendosi quelle deliziose pietanze e dello scurissimo vino rosso.
Dopo pochi bocconi finisco la mia cena e mi metto seduta a guardare il pavimento. Qualche istante più avanti, prendo ad osservarla. E’ una donna sui trentacinque, mediamente alta, capelli lunghi di un rosso tinto e un corpo, così perfettamente scolpito, che farebbe impallidire qualsiasi uomo o donna al solo sguardo. Il suo seno non è abbondante anzi quasi impercettibile sotto quella sottile maglietta mentre le sue gambe affusolate terminano con dei piedi nudi,perfetti e dalle unghia smaltate.
Il suo viso, dai tratti ben definiti e snelli, è completato dai i suoi occhi verdi tanto profondi quanto agghiaccianti che con la sua bocca dalle labbra sottili, completano un quadro dove al centro, con grazia perfetta, si colloca il suo naso dalla punta all’insù.
Una splendida visione, non c’è alcun dubbio, ma dietro tanta bellezza si cela qualcosa di tremendo che a breve e inarrestabile si scaglierà su di me.
Passano qualche decina di minuti e quella che ormai identifico come Miss finisce deliziata il suo piatto sorseggiando le ultime gocce di vino. Si volta verso di me, mi scruta dall’alto verso il basso, forse studiando la prossima mossa. In silenzio si alza, io ancora con le mani legate e seduta ai piedi del tavolo che è adagiato lungo la parete. Mi sento minuscola e impotente, specialmente ora che la fame di droga sale. Vorrei solo un ultima dose, ancora un viaggio lontano dalla realtà.
La discesa nell’oblio inizia quando Miss, con il piede, prende a schiacciarmi il ventre. Un dolore atroce trapassa il mio corpo mentre il suo tallone sembra volermi entrare dentro.
Respirare è impossibile, ho il fiato spezzato dalle lacrime e dalla paura.
Non immagino cosa seguirà ma se questo è solo l’inizio allora non vedrò sorgere l’alba.
L’orologio sulla parete segna le ventuno e il tempo sembra essersi fermato, passano i secondi mentre quella tremenda pressione inizia ad allentarsi.
Sono finalmente libera e ricomincio a respirare quell’aria carica di odori e paura.
-”Dimmi, quanto la desideri?”- Mi dice, chiaramente rivolgendosi alla mia dose. -”So che la vuoi, i tuoi occhi mi parlano chiaro, non sono più un mistero e ora posso guardarti dentro”- Continua lei con tono sprezzante.
Mi afferra per un braccio, mi tira su con forza non curante dello spigolo del tavolo che quasi mi squarcia la schiena. Sono in piedi, proprio davanti a lei e con un veloce sguardo sul tavolo noto un foglio, adagiato proprio sul lato più lontano, non riesco a leggere ma una cosa la riconosco. E’ la mia firma, inconfondibile rende chiara ogni cosa. Posso solo immaginare le condizioni e ormai ci sono dentro.
Sento la presa di Miss serrarsi sul mio viso, le guancia, doloranti, strette sui denti.
-”Lo hai voluto tu, non lo ricordi ma lo hai voluto tu”- Incredula abbasso lo sguardo, lei prosegue.
-”Guarda! Su questa carta c’è la prova sottoscritta proprio da te. E pensa, alcuni di questi punti sei stata tu stessa a suggerirli.” -
Prende quel documento porgendomelo tra le mani. Inizio a leggere quel testo che come i versi di una macabra poesia recita:
Io Sara, da oggi, quindici giugno, e per i prossimi tre giorni, sarò serva di Irene, mia Miss e padrona.
Mi dichiaro quindi preda suo dell’istinto e del suo desiderio alle seguenti condizioni.
1) Nulla di quanto sarà dichiarato nei punti successivi potrà nuocere alla mia vita in alcun modo.
2) Il mio corpo potrà essere marchiato una e una sola volta nel modo che più appagherà la mia Miss.
3) La mia mente sarà schiava del tempo e della perversione.
4) La mia carne non apparterrà più al mio essere bensì come un dono la offro alla mia padrona.
5) I miei orgasmi saranno governati non dalla mia mia volontà ma dal permesso che mi impegno a chiedere ogni volta che se ne renderà necessario.
6 L’uso del mio corpo sarà riservato solo ed esclusivamente alla mia Miss e nessuna altra forma di vita sarà permessa.
7) Sebbene la mia pelle potrà essere sporcata incondizionatamente, tutto ciò che verrà introdotto dentro di me sarà accuratamente pulito.
8) La natura di tutto ciò che violerà il mio corpo non verrà messa in alcun modo in discussione purché non violi i punti 1, 2, 5 e 6.
9) Per tutto il tempo concordato rimarrò priva di ogni indumento e con le mani legate dietro la schiena.
