Marta la scema

di
genere
prime esperienze

La chiamavano Marta la scema perché era scema e la dava a tutti.
Fino a tredici anni era magra come uno stuzzicadenti poi all'improvviso si era trasformata in mille modi, il petto le era cresciuto in maniera smisurata, i fianchi anche, le gambe si erano allungate e ingrossate, solo il viso era rimasto uguale con il labbro inferiore pendulo e quell'espressione imbambolata e infantile che tutti le conoscevano. La madre era sarta e si diceva che fosse più brava a confezionare pantaloni che gonne, il padre beveva di professione. Lei fin da ragazzina si faceva portare dietro le fratte e i cespugli, non diceva di no a nessuno, tutti gridavano allo scandalo e tutti se la facevano e non si capiva se gridavano allo scandalo prima o dopo essersela fatta. Del resto aveva un grande vantaggio: nonostante le frequenti riunioni dietro i cespugli, figli non gliene venivano. Quando ci si accorse di questo fortunato accidente i suoi spasimanti aumentarono perché non c'è niente di meglio di una che ci sta e non ti rimane incinta.
Io, Paolo e Sergio un giorno la sorprendemmo che stendeva i panni davanti a quella catapecchia di casa sua. Non era la prima volta che gironzolavamo da quelle parti ma quando la madre ci vedeva ci cacciava via gridando. Quel giorno, invece, Marta era sola e indossava dei blue jeans tagliati sopra il ginocchio che a stento le avvolgevano il sedere e una maglietta stretta che a stento le avvolgeva le poppe. Ciò che colpiva in lei era che le sue forme, sebbene abbondanti, erano proporzionate e piacevoli. Tutti e tre eravamo vergini e Marta ci sembrava così facile da raggiungere, il suo corpo così disponibile e generoso...
Ci vide e ci sorrise.
Paolo, il più intraprendente, le chiese se le mutande che stendeva erano le sue.
"Sì", rispose,"Ti piacciono?"
Paolo rispose che le avrebbe rubate per annusarle. Lei si fece seria.
"Davvero le rubi? Non ho i soldi per comprarne altre, non le rubare."
"Così vai in giro senza, sei pronta per l'uso."
Non capì. Sergio allora le promise che gliele avremmo regalate noi delle mutande nuove e anche delle calze.
"Davvero? Grazie."
"Tu però che cosa ci dai in cambio?"
"Un bacio."
"E' poco."
"Due baci."
"E' poco. Vogliamo quello che tieni dentro le mutande."
A volte non era chiaro se non capiva o fingeva.
Alla fine Paolo le chiese:" Marta, dì la verità, con chi di noi tre ti vorresti fidanzare?"
Lei ci guardò, fermò lo sguardo su di me e mi indicò.
"Lui! Mi piace da sempre."
Paolo e Sergio risero sguaiati e si congratularono per la mia conquista.
"Ma noi tre dividiamo tutto, facciamolo insieme adesso!"
Marta scosse la testa. Disse che non le piacevano certe cose, che le bastava uno alla volta e che comunque loro due non le piacevano perché la prendevano in giro. Io invece ero buono e non la chiamavo scema e se volevo andare con lei mi avrebbe detto sì ogni volta.
"Stupida buzzicona" le dissero. "Chi vuoi che venga con te, solo i vecchi rincoglioniti. Tieniti le tue mutande." Sputarono per terra e si mossero per andarsene. Io li seguii ma loro mi rimbeccarono.
"Stattene con la tua innamorata, visto che fai queste conquiste!"
"Avanti, quella è scema."
"Appunto, andate bene insieme. Che ti credi, che davvero vorremmo sporcarci il coso infilandolo in quel cesso? Possiamo avere le migliori ragazze!"
Mi lasciarono indietro. Mi voltai. Marta mi seguiva con lo sguardo e quando vide che ero rimasto solo mi fece segno di avvicinarmi. Ero incerto, poi la raggiunsi.
"Avete litigato?"
"Sì."
"Per me?"
"Bé, sì."
"Sono gelosi?"
Non risposi. Mi guardava vogliosa, aspettava che dicessi o facessi qualcosa. Alla fine le dissi che era bella e mi piaceva. Non mi fece neanche finire di parlare che mi prese per mano e mi portò verso la casa, mi fece salire una scala sul retro e mi portò in una stanzetta dove un letto, un armadio con uno specchio e una macchina per cucire costituivano tutto l'arredamento. Era tutto povero ma pulito. Mi fece sedere sul letto vicino a lei e cominciò a riempirmi di baci. Disse che da tempo mi voleva bene e che se volevo poteva essere la mia ragazza. Promise che se le dicevo di sì sarebbe venuta solo con me e mai più con gli altri.
