Un paziente della Dottoressa Angela - Pazzo di mia Madre
di
Angela Kavinsky
genere
incesti
Era una giornata di pioggia, lo ricordo bene; come posso dimenticarmene? Io e mia madre stavamo passando l’estate nella nostra villa in Toscana, come ogni anno.
Approposito, mi chiamo Andrea, ho 19 anni e quest’estate è successa una cosa di cui non ho mai parlato con nessuno, a parte lei dottoressa…
Piccola premessa. Sono nato in una famiglia molto ricca. Mio padre, il classico colletto bianco milanese, era un broker squattrinato sino alla fine degli anni ’80. Un bel giorno, visto che non riusciva a tenersi un cliente (a quanto pare non era poi così bravo nel suo lavoro), decise di diventare lui stesso un investitore, e iniziò letteralmente a buttare quei pochi soldi che aveva in società tecnologiche sconosciute, come Microsoft, Apple, Aol, Netscape, etc. etc.
Tutti ovviamente gli diedero del pazzo, e per questa sua mossa azzardata fu costretto a subire la fame per parecchio tempo. Poi, però, arrivarono gli anni 90. Dall’oggi al domani, quei 10 milioni di lire che aveva investito iniziarono a diventare 50, poi 100, e ancora 200. Insomma, grazie alla sua lungimiranza, si ritrovò letteralmente sommerso dai soldi.
A 35 anni, già proprietario di una società di investimento, di una villa a Milano e di non una ma due Porsche, conobbe mia madre, di 15 anni più giovane. Altra piccola premessa: mio padre non è il classico bell’uomo; non è molto alto, pochi capelli, viso rotondo. Certo, ci sa fare con le donne, ma se voi doveste vederli insieme probabilmente vi verrebbe da ridere. Perché se mio padre non è molto affascinante, mia madre è semplicemente stupenda. Alta più di un metro e 70, formosa nei punti giusti, è la tipica bellezza del sud, anche se i miei nonni si sono trasferiti a Milano prima che lei nascesse, quindi parla un milanese molto “accentuato”. È la bellezza personificata. Lunghi capelli neri, carnagione scura, occhi neri. Nasino all’insù e bocca carnosa. Alcuni nei sparsi sul viso in modo strategico, come se fosse stato un pittore a volerli mettere proprio lì. Ha perfino partecipato a Miss Italia prima di conoscere mio padre.
Ora, con questo… non voglio dire che l’abbia sposato per i soldi e che sia una donna interessata (mio padre è un brav’uomo e di successo) ma, sinceramente, non conosco un altro modo per dirlo. Se mio padre non fosse stato ricco, non penso che lei l’avrebbe mai sposato. In tutta sincerità non ho nemmeno la certezza che si sia mai innamorata di lui, visto che, purtroppo, qualche anno fa, e anche più di una volta, sembra che mia madre non sia stata molto fedele con mio padre.
Comunque, torniamo a ciò che mi è successo questa estate. Io come ho già detto ho 19 anni, mentre mia madre 40. Come ogni estate, passiamo le nostre vacanze nella villa in Toscana, a pochi chilometri da Barga. Mio padre quest’estate non era dei nostri poiché, essendo quasi riuscito ad acquistare una piccola fabbrica in Cina (non so di cosa, penso di vestiti), era voluto andare a controllare di persona come il tutto stesse procedendo.
“Che giornata di merda!” disse mia madre. Fuori pioveva a dirotto, e questo le impediva di prendere il sole, come era solita fare. Osservava il temporale dalla finestra. Indossava una maglietta a maniche corte bianca, dei pantaloncini corti e ai piedi taglia 40 delle infradito colorate. Sopra la maglietta, una sorta di maglioncino scuro aperto che le arrivava alle ginocchia, come fosse una tunica. Si sedette sul divano in pelle, si tolse le infradito, si appoggiò con la schiena a uno dei braccioli e si posò sul naso degli enormi occhiali da vista. Poi raccolse il tablet dal tavolino. Io la osservavo, mentre fingevo di giocare con il cellulare. Lei mi guardò con la coda dell’occhio, dopodiché, mi fece spazio sul divano accanto a lei, tirando un po’ indietro i piedi.
«Per favore Andrea siediti! Mi dai fastidio in piedi!». Obbedii e mi sedetti al suo fianco. Lei allungò di nuovo i piedi, premendoli contro la mia coscia.
«Allora tesoro, hai finito di giocare con il cellulare?». Mentre mi parlava, osservavo le sue dita dei piedi senza smalto spingere contro la mia coscia con non poca forza. Adoravo quando non si metteva lo smalto. I suoi piedi erano già abbastanza belli anche senza.
«Andrea?»
«Mamma che ti devo dire? L’hai detto anche tu che è una giornata di merda; cosa dovrei fare?».
Mi osservò. Posò il tablet sul tavolo ma non si levò gli occhiali, che le davano un’aria da professoressa sexy come in quei film commedia degli anni 70.
«Allora parliamo un po’! dai raccontami di Giada!»
«mamma, io e Giada non stiamo più insieme… perché pensi che non l’abbia invitata qui con noi in Toscana?»
Altra premessa: nonostante abbia 19 anni ho già avuto più di una ragazza. Le definirei “puttanelle” perché si vantavano di essere mie fidanzate per il fatto che fossi ricco. Io non penso di essere particolarmente bello. Sono di bella presenza, insomma, non sono un mostro. Sono magro, simpatico e mi ritengo piuttosto intelligente. Ma purtroppo niente vero amore fino ad ora. L’ultima mia fidanzata, Giada, mi aveva mollato perché secondo lei io non le facevo abbastanza regali. Dopo un iphone da 900 euro pensavo di essermela cavata ma no, lei voleva sempre fare shopping. Qualche giorno prima di partire per la Toscana addirittura mi disse che “per scopare con me voleva anche la borsa di Prada originale”. Le ho detto di no; in pratica è come se fossi stato io a mollare lei.
