Storia di un'ordinaria scopata

di
genere
etero

Non è stato sempre così.
C'era un tempo in cui Lia ed io ci amavamo.
Non era strano, era solo amore... quello che si usa definire amore. Succede di sera, sotto alle coperte oppure al supermercato quando scegli gli stessi biscotti.
Mi sento così pieno di banalità e così triste per lei che ve ne voglio parlare.
La più bella donna sulla faccia della terra, non serve il viso e i modi gentili ed educati.
Le belle donne la bellezza ce l'hanno negli occhi. Ti ghiacciano e ti portano a provare quel senso (lo chiamo così, io) che ti dice che ti stai realizzando tutt'uno con quella cosa, persona, albero, cane. Non era più così, si era l'oggetto l'uno dell'altra. Quando scopi e ti serve l'inventiva stai, appunto, scopando e il sentimento è già partito ed è tornato nei libri impolverati della zia Lilla (ve lo giuro ha una zia che si chiama Lilla ma vi prego di non credermi, mi fa bene). La zia Lilla legge quei romanzi con la copertina dove c'è sempre un prato e due vestiti da 800' ed è insopportabile... Ma perché continuo a parlare di quella vecchiaccia?
Dunque, vi dicevo, non ci amiamo più.
Questa sera quando è tornata a casa, l'ho guardata negli occhi e c'aveva quelli da puttanella. Glieli leggo sempre gli occhi io!
Ho scolato la pasta e quegli soaghetti erano deliziosi (che aggettivo odioso per degli spaghetti, quasi come queste parentesi) ma, vi dicevo, c'aveva quegli occhi.
L'ho presa subito in braccio e ho spostato tutta la roba che c'era su quel tavolo di vetro che odio, lo odio perché mi fanno schifo gli arredamenti moderni delle case di città.
Fredde e monocromatiche come i cittadini.
E la mia puttanella si sente come loro, ora.
Le ho sfilato i pantaloni e le ho aperto le cosce.
C'ha una fica bellissima, anche se non ci amiamo, amo la sua fica.
Mi fiondo su quel pomo succulento e lo mangio, lo faccio mio con la lingua. Le spolpo le labbra e la trattengo giù, su quel tavolo freddo da cui si ribella.
Le tiro fuori il clitoride e me lo mangio.
Geme, le è sempre piaciuto il mio cunnilingus. L'ho fatta godere sempre con la lingua e lo faccio anche ora come una ventosa.
Lei si contorce, si dimena e piega le ginocchia, mi fa pensare a Ulisse, temo anch'io di toccarle quelle ginocchia contratte come lui teme quelle di Nausicaa.
Le raccolgo ancora il clitoride in bocca ma lei mi sposta, mi afferra i capelli e mi bacia. Stupendo, un bacio carnale, grosso e rumoroso. Mi butta la lingua in bocca e capisco che è piena di voglia quando scende sul mio petto e lo lecca con la punta della lingua. Mi strappa via la cintura, con le mani ma è come se lo stesse facendo coi denti.
Sbottona tutto e si infila il mio pisello in bocca.
Scende fin giù, lo chiude nella sua gola e con le sue labbra rosse lo leviga. Sento il frenulo bollire, la lingua lo liscia e lo fa cantare.
Le afferro i capelli, la spingo contro il mio cazzo come se l'asta non avesse fine ma lei l'ha già fagocitato. Le sue labbra mi levigano i testicoli, le strattono la chioma e lei li prende nella sua bocca.
Mi fa pensare alle nespole, le mangia allo stesso modo.
Li ciuccia vorace e con una mano scende sul mio cazzo, lo avviluppa e lo adorna con le sue lunghe dita ricamate e chiare.
Lo pompa con energia, sale su di me e mi morde il petto, mi lascia i segni.
Le è sempre piaciuto lasciarmi i segni.
Le prime volte voleva che io la insultassi, questa sera voglio recitare una prima volta.
-Succhialo, puttana!-
Non l'avessi mai detto!
Torna a succhiarmelo scendendo languida con la punta della lingua che mi riga il bacino e gira all'inguine. Coi suoi denti bianchi afferra la cappella, delicata, mi guarda negli occhi e sorride. Di nuovo lo pompa.
Basta, devo scoparla.
Non la lascio finire, riprendo il controllo.
La cingo per i fianchi pieni e la riporto su quel vetro freddo.
-Questo tavolo è buono solo per scoparti!-
Le pianto il cazzo dentro, le sposto le mani dal clitoride.
-Faccio io, troia!-
La scopo e le levigo il clitoride. Porta la testa in alto e gode, mi chino sul collo sudato e la lecco. La sento, è la mia donna.
La mordo e la scopo, è mia.
Il suo corpo mi scende sul cazzo mentre la domo. Le afferro i seni, li faccio miei con la bocca. Glieli succhio, sono tondi, pieni e profumano di sesso.
Ballano diretti dai colpi del mio pisello.
Ciliegina sulla torta, dita nel culo.
La giro, lasciandola infilzata sul mio organo.
Le prendo le natiche tra le mani, lisce e bianche. Devono prendere colore, penso, inizio a darle dei sonori schiaffi, vanno in armonia col mio cazzo che fa da metronomo.
-Stasera ti suono, puttana!-
Le allargo il culo, sputo e la prendo nel punto giusto.
Lo prende, un dito, due. Basta!
Le bastano per stasera, non vuole che la scopi come al solito.
Mi abbasso su di lei e continuo a scoparla, si sposta i capelli e mi lascia il suo collo con le vene palpitanti.
-Sto per venire...-
È l'unica cosa che ha detto, stasera.
Godiamo insieme, le vengo dentro. Con tre o forse quattro colpi secchi le svuoto tutta la tensione nel corpo.
Le irrigo le colline della fica liscia e fertile.
Finiamo sul tavolo, ora mi accorgo che è freddo per starci distesi.
-Hai avuto freddo?-
-Solo ora, perché è finito-
Ci guardiamo e penso che non è mai finita, lo pensa anche lei e mi bacia teneramente sulle labbra.
scritto il
2018-09-21
3 . 2 K
visite
0
voti
valutazione
0
il tuo voto

Continua a leggere racconti dello stesso autore

racconto precedente

Ditalino.

racconto sucessivo

Spiando Silvia.
Segnala abuso in questo racconto erotico

Commenti dei lettori al racconto erotico

cookies policy Per una migliore navigazione questo sito fa uso di cookie propri e di terze parti. Proseguendo la navigazione ne accetti l'utilizzo.