Week-end con la schiava – Un risveglio inaspettato.
di
Lizbeth Gea
genere
sentimentali
Quella notte fu un po agitata, durante quel week end avevo scortato tutti i miei problemi, ma il lunedì me li avrebbe sbattuti in faccia. Pure i sogni furono complicati. Sognai la mia ex e le sue dominazioni, sognai la primavolta che persi la verginità e sognai la mia coinquilina.
Sognai pure che Monica mi puntava una pistola in faccia, allo sparo mi svegliai di colpo. C’era qualcosa che non andava, non riuscivo a muovere il corpo. Per un attimo pensai che fosse il panico, ma no, ero imprigionata. Strattonai le braccia, ma nulla ero inchiodata al letto. Provai a dare dei calci ma pure le mie gambe erano immobilizzate.
I miei occhi si abituarono alla luce mattutina, voltai la testa sia destra sia a sinistra. Riconobbi quelle polsiere. Alzai leggermente la testa e riconobbi pure quelle caviliere. Erano di Antonella, ma come erano arrivate fino casa mia.
“Finalmente ti sei svegliata” – Monica era in piedi davanti di me, aveva un vassoio in mano – “Ti ho portato la colazione” – Indossava il suo abito bianco aderente.
“Oggi devo andare dai miei genitori, ma prima ti volevo ringraziare” – Mi appoggiò la tazza del caffè alle labbra, era bollente – “Da brava bevi”
Non potevo fare altro. Scottava.
Riprese a parlare – “E’ stato un week end interessante, mi ha fatto scoprire un sacco di cose di me” – Si soffermò un attimo – “Pure cose che avevo dimenticato”.
Mi accarezzava il seno – “Sei bellissima” – Mi leccò il capezzolo destro – “Durante la notte hai urlato il nome di Antonella, mi sa che era la tua Signora” – Sorrise – “Ho intuito che tu comprendi quello che mi passa per la testa, e per questo ti ringrazio”
Appoggiò una brioche calda sulle labbra. Possibile che fosse scesa al bar.
“Mangià” – Ero diventata io la vittima? In fondo era piacevole.
Afferrò la caraffa del latte, me lo verso sul corpo. Era bollente. Lei ci passò sensualmente la lingua.
“Adoro essere d’aiuto alle mie signore” – In fondo non la conoscevo bene.
Cercai di lberarmi.
“A quelle le ho rubate dalla casa delle tortune” – Mi accarezzò il viso – “Sai pensavo di usarle io stessa, ma ho cambiato idea.”
“Ora tesoro perché non mi liberi?”
“Forse, tra un po’, voglio vedere un attimo cosa si prova ad essere dall’altra parte della careggiata”
Mi colpì il seno,che ballanzolò, con la sua mano destra e ancora una volta mi leccò le ferite.
“Interessante”
Si sdraiò sopra di me. Mi accarezzò i capelli con entrambe le mani e mi baciò. Io la volevo stringere a me, ma le polsiere servivano a quello.
“Sai ti ho immobilizzata, perché sapevo che non mi avresti mai lasciata andare, ma capisci che lo devo farlo”
Annuii con la testa.
La sua lingua si introdusse nella mia bocca, era più sicura di se, ma la sua dolcezza si intuiva lo stesso.
Le sue tette si appoggiavano sulle mie, sentivo i capezzoli sfregarsi.
Infilò le sue dita dentro la mia passera, non potevo impedirlo e neppure lo volevo. Le nostre lingue non smettevano mai di incrociarsi. Estrasse le dita dalla figa e me le fece leccare, ero stata un’ottima insegnante. Disegnò dei cerchi sul mio seno e mi baciò la pancia.
Si inginocchiò in fondo al letto e tornò a masturbarmi, cercai di contrarre le cosce per accoglierle meglio.
“La mano” – Cercai di consigliarla.
“No tesoro, stamattina decido io” – Uncinò le dita, in quello era esperta, si deve essere molto esercitatà sul suo corpo. Quanto avrei pagato di avvolgere la sua mano intorno alle mie gambe.
Mi allargò l’inguine con le sue mani e mi penetrò con la lingua. L’unica cosa che potevo fare era inarcare la mia schiena per cercare il suo volto. La sua lingua era fantastica.
