La "mille miglia".

di
genere
saffico

Con mio marito Alberto condividiamo la passione per le auto d’epoca,possibilmente decapottabili.
Abbiamo una Alfa Romeo Giulietta spider, del 1959, e una Porsche 356 cabriolet del 1960.
Durante l’inverno le coccoliamo nel calduccio del grande garage sotto casa, dove le teniamo ricoverate, ma poi, con l’arrivo della bella stagione, dopo aver cambiato l’olio, i filtri, controllato l’impianto frenante, e tirato a lucido le carrozzerie, nei week end le utilizziamo per le nostre gite.
La mia preferita è la Porsche, la cui guida è di mia pertinenza, mentre Alberto più rude e sanguigno adora il carattere un po’ sbarazzino della Giulietta.
Nei pomeriggi ancora non troppo caldi dei mesi primaverili, godiamo del vento nei capelli e dei paesaggi ,che dipingono le mete che ormai quasi obbligatorie, scegliamo di volta in volta.
Il levante ligure con meta Portofino e Camogli, il lago di Garda con la splendida gardesana occidentale e lo scenografico arrivo a Riva, la costa Azzurra, la toscana del Chianti, la val D’orcia e le crete senesi.
Poi con l’arrivo dei grandi caldi estivi evitiamo le lunghe gite giornaliere, e preferiamo piccole giratine serali, per godere dell’aria fresca della notte.
Una cosa che ritengo peccaminosa, e che a volte faccio, è prendere la Porsche da sola, indossando un leggerissimo vestito di lino bianco, abbottonato sul davanti.
Nel buio della notte apro l’abbottonatura e restando praticamente nuda guido, con l’aria che mi accarezza il corpo. Quando incrocio le altre auto mi piace pensare che qualche automobilista mi possa vedere, inseguire, fermare, e scopare rovesciata sul cofano della macchina.
Pensare a queste cose mi fa eccitare e inizio a toccarmi mentre guido, fino al punto di avere degli orgasmi a volte molto intensi, tanto che un paio di volte ho anche rischiato di finire fuori strada, o di fare un frontale con un'altra auto che proveniva in senso inverso.
Anche quest’anno abbiamo deciso di assistere al passaggio della rievocazione storica della mille miglia.
Per un appassionato è l’occasione per vedere alcune tra le più belle auto che ne hanno fatto la storia.
Ferrari, Maserati, Bugatti, Mercedes, Aston Martin, tutti i marchi più gloriosi, in un contesto fantastico e affascinante.
Come al solito scegliamo quella parte del percorso che in origine faceva parte della tappa che attraverso il Monte Amiata, lungo la Cassia risaliva su verso nord, tappa che spesso risultava determinante per il risultato finale.
Ormai abbiamo il nostro posto, vicino a Radicofani, dove da una postazione un po’ sopraelevata si possono vedere una serie di curve, prima che le auto passino sotto di noi. Sia per fare fotografie che per girare piccoli filmati il posto è veramente eccezionale.
Quando arriviamo dopo aver posteggiato la Giulietta, in uno spiazzo sotto alla pineta, trovammo già alcuni appassionati che avevano preso posto. Tutti uomini, come al solito, tranne un'altra coppia, formata da un distinto signore sulla sessantina, e una ragazza, molto più giovane, che a prima vista poteva sembrare la figlia o la nipote, ma che da alcuni atteggiamenti e moine pareva essere tutt’altro.
Dopo qualche minuto, come sempre gli uomini avevano già iniziato a scambiarsi le loro conoscenze sui mezzi, sia quelli posseduti che, i pezzi forti che sarebbero passati di li a qualche ora.
Io e la ragazza dopo qualche occhiata e un mezzo sorriso ci avvicinammo e per iniziare a conversare.
Lei aveva una gonna lunga e leggera a fiorellini con una camicia bianca ricamata. E una collanina sottile che faceva parure con degli orecchini e un bracciale, che i miei occhi esperti videro subito essere rifiniti con piccoli diamanti.
Aveva un aria un po’ ingenua, gli occhi chiari e la pelle bianca, di qualcuno che non ama troppo il sole.
Iniziammo a parlare di cose da donne, lei non sapeva guidare, non avendo nemmeno la patente, e mi disse che si occupava di botanica, e che il tipo era un suo vecchio insegnante, con cui ogni tanto faceva queste strane gite. Mi mise a mio agio, cosi’ che iniziai pure io a raccontarle un po’ della mia vita, e non seppi resistere, le confessai del mio vizio segreto, le gite notturne con l’auto decapottata.