Diceva tutto questo seriamente, sembrava mi stesse facendo una dichiarazione in piena regola e che davvero si apettasse di fidanzarsi con me. Pensai ai miei genitori e alla loro faccia se mi fossi presentato con Marta come fidanzata...
"Dimmi ancora che sono bella e che ti piaccio."
"Sei bellissima."
"Mi vuoi? Mi desideri?"
"Da impazzire."
Mi soffocò quasi in un nuovo abbraccio.
"Marta...ti posso toccare?"
"Sì perché mi chiedi il permesso, come sei buono, mi vuoi bene, vero? Io te ne voglio da tanto, mi sei sempre piaciuto."
Le tastai i grandi seni e il resto del corpo. Lei mi mise una mano fra i capelli e disse che le sarebbe piaciuto avere un fratellino come me. Pensai fosse inutile chiederle se mi voleva come fratello o come fidanzato, in quel momento scoppiavo di voglia, avevo a portata di mano la possibilità di mettere in pratica quello che facevano nei film porno che vedevamo di nascosto e non volevo lasciarmela sfuggire. Stavo per dirle che non resistevo più ma lei mi prevenne dicendo con un sorriso: "Ora spoglio il mio fratellino." Cominciò davvero a togliermi i vestiti e rideva e cantava. Alla fine si fece seria. "Vuoi stare tutto nudo o ti vergogni? Non devi vergognarti di me, ne ho visti tanti nudi."
"Io invece...non l'ho mai fatto."
"L'avevo capito, sai." Per quanto fossero sconclusionati i suoi discorsi, le cose del sesso le capiva benissimo. "Non aver paura, ti imparo io." In effetti mi insegnò bene, o meglio mi imparò, come diceva lei. Le sue carezze e i suoi baci avevano già raggiunto l'effetto ultimo: venni con ancora indosso le mutande. "Pazienza", commentò,"lo faremo un'altra volta." Volle portarmi in bagno per lavarmi e pulirmi ma prima dell'acqua e del sapone usò la sua lingua con cui succhiò da quello che definì "il suo bellino", le mie ultime gocce di sperma. Con un'altra donna mi sarei sentito umiliato per essere arrivato da solo e per essere trattato come un bambolotto, ma con Marta era diverso e poi era così abile, così priva della goffaggine che la contraddistingueva in tutte le altre cose, così dolce e così ingenua nella sua mancanza di pudore, una specie di santa puttana davanti alla quale provavo solo il desiderio di genuflettermi.
Disse che potevo tornare sempre a trovarla perché mi voleva bene e ormai eravamo fidanzati, solo che la madre non voleva che facesse certe cose e si arrabbiava e perciò quando non c'era la madre avrebbe messo un asciugamano verde per farmi capire che potevo salire, altrimenti era meglio se stavo alla larga.
Tre giorni dopo l'asciugamano verde era bene in vista. Salii le scale sul retro con il cuore in gola e gli ormoni in piena tempesta. Marta mi aspettava e quando mi vide mi assalì con una nuova grandinata di baci e leccate su ogni parte del viso, persino sugli occhi. Un interminabile bacio mi lasciò senza fiato e con un sapore di fresco in bocca e al termine mi sentii dire decine di volte: "Ti amo" e "Ti voglio", fino a stordirmi. Vidi presto i miei vestiti per terra, non so se per sua o mia iniziativa, ma certo fu lei a spogliarsi da sola e rideva e diceva:" Non guardare, dai, di te mi vergogno perché ti voglio bene." La prima volta non l'avevo vista nuda e ora restai incantato a fissarla. Certo non aveva il fisico per i concorsi di bellezza ma per uno che mai aveva visto dal vivo un corpo di donna sarebbe bastato molto meno per cadere in deliquio. Era una ragazzona piena di salute e io un ragazzo in fase di sviluppo: la conseguenza logica fu la sporgenza che mi gonfiava lo slip e che attirò la sua attenzione. "E' tutto mio, vero?", chiese accarezzandomelo. Cominciò a giocare con l'elastico dello slip, finché non infilò una mano per tastarmelo bene. Ebbi paura di arrivare di nuovo subito, perciò le chiesi di fare piano, senza fretta. Era così dolce e paziente, non mi rifiutò nulla come io non rifiutai nulla a lei. Accolse nel suo ventre le prime prove della mia virilità e non so se fossero più numerosi i suoi o i miei gemiti.