10) Tutto ciò che accadrà in questi contesti rimarrà nel privato.
11) Qualsiasi abuso compiuto da entrambe le parti non sarà tollerato se non sotto esplicito consenso.
Ora non ci sono proprio più dubbi, tutto torna alla luce e come un lampo che squarcia il cielo, i ricordi riaffiorano nella mia testa. E io che pensavo di essere qui chissà da quanto tempo, sono solo poche ore, stupida, stupida e stupida. Quel maledetto treno, è li che l’ho incontrata, doveva essere la mia occasione per ricominciare. Avevo trovato asilo dai miei zii a Firenze, mi avrebbero offerto un tetto e un lavoro nel piccolo negozio di articoli sportivi, comunque sempre uno schifo. Certo, mi sarei disintossicata e avrei ricominciato a vivere la mia vita come una persona normale ma non ho mai saputo sopportare quelle persone. E a dimostrazione di ciò, c’è il fatto di come abbiano scelto di sfruttare una tossica pur di non pagare un qualsiasi altro individuo. Da parte sua invece, Irene, una cacciatrice, dominatrice insaziabile, ha incrociato la mia strada. Non ha impiegato molto ad inquadrarmi, sono la preda perfetta per una come lei. Senza troppo impegno è riuscita a deviare il mio percorso, mentre a me, disperata come sono, non è servito molto tempo per riflettere ed accettare la sua allettante proposta, non molto diversa da quella dei miei zii comunque, con la differenza però è che avrei goduto di un lavoro retribuito nel suo bar a Firenze e sopratutto vivere liberamente la mia vita.
Le condizioni per tutto ciò sono già note. Ora non ho più scuse, con quella firma, sono diventata una vera puttana. E’ sia chiaro, non dico questo perché credo che loro non abbiano dignità, anzi, so bene cosa si prova, e spesso quella non è una vita felice ed io voglio vivere una vita serena.
Ormai ci sono dentro, non ho modo di tirarmi indietro. Le parole di Irene sono state chiare, potrò continuare a farmi solo finché avrò una dose e finita l’ultima dovrò disintossicarmi definitivamente altrimenti perderò ogni privilegio da lei offerto.
E i ricordi? Vi chiederete. Non è di certo un problema patologico, No ovviamente no, è stato solo frutto di una gran botta nel sangue e una gran quantità di vodka. Dio se ero ubriaca, non so neanche come abbia fatto a salire su quel treno. Certo che in quello stato, anche se mi avesse chiesto un rene avrei accetto.
-”Ora ricordo Miss”- Le dico con tono spento. -”Era anche ora ragazza”- Replica lei con un tono che quasi sembra essere uscita da quella parte così fredda e impulsiva.
-”Sara, non devi preoccuparti, sono una leonessa ma sono anche molto esperta, ora tu sei mia certo, non ti farò del male, o almeno non più di quanto ti sia già fatta da sola” -
Queste parole mi rendono perplessa e incredula, sembra quasi un controsenso, prima mi calpesta come un insetto ed ora mi dice queste cose. Non la interrompo limitandomi ad ascoltare.
-”Sappi che hai finito tutta la tua roba, te la sei sparata tutta insieme e non ho idea di come tu faccia ancora a respirare e non so neanche come tu abbia potuto ridurti in questo modo.”-
Non ci voglio credere, non posso subire tutto questo in piena crisi di astinenza. Merda!
-”Guardati Sara, non puoi sciupare tanta bellezza, sei un fiore appena sbocciato così fresco e profumato. Rilassati ora, la tua crisi imminente non la sentirai neanche, io sovrasterò ogni tua emozione, ti sto per trascinare con me nel paradiso dei sensi. Un luogo lontano dal dolore e dalla disperazione dove la tua mente e la tua carne muteranno e tu risorgerai priva di quelle catene che da sola hai legato alla tua vita.”-
Queste parole sembrato essere pronunciate da un angelo più che da una bestia assatanata.
Forse è veramente il mio punto di svolta, forse dovrei fidarmi di queste parole. Non che abbia molte alternative comunque.
-”Ora però, puttanella, apri quelle gambe, fai vedere alla tua Miss cos’hai li sotto”-
E’ tornata, quel tono e quello sguardo così selvaggio si riaccendono come se mai quella fiamma fosse mai stata spenta.
-”Si Miss, sono tua Miss”- Sono le uniche parole che riesco a pronunciare.
Irene si sposta proprio dietro di me. Mi stringe il seno come se fosse pongo, mentre con l’altra mano e senza alcun ritegno si insinua sul mio sesso e senza neanche concedermi il lusso di una lieve eccitazione penetra il mio corpo. Gemo dal dolore, ma con quei suoi baci sul collo e quella delicatezza con la quale morde le mie orecchie placa i miei sensi trasportandomi poco a poco verso un nuovo orizzonte di passione.
