Tra Vecchio e Nuovo - Zia e Nipote - Capitolo IV

di
genere
incesti

Matteo scese le scale di corsa con la mente piena di pensieri.
L’incesto lo temeva quasi più di ogni altra cosa. Una sorta di complesso edipico nei confronti di sua zia? Ma no, che c’entrava edipo, che si era scopato la madre e aveva ucciso il padre. Però era pur sempre incesto. Deplorevole, aberrante, sbagliato su più fronti.
-Cristo! Che cazzo di incoerente che sono! Con tutte le seghe che mi sono fatto su mia zia negli ultimi mesi!- Pensò il ragazzo mentre scendeva i gradini due a due.
Matteo pensò immediatamente al resto della famiglia: cosa avrebbero detto? Cosa avrebbero fatto, vedendoli in quel modo? La fine del mondo, di sicuro. Anzi, non avrebbero nemmeno più fatto parte della famiglia. Peccato capitale. Un conto era immaginare situazioni eccitanti con sua zia, un conto era baciarla. Si sentiva sporco dentro anche per tutto quel che aveva immaginato su di lei e con lei. E ora si erano anche baciati. Improvvisamente desiderò di non essere mai partito per Milano, di non aver mai cambiato vita e città, voleva che tutto tornasse come prima, come se nulla fosse mai accaduto. Ma le lancette dell’orologio non possono essere invertite e il tempo va inesorabilmente in avanti, non arretra innanzi a nessuno.
Matteo camminò fino alla fermata dell’autobus. Aveva bisogno di una sigaretta, doveva fumare per calmarsi, di solito funzionava, ma non aveva sigarette con sé, quindi doveva chiederle.
“Scusi, ha da fumare?” Chiese ad un signore sulla cinquantina vestito da operaio e sporco di calce sui pantaloni.
“No, nun fumo regazzì.” Rispose in accento romano l’uomo.
“Ne ho una io.” Fece una voce dalle sue spalle.
Matteo si girò e sgranò gli occhi. Giovanni con un sorriso amichevole e una sigaretta in mano, se ne stava lì in piedi in attesa di un movimento dell’altro ragazzo.
Matteo gli strappò la sigaretta senza nemmeno ringraziarlo. “Che cazzo ci fai ancora qua?” La accese e cominciò a fumarla in maniera nervosa.
“Aspetto l’autobus da un’ora buona. Oggi è sciopero. Non bastano gli studenti, ora ci si mettono anche gli autisti. Sindacalisti maledetti. Tu invece?” Chiese il giovane come se tra loro ci fosse confidenza.
“Devo prendere l’autobus anche io.” Rispose velocemente l’altro, spostando lo sguardo.
“Insomma alla fine sta veramente con te.” Fece Giovanni accendendosi una sigaretta a sua volta e sbuffando una nuvola di denso fumo.
“Che?” Matteo non capiva a cosa si stesse riferendo.
“Tua zia, intendo. Insomma, stai con lei no?” Giovanni sembrava non avere più quella gelosia che invece fino ad un’ora prima aveva mostrato sul ciglio della porta di casa. “Sono contento per te alla fine, te la puoi godere al cento per cento, cazzo. Devo confessare di essere un po’ invidioso nei tuoi confronti. Io ho assaggiato una fetta della torta, ma tu ci puoi spalmare la faccia, capisci che intendo.” Giovanni sbuffò un’altra nuvola di fumo.
Matteo era esterrefatto. Qualcosa cominciava a farsi più chiaro nella sua mente, si stava componendo un quadro ben preciso della situazione, ma era veramente incredibile da vivere.
“Ma chi ti ha detto queste cose?” Chiese il ragazzo cercando di confermare i suoi dubbi.
“Rita mi ha parlato di te. Era così contenta quando hai deciso di venire qui. Lo sapevo che sareste finiti insieme alla fine, tua zia ottiene sempre ciò che vuole.” Giovanni continuava a sbuffare fumo, mentre Matteo aveva smesso di inalarne.
“Io ero ciò che voleva.” Constatò sconvolto Matteo a voce alta, con tono poco deciso.
“Eh? Era una domanda o un’affermazione? Comunque sì. Aveva immaginato che le cose sarebbero andate a finire così. E’ un evergreen, dopotutto no? La zia e il nipote.”
“Evergreen?”
“Un classico intramontabile, lo dicono così gli inglesi. Io comunque ho tentato il tutto per tutto con quelle rose, non sapevo se effettivamente con te la cosa fosse andata in porto o meno, ma oggi mi è parso chiaro, quindi… Meglio andare avanti. Oh, ecco l’autobus.” Giovanni buttò a terra la sigaretta e la spense di fretta. Poi si girò di nuovo verso Matteo che era ancora alquanto scosso e incredulo. “Io prendo questo. Magari è brutto da dire ma tanto siamo tra uomini… Scopatela anche da parte mia, va bene?” Giovanni porse la mano al quasi coetaneo e sorrise ironicamente.
Anche Matteo si disfò della sua sigaretta. “Ma vaffanculo pervertito.” Gli girò le spalle e si allontanò.
“Cosa? Sarei io il pervertito?” Disse Giovanni alzando la voce per farla arrivare alle orecchie di Matteo il quale aveva già coperto almeno cinque o sei metri di distanza e se ne andava via con passo rapido.