«Sono puttanelle mamma. Vengono con me solo per i soldi». Dopo averlo detto mi sentii in imbarazzo, pensando al fatto che mia madre… beh, l’ho già spiegato: non ha sposato mio padre per il suo aspetto fisico.
«Sei così bello, e dolce e simpatico… e intelligente. Che si fottano quelle stronzette, troverai molto presto una brava ragazza!». Mi sorrise, e tutto d’un tratto un tuono la fece sobbalzare. Spinse con forza i piedi contro la mia coscia, poi li alzò, e li appoggiò sul mio grembo.
«Cazzo! Ma che c’è là fuori, un tornado?». Mentre girò la testa verso la finestra, appoggiai la mia mano sul suo piede sinistro. La forma delle sue dita mi faceva impazzire. Per assurdo, iniziai a pensare che la prossima volta che fossimo andati in paese, le avrei comprato un anello per le dita dei piedi, o magari una bella cavigliera. Qualche gioiello ci sarebbe stato bene su quelle meraviglie. L’unghia del mignolino era un po’ rovinata, mentre sul quarto dito vi era un piccolo neo. Ogni imperfezione mi faceva ribollire il sangue. Accarezzai il piede, spostando la mano in avanti e arrivando con le dita prima sull’interno, e poi sulla pianta del piede. Lei mi guardò.
«Ti danno fastidio? Vuoi che mi tolgo?»
«No no… sono solo un po’ scomodo». Le alzai il piede dal mio grembo, ma non fu una bella mossa. Sotto di esso infatti, i miei pantaloni erano rigonfi. Sperai che lei non lo notasse. D’improvviso, saltò in piedi.
«Cazzo… il vestito nuovo!». Si infilò le infradito e saltò fuori dalla porta finestra che dava sul giardino, intenta a raccogliere al volo il suo vestito firmato che aveva messo ad asciugare sullo stendibiancheria. Ovviamente era tutto bagnato.
Rientrò in casa, solo leggermente bagnata.
«mamma scusa… ma è da mezz’ora che piove! Non potevi lasciarlo fuori? Tanto, bagnato per bagnato..»
«Si, in effetti… ma non voglio che si rovini. Fammi un favore tesoro, vai a buttarmelo nella lavatrice, dovrò lavarlo di nuovo».
Obbedii, e tornai dalla lavanderia con due asciugamani.
«Tieni, asciugati almeno i capelli» le dissi tornando in salotto. Le porsi un asciugamano, mentre mi inginocchiavo ai suoi bellissimi piedi. Le tolsi le infradito sporche, e infilai la sua caviglia nel secondo asciugamano, cercando con le mani di asciugarla.
«Wow tesoro… Grazie!» disse sorridendo.
Tolsi l’asciugamano. Ora il suo piede era solo leggermente umido. Accarezzai la sua pianta per esserne certo. Incredibilmente, iniziai a sentirmi strano. Mille pensieri mi passarono per la testa, mentre tenevo tra le mani l’oggetto dei miei desideri più sfrenati. Con la sua pianta a pochi centimetri dal mio naso, pensai: “e se le do solo un piccolo bacio? Come reagirà? Potrei farle solo il solletico, anche se vorrei tanto leccarlo… ma non posso, non posso proprio; cavolo e mia madre!”
Mentre i pensieri vorticavano nella mia mente, mia madre schiacciò il suo alluce contro il mio naso. Rimasi di sasso. Poi mi guardo strano, ridendo.
«Cosa fai?»
«Come cosa faccio?»
Rise. «Andrea non lo so… sei fermo così da quasi un minuto con lo sguardo fisso sul mio piede». lo agitò tra le mie mani. «Vuoi baciarlo? Vuoi fargli una foto?»
Quanto avrei voluto. «Che scema che sei, stavo solo pensando ad una cosa». Mi alzai, e lei scoppiò a ridere. Mi sedetti sul divano accanto a lei, e lei mi porse anche l’altro piede, per farselo asciugare.
«Già che ci sei…» in un modo o nell’altro, i suoi bellissimi piedi erano ancora sulle mie cosce, e la cosa non mi dispiaceva. Le asciugai l’altro piede.
«Comunque, molti uomini pagherebbero per fare quello che stai facendo tu. La tua mamma ha dei piedi molto belli, lo sai?»
«Si lo so…»
«A molti uomini piacciono i piedi delle donne»
«mamma lo so!»
«a te piacciono?»
«Cosa?» perché me lo stava chiedendo?
«Andrea, lo sai che con me puoi parlare di tutto, vero?»
«ma non ho niente da dirti!»
Rimase in silenzio per qualche secondo, poi mi fece un sorriso beffardo.
«Pensi che sono scema? Solo perché hai una mamma così bella, non significa che sia scema!». Cercai di dire qualcosa ma lei non mi fece parlare.
«Mi tocchi i piedi, me li accarezzi. Cerchi di massaggiarmeli e poi te li porti a pochi centimetri dal viso, come per annusarli. Infine, ti offri di asciugarmi i piedi. Sei molto dolce Andrea, ma quanti figli farebbe una cosa del genere senza un secondo fine?»
«Ma io volevo solo… io pensavo che… di aiutarti!»
Rimase visibilmente scettica. Nonostante fosse un giorno d’estate, la pioggia aveva abbassato di parecchio la temperatura. Ma io mi sentivo come nel Sahara, con le gocce di sudore che scendevano copiose dalla mia fronte. Lei lo notò. Non volevo che lei pensasse che ero un feticista dei piedi (che poi era la realtà). Volevo che pensasse che ero… “normale”.
«Tesoro non volevo…»
«No è che tu non capisci che…»
«Non ti arrabbiare»
«Non sono arrabbiato mamma!». Tentavo di salvare il salvabile.
Lei si piegò in avanti, appoggiò la sua mano sulla patta dei miei pantaloni e tastò. Stavo quasi per mettermi a piangere.