-”Sei fresca proprio come immaginavo”. - Sussurra lei. -”Sento che ti stai eccitando, stai diventando un fuoco li sotto”-
Oh si, è vero. Non sono mai stata toccata in questo modo da una donna prima d’ora.
-”Ora però basta, razza di ingorda! Sei schifosa, non faccio in tempo a toccarti che già sei bagnata come una lurida sgualdrina!”-
Mi spinge con violenza sul tavolo. All’impatto, con la testa, colpisco il calice ancora sporco di vino che si infrange in mille pezzi cadendo a terra. Con una mano mi tiene giù, ferma su quell’asse di legno. Afferra intanto la paletta ancora intrisa d’olio, con la quale poco prima si è servita l’arrosto, e inizia con violenza a tirarmela sul culo. Colpo dopo colpo, gemito dopo gemito, dopo che quell’olio ancora tiepido è sceso quasi fin sotto ai piedi, le mie chiappe sono ormai un bollente fuoco.
All’istante Irene lascia cadere l’utensile a terra, mi afferra un spalla e mi tira su. Mi gira di scatto, e mentre ancora mi tiene per i capelli, mi bacia sulla bocca mentre con la gamba si struscia contro il mio sesso.
Quell’alternanza tra dolore e affetto mi confonde. Sembra quasi che neanche lei sappia bene cosa farne di me.
-”Guarda la mia gamba! Guarda come l’hai bagnata”- Mi urla contro mentre con un dito raccoglie i miei umori per poi portarseli alla bocca.
-”Certo che però, hai una fighetta proprio di zucchero eh!”- La guardo quasi con soddisfazione.
-”A quanti l’hai fatta leccare? Visto quanto sei troia scommetto che neanche tu sapresti rispondermi”-
-”No infatti, non lo so”- Replico io, e lei di tutto punto mi risponde con un sonoro schiaffo sul viso.
“Non hai un briciolo di educazione. Devi chiamarmi Miss quando ti rivolgi a me, chiaro?”-
-”Perdonami Miss, non accadrà più”- Sono ormai bagnata, dolorante e sconcertata. Non so dire se eccitata.
-”Spero sia l’ultima volta dannazione, ora dovrò punirti, è solo colpa tua se ora sono costretta ad aggiungere una lingua a tutte quelle che hai già preso tra le gambe”-
In un lampo mi ritrovo con il suo visto proprio sotto di me, quasi mi sento io la padrona adesso. E’ la prima volta che posso guardarla dall’alto. Intanto, la lingua di Irene è già dentro di me, la sento muoversi vorticosamente tra le mie labbra, le mie mani chiuse a pugno, la mia testa rivolta all’indietro, gli occhi sbarrati e il respiro che si accorcia. I capezzoli ormai turgidi tanto da farmi male e quel calore incessante che sale vertiginosamente mi fanno gemere di piacere. La bocca della mia Miss, ingorda del mio sesso, si chiude sul mio clitoride come una conchiglia rinchiude la sua perla. Tremo sotto i colpi di quella lingua che quasi come una frusta si scaglia sul mio punto più sensibile. Quel miscuglio di umori e saliva si fa strada tra le mie cosce solleticandomi la pelle. E le,i famelica del mio corpo, non lascia che neanche una goccia venga sprecata.
L’orgasmo è vicino, lo sento crescere, lo sento in gola mentre il mio ventre si contorce incontrollato.
-”Non resisto Miss, sto venendo, ti prego lasciami godere”- Le supplico con voce spezzata.
Lei insiste mi porta al limite, e io le resisto con tutte le mie forze, non posso disobbedire, non ho idea di cosa potrebbe farmi.
Irene all’improvviso, si stacca dalla fonte del mio piacere, troppo tardi però per fermarsi. Il mio orgasmo esplode incontrollato tanto che non riesco a nasconderlo, gemo sonoramente, un urlo secco quasi rauco esce dalla mia bocca mentre le mie gambe cedono sotto il peso della lussuria.
-”Sei veramente un animale, ora ti tratterò come una vera bestia, non mi lasci altra scelta!”- Con tono deluso, la mia Miss stampa queste parole nella mia testa.
-”Perdonami, Miss, avresti dovuto fermarti prima”-
-”Non dirmi quello devo fare puttana, io sono la padrona e io decido e tu quando vieni devi chiedermi il permesso e finché non ti rispondo devi trattenerti”-
Mi sbatte di nuovo sul tavolo, ordinandomi di non muovermi. Sono completamente esposta, di nuovo impotente e minuscola. Irene va verso il frigo, lo apre e afferra qualcosa di bianco e piccolo. All’inizio non capisco ma poi me lo sbatte proprio davanti agli occhi. Un uovo, sodo, capisco all’istante. Lei mi sorride con malizia, le sue labbra ancora bagnate di me.
