Supermarket

di
genere
etero

Il clima urbano mistifica settembre.
Ma la città è sempre la stessa, stagliata nella confusione. Un mosaico di macchine e stabili. Appartamenti con nomi ai citofoni sbiaditi, mendicanti ricchi e poveri, preti e troie, troie che sono preti all'occasione. La citta è il luogo del tutto e del nulla, del Caos inutile nelle sue mille funzioni d'utilità. Edificata nelle burocrazie e spinta dalle torri di Babele degli uffici che non solleticheranno mai il cielo, solo lo smog. Una lenta e offuscata patina nera, cotta dal sole del riscaldamento globale.
Roma, caput mundi, città eterna! Asfaltata sulle radici dei più grandi e sulle figlie di Messalina. Coi suoi grossi monumenti: la fontana di Trevi, la Barcaccia, il Colosseo.
I gladiatori di Roma! Sul prato urbano incontinente al caldo e al sozzume, si muove serafica Beatrice. Donna per eccellenza dell'Urbe di giorno, puttana all'occorenza. I gladiatori oggi non ci sono più ma nell'arena del sesso di Roma combatte lei, la nostra gladiatrice troia.
Beatrice oggi deve fare la spesa, comune gaudio e danno cittadino.
Pantaloncino con chiappetta al vento, canottierina e sorriso a forma di pompino. È una donna, un angelo urbano.
Emancipata, puttana, disinibita e consumista. È una ninfomane, fornicatrice, eccentrica e danarosa maschera di quel teatro.
Ma vi giuro che si sta curando! Ha smesso di masturbarsi negli ascensori vuoti, ha smesso di fare sesso non protetto con gli sconosciuti, ha smesso di limonarsi le lingue d'ogni luogo. Sta cambiando, non la vedete? Bea è più serena, Bea cammina, Bea legge Novella 2000, capite? Ha smesso di masturbarsi mentre legge i romanzi di sesso.
È asessuata, è libera, è...
Al supermercato per trovare una vittima! Ma, vi pare? Una come lei in giro a comprare latte a lunga conservazione? Una come lei sceglie solo la caccia. Una piccola pausa, promesso! Solo una piccola pausa dalla terapia, certamente se la merita. Bea è una cittadina, una professionista delle regole e dei pompini. Li fai, li ha fatti, li farà. Al fratello, agli amici del fratello, agli amici degli amici del fratello e ancora. Di notte, di giorno, sudata, fresca, sfiancata, trattata da troia.
Il latte adesso, conta il latte.
-Cazzo!-
Se stringe le gambe quasi la sente muoversi e digrignarsi tra il caldo jeans schiappettato. Che sofferenza avere una fica umida, calda e senza cazzo.
-Mi scusi, il latte, io, qui, è che...-
Ma lo sapete che Bea è biologa nutrizionista? Conosce le tabelle dei valori nutrizionali come le pieghe della sua fica? Lo sta cercando, è alla ricerca del suo strumento, del dildo umano del giorno. Non scopa da... ma che ve ne frega da quanto? Abbastanza, troppo tempo. Non è facile vivere con le mani nella fica, placarla e poi risentirla urlare perché non è sazia dentro.
Guardate che ci ha provato. Ma era asfissiante. Il letto, il divano, la poltrona, la sedia, i sedili delle auto, le spalliere, le superfici levigate. Si è masturbata ovunque, ha strusciato la fica abbastanza ma è vuota, aperta e sola. E lei la vuole piena, colma, le cola... il sudore dalla fronte. Le sue dita lunghe e curate scostano la ciocca dalla goccia mentre sorride al magazziniere. Gli ha sculettato davanti e dietro per tutto il bancone frigo e lui con la bevetta alla bocca ha studiato tutti gli alimenti. Ha piene le narici di quel bel profumo che portano i suoi lunghi capelli castani, ha gli occhi dilatati dalle carni che sobbalzano dal basso dei pantaloncini di quella puttana vestita da finta ragazzina. Sposta il cazzo con il palmo socchiuso e continua a guardarla. Lei si gira, ha sentito l'odore del cazzo, ha avvertito qualcosa, lo guarda negli occhi e gli fa capire tutto.
-A che ora finisci?-
-Credo... presto!-
Gli si avvicina al lobo e gli sibila sesso in voce.
-Perché continui a guardarmi?-
-No, è solo, che...-
Bea è furba, Bea ha delle mani rapide e veloci. Basta un dito per sfiorare un po' il cazzo che ballonzola tra la tuta di servizio del magazziniere. Sfiora il gingillo e lo stringe tra due falangi con una rapidità che il supermercato fosse aperto neppure le scaffalature l'avrebbero notato. Bea è rapace, ratta e silenziosa. Sfiora i cazzi come le devote colgono i fiori per le are. È fatta, si avvicina a loro.
-Bea, che fai qui con questo morto di sonno?--
-Il fatto che tu sia qui, magari in due...-
-È fedele e col guinzaglio fino al collo, è una brava persona...-
