Chat, professori e motociclette

di
genere
etero


Da qualche tempo avevo iniziato a navigare in internet, all’ inizio lo usavo per parlare con Giorgio in ufficio o quando era in trasferta, a volte facendo anche del buon sesso a distanza, una sera che Giorgio era fuori sono entrata in una chatt, all’ inizio venivo contattata solo da stupidi ragazzetti oppure vecchietti arraparti, i primi non sapevano ancora come si deve trattare con una donna e probabilmente i secondi non se lo ricordavano più, ammesso che lo avessero mai saputo, poi mi sono imbattuta in Bruno, cominciai a chattare con lui mi era piaciuto il suo modo di proporsi, aveva dichiarato di essere sui quaranta sposato e si definiva un “birichino” il suo modo di scrivere era garbato senza trascendere nell’ossequioso o melenso, era elegante, anche quando si parlava di sesso non era volgare a meno che non lo richiedesse la conversazione, ma lo faceva sempre chiedendo permesso…. E comunque con una naturalezza ed una terminologia che rendevano piacevoli anche le più basse insinuazioni; e si perché eravamo andati sul pesantuccio, avevamo parlato di moto e di kamasutra ….. lui mi aveva illustrato con dovizia di particolari le varie posizioni che si potevano fare in moto ed io ero stata al gioco….poi mi aveva incalzato dicendomi che se mai ci fossimo incontrati la prima cosa che avrebbe fatto era quella di stringermi la mano baciarmela e poi mettermela sui suoi genitali…. io avevo acconsentito, ridendoci su, e lanciandogli una sfida, l’indomani sarei andata a parlare con i professori di mio figlio se mi fosse venuta a prendere di fronte alla scuola, avremmo potuto provarne alcune di quelle famigerate posizioni. Lui mi aveva scritto ok, non credevo sarebbe venuto d’altra parte chi chatta preferisce solitamente nascondersi dietro ad un personaggio che si inventa, d’alta parte anche io lo avevo fatto fingendomi una certa “ Ali” trentenne sposata con un figlio, manager di una grande azienda, ma avevo comunque provando un non so che lungo la schiena quando avevo lanciato quella sfida, accettando la sua proposta.
Il pomeriggio del giorno dopo verso le due e trenta ero andata alla scuola di Mirko dove avevo l’incontro con i professori per sentire gli sviluppi dell’istruzione di mio figlio, ero consapevole del fatto che le parole più usate sarebbero state le solite: “ha un grande potenziale ma non si impegna ecc. ecc. …” mi ero comunque preparata al peggio, sapendo inoltre che i professori da cui dovevo andare non erano tutti maschi, ammetto che mi ero abbigliata in modo da non venire criticata più d tanto, dopo una lunga mediazione tra una gonna corta e un paio di jeans, avevo optato per i pantaloni, anche se erano dei jeans elasticizzati, parecchio stretti tanto che mi sentivo la cuciture entrare nel sedere, un paio di sabot bordeaux con il tacco e una maglia bordeaux e bianca in cotone con una zip sul davanti, naturalmente coperta da uno spolverino tre quarti nero che se ben chiuso non lasciava intravvedere nulla, l’idea era quella di scoprire qualcosa solo se ce ne fosse stato veramente bisogno (cosa non si fà per l’istruzione dei figli).
Per primo mi era toccato il professore di matematica un ragazzo giovane sui 25 anni fisico asciutto anzi magro con un paio di occhialini tondi e un cespuglio di rovi in testa; non ebbe gran che da dirmi a parte le parole potrebbe fare di più la conclusione fu abbastanza soddisfacente, da premettere che mi degno di uno sguardo solo quando mi presentai per il resto della conversazione tenne sempre gli occhi sul suo registro e sulle carte che aveva sulla scrivania, era di una timidezza imbarazzante, non riusciva a reggere il mio sguardo, per questo quando me ne andai (visto che era stato magnanimo, prima di uscire dalla sua aula, mi ero tolta lo spolverino e quando mi incamminai lungo le due file di banchi, potei vedere nel riflesso della porta a vetri i suoi occhi incollati alle mie natiche, ma in fondo se lo meritava).
