Dallo stato selvatico
di
LilyLuna87
genere
dominazione
Faccio come hai chiesto, mi inginocchio sul tappeto e siedo sui talloni.
La schiena dritta come un fuso, i seni vergognosamente scoperti lasciati uscire dal reggiseno ancorato al busto.
“Apri le cosce.”
Eseguo. La gonna stretta di velluto sale leggermente lasciando intravedere il piccolo pezzo di stoffa nera che ancora copre il mio centro già umido.
Respiro pesantemente l'aria cercando di calmarmi.
Ti osservo seduto composto su quella poltrona. Le gambe accavallate, il bicchiere ambrato nella tua mano destra oscilla lentamente.
Seguo con gli occhi il movimento dolce della tua mano.
Come ci sono finita qui? Mi sono bastate poche ore in quel locale per cedere al tuo potere di incantatore. Ti ho seguito ammaliata dalle tue parole musicali, dalla tua capacità di leggermi dentro. Persa in questo oceano di percezioni ed emozioni ti sei presentato a me come il vascello più sicuro per cavalcare queste onde di tormento che che mi sconvolgono da mesi ormai.
Sarai tu ad addomesticarmi? È davvero questa la soluzione alla mia irrequietezza?
Un leggero singulto mi scappa dalle labbra, abbasso lo sguardo mordendomi il labbro.
“Stai tremando?”
“No”
“Hai paura?”
Paura...
“...Si”
La voce mi esce spezzata, sento il corpo irrigidirsi, la schiena si curva leggermente.
I dubbi mi sotterrano come una valanga che non lascia respiro.
Mi sono esposta e sottomessa ad un perfetto sconosciuto. Dovrei avere paura di lui... e allora... perché essere qui mi sembra la cosa più giusta?
Un passo, due passi. Due dita mi prendono gentilmente il mento alzandolo.
I suoi occhi sono ambrati, come il liquido nel bicchiere.
La voce ferma e calda.
“Hai paura di me?” chiede serio.
“Io ho... paura di me stessa.”
La schiena dritta come un fuso, i seni vergognosamente scoperti lasciati uscire dal reggiseno ancorato al busto.
“Apri le cosce.”
Eseguo. La gonna stretta di velluto sale leggermente lasciando intravedere il piccolo pezzo di stoffa nera che ancora copre il mio centro già umido.
Respiro pesantemente l'aria cercando di calmarmi.
Ti osservo seduto composto su quella poltrona. Le gambe accavallate, il bicchiere ambrato nella tua mano destra oscilla lentamente.
Seguo con gli occhi il movimento dolce della tua mano.
Come ci sono finita qui? Mi sono bastate poche ore in quel locale per cedere al tuo potere di incantatore. Ti ho seguito ammaliata dalle tue parole musicali, dalla tua capacità di leggermi dentro. Persa in questo oceano di percezioni ed emozioni ti sei presentato a me come il vascello più sicuro per cavalcare queste onde di tormento che che mi sconvolgono da mesi ormai.
Sarai tu ad addomesticarmi? È davvero questa la soluzione alla mia irrequietezza?
Un leggero singulto mi scappa dalle labbra, abbasso lo sguardo mordendomi il labbro.
“Stai tremando?”
“No”
“Hai paura?”
Paura...
“...Si”
La voce mi esce spezzata, sento il corpo irrigidirsi, la schiena si curva leggermente.
I dubbi mi sotterrano come una valanga che non lascia respiro.
Mi sono esposta e sottomessa ad un perfetto sconosciuto. Dovrei avere paura di lui... e allora... perché essere qui mi sembra la cosa più giusta?
Un passo, due passi. Due dita mi prendono gentilmente il mento alzandolo.
I suoi occhi sono ambrati, come il liquido nel bicchiere.
La voce ferma e calda.
“Hai paura di me?” chiede serio.
“Io ho... paura di me stessa.”
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