Dopo, tutto cambiò
di
VicentinoGrey
genere
tradimenti
Elle ed Emme si trovavano sullo stesso treno, diretti a Milano per due giorni consecutivi di riunioni. Erano i primi a muoversi per lavoro ed erano i primi a sperimentare la condivisione di un appartamento di proprietà dell’azienda per non venire in contatto con altri potenziali infetti. Il virus era sotto controllo, ma non debellato. I tamponi eseguiti su entrambi avevano rilevato la loro negatività e poterono quindi spostarsi con l’autorizzazione dei loro capi.
Milano era irriconoscibile. La stazione Centrale, alle nove del mattino di giugno, era deserta. Tutti i negozi erano stati nuovamente chiusi eccetto le tabaccherie che vendevano i biglietti della metro.
Elle prese la linea verde, Emme la gialla. Passarono la giornata nelle rispettive destinazioni e finalmente, alle diciotto, si trovarono assieme davanti a un alimentarista per acquistare il necessario per la cena.
Il caldo li spinse a depositare la spesa in cucina e di fiondarsi entrambi sotto la doccia. Il getto tiepido dell’acqua portò via la stanchezza della giornata e ricaricò le loro energie per la sera. Ciascuno indugiò a lungo a lavare il corpo del partner, provocando ben presto reazioni fisiche nei capezzoli di Elle e nel membro di Emme.
Emme non resistette al desiderio di vedere Elle con i palmi appoggiati al muro e di possederla mentre il soffione della doccia lucidava i loro corpi ingordi. La differenza di altezza non fu un ostacolo a un eccitante amplesso sotto la nuvola d’acqua, soprattutto perché Emme non trascurò di stimolare i capezzoli turgidi e il clitoride gonfio della sua amante. Elle, già sovraeccitata, godette ansimando. Lui rimase dentro alla donna, per darle modo di godere dello stato di grazia in cui si trovava per merito suo, nonostante la non più verde età.
Elle si sfilò da lui e si inginocchiò per prendere in bocca il fallo che aveva dispensato un così gran piacere al suo corpo e al suo spirito. Lo leccò con passione, passando dai testicoli fin sul glande paonazzo e teso. Succhiò con ingordigia, massaggiò con le mani i testicoli, gli strinse i fianchi, gli premette i glutei, quasi volesse estrarre l’essenza maschile dal corpo lisciato dall’acqua. Emme vedeva Elle soggiacere alla libidine che permeava la cabina doccia, come se il desiderio lungamente represso per tutto il giorno si fosse mischiato con l’aria e con le goccioline d’acqua. Emme non riuscì a resistere a lungo alla suzione prolungata e variegata di Elle. Dalla sua gola iniziarono a uscire suoni indecifrabili, ma inequivocabili. Elle iniziò a solleticare il frenulo teso allo spasmo dell’uomo finché con un urlo liberatorio i getti di seme la colpirono sugli occhi, sul naso, sulle gote e le entrarono anche in bocca.
Emme lasciò che l’amante le suggesse le ultime gocce di sperma. Elle si alzò e si deterse il viso sotto il getto della doccia e poi uscì assieme al traballante compagno di avventura, provato dallo sforzo fisico e dal piacere intenso.
Una volta asciugati, indossarono solo magliette e slip e assieme prepararono una cena leggera e stuzzicante, adatta al clima estivo della metropoli. Il vino bianco fresco accompagnò l’intera cena, dall’aperitivo al secondo piatto, lasciando i due colleghi in un piacevole stato di euforia. Centellinato un bicchierino di limoncello, Elle si alzò e si sedette a cavalcioni sulle gambe nude di Emme, lo abbracciò e lo baciò.
Stavolta i baci furono più contenuti, assaporati a lungo, lenti e modulati affinché le labbra potessero abbracciarsi tra loro. La lussuria che li aveva investiti un paio d’ore prima aveva ceduto il posto all’amore intimo, quello che comunica tra le anime di due persone che vibrano in sintonia. Emme fece scendere Elle dalle gambe, la prese per mano e la condusse in camera. Una volta che la donna si accomodò supina, egli si chinò su di lei e iniziò a baciarla sul collo e poi sui lobi delle orecchie. La dolce tortura fece capitolare le difese della donna in pochi minuti. Si mise seduta e si tolse maglietta e slip, offrendo il suo corpo alle carezze e ai baci di lui. Emme impiegò molto tempo a passare la punta della lingua sui lobi, sul collo, lungo la gola, attorno ai seni e poi giù, sopra il ventre, fino a volteggiare con leggiadria sul suo clitoride turgido e sulle labbra gonfie. Elle chiuse gli occhi, nella beatitudine più completa. Cena, vino e sesso la trasportarono lontano da terra, a volare a mezz’aria, sopra verdi monti, avvolta da soffici nubi e baciata dal tepore del sole, mentre sotto di lei scorrevano freschi torrentelli. In realtà, tutto ciò era dentro la sua mente: l’appartamento però aveva le finestre delle camere che guardavano un cortile interno dove, al centro, troneggiava una fontanella che versava il suo modesto getto d’acqua su uno scivolo di ciottoli. L’eco dell’acqua risuonava tra le mura interne e ravvivò il residence con il suono di un improbabile ruscelletto montano.
