Protege Moi
di
scopertaeros69
genere
orge
Le avevano dato una stanzetta per prepararsi, … prepararsi... in delicato eufemismo, una foglia di fico, l'ultima che le avevano concesso di concedersi, prima di affrontare quello che l'aspettava oltre quella porta.
Mai quel legno le era sembrato così fragile, così inadatto a contenere la tempesta che la separava, che avrebbe dovuto inevitabilmente travolgerla, nel contempo, l'unica cosa che ancora la divideva da lei.
Non era un anima innocente, non lo era di certo, non sarebbe stata lì, eppure in qualche modo sapeva che varcata quella porta ogni possibilità di redenzione, di ipocrita salvaguardia sarebbe stata compromessa... però oltre quella porta c'era lei.
Guardò quella mascherina sulla mensola, l'unica protezione che avrebbe avuto tra sé e quel mondo che l'aspettava, un fragile riguardo, uno scudo di pochi centimetri tra il proprio e altri sguardi, decise di non indossarla.
Si liberò della maglietta e del reggiseno, li appoggiò su una poltroncina, tenne la minigonna leggera, raccolse i capelli in due piccoli codini con gli elastici presi dalla borsetta, si avviò verso la porta.
I suoi piccoli deliziosi seni svettavano di eccitazione e di quella piccola differenza di temperatura che ne aveva indurito i capezzoli.
La mano non aveva ancora toccato la maniglia, che esitò, una voce dentro di sé la spingeva oltre “Vai ti aspetta...non indugiare!”, eppure si fermò.
Tornò alla borsa, frugò l'interno, con un sospiro di sollievo trovò qunato stava cercando, agganciò alla minigonna il piccolo lettore Mp3, posizionò le cuffiette sulle orecchie, attivò la play list, attese che il silenzio fosse interrotto.
Prese la maglia dalla poltroncina e la pose sulla schiena, come avrebbe fatto per camminare in un prato, un giorno di primavera.
Il suono della melodia creò per lei una nuova, barriera, una sottile cappa di vetro dal quale avrebbe potuto vedere senza essere toccata.
Aprì la porta godendo di ogni istante del cedere della maniglia sotto la pressione della mano, la sospinse e fu nel mondo, non era successo nulla, non ancora, un altro grande specchio l'attendeva, si fermò a guardarsi in un ultimo appagamento narcisista; era l'ironica rappresentazione della maliziosa innocenza di una collegiale.
La musica cullava le sue tempie, difficile non seguirne il lento piacevole ritmo.
Fu così che la trovò, spoglia come lei e in un certo senso più di lei, la vide riflessa arrivarle da dietro, lenta, sinuosa, dolce, determinata ed indecente chiusa ancora nei suoi jeans dal quale emergevano gli string di un tanga.
Le passò un braccio dietro al collo per cingerla e attirarla a sé, il primo bacio di quella notte, il delicato sfiorarsi dei loro capezzoli in quel primo delicato contatto.
Sì incamminarono per il corridoio, la musica continuava a cullarla nel suo mondo ovattato.
La porta era aperta, un altra musica, altri suoni, premevano per forzare la delicata barriera che aveva posto al limitare delle orecchie, la stanza si aprì al suo sguardo.
La prima cosa che vide fu una donna, bella, terribile e quasi androgina, di una femminilità quasi ferina, ballare nuda a in piedi su un tavolo tondo, circondata da candele accese.
Mentre ballava stava facendo l'amore con sé stessa, incurante di essere vista, o forse semplicemnete bisognosa e sprezzante al contempo di esserlo.
Lei la attirò nuovamente a sé per un altro bacio, forse per bisogno, forse per ribadire il concetto che era lì per lei e lei soltanto.
Poco più in basso una coppia, un uomo seduto guardava la danzatrice sul tavolo, mentre una donna inginocchiata ai suoi piedi, ne gustava la sua carne con studiata lentezza, forse per suo stesso piacere, forse per conquistarne la totale attenzione, senza per questo esserne vittima lei stessa.
Proseguirono oltre, la baciò ancora, senza dirle nulla la invitava a vedere, forse semplicemente le voleva dar modo di scegliere.
Si guardò intorno, senza che si avvedesse, la maglia sulle sue spalle era scivolata a terra, in un momento a lei indefinito del tempo trascorso.