La seconda professoressa di italiano, era Monica una bruna di 30 anni, da qualche tempo si era aggregata a noi, perché il marito era diventato il terzino destro della squadra di calcio della ciurmaglia , avevamo legato subito, oltre essere di una avvenenza prorompente anche il suo modo di fare spigliato sicuro e sempre pronta alla battuta allo scherzo, era diventata anche lei subito oggetto di piccanti discorsi all’ interno del gruppo, era stata soprannominata la “Proff.onda”, tanto che secondo Giorgio, stavo per perdere lo scettro di “arrizzacazzi”, diciamo che lei sarebbe stata una degnissima erede, con il suo metro e settanta di altezza e la sua 4 di seno i capelli corvini che le scendevano sino a metà schiena la pelle olivastra, ero ben felice di cederle lo scettro, inoltre avevo sentito dire nei discorsetti di Mirko, che quelli di terza smontavano il pannello davanti alla scrivania quando lei era in cattedra per potergli guardare meglio le gambe, e mi ricordavo anche che non l’avevo mai vista con i pantaloni se non rarissime volte, comunque con lei la conversazione prese subito una piega amichevole, tant’è che mi misi comoda, togliendomi lo spolverino e sedendomi su un banco di fronte alla cattedra.
Dopo avermi detto nuovamente ciò che sapevo già cioè che era bravo ma che avrebbe potuto fare di più, facendomi anche leggere alcuni pezzi di un suo componimento, che a suo dire erano degni di nota ma pieni di errori, mi chiese se quella domenica sarei stata con le ragazze visto che i mariti avevano la partita fuori porta, gli dissi di si e poi volli togliermi una curiosità, chiedendogli: “…posso chiederti una cosa se non ti scoccia?” alla sua risposta affermativa gli dissi: “E’ vero che degli alunni hanno tolto il pannello davanti alla cattedra per poterti vedere meglio le gambe?” lo dissi ridendo con uno sguardo di complicità, di rimando lei mi rispose con la stessa complicità: “Cosa non si deve fare per mantenere alto l’interesse nei ragazzi oggi, non hai idea di quanto aumentata l’attenzione se possono intravederti un ginocchio ….pensa che se metto i pantaloni cala l’ impegni di un buon 30%, in confidenza quando devo parlare di grammatica pura, metto le autoreggenti, non hai idea al primo accavallamento che silenzio cala in aula” . La risata fu spontanea, anche Monica sapeva il fatto suo per quanto riguardava “destare interesse”.
Gli chiesi ancora: “Devo andare dal professor Martinelli di scienze…” non l’ho avevo mai incontrato prima era un supplente, da circa un mese aveva preso la classe di Mirko: “ …che tipo è?” lei mi guardo e poi mi disse: “Viscido come il sapone, e ostile all’inverosimile, sempre incazzato con tutti soprattutto con gli studenti, sai non è più giovane e non ha abbastanza crediti ne per la pensione ne per passare di ruolo, insomma un vero rompiballe, fallito aggiungerei” “cazzarola… come devo comportarmi?” gli chiesi, mi guardo e mi disse: “se te la vuoi sbrigare con lui scordatelo, ai due possibilità sorbirti la paternale oppure farti ammirare, in entrambe i casi ti terra per lo meno una mezz’ora ma nella seconda ipotesi almeno non sarà scontroso burbero e maleducato come al solito, certo dovrai comunque lasciar correre su alcune allusioni neanche troppo velate però almeno non ti sorbirai le sue frustrazioni da professorone fallito, se mi dai retta tiri giù la zip e lo lasci guardare, peccato non ti sia messa la gonna ti assicuro avrebbe apprezzato non poco e probabilmente te la sbrigavi anche” avevo inquadrato il genere e così mi congedai da Monica, mi rimisi lo spolverino e uscii con la assicurazione che ci saremmo riviste la domenica successiva ma prima di uscire dall’aula mi richiamo: “ Anna guardagli la mano sinistra la tiene sempre in tasca, almeno quando è in mia presenza, sono convinta che abbia la fodera bucata” , dopo quella battuta mi allontanai ridendo.
Mentre percorrevo il corridoio in cerca dell’aula dei “viscidone” ero indecisa su cosa fare, come aveva detto Monica, o sorbirmi la paternale o sorbirmi i maldestri approcci del professor Martinelli, quando giunsi all’ altezza della sua aula, lo sentii parlare in modo arrogante quasi maligno con un altro dei genitori, e dissi a me stessa che non avevo nessuna voglia di sentirmi fare la paternale da un frustrato, così scelsi la seconda opzione, infondo non era un grande sforzo, poco dopo vidi uscire una signora sui 40 anni rossa in viso tanto era stata strigliata.