Alla fine, esausto, tenni la testa sul suo grembo mentre lei mi accarezzava ancora tra le gambe e canticchiava una specie di ninna nanna. Poi mi tirò su e seria seria mi fece un discorso sul fatto che si rendeva conto di quello che aveva fatto, che io ero vergine e si era un pò approfittata di me però mi amava e non dovevo pensare che avrebbe continuato ad andare con gli altri uomini, certo ci saremmo sposati e avremmo avuto molti bimbi, era vero che fino ad allora non gliene erano nati ma questo perché non amava gli uomini con cui andava e tutti sanno che solo quando si vuole bene nascono i bambini. Arrossivo a queste parole, l'imbarazzo mi stringeva alla gola insieme a una pena infinita, sapevo che se c'era qualcuno che si era approfittato dell'altro, ero io, non diverso dai vecchi maiali che pure se l'erano scopata fino a quel momento.
La nostra relazione durò diversi mesi. Ormai avevo ottenuto quello che volevo quindi dopo ogni incontro me ne tornavo a casa promettendo a me stesso che non sarei più tornato da lei. Invece dopo un paio di giorni provavo l'irresistibile impulso di andare a vedere se l'asciugamano verde era steso; dicevo a me stesso che era solo per curiosità, se non l'avessi visto, bene, il contrario sarebbe stata la stessa cosa, sarei tornato indietro. Naturalmente quando lo vedevo non potevo non girare sul retro, salire le scale che portavano alla stanzetta di Marta, dove lei mi attendeva imbronciata, delusa, e mi rimproverava perché non mi ero fatto vedere e lei rimandava indietro tutti i suoi spasimanti perché adesso lo faceva solo con me. Avrei voluto, forse dovuto dirle che non sarei ritornato ma appena la vedevo, appena scorgevo i seni abbondanti sotto la maglia, appena iniziava a dirmi che mi amava, appena, insomma, mi avvicinavo a lei, mio malgrado mi eccitavo e non potevo nasconderle l'erezione sotto i pantaloni. Lei allora si placava, diceva che anch'io le volevo bene e glielo dimostravo ogni volta che il suo "fratellino" si svegliava.
Non sapevo come uscire dalla situazione in cui mi ero infilato. I miei genitori iniziavano a sospettare qualcosa, viste le mie frequenti sortite, e i miei compagni anche. Evitavo sempre più spesso la compagnia di Sergio, Paolo e degli altri, con la scusa che mi prendevano ancora in giro per la brillante conquista che avevo fatto. Avevo ammesso di essere stato con Marta ma solo una volta e avevo giurato di non averla più incontrata.
Alla fine, un pomeriggio, dopo un'altra scopata che mi aveva lasciato stremato, volevo scappare via ma Marta mi stringeva ancora al suo corpo e continuava a baciarmi.
"Quando mi presenti a tuo padre e tua madre?", mi chiese.
Una sensazione di terrore mi corse per tutto il corpo. Non avevo a che fare con una ragazza come le altre ma con una che era rimasta bambina e non sapevo come ragionare con lei, come risponderle. Le dissi che era ancora presto, che i miei avrebbero protestato perché ero troppo piccolo per impegnarmi. Mi infilò la mano tra i capelli e mi chiese:" Tu non mi tradisci, vero? Non hai un'altra ragazza?"
"No, dove la trovo un'altra dolce e bella come te?"
"Sai, in fondo non voglio figli, mi basti tu: sei tu il mio bambino, ti farò da mamma e ti cucinerò e ti farò tutte le cose."
Mi rivestii giurando fra me che non sarei tornato più, quando un sasso colpì la finestra senza rompere il vetro ma facendoci saltare per lo spavento. Guardammo giù e vedemmo Sergio, Paolo e altri due miei compagni, Luca e Valerio, che vedendoci sghignazzarono e urlarono.
"E bravo, ti sei fatta l'amante!"
"E che amante!"
"L'hai trovata vergine?"
"E poi è così intelligente!"
"Ha tre laureee e cinque diplomi!"
"Almeno è brava a succhiarlo? Pare che sia la sua specialità!"
"Io so che è brava anche a prenderlo in ..."
"Ce l'hai abbastanza grosso per lei?"
"E tu come ce l'hai?" gridò Marta.
Paolo, che aveva pronunciato l'ultima frase restò interdetto per un attimo.