Lei stette qualche istante in silenzio, e poi accarezzandomi leggera un avambraccio mi disse:
“ho dell’erba fantastica che mi hanno regalato, ti va se andiamo a farci una canna”?
Devo confessare che ai tempi del liceo ho passato un paio di anni fidanzata con un ragazzo, grande fumatore, e che per lunghi mesi ho fumato non poco.
Ma poi una volta che ci siamo lasciati non ne ho mai più sentita l’esigenza, e da moltissimi anni non mi ricapitava più l’occasione.
Pero’ la curiosità di riprovare, la situazione intrigante con questa sconosciuta erano irresistibili, e con un gran sorriso le dissi di si.
Con la scusa di fare due passi ci eclissammo, promettendo di ritornare all’arrivo delle prime auto.
Passammo dall’auto del suo “amico” una splendida Aurelia B24 spider dal cui bagagliaio Martina (cosi mi disse di chiamarsi) estrasse una morbida coperta di lana merinos e ci avventurammo sotto alla pineta.
In un punto dove la vegetazione si faceva un po’ più fitta scorgemmo un piccolo spiazzo, coperto di foglie secche, al riparo da eventuali occhi indiscreti.
Allargata la coperta ci accomodammo, e lei dalla borsetta estrasse il necessario per confezionare lo spinello. Cartine, una bustina di plastica piena d’erba e un'altra con dei piccoli filtrini di cartone già pronti.
Con pochissime rapide mosse lo rollò sicura, e me lo porse per accenderlo.
Devo ammettere di non essere una fumatrice, e molto raramente fumo una sigaretta, solo ogni tanto dopo qualche prestazione sessuale straordinaria con mio marito.
Accesi e detti un paio di boccate. L’erba era davvero molto buona e dopo pochi istanti mi arrivò subito una vampata di vertigine e calore, e mi sdraiai sulla schiena, passandole la canna.
Lei fece alcuni tiri, e poi me la ripassò. Riuscii a fare altre due aspirate e poi gliela ridiedi, dicendole che la poteva finire.
L’erba mi era già salita potente e poderosa, la bocca iniziava ad asciugarsi e la salivazione diventava difficoltosa. Mentre finiva la canna Martina mi osservava e sorrideva maliziosa. Poi quando fu finita la spense con cura, distruggendo il pezzo di cartone rimasto.
Le dissi che una botta cosi’ forte era dai tempi del liceo che non la risentivo.
Lei si mise a ridere, dicendomi che fosse ora che mi prendessi una bella botta di vita. E si venne a posizionare vicino a me.
Avevo allargato le gambe e tenevo le braccia tese verso l’alto. La camicetta mi si doveva essere un po’ sbottonata e potevo intravedere un po’ del mio capezzolo destro che sbucava un pochino fuori.
Ora il calore che mi aveva inizialmente preso il volto e la bocca stava scendendo lungo il corpo, mentre il cuore aveva preso a martellarmi all’impazzata. Martina si era avvicinata ancora di più e mentre da sdraiata su di un fianco, con un braccio e la mano si reggeva la testa, con l’altra iniziò ad accarezzarmi piano.
Il tocco delle sue dita mi fece fremere, e pulsare la vagina. Ora avevo davvero voglia di lei, ma come se ci fosse stata una forza misteriosa, restavo immobile nella mia posizione, aspettando che fosse lei a fare qualsiasi cosa.
Prese a sbottonarmi lentamente la camicetta, e quando fu tutta aperta ne scostò i lembi, iniziando ad accarezzarmi i seni. Ora si era messa in ginocchio, e con la lingua prese a leccarmi i capezzoli, prima dolcemente e poi con fare più deciso a succhiarli avidamente e a mordicchiarne la punta ormai turgida e dura come una perla di vetro.
Iniziai a dimenarmi e a muovere il bacino avanti e indietro. Avrei voluto toccarmi in mezzo alle cosce, o che lei lo facesse, ma le mie braccia erano come bloccate, e lei continuava a baciarmi i capezzoli.
Iniziai a guardarla e vidi che senza smettere di fare quello in cui era impegnata, iniziò a sfilarsi la camicia, esponendo due fantastiche tettine appuntite, con i capezzoli turgidi lanciati verso l’alto.