«Ma mamma cosa fai? Ti prego dai…»
«Andrea, nessuno. NESSUNO ti vorrà mai bene come la tua mamma, questo lo capisci, vero? Ora, tu puoi dire ciò che vuoi, ma tu ed io sappiamo la verità. In effetti, ripensandoci, non è poi così sbagliato… se non fossimo madre e figlio… tu saresti solo un ragazzo di 19 anni in piena maturazione sessuale, mentre io una bella donna ancora nel vivo degli anni…»
Con i piedi ancora sulle mie cosce, tastò nuovamente i miei genitali con curiosità, come a rimanere sorpresa della mia “dotazione”.
Avrei voluto scavare una fossa in giardino e buttarmici dentro, ma allo stesso tempo la mia eccitazione mi disorientava, facendomi sudare, tremare e persino balbettare.
«Faremo una cosa Andrea, e dovrà rimanere un segreto. Io ti voglio un bene dell’anima, perché sei mio figlio, il mio unico bellissimo, meraviglioso figlio. Le ragazze della tua età non ti rispettano, non ti meritano. Un giorno troverai la ragazza dei tuoi sogni, sicuramente. Se adesso vuoi sfogarti con me… io te lo lascerò fare.
«Mi stai chiedendo di fare sesso con te? ma che cazzo…»
«NO NO! Hai capito male! voglio solo che ti sfoghi. Non c’è niente di male in questo. Quindi, ecco cosa farò. Prenderò in mano l’Ipad e ci giocherò. Io mi concentrerò su questo. Nasconderò la mia faccia dietro all’Ipad. Nemmeno ti vedrò. Nel frattempo, i miei piedi rimangono sulle tue gambe. Tesoro, non ti vedrò. Non voglio vederlo! Ma solo renderti felice».
«Ma…». Prese il tablet tra le mani, se lo avvicinò al viso e iniziò a premere qualcosa sullo schermo. Probabilmente uno di quegli stupidi giochini di facebook. Nel frattempo, le dita dei suoi piedi si agitarono.
Li accarezzai con dolcezza, solleticando le dita. Lei fece un piccolo sussulto e nulla più. In effetti non riuscivo a vederle il viso.
«Mamma, io non so se ci riesco…». Ma lei non rispose.
«Mamma?». Era chiaro il suo gioco; stava facendo finta di non essere lì.
Il suo piede sinistro stava accarezzando il mio pene ormai durissimo, ma ancora nascosto nei pantaloni.
«Ok non rispondermi, fai pure finta di niente» Le dissi. «Comunque non so se questa sia la cosa giusta da fare ma si, hai ragione. Io ti amo! Amo tutto di te e amo anche i tuoi piedi. Questa cosa è sicuramente sbagliata. Ma non penso di poterti resistere. Mamma non pensare che sono strano…».
Alzò il viso dallo schermo del tablet e mi guardò attraverso i grandi occhiali. Fuori i tuoni e i fulmini. Sottovoce disse «non l’ho mai pensato». Alzò il suo piede all’altezza della mia bocca. Dopodiché, nascose nuovamente la testa dietro al tablet.
Lo presi, aprii la bocca e vi infilai goffamente l’alluce. Succhiai. Controllai che lei non mi stesse osservando e in effetti era così. Con la mano sinistra schiacciai il suo piede sinistro contro il mio pisello, mentre con la mano destra tenevo il piede destro. E ne succhiavo le dita. L’alluce era qualcosa di favoloso, ancora leggermente umido dalla pioggia. Lo facevo uscire ed entrare dalla mia bocca. Sembrava un grosso acino d’uva. Lo appoggiai sul mio naso e leccai la parte superiore della pianta. La mordicchiai.
L’idea che fosse sbagliato ciò che stava accadendo se n’era andata dalla mia mente non appena l’alluce mi era entrato in bocca.
Alzai il piede e baciai mille volte il tallone, poi aprii la bocca e ve lo infilai. Era leggermente screpolato ai bordi, ma la parte centrale era liscissima. Mentre era appoggiato nella mia bocca, la lingua lo solleticava, tant’è che mi parse di sentire mia madre ridere. Passai la lingua tra le dita. L’odore della pioggia. Lo potevo sentire tra le sue meravigliose dita. Succhiai ogni singolo dito, dopodiché cambiai piede. lei non diceva niente; se ne stava nascosta dietro al tablet, quasi per paura di vedere.
Mi alzai dal divano, spostai i suoi piedi dal divano al tappeto, mi inchinai e poi iniziai a leccarli. Incurvava le dita. era segno che le piaceva.
Mi fermai e la osservai un istante. Tutto d’un tratto, qualcosa dentro di me cambiò. Mi sentivo come un animale feroce. Iniziai a leccarle le caviglie, poi con la lingua salii. Presi tra le mani il suo polpaccio muscoloso, e lo leccai. Le lasciai dei succhiotti ovunque. Le baciai il ginocchio, e poi l’interno della coscia. Mia madre ebbe come un brivido.
«Cazzo… non erano questi i patti, vero? Dovevo restare ai tuoi piedi… mi dispiace ma sei così bella…».
Sempre tenendo il tablet davanti al suo viso, alzò leggermente il culo dal divano e con l’altra mano si sfilò prima i pantaloncini, poi le mutandine. La osservai. Non disse niente, né mostrò il viso.
«Lo vuoi davvero?»
Lei non rispose. La mano che non sorreggeva il grosso tablet bianco me la mise sulla testa, che con violenza schiacciò tra le sue cosce. io iniziai a leccare, sentendo sul mio volto i suoi soffici peli della vagina. Li sentivo sulla lingua, così come sentivo quella pelle liscia, umida. Una rientranza viscida, fatta apposta per essere leccata. Piccoli lembi di pelle che fremevano mentre li toccavo con la punta della lingua.
Nel frattempo, con i piedi lei mi aveva sorprendentemente abbassato sia i pantaloncini che le mutande. Ora il mio pisello era avvinghiato ai suoi bellissimi piedi, che andavano su e giù, su e giù. Non avevo mai provato quella sensazione. Avere il pisello così duro da sentirlo quasi intorpidito. Non importava con quanta violenza usasse i piedi per masturbarmi, quanto me lo schiacciasse, quanto me lo tirasse. Non sentivo dolore, solo piacere.