Bene ora toccava a me, tirai giù la zip della maglia sin all’attaccatura del reggiseno e con un abile mossa sganciai il fermaglio del reggiseno senza spalline e velocemente lo infilai nella borsa, afferrai l’elastico del perizoma e lo tirai sin sopra la cintura dei jeans, poi feci la mia entrata lasciando che lo spolverino si aprisse in modo da mostrare bene tutta la mercanzia.
Il professor Martinelli era un uomo sui 50 stempiato piccolo con gli occhiali e con un viso di chi ha sempre la mosca al naso, quando entrai aveva la testa abbassata sui registri la posizione ne evidenziava ancora di più la sua la sua pelata; appena si accorse di me si alzo immediatamente dalla sedia accogliendomi con un buon giorno e sporgendosi dalla scrivania per stringermi la mano.
La cattedra si trovava su una pedana di una trentina di centimetri mi allungai senza salire lo scalino, così che da lassù potè godere di una buona vista sulle mie tette, mi chiese di accomodarmi e mi sedetti di fronte a lui in una banco, non prima però di essermi tolta lo spolverino e “ops” averlo fatto cadere a terra, poi raccogliendolo con le gambe ben tirate ed offrendogli la miglio vista della giornata, i jeans si erano infilati nella spaccatura del sedere e praticamente sembravano dipinti direttamente sulla pelle mentre l’elastico del perizoma faceva bella mostra di se uscendo al di sopra della cintura, poi mi sedetti e lui comincio a parlare, le uniche cose che sentii furono le solite “potrebbe fare di più…..” poi cominciai a ciondolare la testa in segno di assenso, mentre mi ritrovai a pensare che la prossima volta avrei dovuto mettermi la gonna e sfoggiarla senza pudore, cominciai a giocherellare con la chiusura della zip della maglietta, mentre vedevo i suoi occhi incollati ai miei seni, poi mi venne l’idea, mi alzai e mi avvicinai alla cattedra: “mi scusi professore…” lo interruppi: “…. ma non ha nessun compito di Mirko da mostrarmi” mentre parlavo salii lo scalino e mi appoggiai con le braccia alla cattedra, lui armeggio con dei fogli e mi mostro un test che avevano fatto qualche giorno prima, mi abbassai quel tanto da offrirgli l’altra veduta frontale sui miei seni, notai che stava sudando e non era ancora passato neppure un quarto d’ora, incalzai la dose, appoggiandomi con i gomiti sulla scrivania fingendo di leggere quel foglio, e sentii il suo sguardo entrarmi tra le mammelle, dopo qualche istante in quella posizione, con la scusa di chiedere chiarimenti su alcune domande del test mi alzai e mi portai dietro a scrivania di fianco a lui, puzzava di dopobarba scadente e grondava di sudore.
Mi abbassai nuovamente dietro la sua spalla lasciando che i seni gli toccassero la schiena, quando abbassai lo sguardo vidi la patta dei suoi pantaloni in velluto a coste muoversi, aveva la mano sinistra in tasca, come mi aveva detto Monica, furtivamente si stava partugliando, diedi ancora qualche colpetto con i seni sulla sua schiena, mi rialzai dando un bel colpo ai capelli e mettendogli i seni praticamente quasi sul viso, lo vidi diventare paonazzo quasi non riusciva più a parlare, povero ometto, in quel momento avrei potuto ordinargli di mettersi a quattro zampe ed abbaiare e mi avrebbe obbedito, mi riportai di fronte alla cattedra continuando a guardarlo con la voluttà di una gheiscia, ormai non parlava quasi più, non gi restava che congedarmi e correre in bagno a spararsi una meritata sega.
