Fino alla fine
di
scopertaeros69
genere
masturbazione
La mancanza della tua presenza è qualcosa di tangibile a volte, di ingombrante, fastidioso...doloroso forse, e diventa tanto più persistente con il passare del tempo, un bisogno, una dipendenza tossica, per il benessere della mia solitudine.
Non è che mi lamento, semplicemente ci penso, senza poterci fare nulla...senza voler fare nulla.
Rientrare a casa e non trovarti succede, solito tram tram, lavoro, spesa, casa, qualche uscita con amici, colleghi., di nuovo casa, mi preparo i pasti senza troppa fantasia, svogliatamente.
Oggi è uno di quei giorni, sei via per lavoro da quasi una settimana, tornerai tra un paio di giorni, sono rimasto quasi un ora sotto il getto bollente della doccia, mentre lasciavo che l'ac qua mi scorresse indosso, ho rivissuto i momenti in cui eri li con me.
Sovrappensiero ho iniziato a sfiorarmi, ad accarezzarmi, deliziato e viziato dalle carezze dell'acqua, non c'è voluto molto prima che il desiderio di te emergesse.
Sono uscito dalla doccia tra volute di vapore e umido, che aveva coperto ogni superfificie liscia, giro per casa con l'accappatoio aperto, nudo in ciabatte, lasciando che i refoli di aria fresca mi tocchino, dando sollievo e piacere ed ancora torno a toccarmi a sfiorare il mio cazzo non del tutto a riposo.
Ti vorrei qui, ti desidero, ti prenderei e so che non ti rifiuteresti, non lo fai mai, ti alimenti del mio desiderio.
Distendermi sul letto nella penombra della camera, mentre la luce del giorno tra poco mi abbandonerà.
Ripenso all'untima volta che mi sono disteso sfatto dopo una lunga doccia e mi hai raggiunto, non prima però di esserti spogliata completamente, la mia pelle umidiccia presto ha incontrato il calore della tua asciutta, il tocco delicato dei tuoi capezzoli contro il mio petto che tracciavano una linea invisibile, tattile sino alla mia coscia.
Le tue labbra che baciavano la pelle dell'asta, piano, senza fretta, con pazienza, metodo, in cerca della reazione che non tarderà ad arrivare.
Il sangue che affluisce, gonfia, erge, e tu che non ti decidevi a farlo tuo, al contrario continuavi quella piccola teoria di baci esasperanti, interrotti solo da una lingua accennata e crudele.
La mano che saggia, soppesa stringe delicatamente lo scroto, lo accarezza e passa a soffermarsi su quei sensibili centimetri di pelle che lo separano dal buco del culo.
Dio che aspetti! Prendimi! Mi stai facendo morire! Ma tu non hai fretta mi vuoi pronto a tutto, senza condizioni.
Ricordo tutto questo ad occhi chiusi, disteso, l'accappatoio di spugna umidiccio aperto, mentre stringo e accarezzo il mio cazzo, mentre inizio a massacrarmi in una sega sempre più veemente e sempre meno oziosa.
La tua bocca calda, accogliente come una fica, che alfine mi prende, mi lecca la cappella con la tua lingua umidamente ruvida e avvolgente, una nuova tortura.
Ripenso a quando mi hai tediato così portandomi alla follia, un ora in questo stato con i polsi legati alla testiera del letto, ti avrei preso la testa tra le mani, ti avrei scopato quella bocca crudele fino in gola, fino a privarti del respiro, sborrare nell'esofago o meglio ancora in faccia, vederei miei schizzi lattei segnarti il volto.
La mano stringe la verga, in una sega violenta senza delicatezza mentre le mie reni inarcano la schiena sul materasso, gli occhi strizzati a scacciare la realtà attuale per rendere più vivido il nostro ricordo.
Neppure mi accorgo della porta che si apre, non subito al meno, vederti in piedi con quello sguardo indecifrabile, uno scherzo della mia mente, non dovresti essere qui.
