Bisogno
di
scopertaeros69
genere
sentimentali
L'auto correva nella notte, ferendo il buio con gli abbaglianti spianati in quella dimenticata stradina di montagna, similmente i pensieri dell'uomo correvano come a farsi inghiottire da quel'oscurità, in quel sottile confine che divide il raziocinio dall'inconscio.
Era stata una sorta di pensiero improvviso, esattamente come quel daino balzato fuori da una curva, che aveva evitato per un soffio, esattamente come quella creatura notturna e selvatica, quel pensiero divenne consapevolezza: lui aveva bisogno di lei.
Passare un intera esistenza, divisa in due periodi: il primo a cercare qualcuno, qualcosa che desse un senso, il secondo a farne a meno, con la ripromessa che non avrebbe più consentito a nulla e nessuno di far ritorno sui suoi passi.
Il destino è un cabarettista arguto e decisamente sadico, o solamente un gran paraculo, erroneamente aveva creduto che lei sarebbe potuta scivolare via, nulla si ferma nulla è per sempre.
La cosa davvero comica e che pure lei doveva aver creduto la stessa cosa, o comunque qualcosa di assai similare.
Si era sorpreso a pensare a lei sempre più spesso sempre più intensamente, aveva provato a manipolarne la sua stessa percezione, inserendola in una sorta di perverso gioco mentale, all'interno di fantasie sempre più estreme e distoniche, ma il risultato non cambiava: ne riemergeva sempre più forte, magnifica.
Non si era mai sognato di trattarla come un oggetto, né avrebbe voluto metterla su un piedistallo, idealizzarla, sarebbe stato contrario alla sua stessa indole, tuttavia come amica, compagna di esperienze, schiava, puttana disponibile ad ogni sua pulsione, quello sì e ripetutamente.
Vi era qualcosa di inebriante e che dava dipendenza nel loro sfiorarsi la pelle vicendevolmente, un contatto elettrico, adrenalinico, afrodisiaco forse.
Bastava uno sguardo tra loro per appiccare un incendio, e se non poteva svilupparsi subito il pericolo era tutt'altro che scampato; come un usuraio ebreo di shakespeariana
memoria, montava interessi iniqui che pretendevano di essere pagati.
Porte sbattute dietro le spalle, le stesse porte contro le quali aveva finito per schiacciarla spogliandola frettolosamente dei vestiti, in un rivinare di bottoni saltati o di qualche strappo o scucitura.
Rapporti consumati al limite dello stupro, dove nessuno dei due avrebbe saputo fermarsi, se l'altro avesse voluto... ma non era mai successo.
La cosa strana è che nessuno dei due sarebbe mai stato in grado di prevedere chi avrebbe avuto il sopravvento, chi sarebbe stato il vincitore di quell'affondare di dita, di quel graffiare di unghie, di piccoli morsi, di bocche fameliche, di sessi esposti e presi senza nessun rituale predefinito.
Lei semplicemente gli si donava, in tutto lo spettro della sua natura: sottomessa, appassionata, trasgressiva, dominatrice, romantica, depravata.
Lui era semplicemente sé stesso senza doversi o volersi nascondere a lei: quando ne prendeva la testa violentandone la bocca sino a farle colare la saliva lungo il mento e protendere le mani contro di lui, per il respiro di cui la privava, quando ne apriva le cosce affondandovi dentro con interminabile dolcezza, quando ne afferrava i seni crudelmente mentre lasciava che la propria furia si scaricasse a terra attraverso lei.
La rivide la prima volta che aveva coperto di schizzi il suo viso accaldato e mobile del suo respiro ansante, ne aveva studiato l'espressione mentre cambiava, lasciando il posto ad una sorta di rilassato sollievo che si era trasformato in gioia.
Ora nella notte correva da lei, divorando i chilometri come una fiera affamata divora preda.
Si mosse tra le ombre della casa, avviandosi verso la loro camera da letto, spogliandosi in bagno per non svegliarla, e nel contempo sperando che fosse desta ad aspettarlo nel loro letto.
Era rimasto nudo, come sapeva che avrebbe trovato nuda lei, quello era il loro dono speciale, quell'intimo contatto che solo la pelle può dare.
Sollevò lenzuola e coperta per infilarvisi sotto, cercandola sotto le coltri; aderì a lei con minuziosa perizia, cercando di massimizzare il contatto tra i loro corpi, ne accarezzò i fianchi sino a passare dinanzi con la mano per cingerla.
La mano di lei coprì la sua, guidandola in basso, poi la sentì muoversi compromettendo parte di quel ricercato, agognato contatto.
Avrebbe voluto protestare, ma si rese conto di cosa stava cercando di fare, il “Click” dell'applique precedette il fioco chiarore che diffuse.
