Il bello di BlaBlaCar
di
SleepLover
genere
voyeur
Cascina Gobba. Un luogo che, a sentirlo nominare, non promette nulla di eccezionale, ma che è stato, per me, il punto di inizio di un’avventura indimenticabile.
Qui, poco fuori Milano, c’è una fermata della linea “verde” della metro. Un non-luogo circondato dall’incuria della periferia milanese, brulicante di persone che si incrociano senza mai incontrarsi, dove sei solo fra mille. Un luogo che non è la destinazione di nessuno. Invece quel giorno ero lì fuori, seduto nell’auto parcheggiata, ad aspettare Paola, con la quale avrei condiviso il noioso viaggio verso Bologna, organizzato su Blablacar. Una ragazza con poche recensioni, ma buone. Nessun altro aveva risposto all’annuncio, forse per via dell’orario mattutino.
Aveva qualche minuto di ritardo, ma quando sentii il telefono vibrare mi guardai attorno e la vidi lì fuori, col cellulare all’orecchio ed il bagaglio in mano. Scesi dall’auto e mi presentai “Ciao, sei Paola? Sono Michele” “Ciao Michele, sono io, scusa il ritardo! Ho un trolley, dove lo posso mettere?” Fui contento: era una bella ragazza, mediterranea, con la spensieratezza dei suoi vent’anni anni che traspariva dal suo luminoso sorriso. Caricai la valigia in bagagliaio e la invitai a salire in auto. Non era magra, ma la freschezza della sua giovane età rendeva armoniose e gradevoli le sue forme. L’abbigliamento era molto informale: jeans strappati ed una maglietta estiva che esaltava un seno prosperoso. Partimmo subito verso la tangenziale. Chiacchierammo un po’: nonostante una certa differenza di età, ed esperienze di vita completamente diverse, la sua compagnia era piacevole e la conversazione proseguiva sciolta. Frequentava a Milano, da fuori sede, il primo anno del corso di laurea di design. “Se ti interessa questo ambito, a Milano sei al top”, dissi. Non ne sapevo nulla di design, e forse avevo anche qualche preconcetto nei confronti di questo tipo di studi, ma pensavo veramente quello che dicevo. “Sì, sono molto contenta e penso che troverò qualcosa qui in futuro… l’università però è faticosa, oltre allo studio dobbiamo preparare anche molti progetti. Ieri sera ho fatto la notte…” La conversazione proseguì per qualche minuto, ma poi, poco dopo aver imboccato l’autostrada, mi resi conto che stavo parlando da solo. Le lanciai un’occhiata e vidi che la testa cominciava a ciondolarle. “Puoi reclinare il sedile se vuoi, trovi la leva in basso a destra” le proposi “No grazie, non serve…” rispose; poco dopo però si appisolò, svegliandosi subito, quando la testa le cadde in avanti. “Dov’è questa leva? Ne approfitto per riposare, stanotte ho dormito troppo poco”. Sinceramente ero sollevato, non sono un chiacchierone e 3 ore di conversazione mi avrebbero messo in leggero imbarazzo. “Nessun problema, sono abituato a guidare da solo” conclusi.