Rallento il ritmo della mia sega, mentre la mia coscienza mi scuote dal mio ricordo, mi dice che anche se mi pare impossibile, tu, l'oggetto del mio desiderio, sei davvero qui, in piedi sulla porta, mi guardi, quasi mi fermo.
“Non smettere, continua!” non è una richiesta, non è una preghiera, è un ordine.
Vorrei venissi sul letto a dare corpo a quel ricordo, a fare quello che desidero disperatamente, ma conosco quello sguardo, non ammette repliche anche tu vuoi qualcosa e lo otterrai che io lo voglia o meno.
Torno a toccarmi, a ricominciare la sega chiudendo gli occhi chiudendoti fuori dal mio ricordo per sostituirti con quella te stessa che stava con me sino a poco prima.
Sento qualche rumore per la stanza, la mia coscienza vorrebbe indentificare, supporre, dirmi, il mio desiderio ti scaccia come uno straccione inopportuno.
Torno a sentire i tuoi piccoli baci crudeli, si rinnova la spasmodica attesa che le tue labbra finalmente cingano la cappella, che la tua lingua cerchi il fenulo per solleticarlo.
Torno a godere della sensazione delle tue dita che spaziano dallo scroto al culo, saggiando la resistenza del buco, ed aspetto.
La tua bocca, ingloba la mia carne al fine ed io sobbalzo inarcando la schiena rigido, puntando i talloni, i muscolo del collo tesi allo spasimo a reggere tutto il peso del corpo, il dito che entra e si fa strada dietro, ruotando lento.
Gemo supplico come una verginella al suo primo amplesso, desidero disperatamente che quel supplizio dolce e crudele finisca oppure continui all'infinito, non lo so neppure io, non ne ho coscienza.
Il mio cazzo è duro, scorre nella mia mano serrata, sento l'uretra gonfiarsi e premere, posso sentire il mio sperma sotto la pelle premere e scorrere per cercare un uscita.
Arriva, sento il caldo vischioso sulle nocche del mio pugno , sul mio plesso, sulla mia pancia, sobbalzo, delle mezze lacrime si formano a lato degli occhi strizzati sino all'inverosimile.
Il respiro è concitato, il cuore martella, qualche secondo prima che abbia il coraggio di riaprire le palpebre.
Tu sei ancora lì, sulla poltrona, nuda, la gamba destra all'altezza del ginocchio appoggiata sul bracciolo, oscenamente aperta, ora ad occhi chiusi, che ti stai toccando.
Sei talmente liquida che sento lo sciabordio della tua mano contro la fica che si muove frenetica.
I capezzoli irti e turgidi, che qualche secondo fa avrei azzannato, ti guardo per un tempo indefinito, mentre inizi a gemere ad occhi chiusi, mentre ti agiti e ti inarchi su quella poltrona che pare scottare sotto il tuo culo.
Gemi oscena, incurante del mio sguardo, o semplicemente come me sino a poco fa, chiusa all'interno del tuo ricordo, consapevole ad un livello di coscienza più nascosto che ti sto guardando.
Guardo la tua testa scuotere in un assurdo inutile diniego, mentre strozzi urla, mentre ti lascia andare a suoni inarticolati di agonia del tuo piacere.
Batti incurante la testa sull'alto schienale della poltrona nell'istante stesso in cui un piccolo schizzo, schermato dalle tue dita, s'infrange sul pavimento.
Solo ora mi accorgo della sensazione del mio sperma che si è raffreddato contro la mia pelle, mi alzo per andare verso di te, apri gli occhi...alzi la mano per fermarmi.
Un ultimo guizzo e un urlo, vieni ancora, sono fermo in mezzo alla stanza immobile, attendo.
Mi guardi ansante,un piccolo debole sorriso... “Sono tornata prima, non ce la facevo a stare lontana e poi avevo comunque finito”.
