Venduta (Michela)

di
genere
orge

Da qualche tempo stavo uscendo saltuariamente con una donna che si era incuriosita per i miei racconti. Non immaginavo che mi avrebbe portato in una delle avventure più pazzesche degli ultimi anni.

A prima vista sembrava una ragazza molto timida. La prima volta che ci siamo sentiti al telefono dopo giorni di chat aveva la voce che le tremava ed era decisamente imbarazzata ma allo stesso tempo determinata. Mi era apparsa molto curiosa, quasi stesse cercando un modo per scoprire un mondo che non conosceva e che la attirava, ma al contempo la spaventava. Forse immaginava che avrei potuto essere il tramite per conoscerlo di più senza dovercisi avventurare personalmente.
Quando scoprii che era di Milano, dove lavoravo anche io, non riuscii a resistere all’idea di incontrarla, così le proposi di vederci in centro.
Tentennò un po’, poi fece un respiro profondo che si sentì molto bene nel mio auricolare e mi disse che avrebbe potuto liberarsi in pausa pranzo.
Mi diede l’indirizzo di un bar dove ci saremmo incontrati tra due giorni.
Nell’attesa non ci sentimmo più, ma mi scrisse molti messaggi.

Arrivai sul posto per primo, e la aspettai.
La riconobbi da lontano, con quel modo nervoso di fare, gli occhi spesso abbassati e i vestiti abbastanza anonimi: dei jeans e un giaccone largo.
Era chiaro che non era a suo agio, nonostante io cercassi di farla rilassare.
Iniziava anche ad indispettirmi: non sopporto quelle che guardano il tavolino quando stanno con me. Mangiammo un panino alla velocità della luce, poi mi chiese se mi andasse una passeggiata. Chissà se aveva paura di incrociare dei colleghi.
Comunque ci infilammo in un parchetto poco frequentato e lì mi sorprese completamente.

Diventò di colpo molto diretta, quasi sfrontata. Mi chiese se le scene di sesso di gruppo che avevo descritto fossero vere, cosa si prova in quelle circostanze e molti, molti dettagli. Mi disse che al solo pensarci si sentiva travolgere da un desiderio irresistibile di essere tra quelle persone, di essere usata, scopata, trattata come una vera troia.
- Vieni, ora mi hai fatto venire davvero voglia….
Mi prese per mano e mi condusse ad un autosilos distante poche centinaia di metri. Entrammo ed arrivammo alla sua auto.
- Dai, Sali
Sicura, decisa, autoritaria.
Obbedii.
Mi sedetti al posto del passeggero.
Lei entrò dalla parte del guidatore, mi aprì i pantaloni e cominciò a succhiarmelo con foga fino a farmi venire.
Non si fermò se non quando diventò completamente moscio.
Rimase tra le mie gambe per qualche minuto, poi si alzò e, senza mai guardarmi in faccia, mi disse che sarebbe stato meglio se fosse tornata in ufficio.

Non la sentii per un paio di giorni, poi mi scrisse
- Ti è piaciuto?
- Mi hai sorpreso. Non è facile
- Ma ti è piaciuto?
- Molto
- Ho voglia di rifarlo
Iniziai così a frequentarla di tanto in tanto, quando riusciva a liberarsi dal marito. Mi piaceva quando si trasformava, quando sembrava perdere il controllo e diventare profondamente perversa.
Aveva fantasie davvero interessanti.
Un pomeriggio mi rivelò che tra queste, quella più forte era quella di essere venduta come schiava. Non era la prima che mi parlava di una idea del genere, quindi avevo già escogitato qualcosa e glielo proposi.
- Sei pazzo???
- No, la pazza al limite sei tu. La fantasia è la tua
- E cosa succederebbe?
Glielo raccontai nei dettagli.
Quel pomeriggio chiamò l’ufficio per prendere un permesso e mi volle in una camera d’albergo.