Reclinò la poltrona e si addormentò subito. Le lanciai un’occhiata. Il suo corpo era abbandonato sul sedile; la bocca socchiusa, i lunghi capelli scuri sparsi attorno al viso, i begli occhi chiusi, un braccio appoggiato sul ventre ed uno lungo il corpo. Le sue forme erano generose ed invitanti: il suo ragazzo era un uomo fortunato. Cominciavo ad eccitarmi. Mentre guidavo, lanciai un’altra, veloce occhiata al suo seno florido. Regolai poi lo specchietto, in modo da vederne bene il viso, rilassato in un’espressione innocente. Sentii un formicolio nel basso ventre: poco dopo, il mio membro era eretto e spingeva contro i pantaloni. Guardai nel riflesso le sue labbra rosse, e mi chiesi come sarebbe stato spingere lì dentro il mio cazzo. Scossi la testa: cosa facevo? Una ragazza si era fidata di me, ed io facevo pensieri decisamente inopportuni, che riuscii a scacciare. Accesi la radio, e per alcuni minuti continuai a guidare. Di tanto in tanto, però, continuavo a guardare il suo viso nello specchietto; l’erezione non era ancora passata. “Al diavolo”, pensai. Rallentai e mi misi in prima corsia. Tenendo il volante con la mano destra, con la sinistra cominciai a grattarmi la punta del pene. Sentivo un piacevole solletico nelle parti erogene. Mentre il piacere mano mano aumentava, la guardavo sempre più spesso, a volte attraverso lo specchietto, a volte girando la testa e osservandone il corpo sinuoso. Non mi era mai capitata una situazione così eccitante: lei era lì, bellissima, indifesa, inconsapevole di quello che stavo facendo. Continuai a toccarmi, finchè un furgone non ci sorpassò improvvisamente, passando a pochi centimetri dalla nostra auto. Lo spavento mi fece ritornare in me: non potevo continuare. Innanzitutto stavo correndo in autostrada, e potevo mettere in pericolo la mia vita, ed anche la sua. Inoltre, se si fosse svegliata e si fosse accorta delle mie molestie, la situazione sarebbe diventata complicatissima da gestire e chissà, ci sarebbero potute essere conseguenze legali. Ma poi mi girai un’altra volta, la vidi sospirare e muovere leggermente il suo corpo: era sempre più eccitante. Avrei corso il rischio, non avrei avuto altre occasioni come questa nella mia vita. Ricominciai a toccarmi, con più vigore, sempre attraverso i pantaloni. Il piacere saliva pian piano, come la marea; anche mentre guardavo la strada scorrere veloce sotto di noi, pensavo ad Paola addormentata al mio fianco ed alle sue labbra socchiuse. L’eccitazione si era ormai impossessata di me e guidava i miei pensieri, come una pinta di birra. Decisi di andare oltre: presi il volante con la mano sinistra ed allungai la destra verso di lei. Toccai la sua gamba, sfiorando con i polpastrelli la sua pelle liscia attraverso gli strappi dei jeans. Rimpiansi il fatto di non avere una terza mano per riprendere a masturbarmi in quel momento, ma riuscii comunque ad accarezzarmelo muovendo le gambe. Non se ne era accorta: era andata bene. Ora potevo provare fare di più: anche se la posizione era molto scomoda, e rischiosa, riuscii a girare il braccio e, tenendo l’auto in carreggiata, sfiorare le sue morbide tette attraverso la maglietta sottile. La sensazione era delicata ed intensa al tempo stesso; arrivò dritta alla mia fantasia ed al pisello. Ormai la marea era altissima, la testa mi girava e dovetti fare un grosso sforzo per controllarmi. Non potevo andare oltre senza rischiare troppo. L’avventura che avevo vissuto era già molto più di quello che una persona può aspettarsi da una giornata qualunque, e non potevo rovinare tutto. Ciononostante, dovevo trarre tutto il piacere che la situazione poteva darmi. Ricominciai a toccarmi: ormai il mio corpo era all’apice, e la libidine traboccò presto fuori dal mio cazzo, con forti spasmi di piacere mentre guardavo nello specchietto il sereno viso di Paola, che riposava tranquilla. L’auto sbandò un poco, ma lei non si svegliò. Proseguii la marcia con le mutande sporche. Per fortuna, i pantaloni non si bagnarono.
Dopo diversi km, passati a fantasticare su ciò che era accaduto, le sfiorai un braccio. Si svegliò con un sussulto. “Siamo al casello”, le dissi.
Pochi giorni dopo, trovai il feedback di Paola sul mio profilo. “Michele è stato puntuale, una compagnia interessante ed un guidatore attento. Spero di viaggiare ancora con lui! 5 stelle”. Anche io, Paola, spero di viaggiare ancora con te.