Mi esplorò le grandi labbra, che si disciusero. Accarezzò le piccole con la punta. MI stroppicciava il clito esposto, con le sue dita. Mi sentivo in paradiso.
“Ieri sera ho notato che ti piacciono i cazzi ben dotati” – Mi leccò ancora – “Dove lo tieni”
Sapevo esattamente cosa cercasse e gli indicai il cassetto alla sua sinistra. Li tenevo il mio arsenale.
Lo aprii e sbalancò la bocca per lo stupore – “Ma tu sei una porca” – Afferrò quello nero – “Per te solo attrezzatura pesante” - e lo indossò sopra il vestito.
Si mise a cavalcioni sopra il mio seno, mi tirò i capelli, me lo infiò in bocca – “Bene signora umidificalo un po’”
Lo accolsi in bocca, non potevo fare altro. La stronza lo infilò completamente, mancava poco che vomitassi.
Una volta che fu soddisfatta, si abbassò la lampo posteriore e fece uscire il seno. Me lo sbattè in faccia. Cazzo le volevo toccare. Ero così concentrata su i suoi capezzoli che mi accorsi che mirava la mia passera con il pene finto.
Però lo sentii. La mia passera lo accolse con piacere.
“Ti prego sbattimi senza pietà” – Volevo avere il controllo, anche se solo per un attimo.
“Se è questo quello che desideri mia signora”
Mi strinse il seno, e i suoi fianchi si muovevano alla velocità della luce.
Ero così eccitata che mi morsi la lingua, ne usci del sangue. Lei mi soccorse in aiuto e me la succhio.
“Adoro il gusto del tuo sangue”
Posizionò le sue ginocchia sotto la mia schiena, per sollevarmi. Il mio corpo formava un arco e sentivo come se le mie protesi volessero scappare dal mio petto.
La sua penetrazione era costante e avvincente.
“Ora di voglio vedere squirtare”
Scagliò il fallo di gomma contro il muro, si sedette accanto al mio corpo, uncinò le dita.
“Sai dicono che il punto G, se mai esiste davvero, sia la porta dell’anima”
Introdusse le dita – “Bisogna trovare la parte più ruvida dalle vagine” – La esplorò – “Bisogna cercarlo tra le pieghe e spesso bisogna andare ancor più in profondità”.
Vide il mio viso avvampare – “Eccolo”
Con la mano sinistra mi strinse la tetta, la destra l’agitava dentro di me, non solo andava su e giù, anzi compiva effettive circonferenze, mi sentivo riempita.
Sentii qualcosa di strano e diverso, nascermi dalla pancia. Continuavo ad agitarmi.
“Quanto cazzo è bello”
La mia schiena si inarcò automaticamente. Le mie ghiandole parauretrali compirono il loro lavoro. Iaculai così intensamente che ebbi paura di avermela fatta sotto.
Lei si leccò le dita – “Sono brava a masturbare” – Sorrise
“Dai liberami, cosi possiamo divertirci ancora e farti avere l’ennesimo orgasmo”
“No tesoro questa volta passo, anzi signora, probabilmente non ci rivedremo mai più” – Sbuffo – “Temo che mi rifaccia scopare con dei maschi e questo non lo sopporterei”
La capii.
“Almeno liberami”
Lei agitò l’indice davanti al mio viso – “No, no, considerela una punizione per ieri sera”
Si alzo in piedi, si sfilò le mie mutandine, allora se le era indossate. Me le infilò all’interno della passera, subitò si bagnarono.
“Queste è meglio che gli le restituisca”
Se ne andò, lasciando la porta aperta.
All’inizio cercai in tutti i modi di liberarmi, ma sapevo che era impossibile, quindi mi addormentai. Gli incubi della sera prima non tornarono, anzi sognai immense prateria e il rumore dell’oceano.
“Tesoro, tesoro, svegliati” – Quella voce la riconobbi, era la voce della mia coinquilina.
Mi liberò, l’abbracciai immediatamente. Stavolta fui io a piangere, che sciocca vero.