La baciò ancora, ancora i loro seni si sfiorarono, l'una dinanzi all'altra, la musica ai lati della testa era una protezione sempre più flebile.
Per mano la condusse poco oltre, vicino, su un divano, una coppia che languiva nel crogiolare delle mani sui sessi, a malapena si accorse di loro.
Ne abbandonò la mano distanziandosi, poi lei si chinò a sfilarsi i jeans, rimanendo in perizoma.
La vide ed era bellissima, senza ipocrisie, senza nessun falso pudore, desiderava essere come lei, desiderava essere sua.
Intorno a loro il mondo impazziva nei sensi, lenta prese a percorrere quei pochi metri, immersa in quella lussuria che la lambiva senza però toccarla davvero.
Mentre si allontanava, si ritrovò all'improvviso dinanzi ad un altra donna, bella, disponibile, vide la sua fame negli occhi, sentì la mano che le percorreva il braccio, che la invitava a stringerne il suo, per essere ghermita, per divenire sua.
La musica la proteggeva ancora, si sfilò scivolando a quell'approccio, sotto il sorriso della sua tentatrice, questa la guardò allontanarsi sicura che sarebbe stata sua...forse un altra volta.
Di fianco, altra coppia isolata nel proprio piacere, placava la sua fame di carne e pelle, la ragazza ne percepiva i sentori di sesso, la mente generava suoni per quelle bocche spalancate e azzittite dalla sua musica.
Di nuovo cercò la sua anfitrione, ora più nuda per lei, di nuovo ebbe la sua bocca, le sue braccia, le permise di spogliarla senza che lo spazio tra i loro sguardi fosse interrotto, decise di facilitarle il compito sedendosi a terra, conscia che quel semplice gesto era un invito inequivocabile.
Si abbandonò a lei aprendo le gambe, si abbandonò a lei offrendosi alla sua bocca, si abbandonò a lei lasciando la musica, che ancora suonava senza che più la sentisse, tra le sue orecchie.
E mentre la schiena della sua amante si arcuava, simile ad un grosso felino che consuma il suo pasto, fu sua in mezzo a quel mondo orgiastico impazzito, fu sua soltanto e se ne sentì protetta.
Liberamente ispirato al video dei Placebo “Protege Moi”
https://www.dailymotion.com/video/x2qc876
Mai quel legno le era sembrato così fragile, così inadatto a contenere la tempesta che la separava, che avrebbe dovuto inevitabilmente travolgerla, nel contempo, l'unica cosa che ancora la divideva da lei.
Non era un anima innocente, non lo era di certo, non sarebbe stata lì, eppure in qualche modo sapeva che varcata quella porta ogni possibilità di redenzione, di ipocrita salvaguardia sarebbe stata compromessa... però oltre quella porta c'era lei.
Guardò quella mascherina sulla mensola, l'unica protezione che avrebbe avuto tra sé e quel mondo che l'aspettava, un fragile riguardo, uno scudo di pochi centimetri tra il proprio e altri sguardi, decise di non indossarla.
Si liberò della maglietta e del reggiseno, li appoggiò su una poltroncina, tenne la minigonna leggera, raccolse i capelli in due piccoli codini con gli elastici presi dalla borsetta, si avviò verso la porta.
I suoi piccoli deliziosi seni svettavano di eccitazione e di quella piccola differenza di temperatura che ne aveva indurito i capezzoli.
La mano non aveva ancora toccato la maniglia, che esitò, una voce dentro di sé la spingeva oltre “Vai ti aspetta...non indugiare!”, eppure si fermò.
Tornò alla borsa, frugò l'interno, con un sospiro di sollievo trovò qunato stava cercando, agganciò alla minigonna il piccolo lettore Mp3, posizionò le cuffiette sulle orecchie, attivò la play list, attese che il silenzio fosse interrotto.
Prese la maglia dalla poltroncina e la pose sulla schiena, come avrebbe fatto per camminare in un prato, un giorno di primavera.
Il suono della melodia creò per lei una nuova, barriera, una sottile cappa di vetro dal quale avrebbe potuto vedere senza essere toccata.
Aprì la porta godendo di ogni istante del cedere della maniglia sotto la pressione della mano, la sospinse e fu nel mondo, non era successo nulla, non ancora, un altro grande specchio l'attendeva, si fermò a guardarsi in un ultimo appagamento narcisista; era l'ironica rappresentazione della maliziosa innocenza di una collegiale.