La salivazione che si era azzerata ora si stava trasformando in arsura, e sentivo il respiro che mi diveniva a poco a poco sempre più affannoso, come quello di un maratoneta dopo il trentesimo chilometro.
In un attimo di pausa, dopo un sospiro lungo e disperato mi riusci’ di dirle.”ti prego toccami perché mi sembra di impazzire”.
Allora mi scrutò con quel suo sguardo all’apparenza innocente, si tolse la lunga gonna fiorita e si inginocchiò tra le mie gambe.
Molto lentamente sciolse il nodo della cimetta che teneva legati i miei pantaloni di lino bianco e me li sfilo’ gettandoli tra le foglie secche. Poi scosto’ il perizoma e senza sfilarlo inizio a baciarmela.
Prima piano piano, e con la lingua a penetrarmi e a scostarmi le labbra e a leccare i miei umori, che dovevano uscire copiosi. Poi finalmente prese a dedicarsi al clitoride. Lo mordicchiava per cercare di estrarlo dalla sua sede, e poi lo succhiava avidamente, mentre io sentivo che si gonfiava e iniziava a pulsare.
Dopo qualche attimo le viscere abbero un sussulto e iniziai a godere come quasi mai mi era successo prima.
Martina allora con il dito medio e indice della mano cominciò a sfregarmi vertiginosamente il clitoride e io iniziai a squirtare. Grossi fiotti di liquido trasparente, che le bagnarono il volto e le tette.
La vidi che con le mani cercava di raccogliere qualche goccia, e con la lingua sentirne il sapore.
L’orgasmo ebbe l’effetto di sbloccare il mio immobilismo, e come se una forza misteriosa improvvisamente mi avesse posseduta, con uno scatto mi misi a sedere. Martina, quasi fosse preparata a ciò si mise nella mia posizione di prima, e io mi avventai su di lei.
Ora una specie di euforia si era impossessata di me e avrei voluto mangiarla viva.
Mi ritrovai dopo un rapido passaggio su quelle tettine appuntite, con la bocca appiccicata alla sua vagina.
Che con mia non poca sorpresa non era depilata. La presenza di quella peluria un po’ riccia, odorosa di umore femminile mi fece ancora di più infoiare, e assatanata come non mai cominciai a leccare e a mordere, cercando con la lingua qualsiasi pertugio e anfratto mi riuscisse di trovare.
Martina mi aveva preso con le mani i capelli, dietro alla nuca , e spingeva la mia bocca contro la sua vagina,guidando e utilizzando quello che del mio volto le procurava piu’ piacere.
Fino a quando mi accorsi che stava usando il mio naso per stimolarsi il clitoride.
Sempre tenendomi afferrata per la testa mi affondava sempre più la bocca e il naso dentro di lei, muovendo il bacino, e la mia testa in modo sincronico e altalenato.
La sentivo ansimare sempre di più, e quando pensavo di soffocare, mi lasciò andare e venne di uno strano orgasmo, in cui si dibatteva come qualcuno che sta avendo una crisi epilettica.
La guardai mentre si calmava e poi mi coricai vicino a lei.
In mezzo ai rami si vedeva una porzione ci cielo, e ci accorgemmo che il sole doveva essersi abbassato molto sull’orizzonte.
Era ora di tornare. Una volta in piedi mentre cercavo i vestiti, mi cinse la vita da dietro, e scostandomi i capelli incollò la bocca alla mia e il suo sapore entrò dentro di me. La sua saliva era dolce, come anche la sua lingua, che sentivo roteare nella bocca.
Quando ritornammo lungo la strada era quasi buio.
Le prime auto erano già passate e si vedevano le scie dei fari che iniziavano ad illuminare la strada giù a valle , su per le curve e i tornanti.
Al passaggio i motori lasciavano un odore di olio bruciato, e puzza di freni surriscaldati.
Alberto mi vide e poi noto’ anche Martina, che mi teneva una mano sulla spalla con fare amichevole facendo trasparire una complicità da amiche di vecchia data.
Guardandomi con curiosità e sguardo indagatore, mi disse:
“ti sei persa il passaggio delle Ferrari e della Gold Wing.”
Scrollai le spalle come dire “ pazienza sarà per la prossima volta” e dissi:
“Questa è la mia nuova amica Martina, penso che quest’estate andremo spesso a gironzolare la sera con la Porsche”.
scritto il
2020-08-15
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