Il thè nel deserto

di
genere
saffico

Prima di ora, l’unica tenda in cui ero stata, era la canadese con cui andavo in vacanza da adolescente.
Dopo quasi quattro ore di fuoristrada, un Cayenne modificato per attraversare il deserto, mi ritrovo in questo mondo per me conturbante, mi sento una principessa araba, in attesa del suo principe.
In effetti è proprio a causa del rampollo di una ricca dinastia, di regnanti arabi, che sono qui, in pieno deserto Omanita, in questa enorme tenda, trasformata in una residenza per reali.
Una spessa coltre di tappeti, adagiati sopra alla sabbia, fa da pavimento, bassi tavolini dorati, con intorno cataste di cuscini variopinti, con cuciture dorate, broccati e tende candide, il sottofondo di una musica arabeggiante, che il mio orecchio esperto ha immediatamente riconosciuto come uno dei migliori tentativi di fondere jazz a suoni orientali.
Dopo il mio arrivo tre ancelle hanno provveduto a lavarmi in una vasca di acqua tiepida, ricoperta di petali di rose.
Poi ho indossato uno splendido abaya finemente ricamato in pura seta, con cuciture in filo dorato, un regalo di benvenuta del principe, quando lo porterò a Mia, impazzirà di gioia.
Una specie di dignitario mi ha accompagnata dove mi incontrerò con il mio interlocutore, a grandi linee penso di aver compreso cosa voglia, la mia fama di maga delle distrazioni finanziarie si è propagata, deve nascondere soldi, rendere invisibili entrate di cui soltanto lui è a conoscenza.
Lo attendo sprofondata in un enorme cuscino rosso, osservo i servitori pronti a esaudire ogni mio comando, mi hanno rifocillata con due vassoi ricolmi, uno di cacciagione stufata in un trionfo di prugne, e spezie, davvero superlativo, e l’altro di dolciumi al miele, pasta di mandorle, datteri e uva del deserto.
Il tutto innaffiato, alla faccia dei divieti, da una bottiglia di Chateau Margoux da qualche migliaio di dollari.
Mi sto godendo il momento, un altro servitore mi ha portato un narghilè già acceso, aspiro la dolcezza del tabacco misto al miele, di solito non fumo, ma in questo contesto mi sembrerebbe un insulto non approfittare.
Finalmente arriva il principe.
I dignitari, i servi e le ancelle scompaiono, restiamo soli.
Mi alzo per accoglierlo, lui si inchina e mi bacia la mano destra, mi inchino anche io, ci sorridiamo, mi fa cenno di sedermi, poi anche lui si accomoda, restiamo per qualche istante a studiarci con lo sguardo.
Indossa un lungo thawb nero, tutto ricamato di filo d’oro, con sopra un bisht più chiaro, anche questo ricamato.
Nessun copricapo, i lunghi riccioli neri scendono fino quasi al collo, la pelle ambrata, gli occhi scuri, il sorriso perfettamente candido, i lineamenti arabeggianti ma regolari, sicuramente mi vuole sedurre, una donna di potere, almeno per i suoi parametri, bionda e occidentale, peccato che a me interessi altro.
“dunque lei sarebbe colei in grado di rendere invisibili alcuni dei miei affari?”
Va subito al dunque, probabilmente sa anche che le sue smancerie finirebbero per essere vane, non lo devo assolutamente sottovalutare.
Inizio a sviscerare una piccola parte del mio sapere.
Gli spiego come i suoi capitali saranno al sicuro, dove finiranno e perché nessuno potrà mai risalirci.
Tranne me, ma questo è l’unico rischio dell’operazione.
D’altronde se è arrivato alla mia persona, significa che molti altri si sono fidati, sono come un prete, legata al segreto del confessionale.
Sorride, il suo sguardo è una specie di trapano, forse è la prima volta nella sua vita in cui si trova a confrontarsi con una donna per qualcosa di così importante, si interroga su cosa ci sia di sbagliato nella cultura che ha assimilato, che lo ha costretto a considerare le donne esseri inferiori.
O forse solo diverse, non adatte per compiti che dovrebbero essere prettamente maschili.