"Vuoi vederlo?", urlò a sua volta.
Salì le scale seguito dagli altri. Marta non sembrava impaurita o preoccupata e mi teneva per mano. I quattro irruppero nella stanza e sogghignarono vedendoci stretti.
"Siete la coppia più bella del mondo..." cantarono in coro.
"Basta, lo scherzo è finito", dissi io, "andiamocene."
Fui spinto indietro.
"Ci hai preso abbastanza per il culo, ti sei divertito, no? Adesso vogliamo divertirci anche noi. La tua ragazza adesso ci fa un pompino a tutti e quattro e tu stai a guardare."
"Va bene", disse Marta, inginocchiandosi. "Chi è il primo? Tanto nessuno ce l'avrà bello come il suo." Sentii Sergio che sussurrava a Paolo:" Questa è scema, capacissima di staccarcelo a morsi."
"Allora faremo così: uno te lo mette davanti, l'altro dietro, due alla volta e gli altri due fanno assistere questo stronzo allo spettacolo della sua bella infilata da tutte le parti. Che ne dici?"
Marta scosse la testa. "Potete mettermeli dove volete tanto siete solo degli scemi."
"Noi scemi? Senti chi parla!"
"lo so che non sono tanto sveglia ma lui mi vuole bene e ha promesso di sposarmi."
Un uragano di risate accolse queste parole e tutti si congratularono per il lieto evento. Era troppo. "Ora finiamola. Se dovete regolare dei conti, fatelo con me. Lasciatela stare e andiamo a discutere da un'altra parte." Venni di nuovo spinto indietro.
"Basta, la fottiamo o no questa troia?" Due di loro si sbottonarono mentre Valerio, il più grosso della compagnia, mi teneva fermo bloccandomi con un braccio stretto attorno al collo. Mi liberai pestandogli un piede e rifilandogli una gomitata ma Luca mi diede una spinta, caddi e andai a sbattere la testa contro uno spigolo della macchina per cucire. Portai una mano alla testa e me la ritrovai piena di sangue. Tutti si spaventarono vedendolo ma Marta li spaventò ancora di più con il grido che emise.
"Che cosa gli avete fatto?"
Si avventò contro il più vicino che era Paolo e gli graffiò la faccia e gli infilò un dito in un occhio e stavolta fu lui a gridare come un gabbiano. Poi prese a pugni Sergio, afferrò una forbice da lavoro e colpì di striscio Valerio. Luca era fuggito a gambe levate, così rimanemmo in tre a leccarci le ferite mentre Paolo si lamentava per il suo occhio. Marta corse da me e mi abbracciò.
"Portami a casa mia" le dissi e lei mi alzò e aiutandomi a reggermi e tamponando la ferita con un fazzoletto davvero mi condusse quasi di peso a casa, attraversando il paese tra gli sguardi sbigottiti di tutti. E ancora più basiti furono i miei quando ci videro arrivare insieme e chiesero che era successo. Fu Marta a rispondere.
"Mi ha difeso, noi ci vogliamo bene e siamo fidanzati."
"Ma che significa?" domandò mia madre, incredula.
Ritenni opportuno svenire.

Il giorno dopo i carabinieri andarono a prendere Marta. Sergio aveva qualche livido sulla faccia, Valerio poco più di un graffio a un fianco ma Paolo rischiava di perdere l'occhio. A me diedero dei punti di sutura sulla testa, poi fui portato anch'io in caserma per dare la mia testimonianza. Fu lì che vidi per l'ultima volta Marta, voleva abbracciarmi ma ci divisero, per sempre.
Alla fine tutti se la presero con me. La madre di Marta veniva a strepitare sotto le nostre finestre dicendo che le avevo rovinato la figlia, approfittando del suo stato. La madre di Paolo, fiancheggiata dalle altre madri dei ragazzi, venne a urlare anche lei che suo figlio rischiava di rimanere guercio per colpa mia. E i miei genitori non mancarono di coprirmi di insulti e rimproveri per la mia stupidità.
Marta fu sottoposta a un trattamento sanitario. Veniva spesso sotto casa mia a chiamarmi, come venni poi a sapere: io non c'ero, mi avevano mandato lontano, da una zia. Per quanto tempo venne a cercarmi ancora? Non l'ho mai più rivista, ho saputo soltanto che alla fine è stata rinchiusa in un istituto. So anche un'altra cosa: nessuno mi amerà mai come lei.
scritto il
2018-03-03
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