Pochi giorni dopo mi trovai con il mio caro amico Stefano e gli parlai di Michela e di questa idea folle.
Forse anche per colpa della buona birra d’abbazia che stavamo condividendo e della sua gradazione alcolica, accettò di organizzare il tutto presso il suo bar, salvo pentirsene il giorno dopo.
Ma oramai, gli dissi, era tardi.
Michela aveva accettato.
Bisognava che si presentasse però la serata giusta, e Il tempo passava senza che accadesse: io viaggiavo molto per lavoro ed il marito di Michela era sempre a casa.
Ci scambiavamo spesso messaggi in cui era chiaro quanto fosse timorosa ed impaziente di provare questa esperienza, ma voleva essere anche molto cauta.
Dovevamo attendere una sera in cui lei sarebbe potuta rimanere fuori casa fino a tardi senza sollevare sospetti, ed anche rientrare in condizioni non proprio perfette.
E alla fine arrivò.

Il preavviso per noi non fu molto, ma sufficiente ad organizzarci. Passai così a prendere Michela in un posto che mi aveva indicato, non lontano da casa sua, ma che aveva preferito raggiungere da sola con la sua auto.
Quando la vidi quasi non la riconobbi.
Era davvero molto sexy, con i tacchi che la slanciavano ulteriormente ed un vestito nero corto ed aderente.
Non l’avevo mai vista così.
Lo sguardo stranamente deciso, ma le mani nervose come avevo già visto in precedenza.

Ci sarebbe voluta almeno 1 ora per raggiungere il posto, e la tensione in auto era palpabile.
Rimanemmo quasi sempre in silenzio per tutto il tratto cittadino, mentre ero impegnato a guidare nel traffico. Raggiunta finalmente l’autostrada, le appoggiai una mano sulla gamba.
Non aveva calze, nonostante fosse appena iniziato febbraio.
Ebbe un piccolo sobbalzo.
Mi afferrò il braccio e lo tirò verso di se’, facendo avvicinare la mia mano alle sue mutandine.
Entrai sotto la gonna e le trovai già bagnate.
- Non ce la faccio più…. Ho una voglia matta di essere scopata…
- Dovrai aspettare ancora un po’. Deciderà il tuo nuovo padrone
Glielo dissi torturandole la figa attraverso il tessuto sottile degli slip.
Respirava velocemente e continuava a stringermi il braccio.

Quando arrivammo al pub Stefano aveva già organizzato tutto, ma io ero al corrente solo di parte dei dettagli.
Per Michela, invece, era quasi tutto da scoprire.
Il locale era piuttosto pieno per essere un giorno infrasettimanale, anche se sapevo che alcuni di quei tavoli erano occupati solo per l’evento speciale della serata.
Entrai per primo, e lei mi seguii portando il cappotto sottobraccio.
Feci in modo di attraversare tutta la sala prima di sederci nell’ultimo tavolino disponibile e che ci era stato riservato.
Cercavo di capire chi dei presenti avrebbe partecipato alla festa, ma fu parecchio difficile: tutti gli uomini in sala la guardarono bene.
C’erano anche delle coppie, ed ebbi il dubbio che Stefano avesse invitato anche delle donne. Non mi avrebbe sorpreso per niente.
Bevemmo un primo bicchiere di vino, offertoci dal locale. Era stata mia l’idea di prolungare così l’attesa e la tortura mentale.
Michela era sempre più nervosa e si guardava intorno, incrociando diversi sguardi.
Anche lei stava cercando di immaginare chi l’avrebbe posseduta quella sera.

Ad un cenno di Stefano la presi per mano e la portai verso il bancone.
Ci rimanemmo pochi minuti, dove discussi solo alcuni dettagli.
Poi presi la chiave del seminterrato e, cercando di non farci notare troppo, la portai verso la scala facendole lasciare il cappotto al piano superiore.
Ero già stato lì sotto, giusto un paio di volte. E’ una semplice cantina con gli impianti della birra alla spina e un magazzino per le bottiglie.
Stavolta c’era un tavolo in mezzo, un tavolo con un cuscino sopra.
Michela respirava molto velocemente ed era rigida.
Presi dalla mia tasca la mascherina che mi ero portato, una di quelle che si usa sugli aerei per cercare di dormire, e gliela infilai.
Se la sistemò nervosamente, per poi rimanere immobile.
Ora la sua tensione, un mosto tra eccitazione e forse anche timore, era ben evidente.