Elle era ormai una fonte di gemiti e sospiri. Emme si denudò e le allargò le gambe. Appoggiò il suo membro sulla agognata soglia che l’avrebbe portato in paradiso. Elle sentì che l’uomo si stava divertendo a farsi desiderare. Entrò poco per volta e la donna sgranò gli occhi solo quando Emme decise di affondare il proprio membro fino all’ultimo millimetro. Rimase fermo dentro di lei, riempiendo ogni spazio, regalandole una sensazione di completezza, facendola sentire posseduta, completamente fusa con quell’uomo che sapeva farla sentire donna.
Il tempo scorreva al rallentatore mentre il silenzio della città ancora bloccata dalla pandemia faceva entrare dalla finestra il sommesso mormorio della fontanella. Elle si abbandonò completamente mentre Emme iniziò a possederla con sempre più foga ed energia. L’ondata di piacere la travolse facendola gioire vocalmente senza freni. Emme si fermò e attese che si riprendesse. Amava quel gioco di attesa. Gustava appieno quei momenti in cui si sentiva padrone della situazione, in cui poteva controllare quanto piacere dare e quanto riservarne per sé stesso. Gioiva nel rendere felice colei che stava amando e rinviava a un momento successivo l’istante in cui anch’egli avrebbe volato alto, a inebriarsi dell’amore che lo accomunava alla donna che condivideva con lui quel momento unico. Si dedicò con impeto e passione a portare la sua lussuria oltre la soglia del non ritorno. Si decise allora ad abbandonarsi e si lasciò andare, pensando alla propria egoistica soddisfazione. Quando sentì che l’orgasmo stava per squassarlo, si tolse da lei e la spruzzò di getti candidi. Poi, crollò al suo fianco, piacevolmente sfinito.
Elle si deterse con un fazzolettino e poi si accoccolò accanto a Emme, lo baciò e si addormentò.
Fuori, Milano dormiva silenziosa. Dentro, l’unico suono era la sinfonia di due pacati respiri.
Milano era irriconoscibile. La stazione Centrale, alle nove del mattino di giugno, era deserta. Tutti i negozi erano stati nuovamente chiusi eccetto le tabaccherie che vendevano i biglietti della metro.
Elle prese la linea verde, Emme la gialla. Passarono la giornata nelle rispettive destinazioni e finalmente, alle diciotto, si trovarono assieme davanti a un alimentarista per acquistare il necessario per la cena.
Il caldo li spinse a depositare la spesa in cucina e di fiondarsi entrambi sotto la doccia. Il getto tiepido dell’acqua portò via la stanchezza della giornata e ricaricò le loro energie per la sera. Ciascuno indugiò a lungo a lavare il corpo del partner, provocando ben presto reazioni fisiche nei capezzoli di Elle e nel membro di Emme.
Emme non resistette al desiderio di vedere Elle con i palmi appoggiati al muro e di possederla mentre il soffione della doccia lucidava i loro corpi ingordi. La differenza di altezza non fu un ostacolo a un eccitante amplesso sotto la nuvola d’acqua, soprattutto perché Emme non trascurò di stimolare i capezzoli turgidi e il clitoride gonfio della sua amante. Elle, già sovraeccitata, godette ansimando. Lui rimase dentro alla donna, per darle modo di godere dello stato di grazia in cui si trovava per merito suo, nonostante la non più verde età.
Elle si sfilò da lui e si inginocchiò per prendere in bocca il fallo che aveva dispensato un così gran piacere al suo corpo e al suo spirito. Lo leccò con passione, passando dai testicoli fin sul glande paonazzo e teso. Succhiò con ingordigia, massaggiò con le mani i testicoli, gli strinse i fianchi, gli premette i glutei, quasi volesse estrarre l’essenza maschile dal corpo lisciato dall’acqua. Emme vedeva Elle soggiacere alla libidine che permeava la cabina doccia, come se il desiderio lungamente represso per tutto il giorno si fosse mischiato con l’aria e con le goccioline d’acqua. Emme non riuscì a resistere a lungo alla suzione prolungata e variegata di Elle. Dalla sua gola iniziarono a uscire suoni indecifrabili, ma inequivocabili. Elle iniziò a solleticare il frenulo teso allo spasmo dell’uomo finché con un urlo liberatorio i getti di seme la colpirono sugli occhi, sul naso, sulle gote e le entrarono anche in bocca.