Me ne stavo lì, inginocchiato davanti a mia madre a leccarle la fica, mentre lei mi faceva una sega con i piedi. Alzai lo sguardo: il tablet non c’era più. Stava con la testa a fissare il soffito. Mi prese la testa con le mani, mi guardò sorridente e iniziò a urlare. «CAZZO SI, OH SI, OH SI!» Il suo bellissimo culo saltava sul divano avanti e indietro.
Poi mi prese la testa e me la spinse indietro. Tolse i suoi piedi dal mio cazzo e li alzò, volendo farseli baciare. Ovviamente obbedii. Si alzò in piedi, e io feci lo stesso. Mi tolsi i pantaloncini e le mutande che erano alle mie caviglie, e poi la maglietta. Anche lei si tolse la maglietta. Mi mostrò le sue grosse tette rotonde, ricoperte da qualche neo. Le toccai, anzi, le strizzai. Lei urlò, poi si mise a ridere.
«Nessuno ti vorrà mai bene come la tua mamma» e mi abbracciò.
Urlai, emettendo un suono gutturale. Era come se il mio cazzo stesse tagliando del soffice burro. Tenendo ancora la mia testa con le mani, mi infilò la lingua in bocca, che quasi rimasi senza respiro. Lei muoveva sinuosa il bacino, con il mio pisello dentro che pareva un cobra ammaestrato, mentre io, goffo com’ero, davo colpi secchi e ritmati, esattamente come martellare un chiodo.
Mi bisbigliò all’orecchio: «Sei pronto vero? Lo sento che sei pronto!»
«SI, SI SI!» gridai. Con un movimento secco, indietreggiò il culo di almeno mezzo metro, e il mio lungo e grosso pisello uscì. Pareva un pesce, viscido e luccicante.
Si sputò sulla mano, si inginocchiò davanti a me e me lo brancò. La violenza con cui la sua mano stringeva e menava il mio cazzo era inaudita; pensavo volesse staccarmelo. Leccò rabbiosa la cappella, e quella fu la proverbiale goccia che fece traboccare il vaso.
Strabuzzai gli occhi. Mi misi le mani nei capelli e gridai: «OOOOH!».
Non pensavo che un uomo potesse produrre tanto seme. Il volto di mia madre e il suo petto erano bianchi. Con un dito, fece per togliersene un po' dalla guancia, e poi si succhiò il dito, facendo schioccare la lingua. Mi inginocchiai come lei, le presi il viso tra le mani e cercai di pulirla dallo sperma sulla bocca e sul naso. Utilizzai la mia maglietta. Lei mi ringraziò. Poi la baciai. Con una mano le accarezzai la guancia, con un’altra le strizzavo una tetta. Anche lei aveva una mano sul mio viso; l’altra, molto dolcemente, quasi a rallentatore, voleva far uscire tutto lo sperma, come se non ne avesse avuto abbastanza.
«Ti amo!»
«Anch’io ti amo mamma!».
Il mondo sarebbe potuto finire il giorno successivo, ed io sarei morto felice.
Invece, il mondo finì esattamente quel giorno, in quel preciso istante.
«MA CHE CAZZO STATE FACENDO? MA CHE…CAZZO?»
Mio padre aveva perso il volo per la Cina ed era tornato a casa. E aveva visto la scena di me e mia madre, nudi, sporchi, sudati, abbracciati l’uno all’altro. Ovviamente, non vi era possibilità di poter dare una spiegazione che non fosse la realtà.
Ed è questo il motivo per cui sono in cura da lei dottoressa; il motivo per cui ho bisogno di uno strizzacervelli. Eppure, in cuor mio, io non penso di aver sbagliato. Certo, è una cosa strana. Ma perché in fondo? Mia madre mi ha reso l’uomo più felice del mondo, e io non la rimprovero per questo; ha sempre voluto il meglio per me, e lei È il meglio. Lei poverina, ha dovuto subire delle cose orribili negli ultimi mesi. Mio padre l’ha fatta accusare di cose come violenza sessuale nei miei confronti, ma ovviamente io mi sono rifiutato di assecondarlo. Ha detto che io ero una vittima. Ma per favore! Sono giovane ma adulto, e l’ho fatto perché mi andava di farlo.
Lei è fuggita. Dopo che mio padre ci aveva scoperti, le voci hanno iniziato a circolare. “madre si scopa il figlio”. Era troppo per lei, anche se, anche da parte sua, credo che non se ne sia pentita, e che non abbia mai creduto che fosse sbagliato. Penso fosse serena quando ha lasciato il paese. Non essendo stata a giudizio per nessun capo d’imputazione (e ci mancherebbe, non ha fatto nulla di male), ha ottenuto dallo stato il permesso di poter cambiare nome. Poi, ha deciso di prendere l’aereo e partire per il Brasile. Lì nessuno la conosce, può rifarsi una vita. Ovviamente ci sentiamo tutti i giorni, e ci vediamo con Skype. Lei prende sempre il sole sulla spiaggia; lì può farlo; lì non piove quasi mai! Nonostante abbia 40 anni, l’hanno presa subito a lavorare come barista in un locale vicino alla spiaggia. Dice che è bellissimo lavorare lì! Ci sono delle persone di origini italiane che le stanno insegnando la lingua, e ogni sera conosce ragazzi e ragazze giovani che rimangono ammaliati dal suo carattere e dalla sua bellezza.
In quanto a me dottoressa, questa è la mia prima e ultima seduta con lei. Non è che c’è l'ho con lei, non se ne risenta; il punto è che ho accettato solo perché ho ricevuto delle pressioni da mio padre. Però…
Però prima di venire qui da lei, sono passato in comune. Guardi: passaporto nuovo di zecca! E ovviamente biglietto aereo di sola andata per Rio de Janeiro! Ho 19 anni, sono adulto, mio padre non può impedirmi di farlo. Non sono una persona orribile, so di avergli rovinato la vita. Ma ormai è successo e non possiamo tornare indietro; possiamo solo ricominciare.