Miss lascia rotolare quella fredda punizione sulla schiena e riafferrandola al volo, prima che scivoli via dal mio sedere, inizia lentamente a spingerlo tra le mie labbra ancora bollenti di un orgasmo tanto potente. Il freddo mi invade ad ogni centimetro che quell’uovo percorre dentro di me mentre, lo sento entrare, soffice e delicato, nel umido sesso e alla fine, le mie labbra lentamente si chiudono intrappolando quella bianca pietanza.
-”Ora sei una gallina! E cosa fanno le galline?”- Mi suggerisce, mentre con il pollice spinge ancora più a fondo l’uovo dentro di me.
-“Cosa Miss?, cosa fanno?”- … - “Ora dovrai covare”- Risponde Irene con assoluta freddezza.
E ora che faccio, mi chiedo. Cosa si aspetta? Che lo porti dentro per tutto il tempo per caso?
Non è questa la cosa più strana però. L’assurdo, è che tutto ciò non fa che eccitarmi nuovamente. Cosa sta succedendo?
Arrossisco incredula di me stessa.
-”Vedo che ti piace eh? Non avevo dubbi, sei porca e perversa almeno quanto me. Il fatto che tu non abbia neanche provato ad ostacolarmi mi dice che la tua vita ha veramente toccato il fondo e che con me sta finalmente risalendo.”-
Le sue parole sono toccanti, che sia davvero come lei? Non lo so ancora. I suoi modi e il suo tocco, fisico e verbale, mi hanno riaccesa, mi hanno invogliata eccitata e portata al piacere. Forse veramente inizio a covare qualcosa. Che la sua sia una metafora? Può essere certo, come può anche essere che, con questo pensiero, io stia solamente mascherando la mia perversione e godendo quindi di quest’uovo che porto dentro.
Mi inginocchio, la guardo negli occhi e le dico:
-”Miss, lascia che io ti faccia godere come tu hai fatto con me, lascia che io assapori il tuo corpo e lascia che la mia bocca ripaghi la mia insolenza.”-
Qualcosa di insolito è scattato all’improvviso, l’istinto inizia a governarmi e il mio cuore mi traina verso nuovi orizzonti.
Irene non se lo lascia ripetere ma ad ogni modo non si abbassa a stupide lusinghe.
-”Da quando tu puoi fare richieste? Sei la sgualdrina più strana che mi sia mai capitata tra le mani ma va bene, ti darò un piccolo assaggio del mio corpo. Vedi però di farmi godere per bene altrimenti la tua fighetta non sarà l’unica cosa che ho riempito”-
Miss lascia subito cadere a terra quei cortissimi pantaloncini neri, niente intimo al disotto. Solo due gran labbra carnose dall’aspetto vissuto e incorniciate da una sottile peluria castana.
Non ho mai leccato una donna ma è stata spesso una mia fantasia e non sono estranea al mio sapore. Mi chiedo solo se quello di Irene sarà uguale,
Mi avvicino al suo sesso, le sua gambe leggermente aperte giusto per accogliere il mio viso. Lei ancora in piedi, impassibile e forse ansiosa di saggiare la mia lingua.
Non so bene come muovermi ma prendo a baciare quelle labbra soffici. Il suo odore mi invade, non è come il mio, dolce e delicato, sembra più intenso e maturo. Mi rapisce del tutto e la mia lingua affonda tra quei due morbidi veli incontrando il clitoride, così pronunciato e altrettanto sensibile. Continuo a massaggiarla con lentezza attendendo i suoi umori che ben presto, come rugiada sull’erba, intingono le mie labbra di quel sapore così ben custodito.
Irene d’istinto mi afferra la testa e con forza mi spinge ancora di più verso il suo piacere.
-”Scopami con quella lingua avanti!, cosa aspetti a penetrarmi?”-
Affondo la lingua dentro di lei, i suoi umori mi invadono ed Irene sembra quasi impazzire, mi tiene stretta, mentre si agita quasi incontrollata. Non sembra più che sia io a scopare lei bensì è lei che scopa impunemente la mia bocca.
-”Fammi godere dai, voglio venire proprio sul tuo viso e lavare via quell’innocenza che ancora ti porti dietro”-
Ormai ha perso il controllo, non si rende neanche conto che ora è semplicemente lei a violare avidamente il mio volto. La mia lingua è ora paralizzata dentro di lei, ho solo il suo sapore dalla mia parte, quello di una vera donna così forte, bella e tremendamente eccitante.
Il suo orgasmo è ormai dietro l’angolo, in agguato aspetta di esplodere dritto su di me e alla fine con un sottile schizzo il suo piacere bagna il mio viso scendendo sul collo e sfiorandomi il seno.
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