La direttrice delle risorse umane 4- Amore e odio

di
genere
etero

Il gioco degli aeroporti funzionava, così Lucia ed io riuscivamo a vederci almeno un paio di volte al mese e passare insieme qualche ora.
Era sempre molto bello ed intenso, ma da un po’ si lamentava di come per lei non fosse abbastanza.

Aveva poi iniziato ad ingelosirsi. All’inizio non capivo molto bene le sue reazioni, visto che lei sapeva che ero sposato. Poi invece era venuta fuori dicendomi che voleva essere la mia unica amante. Ovviamente lo era, ma per qualche ragione non ci credeva affatto e questo la portava a fare cose che davvero iniziavano a darmi sui nervi. Per esempio, commentava spesso in modo molto acido i post ed i like della mia pagina su Facebook quando rivolti a delle donne.

Aveva preso di mira soprattutto Sonia, immaginandosi chissà cosa. Per fortuna non sapeva delle avventure che avevo vissuto con lei, altrimenti sarebbe stato molto peggio. Con Sonia eravamo rimasti amici, e forse si vedeva ancora una certa complicità. Comunque Lucia non ne lasciava scappare una e proprio non lo sopportavo.

Credo fosse un martedì quando ricevetti un suo messaggio su whatsapp dove mi chiedeva per favore di raggiungerla subito al suo appartamento. Mi preoccupai molto, visto che non mi aveva mai cercato nel pomeriggio e che sarebbe dovuta essere al lavoro e non a casa, così provai a chiamarla ma il telefono era spento.
Mi preoccupai ancora di più.
Mi trovavo stranamente in Italia da qualche settimana, quindi feci annullare gli impegni del pomeriggio e mi misi in macchina. Non ero mai stato da lei, nonostante ormai ci frequentassimo da quasi un anno e lei abitasse da sola. Ci eravamo sempre incontrati all’estero, o negli hotel intorno agli aeroporti. Chissà poi perchè... quasi avessimo voluto entrambi tenere separate la vita di tutti i giorni da queste nostre parentesi di passione.
Mi aveva comunque mandato l’indirizzo nel messaggio e in un’oretta raggiunsi il posto.

Durante il tragitto provai diverse volte a chiamarla, invano. La voce della signorina Tim mi spiegava che l’utente non era raggiungibile.

Lucia abitava in una piccola palazzina con credo una decina di appartamenti, lunga e alta solo due piani, circondata da un bel giardino.
Trovai il suo nome sul citofono e suonai. Mi aprì la porta senza nemmeno chiedere chi fosse, e senza dirmi dove andare. Così esplorai il pianerottolo del primo piano e poi mi diressi al secondo.
La sua porta era socchiusa.
Entrai chiedendo permesso, senza ottenere risposte.
La casa non era molto grande, ed era immersa nel buio tranne che per una stanza in fondo al corridoio. La trovai là, seduta sul letto, mentre piangeva.

- Che è successo? Stai bene?
Si girò di scatto e iniziò ad urlarmi contro.
- Sei uno stronzo! Solo un grandissimo stronzo! Cosa ha quella troia più di me? Dimmelo!

Cascavo dalle nuvole
- Ma di chi parli? Che diavolo dici?
- Sei così stronzo che lo fai vedere a tutti che te la scopi, quella puttana! Guarda!

Prese il computer con Facebook già aperto e mi fece vedere che la mia amica Sonia mi aveva taggato in un post dove mi ringraziava per la bellissima cena di qualche sera prima.
In effetti eravamo usciti, un mio tentativo di tirarle un po’ su il morale dopo una brutta avventura, ma non mi sarei mai aspettato di vedere Lucia impazzire in quel modo solo per quello.
Fu solo una cena, seguita da tante chiacchiere.
A quel punto però mi incazzai io. Mi aveva fatto venire un accidente. Avevo piantato lì tutto in ufficio, per correre a casa sua. E il suo obiettivo era di farmi una sfuriata su roba scritta su Facebook? Mi altero raramente, ma quella volta diventai una furia.

Finimmo così ad urlarci in faccia, in piedi l’uno davanti all’altro, con lei che di tanto in tanto mi sferrava dei pugni sul petto.
Le presi le braccia per bloccargliele, ed iniziammo così una specie di lotta.
Per evitare calci, l’avevo spinta addosso al muro e le ero contro con tutto il mio corpo. Cercava di divincolarsi, ma senza successo.

- Cosa vuoi fare adesso? Eh? Che vuoi farmi ora?
Me lo ripeteva continuamente.
Rimanemmo fermi a guardarci. Lei respirava velocemente, digrignando i denti a pochi centimetri dal mio volto. Aveva uno sguardo carico di rabbia.
- Ti odio! Ti odio da morire!
Le braccia non facevano più forza e si stava abbandonando piano piano. Le parole uscivano sempre più rade, sempre più fioche e rotte da singhiozzi.
- Ti odio, razza di stronzo... ma non riesco a non pensarti

Stava piangendo.
Mi prese il viso tra le mani e lo avvicinò al suo, per poi baciarmi. Un primo bacio leggero, seguito da altri sempre più impetuosi. Io all’inizio non risposi, ma sentivo l’eccitazione crescere e tutta l’energia di quei momenti incanalarsi un una diversa direzione.