Il volo per Rio parte domani. Là c’è una persona che non vedo l’ora di vedere!
Approposito, mi chiamo Andrea, ho 19 anni e quest’estate è successa una cosa di cui non ho mai parlato con nessuno, a parte lei dottoressa…
Piccola premessa. Sono nato in una famiglia molto ricca. Mio padre, il classico colletto bianco milanese, era un broker squattrinato sino alla fine degli anni ’80. Un bel giorno, visto che non riusciva a tenersi un cliente (a quanto pare non era poi così bravo nel suo lavoro), decise di diventare lui stesso un investitore, e iniziò letteralmente a buttare quei pochi soldi che aveva in società tecnologiche sconosciute, come Microsoft, Apple, Aol, Netscape, etc. etc.
Tutti ovviamente gli diedero del pazzo, e per questa sua mossa azzardata fu costretto a subire la fame per parecchio tempo. Poi, però, arrivarono gli anni 90. Dall’oggi al domani, quei 10 milioni di lire che aveva investito iniziarono a diventare 50, poi 100, e ancora 200. Insomma, grazie alla sua lungimiranza, si ritrovò letteralmente sommerso dai soldi.
A 35 anni, già proprietario di una società di investimento, di una villa a Milano e di non una ma due Porsche, conobbe mia madre, di 15 anni più giovane. Altra piccola premessa: mio padre non è il classico bell’uomo; non è molto alto, pochi capelli, viso rotondo. Certo, ci sa fare con le donne, ma se voi doveste vederli insieme probabilmente vi verrebbe da ridere. Perché se mio padre non è molto affascinante, mia madre è semplicemente stupenda. Alta più di un metro e 70, formosa nei punti giusti, è la tipica bellezza del sud, anche se i miei nonni si sono trasferiti a Milano prima che lei nascesse, quindi parla un milanese molto “accentuato”. È la bellezza personificata. Lunghi capelli neri, carnagione scura, occhi neri. Nasino all’insù e bocca carnosa. Alcuni nei sparsi sul viso in modo strategico, come se fosse stato un pittore a volerli mettere proprio lì. Ha perfino partecipato a Miss Italia prima di conoscere mio padre.
Ora, con questo… non voglio dire che l’abbia sposato per i soldi e che sia una donna interessata (mio padre è un brav’uomo e di successo) ma, sinceramente, non conosco un altro modo per dirlo. Se mio padre non fosse stato ricco, non penso che lei l’avrebbe mai sposato. In tutta sincerità non ho nemmeno la certezza che si sia mai innamorata di lui, visto che, purtroppo, qualche anno fa, e anche più di una volta, sembra che mia madre non sia stata molto fedele con mio padre.
Comunque, torniamo a ciò che mi è successo questa estate. Io come ho già detto ho 19 anni, mentre mia madre 40. Come ogni estate, passiamo le nostre vacanze nella villa in Toscana, a pochi chilometri da Barga. Mio padre quest’estate non era dei nostri poiché, essendo quasi riuscito ad acquistare una piccola fabbrica in Cina (non so di cosa, penso di vestiti), era voluto andare a controllare di persona come il tutto stesse procedendo.
“Che giornata di merda!” disse mia madre. Fuori pioveva a dirotto, e questo le impediva di prendere il sole, come era solita fare. Osservava il temporale dalla finestra. Indossava una maglietta a maniche corte bianca, dei pantaloncini corti e ai piedi taglia 40 delle infradito colorate. Sopra la maglietta, una sorta di maglioncino scuro aperto che le arrivava alle ginocchia, come fosse una tunica. Si sedette sul divano in pelle, si tolse le infradito, si appoggiò con la schiena a uno dei braccioli e si posò sul naso degli enormi occhiali da vista. Poi raccolse il tablet dal tavolino. Io la osservavo, mentre fingevo di giocare con il cellulare. Lei mi guardò con la coda dell’occhio, dopodiché, mi fece spazio sul divano accanto a lei, tirando un po’ indietro i piedi.
«Per favore Andrea siediti! Mi dai fastidio in piedi!». Obbedii e mi sedetti al suo fianco. Lei allungò di nuovo i piedi, premendoli contro la mia coscia.
«Allora tesoro, hai finito di giocare con il cellulare?». Mentre mi parlava, osservavo le sue dita dei piedi senza smalto spingere contro la mia coscia con non poca forza. Adoravo quando non si metteva lo smalto. I suoi piedi erano già abbastanza belli anche senza.
«Andrea?»
«Mamma che ti devo dire? L’hai detto anche tu che è una giornata di merda; cosa dovrei fare?».
Mi osservò. Posò il tablet sul tavolo ma non si levò gli occhiali, che le davano un’aria da professoressa sexy come in quei film commedia degli anni 70.
«Allora parliamo un po’! dai raccontami di Giada!»
«mamma, io e Giada non stiamo più insieme… perché pensi che non l’abbia invitata qui con noi in Toscana?»
Altra premessa: nonostante abbia 19 anni ho già avuto più di una ragazza. Le definirei “puttanelle” perché si vantavano di essere mie fidanzate per il fatto che fossi ricco. Io non penso di essere particolarmente bello. Sono di bella presenza, insomma, non sono un mostro. Sono magro, simpatico e mi ritengo piuttosto intelligente. Ma purtroppo niente vero amore fino ad ora. L’ultima mia fidanzata, Giada, mi aveva mollato perché secondo lei io non le facevo abbastanza regali. Dopo un iphone da 900 euro pensavo di essermela cavata ma no, lei voleva sempre fare shopping. Qualche giorno prima di partire per la Toscana addirittura mi disse che “per scopare con me voleva anche la borsa di Prada originale”. Le ho detto di no; in pratica è come se fossi stato io a mollare lei.
«Sono puttanelle mamma. Vengono con me solo per i soldi». Dopo averlo detto mi sentii in imbarazzo, pensando al fatto che mia madre… beh, l’ho già spiegato: non ha sposato mio padre per il suo aspetto fisico.