“Ero preoccupata, ho trovato la porta aperta”
Lei mi sfilò delicatamente le mutandine dalla passera, mi sorrise – “Vedo che questo week-end è passata a trovarti Antonella”
Evitai di smentirla, anche perché sapevo che non avrei più rivisto Monica.
La fine…. Forse.
Sognai pure che Monica mi puntava una pistola in faccia, allo sparo mi svegliai di colpo. C’era qualcosa che non andava, non riuscivo a muovere il corpo. Per un attimo pensai che fosse il panico, ma no, ero imprigionata. Strattonai le braccia, ma nulla ero inchiodata al letto. Provai a dare dei calci ma pure le mie gambe erano immobilizzate.
I miei occhi si abituarono alla luce mattutina, voltai la testa sia destra sia a sinistra. Riconobbi quelle polsiere. Alzai leggermente la testa e riconobbi pure quelle caviliere. Erano di Antonella, ma come erano arrivate fino casa mia.
“Finalmente ti sei svegliata” – Monica era in piedi davanti di me, aveva un vassoio in mano – “Ti ho portato la colazione” – Indossava il suo abito bianco aderente.
“Oggi devo andare dai miei genitori, ma prima ti volevo ringraziare” – Mi appoggiò la tazza del caffè alle labbra, era bollente – “Da brava bevi”
Non potevo fare altro. Scottava.
Riprese a parlare – “E’ stato un week end interessante, mi ha fatto scoprire un sacco di cose di me” – Si soffermò un attimo – “Pure cose che avevo dimenticato”.
Mi accarezzava il seno – “Sei bellissima” – Mi leccò il capezzolo destro – “Durante la notte hai urlato il nome di Antonella, mi sa che era la tua Signora” – Sorrise – “Ho intuito che tu comprendi quello che mi passa per la testa, e per questo ti ringrazio”
Appoggiò una brioche calda sulle labbra. Possibile che fosse scesa al bar.
“Mangià” – Ero diventata io la vittima? In fondo era piacevole.
Afferrò la caraffa del latte, me lo verso sul corpo. Era bollente. Lei ci passò sensualmente la lingua.
“Adoro essere d’aiuto alle mie signore” – In fondo non la conoscevo bene.
Cercai di lberarmi.
“A quelle le ho rubate dalla casa delle tortune” – Mi accarezzò il viso – “Sai pensavo di usarle io stessa, ma ho cambiato idea.”
“Ora tesoro perché non mi liberi?”
“Forse, tra un po’, voglio vedere un attimo cosa si prova ad essere dall’altra parte della careggiata”
Mi colpì il seno,che ballanzolò, con la sua mano destra e ancora una volta mi leccò le ferite.
“Interessante”
Si sdraiò sopra di me. Mi accarezzò i capelli con entrambe le mani e mi baciò. Io la volevo stringere a me, ma le polsiere servivano a quello.
“Sai ti ho immobilizzata, perché sapevo che non mi avresti mai lasciata andare, ma capisci che lo devo farlo”
Annuii con la testa.
La sua lingua si introdusse nella mia bocca, era più sicura di se, ma la sua dolcezza si intuiva lo stesso.
Le sue tette si appoggiavano sulle mie, sentivo i capezzoli sfregarsi.
Infilò le sue dita dentro la mia passera, non potevo impedirlo e neppure lo volevo. Le nostre lingue non smettevano mai di incrociarsi. Estrasse le dita dalla figa e me le fece leccare, ero stata un’ottima insegnante. Disegnò dei cerchi sul mio seno e mi baciò la pancia.
Si inginocchiò in fondo al letto e tornò a masturbarmi, cercai di contrarre le cosce per accoglierle meglio.
“La mano” – Cercai di consigliarla.
“No tesoro, stamattina decido io” – Uncinò le dita, in quello era esperta, si deve essere molto esercitatà sul suo corpo. Quanto avrei pagato di avvolgere la sua mano intorno alle mie gambe.
Mi allargò l’inguine con le sue mani e mi penetrò con la lingua. L’unica cosa che potevo fare era inarcare la mia schiena per cercare il suo volto. La sua lingua era fantastica.
Mi esplorò le grandi labbra, che si disciusero. Accarezzò le piccole con la punta. MI stroppicciava il clito esposto, con le sue dita. Mi sentivo in paradiso.
