Lasciami entrare
di
Aletheia
genere
sentimentali
Rientro a casa dopo mesi di lontananza.
Spero che la mia coinquilina non si sia portata uno dei suoi tanti ragazzi a casa proprio stasera.
È abbastanza in ordine, tutto uguale a come l'ho lasciato.
Ogni volta che vivo altrove per un po', torno sentendomi diversa, come "disallineata": mi sento un po' così, ora.
Poso i bagagli, lancio il cappotto sul divano e mi tolgo le scarpe.
In bagno, dove vado per lavarmi le mani, aleggia ancora il profumo di acqua tiepida e talco, ricordo di una doccia recente: probabilmente non l'ho incrociata per un soffio, meglio così.
Non è una cattiva ragazza, ma preferisco avere un po' di tempo per me.
Mi spoglio e butto i vestiti sporchi nel cesto per la roba da lavare.
Apro il box doccia, entro e regolo l'acqua: una dolce pioggia calda mi scorre addosso e porta via con sé la stanchezza del viaggio.
Nella mano chiusa a coppetta verso un po' di bagnoschiuma, me lo spalmo addosso e inizio a passarmi la spugna sulle tette, in movimenti circolari delicati, stando attenta a non strusciarmi i capezzoli sensibili.
Scendo con la mano verso l'ombelico, poi più giù, tra le cosce.
La spugna finisce abbandonata a terra.
Sento caldissimo, ho bisogno d'aria.
Lo specchio appannato mi restituisce le guance visibilmente arrossate, i capelli scuri gocciolanti sulle spalle.
Mi lego un asciugamani attorno al seno, mi tampono per bene i capelli e mi sposto in camera.
Mi abbandono sul letto godendomi il tepore della pelle che si raffredda pian piano e chiudo gli occhi.
La stanza è silenziosa, le lenzuola sono in disordine ma pulite.
Ripenso all'ultimo letto in cui ho dormito, la mente che passeggia nella memoria.
Inizio ad avere freddo.
Mi alzo a malincuore, mi tolgo l'asciugamani di dosso e lo stendo sul termosifone, infine indosso la mia vestaglia di pile: il contatto con la morbidezza della stoffa è una coccola meravigliosa sulla pelle, a metà tra il solletico, dove mi sfiora lungo le curve del culo, e la carezza sulla schiena.
Torno in bagno e finisco di asciugarmi i capelli: il rumore del phon riempie tutta casa.
Non dovrei dormire con la vestaglia addosso, mi verrà sicuramente caldo, ma proprio non mi va d'indossare il pigiama.
M'infilo sotto le coperte lo stesso e mi addormento.
Il rumore di chiavi nella serratura di casa mi fa svegliare: sembra che la mia coinquilina stia avendo problemi ad aprire la porta.
"Oh, no... Cazzo! Ho lasciato le chiavi nella toppa..."
Durante il sonno ho sudato, non vorrei proprio alzarmi, il solo pensiero mi fa rabbrividire ma mi tocca proprio.
"Arrivo... Scusa, Sara..."
Giro le chiavi e apro.
"Oddio e tu che ci fai qui?!"
"Non lo sai che non si deve mai aprire la porta di notte, senza guardare prima dallo spioncino?"
Mi dice con sguardo furbo, insistendo a guardarmi la scollatura della vestaglia.
Leonardo, il fratello di Sara, è davanti a me.
Leonardo, il fratello di Sara.
Leonardo, con le chiavi.
Leonardo.
Flashback e timori si alternano dentro di me.
"Scusa, ma tu che ci fai con le chiavi?! È successo qualcosa a Sara?!"
"È tutto ok... Me le ha date lei le chiavi. Posso?"
"Non che non mi faccia piacere vederti, ma sono molto stanca... Già dormivo..."
Sono molto seria e un filino incazzata, ma perdo serietà incrociando le braccia sotto il seno e permettendo alla scollatura di aprirsi un po' troppo: se i suoi occhi avessero un puntatore laser, seguirebbero ogni mio respiro stile cecchino.
"Mi manda Sara, lei starà qualche giorno da Mirko, voleva che non stessi sola appena tornata..."
Ci credo poco, ma lui mi piace, ha le chiavi e stricazzi.
Gli offro qualcosa di caldo e lui accetta di gusto.
"Cazzo, dillo che vuoi ustionarmi! Saranno duecento gradi!" si sventola una mano davanti alla bocca e con l'altra appoggia la sua tazza sul tavolo, vicino alla mia.
"Ma dai... È a tiro di bocca!" gli rispondo ridendo.
Ha questa capacità di farmi passare dalla rabbia alla pace con pochissimo: mi si avvicina e tira fuori la punta della lingua, che in effetti è parecchio rossa.
"Spero di non avertela rovinata... Sarebbe un vero peccato..."
"Ti stai offrendo per verificare?"
Quando abbassa la voce in questo modo mi fa impazzire e lo sa: si avvicina, stringendomi tra di lui e il tavolo, il suo respiro mi solletica il collo.
Muovo appena il volto verso di lui, invitandolo a completare la distanza tra noi: mi bacia infilandomi la lingua calda in gola, tanto in fondo da costringermi a spalancare la bocca.
Lo sento slacciarmi la cintura della vestaglia, posarmi le mani sui fianchi e scendere a trovare la mia fica.
D'istinto chiudo le gambe sulla sua mano: sta succedendo tutto così in fretta, ma è innegabile che sia bagnata.
Mi sussurra qualcosa sottraendosi un attimo al bacio:
"Lasciami entrare" e le sue dita bussano alla mia entrata.