Fu di nuovo lei a prendere l’iniziativa. Mi slacciò i pantaloni che scivolarono giù di qualche centimetro, lasciando spazio alla sua mano per entrare.
- ce l’hai già duro, brutto stronzo! Allora ti piace quello che ti faccio... dimmelo che hai una voglia matta di mettermelo dentro...

Due minuti prima mi stava urlando tutto il suo odio, ed ora la sua mano correva sulla mia asta, provocandomi ondate di piacere.

La presi e la spinsi verso il letto, costringendola a sdraiarsi sul ventre.
Poi le sollevai la gonna, e, spostando le mutandine di lato, mi misi a cavalcioni su di lei, penetrandola.
Entrai molto facilmente.
Era bagnatissima, ma emise un breve urlo.

- E’ questo quello che volevi, stronzo? Volevi sbattermi così?
Me lo diceva con un tono ancora duro, alterato, ma ora anche vogliosa di sentirmi addosso a lei.
La stavo torturando con un ritmo lento, facendo uscire quasi del tutto il mio cazzo per poi entrare dentro di lei fino in fondo.
Non mi guardava ma emetteva quei gemiti che ormai conoscevo bene. Le stava piacendo molto.
- E’ così che ti scopi anche quella troia? Dimmelo! Fammi vedere come fai a farla godere!

Mi insalivai bene due dita, ed iniziai a giocare con la sua rosetta. Eravamo in preda ad un trasporto molto potente, dove sesso e forza si mescolano quasi brutalmente.
- Vuoi davvero saperlo? Vuoi vedere come la faccio urlare di piacere?

Mentre le parlavo le tenevo la testa ferma per i capelli con la mano sinistra, mentre il pollice della destra stava violando il suo retto che si contraeva.
- Cosa vuoi fare... lo sapevo che era una puttana... le sfondi il culo, vero?
- Ora vedrai...
Il mio cazzo entrava ed usciva dalla sua figa fradicia mentre il pollice faceva lo stesso con il suo sfintere, con lo stesso ritmo ed un movimento opposto, muovendosi senza incontrare più resistenza.
- Stronzo... sei solo uno stronzo... lo sai che mi fai godere... dai... prendi anche il mio di culo... dai...

Mi sfilai dal suo ventre per sostituire il mio pollice con il cazzo ben insalivato.
Poi iniziai a spingere.
Le sue gambe erano oscenamente spalancate, la voce rotta.

- - Mi fai male... piano.... oddio...
Stavo entrando, un centimetro per volta, ad ogni spinta.

- Fermati... mi rompi...
sentivo il suo ano contrarsi e fare resistenza.
Una sua mano cercava di spingermi indietro.
Mi fermavo un attino, per poi ricominciare.
Ci volle un po’ per entrare fino in fondo.
La sentivo respirare rumorosamente.
Iniziai a muovermi, cercando con la mano tra le sue gambe. Era un lago.
Ci volle poco perchè ricominciasse a godere rumorosamente. Ora le stava piacendo.

- Dai... continua... ti piace il mio culo, vero? Dimmelo... dimmi che ti piace!

Le sue mani ora stringevano entrambe il lenzuolo accanto alla sua testa, mentre aumentavo il ritmo. Sentivo avvicinarsi l’orgasmo.

- Vuoi che ti riempia per bene, vero? Ti piace avere il mio cazzo che ti apre il culo, ammettilo.
- Si... si, mi piace.... continua... dai...

Le venni dentro, senza però fermarmi.
Ondate intense di piacere. Il suo orgasmo seguì il mio di poco. Anche il suo fu come un’esplosione.
Un urlo, forte, lungo.

Mi accasciai sulla sua schiena, senza uscire da lei.

Rimanemmo immobili per un po’, in silenzio.
Mi accorsi che la finestra della camera era spalancata e che c’era una donna sul terrazzo di fronte. Sono quasi certo che ci stesse osservando.
Rotolai su un fianco, iniziando ad accarezzare i capelli di Lucia. Lei rimase ferma, senza muoversi ne’ parlare, non saprei per quanto.

- Vattene. Vattene via.

Non me lo aspettavo. Non si era nemmeno voltata per parlarmi
- Lucia... senti...
No. Voglio che te ne vada. Vai via, lasciami da sola.
- Sei sicura? Guarda che...
- Vattene! Ora!! ..... Ti prego...
- Ok... se è quello che vuoi... se hai bisogno chiamami

Non rispose.
Mi sistemai velocemente ed uscii lasciandola sul letto.
Per alcuni giorni non ricevetti sue notizie. Ero tentato di chiamarla, e per la verità una volta lo feci anche, ma non mi rispose.

Mi mandò lei un messaggio su whatsapp.
- Ho capito che ti amo, e che non ti posso avere tutto per me. Questo mi fa soffrire troppo. Preferisco non vederti più, magari un giorno riusciremo ad essere solo buoni amici.

Da quel giorno non ci siamo più visti.
Di tanto in tanto ci scriviamo dei messaggi. Un "come stai?" o un " Dove sei?", Gli auguri di Natale e per il compleanno. Un consiglio di lavoro. Nulla di più.
A volte un po’ mi manca il suo sorriso, che vedo in qualche foto.

m.amorini@libero.it
di
scritto il
2019-12-04
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