«Sei così bello, e dolce e simpatico… e intelligente. Che si fottano quelle stronzette, troverai molto presto una brava ragazza!». Mi sorrise, e tutto d’un tratto un tuono la fece sobbalzare. Spinse con forza i piedi contro la mia coscia, poi li alzò, e li appoggiò sul mio grembo.
«Cazzo! Ma che c’è là fuori, un tornado?». Mentre girò la testa verso la finestra, appoggiai la mia mano sul suo piede sinistro. La forma delle sue dita mi faceva impazzire. Per assurdo, iniziai a pensare che la prossima volta che fossimo andati in paese, le avrei comprato un anello per le dita dei piedi, o magari una bella cavigliera. Qualche gioiello ci sarebbe stato bene su quelle meraviglie. L’unghia del mignolino era un po’ rovinata, mentre sul quarto dito vi era un piccolo neo. Ogni imperfezione mi faceva ribollire il sangue. Accarezzai il piede, spostando la mano in avanti e arrivando con le dita prima sull’interno, e poi sulla pianta del piede. Lei mi guardò.
«Ti danno fastidio? Vuoi che mi tolgo?»
«No no… sono solo un po’ scomodo». Le alzai il piede dal mio grembo, ma non fu una bella mossa. Sotto di esso infatti, i miei pantaloni erano rigonfi. Sperai che lei non lo notasse. D’improvviso, saltò in piedi.
«Cazzo… il vestito nuovo!». Si infilò le infradito e saltò fuori dalla porta finestra che dava sul giardino, intenta a raccogliere al volo il suo vestito firmato che aveva messo ad asciugare sullo stendibiancheria. Ovviamente era tutto bagnato.
Rientrò in casa, solo leggermente bagnata.
«mamma scusa… ma è da mezz’ora che piove! Non potevi lasciarlo fuori? Tanto, bagnato per bagnato..»
«Si, in effetti… ma non voglio che si rovini. Fammi un favore tesoro, vai a buttarmelo nella lavatrice, dovrò lavarlo di nuovo».
Obbedii, e tornai dalla lavanderia con due asciugamani.
«Tieni, asciugati almeno i capelli» le dissi tornando in salotto. Le porsi un asciugamano, mentre mi inginocchiavo ai suoi bellissimi piedi. Le tolsi le infradito sporche, e infilai la sua caviglia nel secondo asciugamano, cercando con le mani di asciugarla.
«Wow tesoro… Grazie!» disse sorridendo.
Tolsi l’asciugamano. Ora il suo piede era solo leggermente umido. Accarezzai la sua pianta per esserne certo. Incredibilmente, iniziai a sentirmi strano. Mille pensieri mi passarono per la testa, mentre tenevo tra le mani l’oggetto dei miei desideri più sfrenati. Con la sua pianta a pochi centimetri dal mio naso, pensai: “e se le do solo un piccolo bacio? Come reagirà? Potrei farle solo il solletico, anche se vorrei tanto leccarlo… ma non posso, non posso proprio; cavolo e mia madre!”
Mentre i pensieri vorticavano nella mia mente, mia madre schiacciò il suo alluce contro il mio naso. Rimasi di sasso. Poi mi guardo strano, ridendo.
«Cosa fai?»
«Come cosa faccio?»
Rise. «Andrea non lo so… sei fermo così da quasi un minuto con lo sguardo fisso sul mio piede». lo agitò tra le mie mani. «Vuoi baciarlo? Vuoi fargli una foto?»
Quanto avrei voluto. «Che scema che sei, stavo solo pensando ad una cosa». Mi alzai, e lei scoppiò a ridere. Mi sedetti sul divano accanto a lei, e lei mi porse anche l’altro piede, per farselo asciugare.
«Già che ci sei…» in un modo o nell’altro, i suoi bellissimi piedi erano ancora sulle mie cosce, e la cosa non mi dispiaceva. Le asciugai l’altro piede.
«Comunque, molti uomini pagherebbero per fare quello che stai facendo tu. La tua mamma ha dei piedi molto belli, lo sai?»
«Si lo so…»
«A molti uomini piacciono i piedi delle donne»
«mamma lo so!»
«a te piacciono?»
«Cosa?» perché me lo stava chiedendo?
«Andrea, lo sai che con me puoi parlare di tutto, vero?»
«ma non ho niente da dirti!»
Rimase in silenzio per qualche secondo, poi mi fece un sorriso beffardo.
«Pensi che sono scema? Solo perché hai una mamma così bella, non significa che sia scema!». Cercai di dire qualcosa ma lei non mi fece parlare.
«Mi tocchi i piedi, me li accarezzi. Cerchi di massaggiarmeli e poi te li porti a pochi centimetri dal viso, come per annusarli. Infine, ti offri di asciugarmi i piedi. Sei molto dolce Andrea, ma quanti figli farebbe una cosa del genere senza un secondo fine?»
«Ma io volevo solo… io pensavo che… di aiutarti!»
Rimase visibilmente scettica. Nonostante fosse un giorno d’estate, la pioggia aveva abbassato di parecchio la temperatura. Ma io mi sentivo come nel Sahara, con le gocce di sudore che scendevano copiose dalla mia fronte. Lei lo notò. Non volevo che lei pensasse che ero un feticista dei piedi (che poi era la realtà). Volevo che pensasse che ero… “normale”.
«Tesoro non volevo…»
«No è che tu non capisci che…»
«Non ti arrabbiare»
«Non sono arrabbiato mamma!». Tentavo di salvare il salvabile.
Lei si piegò in avanti, appoggiò la sua mano sulla patta dei miei pantaloni e tastò. Stavo quasi per mettermi a piangere.
«Ma mamma cosa fai? Ti prego dai…»
«Andrea, nessuno. NESSUNO ti vorrà mai bene come la tua mamma, questo lo capisci, vero? Ora, tu puoi dire ciò che vuoi, ma tu ed io sappiamo la verità. In effetti, ripensandoci, non è poi così sbagliato… se non fossimo madre e figlio… tu saresti solo un ragazzo di 19 anni in piena maturazione sessuale, mentre io una bella donna ancora nel vivo degli anni…»
Con i piedi ancora sulle mie cosce, tastò nuovamente i miei genitali con curiosità, come a rimanere sorpresa della mia “dotazione”.