La musica cullava le sue tempie, difficile non seguirne il lento piacevole ritmo.
Fu così che la trovò, spoglia come lei e in un certo senso più di lei, la vide riflessa arrivarle da dietro, lenta, sinuosa, dolce, determinata ed indecente chiusa ancora nei suoi jeans dal quale emergevano gli string di un tanga.
Le passò un braccio dietro al collo per cingerla e attirarla a sé, il primo bacio di quella notte, il delicato sfiorarsi dei loro capezzoli in quel primo delicato contatto.
Sì incamminarono per il corridoio, la musica continuava a cullarla nel suo mondo ovattato.
La porta era aperta, un altra musica, altri suoni, premevano per forzare la delicata barriera che aveva posto al limitare delle orecchie, la stanza si aprì al suo sguardo.
La prima cosa che vide fu una donna, bella, terribile e quasi androgina, di una femminilità quasi ferina, ballare nuda a in piedi su un tavolo tondo, circondata da candele accese.
Mentre ballava stava facendo l'amore con sé stessa, incurante di essere vista, o forse semplicemnete bisognosa e sprezzante al contempo di esserlo.
Lei la attirò nuovamente a sé per un altro bacio, forse per bisogno, forse per ribadire il concetto che era lì per lei e lei soltanto.
Poco più in basso una coppia, un uomo seduto guardava la danzatrice sul tavolo, mentre una donna inginocchiata ai suoi piedi, ne gustava la sua carne con studiata lentezza, forse per suo stesso piacere, forse per conquistarne la totale attenzione, senza per questo esserne vittima lei stessa.
Proseguirono oltre, la baciò ancora, senza dirle nulla la invitava a vedere, forse semplicemente le voleva dar modo di scegliere.
Si guardò intorno, senza che si avvedesse, la maglia sulle sue spalle era scivolata a terra, in un momento a lei indefinito del tempo trascorso.
La baciò ancora, ancora i loro seni si sfiorarono, l'una dinanzi all'altra, la musica ai lati della testa era una protezione sempre più flebile.
Per mano la condusse poco oltre, vicino, su un divano, una coppia che languiva nel crogiolare delle mani sui sessi, a malapena si accorse di loro.
Ne abbandonò la mano distanziandosi, poi lei si chinò a sfilarsi i jeans, rimanendo in perizoma.
La vide ed era bellissima, senza ipocrisie, senza nessun falso pudore, desiderava essere come lei, desiderava essere sua.
Intorno a loro il mondo impazziva nei sensi, lenta prese a percorrere quei pochi metri, immersa in quella lussuria che la lambiva senza però toccarla davvero.
Mentre si allontanava, si ritrovò all'improvviso dinanzi ad un altra donna, bella, disponibile, vide la sua fame negli occhi, sentì la mano che le percorreva il braccio, che la invitava a stringerne il suo, per essere ghermita, per divenire sua.
La musica la proteggeva ancora, si sfilò scivolando a quell'approccio, sotto il sorriso della sua tentatrice, questa la guardò allontanarsi sicura che sarebbe stata sua...forse un altra volta.
Di fianco, altra coppia isolata nel proprio piacere, placava la sua fame di carne e pelle, la ragazza ne percepiva i sentori di sesso, la mente generava suoni per quelle bocche spalancate e azzittite dalla sua musica.
Di nuovo cercò la sua anfitrione, ora più nuda per lei, di nuovo ebbe la sua bocca, le sue braccia, le permise di spogliarla senza che lo spazio tra i loro sguardi fosse interrotto, decise di facilitarle il compito sedendosi a terra, conscia che quel semplice gesto era un invito inequivocabile.
Si abbandonò a lei aprendo le gambe, si abbandonò a lei offrendosi alla sua bocca, si abbandonò a lei lasciando la musica, che ancora suonava senza che più la sentisse, tra le sue orecchie.
E mentre la schiena della sua amante si arcuava, simile ad un grosso felino che consuma il suo pasto, fu sua in mezzo a quel mondo orgiastico impazzito, fu sua soltanto e se ne sentì protetta.
Liberamente ispirato al video dei Placebo “Protege Moi”
https://www.dailymotion.com/video/x2qc876
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