Ci vollero credo due o tre minuti prima che qualcuno iniziasse a scendere le scale. Erano sembrati lunghissimi.
Ora si sentivano i passi di più persone venirci incontro.
Ancora nessuna voce.
Vedevo le gambe nude di Michela tremare leggermente sugli alti tacchi.
La immaginavo mentre cercava di capire quante persone la stavano circondando.
Il silenzio era irreale nella stanza, a volte rotto da qualcuno che bisbigliava, ma si sentivano bene i rumori provocati da ogni spostamento e il sottofondo ovattato e distante della musica del bar.
Era ora di iniziare.

- Signori e signore, questa è la merce che abbiamo scelto per voi stasera. E solo per stasera. Una sola occasione. Potrete provare la sua bocca calda, la sua lingua morbida. Potete decidere se riempirle la gola o la faccia. Potete scegliere se preferite scoparla da dietro o guardandola godere. Tutto a vostra disposizione. E tutto per chi farà l’offerta migliore. Ora potete osservare bene la merce da vicino. Prego, giratele pure intorno.

Mentre Stefano continuava ad incitare le persone ad osservare Michela, io le avevo abbassato le spalline del vestito scoprendole il seno, e le avevo sussurrato all’orecchio di allargare le gambe.
Lo aveva fatto lasciandosi sfuggire un gemito che, per quanto leggero, non era passato inosservato.
Iniziarono ad arrivare i primi commenti su quanto fosse figa e sulle erezioni che stava provocando nella stanza. Mi misi dietro di lei ed iniziai a massaggiarle il seno.

- Prego, sentite quanto sono sode. Avanti…
Nessuno se lo fece ripetere due volte e presto le mani dei sei uomini presenti iniziarono a palpeggiarla e a stringerle i capezzoli che stavano diventando turgidi.
La sentivo iniziare a godere. La presi con forza e la strappai da quell’orgia di braccia girandola verso il tavolo, facendola mettere a novanta gradi con il busto appoggiato al cuscino.
Le allargai le gambe e le sollevai la gonna, scoprendo totalmente il suo bellissimo fondoschiena sodo che il tanga lasciava totalmente esposto.
- Qui c’è il pezzo forte signori. Può essere vostro, ancora pochi minuti per valutare la qualità di questa troia che stasera può essere vostra.

Le mani ora le correvano sulle gambe e sul culo, mentre qualcuno già cercava di entrare sotto le mutandine.
Michela ansimava forte.
Richiamammo tutti all’ordine, facendoli rimettere in cerchio.
Io spostai di lato il tanga ed iniziai a masturbarla davanti a tutti, facendo sentire chiaramente il rumore dei suoi umori mentre lei non riusciva a stare ferma, e nemmeno in silenzio.
Godeva vistosamente e ad alta voce.
L’eccitazione nella stanza era molto evidente. Tutti avevano lo sguardo fisso su di lei e alcuni si stavano massaggiando il cazzo da sopra i pantaloni.

- E’ ora delle vostre offerte, signori. La prima è per chi di voi proverà questa figa stretta e bagnata. Partiamo da 300 euro. Nulla di meno, signori.

Le offerte iniziarono ad arrivare, una dopo l’altra, arricchite da diversi commenti mentre la mia mano continuava a muoversi lentamente nella sua fessura.
- 350.
- 380…
- 400
- Io 500. 500.
L’asta si chiuse a 1200 euro.
A vincerla fu un industriale sessantenne che conoscevamo piuttosto bene e che si era sempre vantato delle sue gesta ottenute grazie a dosi massicce di Viagra.
Faceva quasi strano vederlo lì, con il suo vestito da commendatore anni 80 e la cravatta, una pancia pronunciata e i capelli bianchi.
Comunque aveva diritto a 30 minuti da solo con Michela nel seminterrato.
Ma solo dopo.
Ora c’erano altre sorprese.

Avevo fatto rialzare Michela, che ora era in piedi accanto a me e mi teneva per un braccio.
- C’è ancora qualche possibilità per tutti, signori e signore. 50 euro per giocare. Chi non gioca lascia la stanza. Chi gioca sentirà delle mani divine in mezzo alle proprie gambe. Si paga subito ed in contanti, signori.

Nessuno si tirò indietro

Michela fu fatta mettere in ginocchio sul cuscino, in mezzo alla sala, mentre tutti le stavano intorno. Le sue mani accarezzavano tutti quei cazzi da sopra i vestiti.