Avrei voluto scavare una fossa in giardino e buttarmici dentro, ma allo stesso tempo la mia eccitazione mi disorientava, facendomi sudare, tremare e persino balbettare.
«Faremo una cosa Andrea, e dovrà rimanere un segreto. Io ti voglio un bene dell’anima, perché sei mio figlio, il mio unico bellissimo, meraviglioso figlio. Le ragazze della tua età non ti rispettano, non ti meritano. Un giorno troverai la ragazza dei tuoi sogni, sicuramente. Se adesso vuoi sfogarti con me… io te lo lascerò fare.
«Mi stai chiedendo di fare sesso con te? ma che cazzo…»
«NO NO! Hai capito male! voglio solo che ti sfoghi. Non c’è niente di male in questo. Quindi, ecco cosa farò. Prenderò in mano l’Ipad e ci giocherò. Io mi concentrerò su questo. Nasconderò la mia faccia dietro all’Ipad. Nemmeno ti vedrò. Nel frattempo, i miei piedi rimangono sulle tue gambe. Tesoro, non ti vedrò. Non voglio vederlo! Ma solo renderti felice».
«Ma…». Prese il tablet tra le mani, se lo avvicinò al viso e iniziò a premere qualcosa sullo schermo. Probabilmente uno di quegli stupidi giochini di facebook. Nel frattempo, le dita dei suoi piedi si agitarono.
Li accarezzai con dolcezza, solleticando le dita. Lei fece un piccolo sussulto e nulla più. In effetti non riuscivo a vederle il viso.
«Mamma, io non so se ci riesco…». Ma lei non rispose.
«Mamma?». Era chiaro il suo gioco; stava facendo finta di non essere lì.
Il suo piede sinistro stava accarezzando il mio pene ormai durissimo, ma ancora nascosto nei pantaloni.
«Ok non rispondermi, fai pure finta di niente» Le dissi. «Comunque non so se questa sia la cosa giusta da fare ma si, hai ragione. Io ti amo! Amo tutto di te e amo anche i tuoi piedi. Questa cosa è sicuramente sbagliata. Ma non penso di poterti resistere. Mamma non pensare che sono strano…».
Alzò il viso dallo schermo del tablet e mi guardò attraverso i grandi occhiali. Fuori i tuoni e i fulmini. Sottovoce disse «non l’ho mai pensato». Alzò il suo piede all’altezza della mia bocca. Dopodiché, nascose nuovamente la testa dietro al tablet.
Lo presi, aprii la bocca e vi infilai goffamente l’alluce. Succhiai. Controllai che lei non mi stesse osservando e in effetti era così. Con la mano sinistra schiacciai il suo piede sinistro contro il mio pisello, mentre con la mano destra tenevo il piede destro. E ne succhiavo le dita. L’alluce era qualcosa di favoloso, ancora leggermente umido dalla pioggia. Lo facevo uscire ed entrare dalla mia bocca. Sembrava un grosso acino d’uva. Lo appoggiai sul mio naso e leccai la parte superiore della pianta. La mordicchiai.
L’idea che fosse sbagliato ciò che stava accadendo se n’era andata dalla mia mente non appena l’alluce mi era entrato in bocca.
Alzai il piede e baciai mille volte il tallone, poi aprii la bocca e ve lo infilai. Era leggermente screpolato ai bordi, ma la parte centrale era liscissima. Mentre era appoggiato nella mia bocca, la lingua lo solleticava, tant’è che mi parse di sentire mia madre ridere. Passai la lingua tra le dita. L’odore della pioggia. Lo potevo sentire tra le sue meravigliose dita. Succhiai ogni singolo dito, dopodiché cambiai piede. lei non diceva niente; se ne stava nascosta dietro al tablet, quasi per paura di vedere.
Mi alzai dal divano, spostai i suoi piedi dal divano al tappeto, mi inchinai e poi iniziai a leccarli. Incurvava le dita. era segno che le piaceva.
Mi fermai e la osservai un istante. Tutto d’un tratto, qualcosa dentro di me cambiò. Mi sentivo come un animale feroce. Iniziai a leccarle le caviglie, poi con la lingua salii. Presi tra le mani il suo polpaccio muscoloso, e lo leccai. Le lasciai dei succhiotti ovunque. Le baciai il ginocchio, e poi l’interno della coscia. Mia madre ebbe come un brivido.
«Cazzo… non erano questi i patti, vero? Dovevo restare ai tuoi piedi… mi dispiace ma sei così bella…».
Sempre tenendo il tablet davanti al suo viso, alzò leggermente il culo dal divano e con l’altra mano si sfilò prima i pantaloncini, poi le mutandine. La osservai. Non disse niente, né mostrò il viso.
«Lo vuoi davvero?»
Lei non rispose. La mano che non sorreggeva il grosso tablet bianco me la mise sulla testa, che con violenza schiacciò tra le sue cosce. io iniziai a leccare, sentendo sul mio volto i suoi soffici peli della vagina. Li sentivo sulla lingua, così come sentivo quella pelle liscia, umida. Una rientranza viscida, fatta apposta per essere leccata. Piccoli lembi di pelle che fremevano mentre li toccavo con la punta della lingua.
Nel frattempo, con i piedi lei mi aveva sorprendentemente abbassato sia i pantaloncini che le mutande. Ora il mio pisello era avvinghiato ai suoi bellissimi piedi, che andavano su e giù, su e giù. Non avevo mai provato quella sensazione. Avere il pisello così duro da sentirlo quasi intorpidito. Non importava con quanta violenza usasse i piedi per masturbarmi, quanto me lo schiacciasse, quanto me lo tirasse. Non sentivo dolore, solo piacere.