Matteo era alquanto disorientato. Tutta quella storia lo stava facendo impazzire di emozioni diverse. Cercò di respirare e calmarsi, ma dentro di sé la sua anima era divisa in due parti ben distinte, due controtendenze asimmetriche e inconciliabili che lo dilaniavano, lo facevano sentire eccitato e inorridito allo stesso tempo. Proprio come quando si masturbava: il fugace piacere sessuale lasciava sempre spazio a quel riverbero della coscienza che manifestava un insito squallore per l’atto appena consumato generando in lui una tensione difficile da gestire.

Rita era ancora sul divano, ma quegli istanti le erano serviti molto per riprendersi. La crisi di pianto era ripiegata su se stessa e ora in cuor suo c’era solo pentimento per l’atto compiuto. I conti con il proprio essere l’aveva già fatti da tempo e non era l’incesto a spaventarla. Oltretutto riteneva che quello fosse un incesto blando, accettabile e non scandalizzante ma evidentemente non era della stessa opinione Matteo e questo lei non l’aveva saputo calcolare. Evidentemente nonostante la distanza, la mentalità arcaica della famiglia e del luogo di nascita aveva ancora troppa presa su suo nipote. Tutti questi pensieri la condussero all’unica conclusione possibile: non poteva nascere un nuovo mondo laddove il vecchio non era ancora stato sepolto. D’altronde anche per lei c’erano voluti anni per far fuori i vecchi preconcetti, i vecchi limiti, per superarli, reinterpretarli e ricodificarli. Rita tutto d’un tratto si sentì fragile come non si era sentita da tempo. La sua voglia d’amore era a rischio, ma non poteva permettere di essere sconfitta in quel modo, lei non era la tipa da lasciarsi travolgere così facilmente, era agguerrita e caparbia. Improvvisamente, la porta di casa si aprì per l’ennesima volta in quella giornata e Matteo rientrò senza proferire parola ma solo sedendosi sul divano, poco distante da Rita. Dopo qualche secondo aprì il discorso.

“Da quanto?”
“Da quanto cosa?” Replicò lei.
“Da quanto tempo premeditavi di avermi.”
“Da mesi, da prima che arrivassi qui. Vedi, con gli altri è tutto incompleto. Se c’è sesso, non c’è amore, se c’è amore, non c’è sesso. Se ci sono entrambe le cose manca complicità, intesa, comprensione. Sapevo che tu potevi darmi tutto ciò, siamo sempre stati simili, siamo sempre stati legati e ora sei uomo e sei così vicino a me, così a mia portata. Vuoi colpevolizzarmi di essere attratta da giovani e non da vecchi? E’ veramente così strano o è in qualche modo naturale per tutti? Sapessi quante storie ho sentito di mariti che si rovinano per delle ragazzine. Io per giunta non sto abusando di un minorenne, non sono una pervertita.”
“Sei mia zia. Come diavolo ti salta in mente?”
“Ci sono molte cose ancora che devi imparare e lo capisco, veramente. Ho fatto il passo più lungo della gamba, ti chiedo scusa. Hai bisogno di più tempo, non è un male. Posso aspettarti ancora. Potrai accettare la cosa, se vorrai. Non ti imporrò nulla in nessun modo, sarò semplicemente qui. Accetterò ogni tua scelta. Però devi lasciarti il resto alle spalle, intendo tutto quello che sapevi e vivevi della sessualità. Capisco sia difficile, viviamo in un paese dove il reato di adulterio per le donne è ancora legge, dove il matrimonio è sacro e inviolabile e non può essere spezzato, dove il delitto d’onore è ancora istituzionalizzato. Guai a parlare di omosessualità, guai a parlare di sesso in pubblico, pena epiteti quali impudica nel migliore dei casi e troia nei peggiori. Scarsa, se non nulla, considerazione della donna e della sua libertà sessuale. Ma ti svelo un segreto Matteo: il mio corpo è mio e decido io con chi stare, nessun’altro. Ma il mondo si sta svegliando, che piaccia o no e questi limiti verranno spezzati via definitivamente. In tutti i paesi occidentali questi dogmi cadono come un castello di carte, solo in Italia ancora facciamo fatica ad accettare il vento del cambiamento. E tu puoi prenderti il tuo tempo. Tutti possono farlo, ma prima o poi dovrai accettare da che parte stare.”
“Di che parte stai parlando?” Chiese Matteo incuriosito.
“Sto parlando del vecchio o del nuovo. Sei giovane, ma questo non ti porta necessariamente nel nuovo, quindi a te la scelta. Io la mia l’ho già compiuta.”
scritto il
2019-02-25
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