Spiando Silvia.
di
Semiramis
genere
saffico
Mattina bagnata e umida!
No, non è per questo tempo d'autunno, l'umidità è tutta in basso, nelle mie mutandine.
Mi sono ricordata, infatti, appena sveglia da dove deriva tutta questa perturbazione.
Dobbiamo tornare dietro nel tempo, a qualche anno fa. Vi prego di seguirmi. Come?
Ma basta attivare le vostre macchine del tempo, scendete verso il basso con le mani a toccate. Avete trovato l'interruttore? O una leva? Basta giocare adesso! Sto con le mani nelle mutande e vi invito a fare lo stesso, a godere di questo momento insieme a me, di questa materia onirica impastata di sesso.
Dunque, torniamo a qualche anno fa...
Avevo deciso di ospitare a casa una mia cara amica, Silvia. Lei era appena tornata da San Francisco dove era stata a studiare.
Mi chiese di ospitarla nella mia casa di campagna a Ciaulà per rilassarsi e vivere nella pace per una settimana prima di iniziare a lavorare. Io, ovviamente, non potevo dirle di no. Tuttavia decisi di trasferirmi per farle compagnia, non volevo si riducesse a parlare con baristi troppo cortesi come Jack Torrance.
Devo dire che Silvia era davvero bella, capelli scuri incorniciavano una pella chiara e limpida. Inoltre, ero da sempre invidiosa delle sue mani.
Non aveva bisogno di curarle, erano belle e naturali. Si limitava a mettere smalti chiari solo per farle risplendere, non erano le mani di una donna.
Le sere di ottobre a Ciaulà sono particolarmente fredde. L'umidità sembra penetrare le osse e le trame nere degli alberi segnano il confine tra le peggiori paure e angosce quando cala la notte.
Vi dicevo, notte da lupi!
Avevo lasciato a Silvia una delle camere migliori, piccola e ben arredata dai mobili antichi. Io avevo scelto quella matrimoniale poco distante dalla sua.
La notte non tardò a scendere ed io sprofondata nel letto non riuscivo a prendere sonno. Volevo cimentarmi nel solito ditalino, quello che concilia l'entrata nel mondo di Morfeo.
Tuttavia, la notte le case prendono vita.
Quelle di montagna credo si muovano, si spostano nei boschi a far vivere le atmosfere più burrascose.
Alcuni rumori infatti mi fecero spostare le mani dal clitoride, assaporai i miei succhi guardandomi intorno nel buio. La fica pulsava ormai, ero avviata ad un gran bel ditalino ma gli scricchiolii mi fecero sentire il bisogno di spostarmi e controllare il corridoio.
Detto, fatto.
Notai che dalla camera di Silvia proveniva la luce fioca della Churchill posta sullo scrittoio. Avanzai, in punta di piedi per non svegliarla.
Alcuni dormono con la luce accesa, non tutti cercano il buio completo per prender sonno e io, per questo, temevo di poterla svegliare.
Non stava dormendo.
Mi avvicinai però ugualmente in silenzio, cogliendola in un momento di intimità.
Era con le spalle dritte alla sponda del letto, in legno intarsiato e il cigolio proveniva dai suoi spasmi di goduria.
Era ancora coperta, vedevo dai bozzi sul letto che aveva le ginocchia molto distanti tra di loro. Aveva le gambe completamente divaricate e le mani giù in basso.
Si masturbava ad occhi chiusi e ansimando con dolcezza.
Non potevo resistere, scesi con le mani giù a cercare la mia gonfia pesca che mi accolse gioiosa. Quando mi toccai il clitoride questo mi spinse a piegarmi e a inarcare il culo per la folata di piacere che mi diede. Mi ressi al muro e continuai ad osservarla, masturbandomi.
Continuava imperterrita, coi capelli scomposti ad agitarsi e a fremere in quel letto.
Spostò le coperte, era in mutande e indossava dei calzini alti e colorati.
Sopra di questi spuntavano chiare le sue cosce tonde e lisce.
La chiamavano Sophia Loren e non avevano tutti i torti!
Il pigiama le ricadeva con le maniche scorciate di poco all'inguine. Si masturbava senza togliere le mutande. Mi parve cosa strana, quel vedo, non vedo però contribuiva ad eccitarmi.
La mutandina verde che indossava veniva solcata dalle sue dita. Nel mezzo uno striscia di succo le definiva la vulva sull'indumento.
Una mano la teneva ferma, come se si reggesse una delle grandi labbra. L'altra la scuoteva energicamente sulla montagnina di piacere del suo clitoride.
Accelerai le mani accompagnando il suo piacere. Il suo sesso trasudava umori e io volevo prosciugarlo e liberarlo da quella mutandina ormai allagata.
Poi mi fece venire.
Aprì la bocca, si contrasse e inarcò più volte la schiena. Facendomi arrivare all'orgasmo.
Mi accostai al muro per non farmi vedere terminando il mio ditalino e tornai in camera riaddormentandomi.
La mattina trovai la sua mutandina tra i panni sporchi e decisi di rubarla. La volevo per me, per ricostruire con gli odori il suo sesso.
La misi in tasca.
Ora, sto quasi venendo.
Controllo le tasche ma non ho la mutandina di Silvia. Vorrei tanto averla.
Orgasmo.
No, non è per questo tempo d'autunno, l'umidità è tutta in basso, nelle mie mutandine.