Ma non avevo ancora finito con lui mi basto girarmi maldestramente e gettare a terra alcuni fogli che aveva sulla scrivania: “Ops mi scusi…” mi abbassai per raccoglierli, nonostante il suo “lasci lasci…” i fogli caduti di fronte alla cattedra ben in vista ed il mio movimento spontaneo nel raccoglierli e nel mettere ancora più in mostra la scollatura che dalla sua posizione poteva ormai intravedere l’aureola dei capezzoli, nonché il triangolino dietro del perizoma ad indicargli come una freccia un luogo che per lui era precluso a prescindere, gli diede il colpo di grazia, non alzai la testa mentre raccoglievo la carta a terra ma quando mi rialzai vidi l’ometto in una posizione innaturale non era seduto e non era in piedi, le ginocchia un po’ piegate come se stesse sciando con una mano in tasca, tasca nella quale sembrava si fosse appena rotta una bottiglietta d’acqua, posai i fogli sulla scrivania e chiedendo ancora scusa mi allontanai, recuperando il mio spolverino, sentivo gli occhi dritti sulle mie natiche e per quello cominciai ad ancheggiare, desta, sinistra, destra, sinistra, avrei potuto usare il mio sedere come un pendolo per l’ipnosi, arrivata alla fine dell’aula mi voltai ancora per salutarlo: “grazie professore e buona giornata…” mi rispose: “grazie a lei signora buon giorno”.
Nel corridoio incontrai Monica, alla quale dissi di aver seguito la seconda parte del suo consiglio e che ero certa che la tasca fosse bucata, i suo consigli avevano funzionato alla grande, la salutai nuovamente ed uscii.
Erano le tre e mezza, l’intortata con i professori era finita almeno per questo mese, il fatto che avessi provocato un eiaculazione ad uno di loro senza neppure toccarlo mi aveva messa di buon umore tant’è che mi misi a ridere mentre mi accendevo una sigaretta, lo vedi seduto sulla sua moto tipo Harley ma non era un Harley, è roba italiana così mi aveva detto la sera prima…. Il classico quarantenne che si crede super figo, gli vado incontro e lo saluto: “così tu sei Bruno….piacere Ali” così mi ero presentata in chat, lui mi stringe la mano me la bacia e memore di ciò che aveva scritto se l’avvicina al suo basso ventre, mi prende un attimo di sconcerto, non sapevo più come reagire, feci per ritrarla mentre con la testa guardavo se ci vedesse qualcuno, lui per niente intimidito, me la trattiene: “E’ no non erano questi i patti” me lo dice quasi come se quello della sera prima fosse stato un contratto firmato da un notaio.
La stizza, lascia il posto ad una risata…… ma la mano rimane là, lui la trattiene, ora sotto i jeans sento crescere la carne e pulsare.
Sarà la situazione, ma sento di nuovo il brivido lungo la schiena, ma questa volta più forte più intenso, anche il mio basso ventre sta pulsando.
Mi sporge un casco: “Dai sali che facciamo un giro”
Fanculo tutto mi lego lo spolverino mi alaccio il casco e salgo sul sellino posteriore… è comoda, in un attimo stiamo volando verso non so dove, mi sento una ragazzina, mi stringo a lui, e lui mi prende di nuovo la mano e la porta giù sulla cerniera dei pantaloni aperta... ormai è andata infilo la mano dentro e lui continua imperterrito la sua corsa.
Lui guida e smanetta ed io smanetto il suo membro, sento quando sta per venire e mi fermo….. cazzo è eccitantissimo….. non credevo che fosse così eccitante fare una sega ad un uomo mentre guida una moto….. e non credevo neppure fosse possibile…
Pochi chilometri ed arriviamo ad una zona un po’ isolata, lui ferma la moto in uno piazzaletto, vicino a dove ci sono le aree attrezzate per le grigliate.