Ti tendo le mani, mi tendi le tue, ti aiuto ad alzarti, incuranti dei nostri umori ci abbaracciamo per un bacio.
Non è che mi lamento, semplicemente ci penso, senza poterci fare nulla...senza voler fare nulla.
Rientrare a casa e non trovarti succede, solito tram tram, lavoro, spesa, casa, qualche uscita con amici, colleghi., di nuovo casa, mi preparo i pasti senza troppa fantasia, svogliatamente.
Oggi è uno di quei giorni, sei via per lavoro da quasi una settimana, tornerai tra un paio di giorni, sono rimasto quasi un ora sotto il getto bollente della doccia, mentre lasciavo che l'ac qua mi scorresse indosso, ho rivissuto i momenti in cui eri li con me.
Sovrappensiero ho iniziato a sfiorarmi, ad accarezzarmi, deliziato e viziato dalle carezze dell'acqua, non c'è voluto molto prima che il desiderio di te emergesse.
Sono uscito dalla doccia tra volute di vapore e umido, che aveva coperto ogni superfificie liscia, giro per casa con l'accappatoio aperto, nudo in ciabatte, lasciando che i refoli di aria fresca mi tocchino, dando sollievo e piacere ed ancora torno a toccarmi a sfiorare il mio cazzo non del tutto a riposo.
Ti vorrei qui, ti desidero, ti prenderei e so che non ti rifiuteresti, non lo fai mai, ti alimenti del mio desiderio.
Distendermi sul letto nella penombra della camera, mentre la luce del giorno tra poco mi abbandonerà.
Ripenso all'untima volta che mi sono disteso sfatto dopo una lunga doccia e mi hai raggiunto, non prima però di esserti spogliata completamente, la mia pelle umidiccia presto ha incontrato il calore della tua asciutta, il tocco delicato dei tuoi capezzoli contro il mio petto che tracciavano una linea invisibile, tattile sino alla mia coscia.
Le tue labbra che baciavano la pelle dell'asta, piano, senza fretta, con pazienza, metodo, in cerca della reazione che non tarderà ad arrivare.
Il sangue che affluisce, gonfia, erge, e tu che non ti decidevi a farlo tuo, al contrario continuavi quella piccola teoria di baci esasperanti, interrotti solo da una lingua accennata e crudele.
La mano che saggia, soppesa stringe delicatamente lo scroto, lo accarezza e passa a soffermarsi su quei sensibili centimetri di pelle che lo separano dal buco del culo.
Dio che aspetti! Prendimi! Mi stai facendo morire! Ma tu non hai fretta mi vuoi pronto a tutto, senza condizioni.
Ricordo tutto questo ad occhi chiusi, disteso, l'accappatoio di spugna umidiccio aperto, mentre stringo e accarezzo il mio cazzo, mentre inizio a massacrarmi in una sega sempre più veemente e sempre meno oziosa.
La tua bocca calda, accogliente come una fica, che alfine mi prende, mi lecca la cappella con la tua lingua umidamente ruvida e avvolgente, una nuova tortura.
Ripenso a quando mi hai tediato così portandomi alla follia, un ora in questo stato con i polsi legati alla testiera del letto, ti avrei preso la testa tra le mani, ti avrei scopato quella bocca crudele fino in gola, fino a privarti del respiro, sborrare nell'esofago o meglio ancora in faccia, vederei miei schizzi lattei segnarti il volto.
La mano stringe la verga, in una sega violenta senza delicatezza mentre le mie reni inarcano la schiena sul materasso, gli occhi strizzati a scacciare la realtà attuale per rendere più vivido il nostro ricordo.
Neppure mi accorgo della porta che si apre, non subito al meno, vederti in piedi con quello sguardo indecifrabile, uno scherzo della mia mente, non dovresti essere qui.