“Ieri sera ho notato che ti piacciono i cazzi ben dotati” – Mi leccò ancora – “Dove lo tieni”
Sapevo esattamente cosa cercasse e gli indicai il cassetto alla sua sinistra. Li tenevo il mio arsenale.
Lo aprii e sbalancò la bocca per lo stupore – “Ma tu sei una porca” – Afferrò quello nero – “Per te solo attrezzatura pesante” - e lo indossò sopra il vestito.
Si mise a cavalcioni sopra il mio seno, mi tirò i capelli, me lo infiò in bocca – “Bene signora umidificalo un po’”
Lo accolsi in bocca, non potevo fare altro. La stronza lo infilò completamente, mancava poco che vomitassi.
Una volta che fu soddisfatta, si abbassò la lampo posteriore e fece uscire il seno. Me lo sbattè in faccia. Cazzo le volevo toccare. Ero così concentrata su i suoi capezzoli che mi accorsi che mirava la mia passera con il pene finto.
Però lo sentii. La mia passera lo accolse con piacere.
“Ti prego sbattimi senza pietà” – Volevo avere il controllo, anche se solo per un attimo.
“Se è questo quello che desideri mia signora”
Mi strinse il seno, e i suoi fianchi si muovevano alla velocità della luce.
Ero così eccitata che mi morsi la lingua, ne usci del sangue. Lei mi soccorse in aiuto e me la succhio.
“Adoro il gusto del tuo sangue”
Posizionò le sue ginocchia sotto la mia schiena, per sollevarmi. Il mio corpo formava un arco e sentivo come se le mie protesi volessero scappare dal mio petto.
La sua penetrazione era costante e avvincente.
“Ora di voglio vedere squirtare”
Scagliò il fallo di gomma contro il muro, si sedette accanto al mio corpo, uncinò le dita.
“Sai dicono che il punto G, se mai esiste davvero, sia la porta dell’anima”
Introdusse le dita – “Bisogna trovare la parte più ruvida dalle vagine” – La esplorò – “Bisogna cercarlo tra le pieghe e spesso bisogna andare ancor più in profondità”.
Vide il mio viso avvampare – “Eccolo”
Con la mano sinistra mi strinse la tetta, la destra l’agitava dentro di me, non solo andava su e giù, anzi compiva effettive circonferenze, mi sentivo riempita.
Sentii qualcosa di strano e diverso, nascermi dalla pancia. Continuavo ad agitarmi.
“Quanto cazzo è bello”
La mia schiena si inarcò automaticamente. Le mie ghiandole parauretrali compirono il loro lavoro. Iaculai così intensamente che ebbi paura di avermela fatta sotto.
Lei si leccò le dita – “Sono brava a masturbare” – Sorrise
“Dai liberami, cosi possiamo divertirci ancora e farti avere l’ennesimo orgasmo”
“No tesoro questa volta passo, anzi signora, probabilmente non ci rivedremo mai più” – Sbuffo – “Temo che mi rifaccia scopare con dei maschi e questo non lo sopporterei”
La capii.
“Almeno liberami”
Lei agitò l’indice davanti al mio viso – “No, no, considerela una punizione per ieri sera”
Si alzo in piedi, si sfilò le mie mutandine, allora se le era indossate. Me le infilò all’interno della passera, subitò si bagnarono.
“Queste è meglio che gli le restituisca”
Se ne andò, lasciando la porta aperta.
All’inizio cercai in tutti i modi di liberarmi, ma sapevo che era impossibile, quindi mi addormentai. Gli incubi della sera prima non tornarono, anzi sognai immense prateria e il rumore dell’oceano.
“Tesoro, tesoro, svegliati” – Quella voce la riconobbi, era la voce della mia coinquilina.
Mi liberò, l’abbracciai immediatamente. Stavolta fui io a piangere, che sciocca vero.
“Ero preoccupata, ho trovato la porta aperta”
Lei mi sfilò delicatamente le mutandine dalla passera, mi sorrise – “Vedo che questo week-end è passata a trovarti Antonella”
Evitai di smentirla, anche perché sapevo che non avrei più rivisto Monica.
La fine…. Forse.
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