Mi sono ricordata, infatti, appena sveglia da dove deriva tutta questa perturbazione.
Dobbiamo tornare dietro nel tempo, a qualche anno fa. Vi prego di seguirmi. Come?
Ma basta attivare le vostre macchine del tempo, scendete verso il basso con le mani a toccate. Avete trovato l'interruttore? O una leva? Basta giocare adesso! Sto con le mani nelle mutande e vi invito a fare lo stesso, a godere di questo momento insieme a me, di questa materia onirica impastata di sesso.
Dunque, torniamo a qualche anno fa...
Avevo deciso di ospitare a casa una mia cara amica, Silvia. Lei era appena tornata da San Francisco dove era stata a studiare.
Mi chiese di ospitarla nella mia casa di campagna a Ciaulà per rilassarsi e vivere nella pace per una settimana prima di iniziare a lavorare. Io, ovviamente, non potevo dirle di no. Tuttavia decisi di trasferirmi per farle compagnia, non volevo si riducesse a parlare con baristi troppo cortesi come Jack Torrance.
Devo dire che Silvia era davvero bella, capelli scuri incorniciavano una pella chiara e limpida. Inoltre, ero da sempre invidiosa delle sue mani.
Non aveva bisogno di curarle, erano belle e naturali. Si limitava a mettere smalti chiari solo per farle risplendere, non erano le mani di una donna.
Le sere di ottobre a Ciaulà sono particolarmente fredde. L'umidità sembra penetrare le osse e le trame nere degli alberi segnano il confine tra le peggiori paure e angosce quando cala la notte.
Vi dicevo, notte da lupi!
Avevo lasciato a Silvia una delle camere migliori, piccola e ben arredata dai mobili antichi. Io avevo scelto quella matrimoniale poco distante dalla sua.
La notte non tardò a scendere ed io sprofondata nel letto non riuscivo a prendere sonno. Volevo cimentarmi nel solito ditalino, quello che concilia l'entrata nel mondo di Morfeo.
Tuttavia, la notte le case prendono vita.
Quelle di montagna credo si muovano, si spostano nei boschi a far vivere le atmosfere più burrascose.
Alcuni rumori infatti mi fecero spostare le mani dal clitoride, assaporai i miei succhi guardandomi intorno nel buio. La fica pulsava ormai, ero avviata ad un gran bel ditalino ma gli scricchiolii mi fecero sentire il bisogno di spostarmi e controllare il corridoio.
Detto, fatto.
Notai che dalla camera di Silvia proveniva la luce fioca della Churchill posta sullo scrittoio. Avanzai, in punta di piedi per non svegliarla.
Alcuni dormono con la luce accesa, non tutti cercano il buio completo per prender sonno e io, per questo, temevo di poterla svegliare.
Non stava dormendo.
Mi avvicinai però ugualmente in silenzio, cogliendola in un momento di intimità.
Era con le spalle dritte alla sponda del letto, in legno intarsiato e il cigolio proveniva dai suoi spasmi di goduria.
Era ancora coperta, vedevo dai bozzi sul letto che aveva le ginocchia molto distanti tra di loro. Aveva le gambe completamente divaricate e le mani giù in basso.
Si masturbava ad occhi chiusi e ansimando con dolcezza.
Non potevo resistere, scesi con le mani giù a cercare la mia gonfia pesca che mi accolse gioiosa. Quando mi toccai il clitoride questo mi spinse a piegarmi e a inarcare il culo per la folata di piacere che mi diede. Mi ressi al muro e continuai ad osservarla, masturbandomi.
Continuava imperterrita, coi capelli scomposti ad agitarsi e a fremere in quel letto.
Spostò le coperte, era in mutande e indossava dei calzini alti e colorati.
Sopra di questi spuntavano chiare le sue cosce tonde e lisce.
La chiamavano Sophia Loren e non avevano tutti i torti!
Il pigiama le ricadeva con le maniche scorciate di poco all'inguine. Si masturbava senza togliere le mutande. Mi parve cosa strana, quel vedo, non vedo però contribuiva ad eccitarmi.
La mutandina verde che indossava veniva solcata dalle sue dita. Nel mezzo uno striscia di succo le definiva la vulva sull'indumento.
Una mano la teneva ferma, come se si reggesse una delle grandi labbra. L'altra la scuoteva energicamente sulla montagnina di piacere del suo clitoride.
Accelerai le mani accompagnando il suo piacere. Il suo sesso trasudava umori e io volevo prosciugarlo e liberarlo da quella mutandina ormai allagata.
Poi mi fece venire.
Aprì la bocca, si contrasse e inarcò più volte la schiena. Facendomi arrivare all'orgasmo.
Mi accostai al muro per non farmi vedere terminando il mio ditalino e tornai in camera riaddormentandomi.
La mattina trovai la sua mutandina tra i panni sporchi e decisi di rubarla. La volevo per me, per ricostruire con gli odori il suo sesso.
La misi in tasca.
Ora, sto quasi venendo.
Controllo le tasche ma non ho la mutandina di Silvia. Vorrei tanto averla.
Orgasmo.
0
voti
voti
valutazione
0
0
Continua a leggere racconti dello stesso autore
racconto precedente
Storia di un'ordinaria scopataracconto sucessivo
Scalpitanti zoccoli di cammello.
Commenti dei lettori al racconto erotico