Tolgo la mano dai jeans è tutta bagnata del suo sperma ma non è ancora venuto, si slaccia i pantaloni e me lo rimette in mano, è turgido e duro, ormai non ho più freni, anche se siamo in piena vista, mi abbasso e comincio a succhiarlo, ho un po’ di esperienza in materia anzi direi anche di più, perché il pompino è una nobile e antica arte... bisogna creare aspettativa, desiderio: il pene sarà l'ultima cosa a cui arrivare, restando in zona, si intende. Troppo spesso si sacrifica il pre nella foga. Prenderlo in bocca e cominciare, a "pompare", leva tutta la poesia dell'attesa... è una zona tanto sensibile che ti stupefacente scoprire che le pieghe nascoste sono quelle che celano brividi inattesi. La lingua, le labbra, i denti... ogni cosa deve essere usata, la pelle fra gamba e scroto, quella piegolina quasi inaccessibile, sfiorarla con la lingua, poi passare allo scroto, pinzarlo leggermente fra le labbra, inumidirlo, leccarlo, prendere in bocca i testicoli e succhiarli, trattenere lievemente lo scroto fra i denti tirando piano piano, leccare quei pochi centimetri di pelle fra scroto ed ano con la punta della lingua, appena appena, tutto con calma, con delicatezza estrema... poi passare all'asta, dalla base, da sotto, inumidirla con la lingua, a volte afferrarla fra le labbra e succhiare per pochi secondi, come un ghiacciolo a cui si vuol togliere il gusto, accarezzandolo con la lingua, massaggiandolo con le mani.... Adesso forse si può passare al glande, ma con calma, lo senti che sta per esplodere con una mano accarezzo i testicoli e intanto mi infilo tutta l’asta mentre con la lingua lecco il glande con le labbra lo masturbo voglio ingoiare il suo seme…..Ma lui mi blocca, mi alza mi toglie lo spolverino gettandolo sul manubrio e mi sbottona i pantaloni, maledetti pantaloni, mi viene da pensare, “non potevo mettermi la gonna”, mentre lui mi volta mi appoggia al sellino della moto e si abbassa dietro di me con le mani allarga le labbra della vagina mentre con la lingua comincia ad insinuarsi, dopo la fellazio, è l’ora del cunnilinguo, o meglio dopo la pompa è il momento della sacra leccata è esperto e trova immediatamente il clitoride, la sua lingua prima lo bagna facendomi colare gli umori giù dalle gambe poi continua a leccarla, la sua lingua e le sue dita sapienti entrano ed escono dal mio corpo, le sue labbra passano con naturalezza dalle labbra della mia figa attraversano lo stretto sino ad arrivare all’ ano, lo bagna lo assapora, lo sento inumidirsi, sento una scarica di adrenalina salirmi su per la schiena, lui si alza e mi avvicina il suo pene alla vagina, ma non entra sembra voglia chiedere permesso….. “Dai dai entra dentro scopami dai..” mi sento una puttana, ho il calore che avvampa in tutto il corpo, il suo membro tra l’insenatura delle mie chiappe, non capisco cosa voglia fare ma ho voglia di sentirlo dentro, di nuovo gli dico: “Dai mettilo dove vuoi ma entrami dentro…” non finisco la frase che sento le mie chiappe quasi lacerarsi, non ha preso il primo canale è entrato direttamente in culo, ecco perché lo aveva sapientemente lubrificato con le labbra, il dolore passa subito come uno schiaffo secco sulle natiche, lasciando il posto al godimento, mentre mi sodomizza, mi infila una mano nella vagina, io intanto mi acarezzo i seni con una mano dopo aver aperto la zip della maglietta mentre con l’altra cerco il suo menbro che stantufa dentro il mio sfintere, i capezzoli sono duri turgidi come nervi in procinto di esplodere, la vagina sta colando sto godendo come un ossessa, ad un certo punto sento il suo liquido inondarmi dentro sino alle viscere, è caldo, d’istinto mi viene da stringere le chiappe lui è ancora dentro di me mi continua a scopare, più lento meno vigore, ora si è fermato ma lo sento ancora dentro, lo sfila piano, mentre lo sperma mi cola giù per le gambe… cazzo non lo avevo mai preso così. Non in quel modo almeno….. mi sento una troia riempita di sperma, mi piace la sensazione…. Non voglio pensare a null’altro per il momento.
Ci rivestiamo, io colo come una fontana e lui ha ancora voglia ma ora dobbiamo andare, mentre salgo sulla moto alzando la gamba sento fuoriuscire il suo sperma ed i miei umori dal sedere e la vagina.
Mi riporta alla mia auto, parcheggiata vicino alla scuola solo lì mi bacia.
Cazzo un solo bacio.
Ma lo avevamo detto già la sera prima, solo sesso, niente altro che sesso, nessun coinvolgimenti di altro genere.
Salgo in auto e vado verso casa, ho un paio d’ore e devo, redarguire Mirko, anche se dopo quella corsetta in moto non ho più tutta quell’incazzatura, ma prima devo assolutamente farmi una doccia e una lavatrice già perché gli umori, miei e di lui hanno appiccicato la stoffa dei pantaloni alle mie natiche non oso pensare che colore possano essere, ma ne è valsa la pena, spero comunque che stasera il mio Giorgio sia come sempre pronto a tutto perché ho idea di aggiungere un nuovo capitolo al nostro kamasutra domestico.
scritto il
2011-07-15
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