Rallento il ritmo della mia sega, mentre la mia coscienza mi scuote dal mio ricordo, mi dice che anche se mi pare impossibile, tu, l'oggetto del mio desiderio, sei davvero qui, in piedi sulla porta, mi guardi, quasi mi fermo.
“Non smettere, continua!” non è una richiesta, non è una preghiera, è un ordine.
Vorrei venissi sul letto a dare corpo a quel ricordo, a fare quello che desidero disperatamente, ma conosco quello sguardo, non ammette repliche anche tu vuoi qualcosa e lo otterrai che io lo voglia o meno.
Torno a toccarmi, a ricominciare la sega chiudendo gli occhi chiudendoti fuori dal mio ricordo per sostituirti con quella te stessa che stava con me sino a poco prima.
Sento qualche rumore per la stanza, la mia coscienza vorrebbe indentificare, supporre, dirmi, il mio desiderio ti scaccia come uno straccione inopportuno.
Torno a sentire i tuoi piccoli baci crudeli, si rinnova la spasmodica attesa che le tue labbra finalmente cingano la cappella, che la tua lingua cerchi il fenulo per solleticarlo.
Torno a godere della sensazione delle tue dita che spaziano dallo scroto al culo, saggiando la resistenza del buco, ed aspetto.
La tua bocca, ingloba la mia carne al fine ed io sobbalzo inarcando la schiena rigido, puntando i talloni, i muscolo del collo tesi allo spasimo a reggere tutto il peso del corpo, il dito che entra e si fa strada dietro, ruotando lento.
Gemo supplico come una verginella al suo primo amplesso, desidero disperatamente che quel supplizio dolce e crudele finisca oppure continui all'infinito, non lo so neppure io, non ne ho coscienza.
Il mio cazzo è duro, scorre nella mia mano serrata, sento l'uretra gonfiarsi e premere, posso sentire il mio sperma sotto la pelle premere e scorrere per cercare un uscita.
Arriva, sento il caldo vischioso sulle nocche del mio pugno , sul mio plesso, sulla mia pancia, sobbalzo, delle mezze lacrime si formano a lato degli occhi strizzati sino all'inverosimile.
Il respiro è concitato, il cuore martella, qualche secondo prima che abbia il coraggio di riaprire le palpebre.
Tu sei ancora lì, sulla poltrona, nuda, la gamba destra all'altezza del ginocchio appoggiata sul bracciolo, oscenamente aperta, ora ad occhi chiusi, che ti stai toccando.
Sei talmente liquida che sento lo sciabordio della tua mano contro la fica che si muove frenetica.
I capezzoli irti e turgidi, che qualche secondo fa avrei azzannato, ti guardo per un tempo indefinito, mentre inizi a gemere ad occhi chiusi, mentre ti agiti e ti inarchi su quella poltrona che pare scottare sotto il tuo culo.
Gemi oscena, incurante del mio sguardo, o semplicemente come me sino a poco fa, chiusa all'interno del tuo ricordo, consapevole ad un livello di coscienza più nascosto che ti sto guardando.
Guardo la tua testa scuotere in un assurdo inutile diniego, mentre strozzi urla, mentre ti lascia andare a suoni inarticolati di agonia del tuo piacere.
Batti incurante la testa sull'alto schienale della poltrona nell'istante stesso in cui un piccolo schizzo, schermato dalle tue dita, s'infrange sul pavimento.
Solo ora mi accorgo della sensazione del mio sperma che si è raffreddato contro la mia pelle, mi alzo per andare verso di te, apri gli occhi...alzi la mano per fermarmi.
Un ultimo guizzo e un urlo, vieni ancora, sono fermo in mezzo alla stanza immobile, attendo.
Mi guardi ansante,un piccolo debole sorriso... “Sono tornata prima, non ce la facevo a stare lontana e poi avevo comunque finito”.
Ti tendo le mani, mi tendi le tue, ti aiuto ad alzarti, incuranti dei nostri umori ci abbaracciamo per un bacio.
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