Qui, poco fuori Milano, c’è una fermata della linea “verde” della metro. Un non-luogo circondato dall’incuria della periferia milanese, brulicante di persone che si incrociano senza mai incontrarsi, dove sei solo fra mille. Un luogo che non è la destinazione di nessuno. Invece quel giorno ero lì fuori, seduto nell’auto parcheggiata, ad aspettare Paola, con la quale avrei condiviso il noioso viaggio verso Bologna, organizzato su Blablacar. Una ragazza con poche recensioni, ma buone. Nessun altro aveva risposto all’annuncio, forse per via dell’orario mattutino.
Aveva qualche minuto di ritardo, ma quando sentii il telefono vibrare mi guardai attorno e la vidi lì fuori, col cellulare all’orecchio ed il bagaglio in mano. Scesi dall’auto e mi presentai “Ciao, sei Paola? Sono Michele” “Ciao Michele, sono io, scusa il ritardo! Ho un trolley, dove lo posso mettere?” Fui contento: era una bella ragazza, mediterranea, con la spensieratezza dei suoi vent’anni anni che traspariva dal suo luminoso sorriso. Caricai la valigia in bagagliaio e la invitai a salire in auto. Non era magra, ma la freschezza della sua giovane età rendeva armoniose e gradevoli le sue forme. L’abbigliamento era molto informale: jeans strappati ed una maglietta estiva che esaltava un seno prosperoso. Partimmo subito verso la tangenziale. Chiacchierammo un po’: nonostante una certa differenza di età, ed esperienze di vita completamente diverse, la sua compagnia era piacevole e la conversazione proseguiva sciolta. Frequentava a Milano, da fuori sede, il primo anno del corso di laurea di design. “Se ti interessa questo ambito, a Milano sei al top”, dissi. Non ne sapevo nulla di design, e forse avevo anche qualche preconcetto nei confronti di questo tipo di studi, ma pensavo veramente quello che dicevo. “Sì, sono molto contenta e penso che troverò qualcosa qui in futuro… l’università però è faticosa, oltre allo studio dobbiamo preparare anche molti progetti. Ieri sera ho fatto la notte…” La conversazione proseguì per qualche minuto, ma poi, poco dopo aver imboccato l’autostrada, mi resi conto che stavo parlando da solo. Le lanciai un’occhiata e vidi che la testa cominciava a ciondolarle. “Puoi reclinare il sedile se vuoi, trovi la leva in basso a destra” le proposi “No grazie, non serve…” rispose; poco dopo però si appisolò, svegliandosi subito, quando la testa le cadde in avanti. “Dov’è questa leva? Ne approfitto per riposare, stanotte ho dormito troppo poco”. Sinceramente ero sollevato, non sono un chiacchierone e 3 ore di conversazione mi avrebbero messo in leggero imbarazzo. “Nessun problema, sono abituato a guidare da solo” conclusi.