Le stringe la fetta di culo ormai troppo fuori dalla recinzione di tessuto, pizzicandola.
-Ahi, stronzo...-
Sorride sorniona, è fatta!
-Vedi, stai lontano da lei, se balbetti è già andata via...-
Il primo si allontana e i due si spostano verso la porta d'emergenza. Cresce nelle narici l'odore delle plastiche dei sottovuoti, un odore triste, da supermercato e da condensa di refrigeratori usurati dalle calure. Chiudono la porta.
-Non lo sa che devono trattarti da cagnolina...-
Bea si trova contro il muro freddo, su una montagna di cartoni e con una mano sulla bocca. Ha avuto quello che voleva, i peli delle braccia di lui intorno alla vita scoperta le fanno sbocciare la fica. Si cala giù e le scopre i pantaloncini. Il suo culo tondo e colorato dal mare col sole del tardo agosto si riveste dei morsi di quel vorace salumiere. Ha scelto lui perché è tutto quello di cui ha bisogno. Ha scelto lui per il suo egoismo sessuale, la userà, la sfrutterà e la manderà in malora infuocandole la fica senza rispetto.
I morsi sul culo crescono, non le abbassa neppure le mutande, la apre a ventaglio e le rapina il buco della fica con le mani grosse e villose. Bea fa cadere la testa e geme.
-Sei tutta inzuppata, cagna!-
Non si aspetta apprezzamenti, non si aspetta complimenti sul profumo buono che non indossa, vuole solo il sesso di quell'uomo. Vuole scopare, è la sua malattia che parla per lei.
Lui le stringe i vertici del clitoride e le riempie la fica con le falangi piene, le alita al collo e le sfrangia la bocca a morsi.
-Quanto ti piace eh, quanto?-
-Continuaaah... montami!-
Le afferra la chioma e la tira verso di lui portandosi qualche ciocca sfibrata.
-Fai prima il tuo lavoro!-
La cala con la bocca sul cazzo, scivola sui cartoni e spacca col piede del polistirolo. Il tessuto del pantaloncino le rompe la fica in due ma non ha il tempo di spostarlo. Allarga le gambe e cerca di farlo uscire, si accarezza le labbra umide e rosse.
-Lasciala stare 'sta fica, oh! Piglialo in bocca!-
Nulla da fare, è la legge del sesso che è dura come il cazzo tra le sue guance. Lo sbava e lo stringe. Si tira i muscoli del volto per circondarlo con la ventosa della sua bocca ed è così che lo sente scivolare e guizzare. Lo spolpa e lo rimpolpa solo con la bocca. Le palle sudate di lui gli rimbalzano in faccia, senza alcuna cura per il trucco lieve.
Si stacca in apnea mentre sta circondando la cappella con la lingua, viene girata e messa in piedi. Il solito suo gesto, lo sente leccare la mano. È un gesto da pornografo, non lo fa per lubrificarla ma solo per darle l'idea che non ci sarà altra cura per lei. La mano le arriva tra culo e fica, secca e ruvida. Poi un siluro le butta dentro il cazzo bagnato da lei.
Faccia contro il muro, è in punizione!
È venuta da lui per farsi punire, per capire che doveva farlo ma ricordandosi l'errore del doverlo fare. Ora lui le sta aprendo le labbra della fica con le mani e le butta il cazzo sempre più giù. Le affonda dentro, con tutta la forza e la sbatte contro gli imballaggi. Le segna le natiche di rosso fuoco a furia di schiaffi.
-Allora, troia?-
-Ancora, ancora... sbattimi!-
Scopano di rapina con la voce fioca come se stessero urlando.
-Dai che ti faccio un regalo, dai...-
Le arriva dritto in culo un dito rigido che le spezza il fiato e l'asma del sesso rubato. Poi riprende a scoparsi da sola, rimontandosi il pisello in fica e chiudendo gli occhi per sentire tutto il suo corpo usato, venduto, deflorato, depravato, deprivato da quella bestia d'uomo senza se e senza ma. Quel dildo umano da imballaggi e pacchi grossi. Lo sente solo ora slacciarsi la cintura e calarsi tutto giù, lo fa solo per una ragione di solito.
La cala giù coi suoi pantaloni, mentre stava godendo, come fa sempre. Le rivolge il sesso tra la bocca e la guarda negli occhi affagondole l'ugola in un mare di seme. Si svuota, le fa arrivare le palle in bocca a momenti. La lascia lì.
-Muoviti che c'ho il turno!-
La grazia, l'ha scelto solo per quello! È privo di periodo refrettario, è un animale da monta e da pesi. La scopa ancora fino a farla venire, si costringe il cazzo nelle mutande e la lascia riacciuffare le ultime briciole di dignità, rosicchiate dall'uscita della porta di servizio.
Solo allora s'accorge d'aver lasciato una scarpa dentro, s'accascia e si guarda intorno.
Ride, tra gli scatoloni pronti per il macero.
Un bip, schermo acceso.

-Terapia ore 17:00-
scritto il
2019-10-26
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