Matrimonio fa anche rima con dominio

di
genere
zoofilia

Sono veramente una cretina.
Rientrata tra la gente che attorniava i tavoli del buffet, ho captato la direzione di certe occhiate lanciatemi dalle invitate. Ho simulato indifferenza, mentre sceglievo dei bocconcini e mi sedevo in disparte per gustarmeli in santa pace e togliere il sapore dello sperma dalla bocca.
Tempo due minuti e quattro amiche della sposa hanno preso delle poltroncine e mi hanno attorniato.
“Norma, dovresti stare più attenta quando ti nascondi con un uomo”, disse una bionda vistosa. Arrossii vistosamente mentre mi chiedevo come erano riuscite a scoprirmi.
“O imparare a fare meglio i pompini” aggiunse una mora procace, abbassando gli occhi sulle gambe. Cazzo! Avevo delle inequivocabili striature bianche. 'Non sono nemmeno una brava pompinara' pensai tra me e me.
“Secondo noi hai bisogno di un po' di educazione” commentò la donna magra e castana. Ebbi una scossa nell'udire quella frase, parole che mi risvegliarono i discorsi uditi dalle bocche di Antonio e Costanza. Dissimulai incomprensione per quelle parole e continuai a mangiare per guadagnare tempo.
“Finisci pure, poi andiamo insieme a fare due passi” disse una riccia di mezza età.
Il mio carattere remissivo, curioso e impregnato da innati sensi di colpa mi impedì di ribattere. Posai il piatto e mi alzai non appena le quattro donne fecero altrettanto. Fui costretta a stare in mezzo mentre ci allontanavamo dalla villa per raggiungere la zona agricola. C'erano recinti con animali di ogni tipo. Poi capii e sbarrai gli occhi. La bionda aprì il cancello che immetteva nella zona assegnata agli asini. Mi fece avvicinare a un maschio che stava legato alla mangiatoia.
“Adesso ti spogli e fai contento questo povero animale, strusciando le tue tette sulle sue palle” mi ordinò la mora “con calma, come se dovessi fare uno strip. Vogliamo vedere quanto troia sei”.
La mia fica aprì le labbra, roride di umori. Stavo per ripetere una delle esperienze più traumatiche della mia vita. Tolsi una spallina e guardai le quattro donne. Avevano le labbra semiaperte, sicuramente eccitate dallo spettacolo che avrebbero visto a breve. Tolsi anche l'altra e ressi il vestito sul petto. La riccia e la castana si passarono inconsciamente la lingua sulle labbra rinsecchite. Poi, feci scivolare il vestito a terra e rimasi in slip. La bionda sollevò la coda dell'asino e mi indicò i testicoli. Non riuscivo a concepire come alcune persone riuscissero a pensare a certe umiliazioni.
Tentennai. La bionda non si fece scrupolo di afferrare un capezzolo e tirarmi verso il retro dell'asino.
“Avanti, puttana! Cerca di usare proficuamente quel po' che ti ha dato madre natura e che oggi hai voluto mostrare a tutti”.
Il dolore era insostenibile e dovetti appoggiare il petto allo scroto dell'asino. Iniziai a strusciarmi.
“Ecco la vera troia”, “Finalmente il posto giusto per questa vacca”, “Guarda te che porca”, “Norma senza alcuna forma...di dignità”. Quei commenti mi ferirono e mi eccitarono allo stesso tempo. La mia mente perversa godeva nel percepire la soddisfazione delle mie aguzzine. Ero nata per dare piacere agli altri. Il “come” era ininfluente.
Il peggio però arrivò subito dopo.
“Brava, Norma. Hai solleticato le voglie dell'asino. Guarda un po' che bel cazzone ha qui davanti. Mettiti in ginocchio, qui, e segalo. Forza!”.
Non riuscii a sottrarmi alla nuova umiliazione e presi in mano il membro asinino.
“Vedo che te la cavi bene, Norma” commentò la mora “facci vedere quanto sei brava con i pompini. Adesso non hai più il problema di sporcare il vestito, no?”.
Non avevo la pressione psicologica esercitata da Antonio, quando lo feci con un cavallo, ma non mi venne quel guizzo di ribellione per mandare a fanculo quelle quattro bastarde. Ancora una volta, la sottomissione umiliante ebbe il sopravvento su tutte le altre emozioni. Avvicinai il viso alla cappella dell'asino, mi assicurai che fosse ben scoperta e me la misi in bocca. Un coro di gridolini e applausi proruppe festoso mentre succhiavo il grosso membro. Per concludere presto quella tortura, decisi di muovere con passione le mani, in contemporanea alla suzione. Pochi minuti furono sufficienti per farmi riempire la bocca di sperma, che feci uscire totalmente dagli angoli delle labbra.
Nessuna di loro ebbe la brutalità di obbligarmi a ingoiare. La fellatio era sufficiente. Mi ordinarono di masturbarmi e quando raggiunsi l'orgasmo, mi salutarono a suon di “ciao troia, puttana, vacca, succhiacazzi”. Cercai di ripulirmi con un po' di paglia, mi rivestii, feci ritorno al parcheggio della villa e salii in macchina.
scritto il
2024-04-05
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