Scostarono le lenzuola, si che le loro pelli fossero divise tra la semioscurità e il bisogno dei loro sguardi, e furono ancora loro stessi.
Era stata una sorta di pensiero improvviso, esattamente come quel daino balzato fuori da una curva, che aveva evitato per un soffio, esattamente come quella creatura notturna e selvatica, quel pensiero divenne consapevolezza: lui aveva bisogno di lei.
Passare un intera esistenza, divisa in due periodi: il primo a cercare qualcuno, qualcosa che desse un senso, il secondo a farne a meno, con la ripromessa che non avrebbe più consentito a nulla e nessuno di far ritorno sui suoi passi.
Il destino è un cabarettista arguto e decisamente sadico, o solamente un gran paraculo, erroneamente aveva creduto che lei sarebbe potuta scivolare via, nulla si ferma nulla è per sempre.
La cosa davvero comica e che pure lei doveva aver creduto la stessa cosa, o comunque qualcosa di assai similare.
Si era sorpreso a pensare a lei sempre più spesso sempre più intensamente, aveva provato a manipolarne la sua stessa percezione, inserendola in una sorta di perverso gioco mentale, all'interno di fantasie sempre più estreme e distoniche, ma il risultato non cambiava: ne riemergeva sempre più forte, magnifica.
Non si era mai sognato di trattarla come un oggetto, né avrebbe voluto metterla su un piedistallo, idealizzarla, sarebbe stato contrario alla sua stessa indole, tuttavia come amica, compagna di esperienze, schiava, puttana disponibile ad ogni sua pulsione, quello sì e ripetutamente.
Vi era qualcosa di inebriante e che dava dipendenza nel loro sfiorarsi la pelle vicendevolmente, un contatto elettrico, adrenalinico, afrodisiaco forse.
Bastava uno sguardo tra loro per appiccare un incendio, e se non poteva svilupparsi subito il pericolo era tutt'altro che scampato; come un usuraio ebreo di shakespeariana
memoria, montava interessi iniqui che pretendevano di essere pagati.
Porte sbattute dietro le spalle, le stesse porte contro le quali aveva finito per schiacciarla spogliandola frettolosamente dei vestiti, in un rivinare di bottoni saltati o di qualche strappo o scucitura.
Rapporti consumati al limite dello stupro, dove nessuno dei due avrebbe saputo fermarsi, se l'altro avesse voluto... ma non era mai successo.
La cosa strana è che nessuno dei due sarebbe mai stato in grado di prevedere chi avrebbe avuto il sopravvento, chi sarebbe stato il vincitore di quell'affondare di dita, di quel graffiare di unghie, di piccoli morsi, di bocche fameliche, di sessi esposti e presi senza nessun rituale predefinito.
Lei semplicemente gli si donava, in tutto lo spettro della sua natura: sottomessa, appassionata, trasgressiva, dominatrice, romantica, depravata.
Lui era semplicemente sé stesso senza doversi o volersi nascondere a lei: quando ne prendeva la testa violentandone la bocca sino a farle colare la saliva lungo il mento e protendere le mani contro di lui, per il respiro di cui la privava, quando ne apriva le cosce affondandovi dentro con interminabile dolcezza, quando ne afferrava i seni crudelmente mentre lasciava che la propria furia si scaricasse a terra attraverso lei.
La rivide la prima volta che aveva coperto di schizzi il suo viso accaldato e mobile del suo respiro ansante, ne aveva studiato l'espressione mentre cambiava, lasciando il posto ad una sorta di rilassato sollievo che si era trasformato in gioia.
Ora nella notte correva da lei, divorando i chilometri come una fiera affamata divora preda.
Si mosse tra le ombre della casa, avviandosi verso la loro camera da letto, spogliandosi in bagno per non svegliarla, e nel contempo sperando che fosse desta ad aspettarlo nel loro letto.
Era rimasto nudo, come sapeva che avrebbe trovato nuda lei, quello era il loro dono speciale, quell'intimo contatto che solo la pelle può dare.
Sollevò lenzuola e coperta per infilarvisi sotto, cercandola sotto le coltri; aderì a lei con minuziosa perizia, cercando di massimizzare il contatto tra i loro corpi, ne accarezzò i fianchi sino a passare dinanzi con la mano per cingerla.
La mano di lei coprì la sua, guidandola in basso, poi la sentì muoversi compromettendo parte di quel ricercato, agognato contatto.
Avrebbe voluto protestare, ma si rese conto di cosa stava cercando di fare, il “Click” dell'applique precedette il fioco chiarore che diffuse.
Scostarono le lenzuola, si che le loro pelli fossero divise tra la semioscurità e il bisogno dei loro sguardi, e furono ancora loro stessi.
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