- Allora, chi saranno i due fortunati che potranno farselo succhiare stasera? Avanti, prima che veniate nei pantaloni! Chi offre di più?

Era piuttosto divertente vedere questi uomini cercare di farfugliare un’offerta mentre si concentravano sui tocchi di lei e cercavano di ottenere la sua attenzione.
E in mezzo a loro una donna che stava davvero godendo di quella situazione quasi assurda.
In pochi secondi ci fu un primo vincitore, che fu autorizzato a calarsi i pantaloni.
Le mani di Michela furono subito intorno al suo uccello già in tiro ed iniziarono una sega veloce.
Le mani di lui si piazzarono dietro alla sua testa spingendola verso la sua verga, alla ricerca di un pompino.
L’eccitazione di entrambe le parti portò Michela ad ingoiare quel cazzo con foga, continuando il suo saliscendi veloce mentre l’uomo grugniva dandole il ritmo con le mani.
Venne quasi subito, inondando la bocca di lei che non smetteva il suo lavoro.
La scena aveva eccitato gli altri rimasti in cerchio, così la seconda asta per poter godere della sua bocca fu feroce.

Vinse un ragazzino giovanissimo che non so nemmeno come fosse finito lì. Non lo avevo mai visto, ma immaginai che facesse parte del gruppo di factotum di Stefano.
Mentre la sua verga entrava nella bocca di Michela lui si era messo in una strana posizione, piegato in avanti, cercando di raggiungere il suo seno per torturarle i capezzoli.
Qualcuno protestò che non era previsto, ma alla fine ne approfittarono un po’ tutti per allungare le mani.
Il ragazzo non voleva chiaramente venire subito e cercava di contenere la foga di Michela. Il suo cazzo entrava in profondità nella gola di lei, facendole uscire uno strano suono, per poi ritirarsi quasi completamente.
Intanto sussurrava quanto fosse bello vederla inghiottire così bene tutta la sua asta, mentre la sua voce era spesso coperta da commenti degli altri presenti, a cui lei di tanto in tanto concedeva qualche toccatina.
Un attimo prima di venire uscì dalla sua bocca, prendendola per i capelli.
Lei fu colta di sorpresa. Aprì la bocca quanto più possibile ma gli schizzi finirono ovunque, sulla faccia e sul vestito.

La festa era finita, ora il gioco era solo per due.

Stefano fece ancora un po’ di scena, invitando le persone ad uscire.
Noi li seguimmo, lasciando Michela da sola, bendata, con il vecchio industriale.
Le regole erano chiare.
La benda non poteva essere tolta, lui aveva 30 minuti e in quel lasso di tempo lei era sua.

Al piano di sopra mi sedetti ad un tavolo con Stefano, bevendo una buona birra insieme
- Ma ti rendi conto??? Ma che serata da fuori di testa… lo abbiamo fatto davvero???
Era decisamente sovraeccitato, ma anche incredulo.
Non la finiva più di commentare.
Ma era anche spaventato dal fatto di gestire un’orgia nel suo locale. Mi disse chiaro e tondo che non l’avrebbe mai più rifatto.

I 30 minuti volarono e vedemmo il vecchio salire le scale del seminterrato e venire verso di noi. Strinse la mano a Stefano, ringraziandolo per la serata.
- Il miglior bar della città. Ottimo menù. Un po’ caro ma ne vale la pena
Lo disse sorridendo, prima di uscire.
Scendemmo insieme in cantina come dei fulmini.

Michela era ancora distesa a pancia in sotto sul tavolo.
Il tanga strappato e la gonna alzata che le scopriva tutto il sedere.
Il vestito arrotolato sulla pancia.
La mascherina ancora al suo posto.
Quando scendemmo si girò di scatto, ma senza cambiare posizione.
Mi riconobbe dalla voce.
- Mi ha scopata come un pazzo… sto ancora godendo…
Guardai Stefano, poi senza dire una parola mi slacciai i pantaloni. Mi misi dietro Michela e la penetrai.
Ebbe un sobbalzo
- Porco… tu non hai pagato!
- Questa troia parla troppo. Ha bisogno di qualcosa in bocca.
Stefano non se lo fece ripetere due volte.

m.amorini@libero.it
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scritto il
2019-12-20
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