Avventura in hotel - prima parte

di
genere
dominazione

Avventura in hotel

Mancavano poche curve e la meta sarebbe stata raggiunta.
Lex aveva preparato tutto meticolosamente, prima di partire.
“chissà”, si chiedeva, cosa direbbe la Polizia se facendo una perquisizione avessero aperto quello zaino…
Corde, aghi, maschera per gli occhi…tutto il necessario per poter sequestrare e seviziare una donna… non mancava nulla che una la fantasia perversa non poteva aver immaginato.
Era da spiegare che quella donna era la partner di Lex; Lui da molto tempo fantasticava e organizzava mentalmente questo diversivo che lo faceva star bene.
Aveva pensato a tutte le varianti, il posto, il luogo, il meteo, e ….lei, nuda, abbandonata a lui, alle sue voglie.
Spesso il pensiero era finito in questi rinomati hotel dove si sperimenta e pratica del bondage…luoghi però cosi poco diffusi che quasi impensabili da raggiungere.
Immaginava queste stanze, buie, insonorizzate, complete di ogni ben di Dio per poter immobilizzare la slave di turno. E poi frustini, manette, e congegni di ogni tipo per poter controllare e domare la schiava.
Ma proprio per l’impossibilità di questi luoghi, Lex aveva ripiegato su un normalissimo albergo di montagna.
Se l’avesse potuto scegliere lui sicuramente sarebbe stato isolato nei boschi…immaginava questo piccola stanza nel nulla…un fortino delle proprie voglie dove avrebbe avuto il controllo totale della sua partner.
appena entrata l’avrebbe fatta immediatamente spogliare, completamente.
L’avrebbe guardata nuda, indifesa, come a lui piaceva. L’avrebbe guardata tremare dei suoi pensieri, della sua vulnerabilità. Il suo sesso, già glabro, sarebbe presto stato oggetto di attenzione.
Lei aveva già fatto per lui queste cose, sapeva che gli piacevano, e, se fate con dolcezza, nemmeno lei le disdegnava.
Sapeva che presto le sue braccia sarebbero state bloccate per impedirgli di schivare ogni manovra, ogni colpo che Lex gli avrebbe inferto.
E sapeva benissimo che tutto si sarebbe concluso con un orgasmo liberatorio.
Arrivò l’ultima curva prima di entrare in paese. Era stato un tragitto piuttosto lungo e non particolarmente comodo; Per rispettare gli ordini di Lex lei, prima di partire, aveva indossato un piccolo fallo; Scendendo a caricare la macchina lui le aveva consegnato un foglio con delle istruzioni chiarissime : “apri le gambe e dentro la fica infila il dildo nero che ti ho lasciato sul tavolo, poi assicura il tutto con il nastro americano”. Lei, obbediente, dopo essersi spogliata di pantaloni e slip , appoggio un piede sulla sedia, poi, aprendosi le labbra della passera creo un varco per inserire il piccolo ma invadente dildo. Quando completamente dentro prese il nastro e, strappato un pezzo piuttosto lungo, se lo passo da davanti a dietro, costringendo il dildo in quella meravigliosa, per lui, posizione. Non con poche difficoltà si rimise gli slip ed i pantaloni. Si sentiva piena, il suo sesso pulsava sull’oggetto estraneo e lo bagnava…lei si meraviglio di quanto quesat cosa, per quanto anormale, potesse coinvolgerla. Controllo di aver chiuso il gas, e, spengendo la luce dell’ingresso, si tiro dietro la porta di casa per raggiungere Lex che l’aspettava in macchina.
La macchina si fermò davanti all’ingresso del piccolo albergo che era stato scelto per questo week end di bdsm. Non lo conoscevano e non sapevano chi e cosa avrebbero trovato. Magari un desk affollato con le solite persone che niente hanno da fare, oppure, come sperava lui, un unico addetto, magari attempato, che svolto le cose burocratiche gli avrebbe consegnato la chiave senza tante sterili chiacchere.
Lex ebbe fortuna in questo: era un piccolo desk ricavato in un angolo della stanza, vicino al bancone di un bar “buonasera mi chiamo “”, dovrebbe esserci una camera prenotata per noi. Lei, dietro, titubante ed incerta su i suoi passi, ma non tanto che si notasse. Essere stata seduta tutto il tempo con quel coso ingombrante l’aveva resa dolorante, e muovere i primi passi fu di per se una tortura, la prima, pensò, di quelle a cui sarebbe poi stata sottoposta in quel lungo week end.
Nel prenotare Lex aveva specificato che voleva una camera più isolata adducendo la motivazioen che dormiva male con i rumori intorno, ed il tipo dell’albergo l’aveva accontentato; Nessuno notò il sorrisetto quando, nel consegnargli la chiave, prima di tornare alle sue faccende, gli disse ”è la stanza 313, il piano è sgombro, sa, siamo in fase di pre chiusura invernale e e abbiamo iniziato dei lavori di manutenzione proprio su quel piano, vedrà che nessuno la disturberà”.
Preso, lui, il suo zaino e lei la sua borsetta, si accinsero verso le scale.
L’albergo era insolitamente silenzioso, quasi tetro. Lui di questo era contento, lei meno. Quella sensazione le incuteva timore anche se sapeva bene che con lui non ci sarebbero stati rischi, forse qualche dolore dopo, ma nulla che l’avrebbe messa in pericolo.
Arrivarono davanti alla camera, dopo aver attraversato un lungo corridoio di porte sbarrate. La moquette era logora, dimostrava i suoi anni, cosi come la camera in cui entrarono.
La porta era di legno pesante, e si apri con qualche sforzo. L’immagine che gli si paro davanti era l’essenzialità perfetta. Un grosso letto con le testate in legno , una scrivania ed una piccola poltrona. Poche luci, ma sufficienti. Lui, ordino a lei di aspettarlo li, sulla soglia, ed andò a fare un giro di controllo dell’ambiente che a breve sarebbe diventato il suo dungeon.
Tutto era come aveva sperato, anche il bagno, con una vasca capiente, era idoneo alle sue intenzioni.
Tornò verso la porta dove lei, obbediente, l’aveva aspettato. Lui era già eccitato per quello che sarebbe stato, per gli ordini che avrebbe dato, per le azioni che avrebbe poi intrapreso sul bellissimo e morbido corpo di lei.
Ma quello che più l’eccitava era il controllo della situazione, mentale, verso di lei. Ogni suo ordini sarebbe stato accettato ed obbedito, senza batter ciglio, dimostrandogli che in quel gioco lui era il master e lei la slave; Ordini silenziosi, anche solo semplici gesti, ed intimità, tutto a comporre il perfetto menage di quei loro intimi momenti che stavano ormai per iniziare.
Gli disse” da questo momento parlerai se te lo chiedo io, obbedirai a quello che ordino io, hai capito ?” lei scosse il capo in maniera positiva, con gli occhi bassi, come ormai una regola non scritta.
Lui la prese per i capelli e la trascinò verso il centro della camera dove aveva già sistemato il divanetto. Gli ordino di spogliarsi completamente, riponendo con attenzione i vestiti che avrebbe poi utilizzato di nuovo solo la sera seguente, fino a quel momento ogni angolo del suo corpo, ogni parte della sua intimità non avrebbe avuto ne segreti ne difesa. Il suo pube sarebbe stato oggetto di attenzioni intense, le stesse che lui aveva pensato per i suoi seni.

Per valutare il mio racconto, per suggerimenti o per consigli mi piacerebbe che mi Scriviate a reply.to.segati@gmail.com
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2019-09-11
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