Emme lasciò che l’amante le suggesse le ultime gocce di sperma. Elle si alzò e si deterse il viso sotto il getto della doccia e poi uscì assieme al traballante compagno di avventura, provato dallo sforzo fisico e dal piacere intenso.
Una volta asciugati, indossarono solo magliette e slip e assieme prepararono una cena leggera e stuzzicante, adatta al clima estivo della metropoli. Il vino bianco fresco accompagnò l’intera cena, dall’aperitivo al secondo piatto, lasciando i due colleghi in un piacevole stato di euforia. Centellinato un bicchierino di limoncello, Elle si alzò e si sedette a cavalcioni sulle gambe nude di Emme, lo abbracciò e lo baciò.
Stavolta i baci furono più contenuti, assaporati a lungo, lenti e modulati affinché le labbra potessero abbracciarsi tra loro. La lussuria che li aveva investiti un paio d’ore prima aveva ceduto il posto all’amore intimo, quello che comunica tra le anime di due persone che vibrano in sintonia. Emme fece scendere Elle dalle gambe, la prese per mano e la condusse in camera. Una volta che la donna si accomodò supina, egli si chinò su di lei e iniziò a baciarla sul collo e poi sui lobi delle orecchie. La dolce tortura fece capitolare le difese della donna in pochi minuti. Si mise seduta e si tolse maglietta e slip, offrendo il suo corpo alle carezze e ai baci di lui. Emme impiegò molto tempo a passare la punta della lingua sui lobi, sul collo, lungo la gola, attorno ai seni e poi giù, sopra il ventre, fino a volteggiare con leggiadria sul suo clitoride turgido e sulle labbra gonfie. Elle chiuse gli occhi, nella beatitudine più completa. Cena, vino e sesso la trasportarono lontano da terra, a volare a mezz’aria, sopra verdi monti, avvolta da soffici nubi e baciata dal tepore del sole, mentre sotto di lei scorrevano freschi torrentelli. In realtà, tutto ciò era dentro la sua mente: l’appartamento però aveva le finestre delle camere che guardavano un cortile interno dove, al centro, troneggiava una fontanella che versava il suo modesto getto d’acqua su uno scivolo di ciottoli. L’eco dell’acqua risuonava tra le mura interne e ravvivò il residence con il suono di un improbabile ruscelletto montano.
Elle era ormai una fonte di gemiti e sospiri. Emme si denudò e le allargò le gambe. Appoggiò il suo membro sulla agognata soglia che l’avrebbe portato in paradiso. Elle sentì che l’uomo si stava divertendo a farsi desiderare. Entrò poco per volta e la donna sgranò gli occhi solo quando Emme decise di affondare il proprio membro fino all’ultimo millimetro. Rimase fermo dentro di lei, riempiendo ogni spazio, regalandole una sensazione di completezza, facendola sentire posseduta, completamente fusa con quell’uomo che sapeva farla sentire donna.
Il tempo scorreva al rallentatore mentre il silenzio della città ancora bloccata dalla pandemia faceva entrare dalla finestra il sommesso mormorio della fontanella. Elle si abbandonò completamente mentre Emme iniziò a possederla con sempre più foga ed energia. L’ondata di piacere la travolse facendola gioire vocalmente senza freni. Emme si fermò e attese che si riprendesse. Amava quel gioco di attesa. Gustava appieno quei momenti in cui si sentiva padrone della situazione, in cui poteva controllare quanto piacere dare e quanto riservarne per sé stesso. Gioiva nel rendere felice colei che stava amando e rinviava a un momento successivo l’istante in cui anch’egli avrebbe volato alto, a inebriarsi dell’amore che lo accomunava alla donna che condivideva con lui quel momento unico. Si dedicò con impeto e passione a portare la sua lussuria oltre la soglia del non ritorno. Si decise allora ad abbandonarsi e si lasciò andare, pensando alla propria egoistica soddisfazione. Quando sentì che l’orgasmo stava per squassarlo, si tolse da lei e la spruzzò di getti candidi. Poi, crollò al suo fianco, piacevolmente sfinito.
Elle si deterse con un fazzolettino e poi si accoccolò accanto a Emme, lo baciò e si addormentò.
Fuori, Milano dormiva silenziosa. Dentro, l’unico suono era la sinfonia di due pacati respiri.
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