Reclinò la poltrona e si addormentò subito. Le lanciai un’occhiata. Il suo corpo era abbandonato sul sedile; la bocca socchiusa, i lunghi capelli scuri sparsi attorno al viso, i begli occhi chiusi, un braccio appoggiato sul ventre ed uno lungo il corpo. Le sue forme erano generose ed invitanti: il suo ragazzo era un uomo fortunato. Cominciavo ad eccitarmi. Mentre guidavo, lanciai un’altra, veloce occhiata al suo seno florido. Regolai poi lo specchietto, in modo da vederne bene il viso, rilassato in un’espressione innocente. Sentii un formicolio nel basso ventre: poco dopo, il mio membro era eretto e spingeva contro i pantaloni. Guardai nel riflesso le sue labbra rosse, e mi chiesi come sarebbe stato spingere lì dentro il mio cazzo. Scossi la testa: cosa facevo? Una ragazza si era fidata di me, ed io facevo pensieri decisamente inopportuni, che riuscii a scacciare. Accesi la radio, e per alcuni minuti continuai a guidare. Di tanto in tanto, però, continuavo a guardare il suo viso nello specchietto; l’erezione non era ancora passata. “Al diavolo”, pensai. Rallentai e mi misi in prima corsia. Tenendo il volante con la mano destra, con la sinistra cominciai a grattarmi la punta del pene. Sentivo un piacevole solletico nelle parti erogene. Mentre il piacere mano mano aumentava, la guardavo sempre più spesso, a volte attraverso lo specchietto, a volte girando la testa e osservandone il corpo sinuoso. Non mi era mai capitata una situazione così eccitante: lei era lì, bellissima, indifesa, inconsapevole di quello che stavo facendo. Continuai a toccarmi, finchè un furgone non ci sorpassò improvvisamente, passando a pochi centimetri dalla nostra auto. Lo spavento mi fece ritornare in me: non potevo continuare. Innanzitutto stavo correndo in autostrada, e potevo mettere in pericolo la mia vita, ed anche la sua. Inoltre, se si fosse svegliata e si fosse accorta delle mie molestie, la situazione sarebbe diventata complicatissima da gestire e chissà, ci sarebbero potute essere conseguenze legali. Ma poi mi girai un’altra volta, la vidi sospirare e muovere leggermente il suo corpo: era sempre più eccitante. Avrei corso il rischio, non avrei avuto altre occasioni come questa nella mia vita. Ricominciai a toccarmi, con più vigore, sempre attraverso i pantaloni. Il piacere saliva pian piano, come la marea; anche mentre guardavo la strada scorrere veloce sotto di noi, pensavo ad Paola addormentata al mio fianco ed alle sue labbra socchiuse. L’eccitazione si era ormai impossessata di me e guidava i miei pensieri, come una pinta di birra. Decisi di andare oltre: presi il volante con la mano sinistra ed allungai la destra verso di lei. Toccai la sua gamba, sfiorando con i polpastrelli la sua pelle liscia attraverso gli strappi dei jeans. Rimpiansi il fatto di non avere una terza mano per riprendere a masturbarmi in quel momento, ma riuscii comunque ad accarezzarmelo muovendo le gambe. Non se ne era accorta: era andata bene. Ora potevo provare fare di più: anche se la posizione era molto scomoda, e rischiosa, riuscii a girare il braccio e, tenendo l’auto in carreggiata, sfiorare le sue morbide tette attraverso la maglietta sottile. La sensazione era delicata ed intensa al tempo stesso; arrivò dritta alla mia fantasia ed al pisello. Ormai la marea era altissima, la testa mi girava e dovetti fare un grosso sforzo per controllarmi. Non potevo andare oltre senza rischiare troppo. L’avventura che avevo vissuto era già molto più di quello che una persona può aspettarsi da una giornata qualunque, e non potevo rovinare tutto. Ciononostante, dovevo trarre tutto il piacere che la situazione poteva darmi. Ricominciai a toccarmi: ormai il mio corpo era all’apice, e la libidine traboccò presto fuori dal mio cazzo, con forti spasmi di piacere mentre guardavo nello specchietto il sereno viso di Paola, che riposava tranquilla. L’auto sbandò un poco, ma lei non si svegliò. Proseguii la marcia con le mutande sporche. Per fortuna, i pantaloni non si bagnarono.
Dopo diversi km, passati a fantasticare su ciò che era accaduto, le sfiorai un braccio. Si svegliò con un sussulto. “Siamo al casello”, le dissi.
Pochi giorni dopo, trovai il feedback di Paola sul mio profilo. “Michele è stato puntuale, una compagnia interessante ed un guidatore attento. Spero di viaggiare ancora con lui! 5 stelle”. Anche io, Paola, spero di viaggiare ancora con te.
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