Me ne stavo lì, inginocchiato davanti a mia madre a leccarle la fica, mentre lei mi faceva una sega con i piedi. Alzai lo sguardo: il tablet non c’era più. Stava con la testa a fissare il soffito. Mi prese la testa con le mani, mi guardò sorridente e iniziò a urlare. «CAZZO SI, OH SI, OH SI!» Il suo bellissimo culo saltava sul divano avanti e indietro.
Poi mi prese la testa e me la spinse indietro. Tolse i suoi piedi dal mio cazzo e li alzò, volendo farseli baciare. Ovviamente obbedii. Si alzò in piedi, e io feci lo stesso. Mi tolsi i pantaloncini e le mutande che erano alle mie caviglie, e poi la maglietta. Anche lei si tolse la maglietta. Mi mostrò le sue grosse tette rotonde, ricoperte da qualche neo. Le toccai, anzi, le strizzai. Lei urlò, poi si mise a ridere.
«Nessuno ti vorrà mai bene come la tua mamma» e mi abbracciò.
Urlai, emettendo un suono gutturale. Era come se il mio cazzo stesse tagliando del soffice burro. Tenendo ancora la mia testa con le mani, mi infilò la lingua in bocca, che quasi rimasi senza respiro. Lei muoveva sinuosa il bacino, con il mio pisello dentro che pareva un cobra ammaestrato, mentre io, goffo com’ero, davo colpi secchi e ritmati, esattamente come martellare un chiodo.
Mi bisbigliò all’orecchio: «Sei pronto vero? Lo sento che sei pronto!»
«SI, SI SI!» gridai. Con un movimento secco, indietreggiò il culo di almeno mezzo metro, e il mio lungo e grosso pisello uscì. Pareva un pesce, viscido e luccicante.
Si sputò sulla mano, si inginocchiò davanti a me e me lo brancò. La violenza con cui la sua mano stringeva e menava il mio cazzo era inaudita; pensavo volesse staccarmelo. Leccò rabbiosa la cappella, e quella fu la proverbiale goccia che fece traboccare il vaso.
Strabuzzai gli occhi. Mi misi le mani nei capelli e gridai: «OOOOH!».
Non pensavo che un uomo potesse produrre tanto seme. Il volto di mia madre e il suo petto erano bianchi. Con un dito, fece per togliersene un po' dalla guancia, e poi si succhiò il dito, facendo schioccare la lingua. Mi inginocchiai come lei, le presi il viso tra le mani e cercai di pulirla dallo sperma sulla bocca e sul naso. Utilizzai la mia maglietta. Lei mi ringraziò. Poi la baciai. Con una mano le accarezzai la guancia, con un’altra le strizzavo una tetta. Anche lei aveva una mano sul mio viso; l’altra, molto dolcemente, quasi a rallentatore, voleva far uscire tutto lo sperma, come se non ne avesse avuto abbastanza.
«Ti amo!»
«Anch’io ti amo mamma!».
Il mondo sarebbe potuto finire il giorno successivo, ed io sarei morto felice.
Invece, il mondo finì esattamente quel giorno, in quel preciso istante.
«MA CHE CAZZO STATE FACENDO? MA CHE…CAZZO?»
Mio padre aveva perso il volo per la Cina ed era tornato a casa. E aveva visto la scena di me e mia madre, nudi, sporchi, sudati, abbracciati l’uno all’altro. Ovviamente, non vi era possibilità di poter dare una spiegazione che non fosse la realtà.
Ed è questo il motivo per cui sono in cura da lei dottoressa; il motivo per cui ho bisogno di uno strizzacervelli. Eppure, in cuor mio, io non penso di aver sbagliato. Certo, è una cosa strana. Ma perché in fondo? Mia madre mi ha reso l’uomo più felice del mondo, e io non la rimprovero per questo; ha sempre voluto il meglio per me, e lei È il meglio. Lei poverina, ha dovuto subire delle cose orribili negli ultimi mesi. Mio padre l’ha fatta accusare di cose come violenza sessuale nei miei confronti, ma ovviamente io mi sono rifiutato di assecondarlo. Ha detto che io ero una vittima. Ma per favore! Sono giovane ma adulto, e l’ho fatto perché mi andava di farlo.
Lei è fuggita. Dopo che mio padre ci aveva scoperti, le voci hanno iniziato a circolare. “madre si scopa il figlio”. Era troppo per lei, anche se, anche da parte sua, credo che non se ne sia pentita, e che non abbia mai creduto che fosse sbagliato. Penso fosse serena quando ha lasciato il paese. Non essendo stata a giudizio per nessun capo d’imputazione (e ci mancherebbe, non ha fatto nulla di male), ha ottenuto dallo stato il permesso di poter cambiare nome. Poi, ha deciso di prendere l’aereo e partire per il Brasile. Lì nessuno la conosce, può rifarsi una vita. Ovviamente ci sentiamo tutti i giorni, e ci vediamo con Skype. Lei prende sempre il sole sulla spiaggia; lì può farlo; lì non piove quasi mai! Nonostante abbia 40 anni, l’hanno presa subito a lavorare come barista in un locale vicino alla spiaggia. Dice che è bellissimo lavorare lì! Ci sono delle persone di origini italiane che le stanno insegnando la lingua, e ogni sera conosce ragazzi e ragazze giovani che rimangono ammaliati dal suo carattere e dalla sua bellezza.
In quanto a me dottoressa, questa è la mia prima e ultima seduta con lei. Non è che c’è l'ho con lei, non se ne risenta; il punto è che ho accettato solo perché ho ricevuto delle pressioni da mio padre. Però…
Però prima di venire qui da lei, sono passato in comune. Guardi: passaporto nuovo di zecca! E ovviamente biglietto aereo di sola andata per Rio de Janeiro! Ho 19 anni, sono adulto, mio padre non può impedirmi di farlo. Non sono una persona orribile, so di avergli rovinato la vita. Ma ormai è successo e non possiamo tornare indietro; possiamo solo ricominciare.
Il volo per Rio parte domani. Là c’è una persona che non vedo l’ora di vedere!
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