Spero che la mia coinquilina non si sia portata uno dei suoi tanti ragazzi a casa proprio stasera.
È abbastanza in ordine, tutto uguale a come l'ho lasciato.
Ogni volta che vivo altrove per un po', torno sentendomi diversa, come "disallineata": mi sento un po' così, ora.
Poso i bagagli, lancio il cappotto sul divano e mi tolgo le scarpe.
In bagno, dove vado per lavarmi le mani, aleggia ancora il profumo di acqua tiepida e talco, ricordo di una doccia recente: probabilmente non l'ho incrociata per un soffio, meglio così.
Non è una cattiva ragazza, ma preferisco avere un po' di tempo per me.
Mi spoglio e butto i vestiti sporchi nel cesto per la roba da lavare.
Apro il box doccia, entro e regolo l'acqua: una dolce pioggia calda mi scorre addosso e porta via con sé la stanchezza del viaggio.
Nella mano chiusa a coppetta verso un po' di bagnoschiuma, me lo spalmo addosso e inizio a passarmi la spugna sulle tette, in movimenti circolari delicati, stando attenta a non strusciarmi i capezzoli sensibili.
Scendo con la mano verso l'ombelico, poi più giù, tra le cosce.
La spugna finisce abbandonata a terra.
Sento caldissimo, ho bisogno d'aria.
Lo specchio appannato mi restituisce le guance visibilmente arrossate, i capelli scuri gocciolanti sulle spalle.
Mi lego un asciugamani attorno al seno, mi tampono per bene i capelli e mi sposto in camera.
Mi abbandono sul letto godendomi il tepore della pelle che si raffredda pian piano e chiudo gli occhi.
La stanza è silenziosa, le lenzuola sono in disordine ma pulite.
Ripenso all'ultimo letto in cui ho dormito, la mente che passeggia nella memoria.
Inizio ad avere freddo.
Mi alzo a malincuore, mi tolgo l'asciugamani di dosso e lo stendo sul termosifone, infine indosso la mia vestaglia di pile: il contatto con la morbidezza della stoffa è una coccola meravigliosa sulla pelle, a metà tra il solletico, dove mi sfiora lungo le curve del culo, e la carezza sulla schiena.
Torno in bagno e finisco di asciugarmi i capelli: il rumore del phon riempie tutta casa.
Non dovrei dormire con la vestaglia addosso, mi verrà sicuramente caldo, ma proprio non mi va d'indossare il pigiama.
M'infilo sotto le coperte lo stesso e mi addormento.
Il rumore di chiavi nella serratura di casa mi fa svegliare: sembra che la mia coinquilina stia avendo problemi ad aprire la porta.
"Oh, no... Cazzo! Ho lasciato le chiavi nella toppa..."
Durante il sonno ho sudato, non vorrei proprio alzarmi, il solo pensiero mi fa rabbrividire ma mi tocca proprio.
"Arrivo... Scusa, Sara..."
Giro le chiavi e apro.
"Oddio e tu che ci fai qui?!"
"Non lo sai che non si deve mai aprire la porta di notte, senza guardare prima dallo spioncino?"
Mi dice con sguardo furbo, insistendo a guardarmi la scollatura della vestaglia.
Leonardo, il fratello di Sara, è davanti a me.
Leonardo, il fratello di Sara.
Leonardo, con le chiavi.
Leonardo.
Flashback e timori si alternano dentro di me.
"Scusa, ma tu che ci fai con le chiavi?! È successo qualcosa a Sara?!"
"È tutto ok... Me le ha date lei le chiavi. Posso?"
"Non che non mi faccia piacere vederti, ma sono molto stanca... Già dormivo..."
Sono molto seria e un filino incazzata, ma perdo serietà incrociando le braccia sotto il seno e permettendo alla scollatura di aprirsi un po' troppo: se i suoi occhi avessero un puntatore laser, seguirebbero ogni mio respiro stile cecchino.
"Mi manda Sara, lei starà qualche giorno da Mirko, voleva che non stessi sola appena tornata..."
Ci credo poco, ma lui mi piace, ha le chiavi e stricazzi.
Gli offro qualcosa di caldo e lui accetta di gusto.
"Cazzo, dillo che vuoi ustionarmi! Saranno duecento gradi!" si sventola una mano davanti alla bocca e con l'altra appoggia la sua tazza sul tavolo, vicino alla mia.
"Ma dai... È a tiro di bocca!" gli rispondo ridendo.
Ha questa capacità di farmi passare dalla rabbia alla pace con pochissimo: mi si avvicina e tira fuori la punta della lingua, che in effetti è parecchio rossa.
"Spero di non avertela rovinata... Sarebbe un vero peccato..."
"Ti stai offrendo per verificare?"
Quando abbassa la voce in questo modo mi fa impazzire e lo sa: si avvicina, stringendomi tra di lui e il tavolo, il suo respiro mi solletica il collo.
Muovo appena il volto verso di lui, invitandolo a completare la distanza tra noi: mi bacia infilandomi la lingua calda in gola, tanto in fondo da costringermi a spalancare la bocca.
Lo sento slacciarmi la cintura della vestaglia, posarmi le mani sui fianchi e scendere a trovare la mia fica.
D'istinto chiudo le gambe sulla sua mano: sta succedendo tutto così in fretta, ma è innegabile che sia bagnata.
Mi sussurra qualcosa sottraendosi un attimo al bacio:
"Lasciami entrare" e le sue dita bussano alla mia entrata.
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