Restiamo in silenzio per qualche istante, poi batte tre volte le mani, e un dignitario si introduce scostando una delle grosse tende che ci separano dal deserto torrido, e mi porge una grossa cartella di cuoio.
“Lì dentro c’è tutto quello che serve, quanto tempo ci vorrà”?
“Devo poter accedere alla rete, allertare i miei contatti, predisporre un bel po’ di cose”.
“Forse tra un paio di giorni sarò in grado di farle sapere”.
“Bene ora voglio che si rilassi, fuori c’è un fuoristrada che la porterà in un oasi termale, abbiamo organizzato un evento speciale per lei, domattina quando tornerà potrà mettersi al lavoro”.
Mi risveglio con la testa pesante, la sensazione di essere intrappolata, un calore corporeo mi avvolge ,
apro gli occhi e osservo il mondo che mi circonda.
La seta candida che dal soffitto della tenda si adagia tutto intorno al mio giaciglio, proietta un ombra lieve, dai lumi accesi tutto intorno, i cuscini colorati sono sparsi dappertutto, due meravigliose creature giacciono ai miei fianchi, mi cingono con un braccio, i volti appoggiati sulle spalle, sento i respiri leggeri che alternati mi soffiano nelle ascelle, sono sprofondate in un sonno che ancora le avvolge, ignare della mia presenza.
Una è scura, metto a fuoco i suoi lineamenti, è una nubiana, grosse labbra color ebano, un cesto di capelli ricci e neri, il fisico di una gazzella bipede, due piccole tette appuntite come un cono gelato, le cosce e le gambe lunghe tanto da sembrare infinite.
L’altra è un po’ più chiara, sembra una bambola addormentata, i capelli nerissimi, liscissimi e lunghissimi la ricoprono, le sue forme sono morbide, sembra una statua di burro, i seni grossi con un enorme capezzolo rotondo, mi premono un fianco, è sicuramente una figlia di indù, anche se nata da qualche stirpe mussulmana.
Entrambe sono giovani, prede buone per Mia, esotiche, conturbanti, sento l’odore delle spezie e degli oli, misti a quelli del sesso che abbiamo consumato, chiudo gli occhi, respiro a tutto polmoni, la nebbia che mi avvolge la mente lentamente si dirada, i ricordi di queste ultime giornate riaffiorano, loro sono Aziza e Fatoumata, e sono le mie ancelle, da quel pomeriggio all’oasi termale, quando me le hanno affidate, per esaudire ogni mio desiderio, due creature fuoriuscite dal mondo immaginario del desiderio, che difficilmente riuscirò a dimenticare.
Mi hanno seguita silenziose, nelle due giornate che ho dovuto dedicare al mio lavoro.
Molte ore trascorse con Libanka, la mia hacker, colei che dalla Russia mi apre le porte per aggirare le regole del mondo bancario, lavoriamo in simbiosi, senza lasciare nessuna traccia del nostro passaggio.
Mi hanno lavata e accarezzata, sfamata, dissetata, qualche volta anche distratta, la notte mentre continuavo a lavorare, si sdraiavano al mio fianco, carezze leggere, candele profumate, bevande leggere con petali che galleggiavano, una specie di sogno ovattato, il suono di un oud nel sottofondo del deserto, qualche risata di donna, il bisbiglio dei dignitari, le folate di vento che agitavano le sete i tendaggi.
Finalmente ho la chiavetta usb con tutti passaggi, la magia che il principe voleva.
Lo comunico al dignitario, il pomeriggio stesso il rumore di un elicottero che atterra me ne conferma l’arrivo .
Restiamo soli per un paio d’ore, il suo sguardo è raggiante, senza molti sforzi comprende il meccanismo che abbiamo creato, è tutto nella chiavetta, la partitura del disco che ho utilizzato è stata formattata,soltanto lui ora potrà gestire la sequenza che lo separa dal viaggio oscuro delle sue ricchezze verso l’ignoto.
Controllo il bonifico sul mio conto segreto, la stessa somma su quello di Libanka , di cui il principe ignora l’esistenza.
Mi chiede se tutto è stato di mio gradimento, e allora mi scatta dopo la rilassatezza conseguente alla consapevolezza di essere riuscita a realizzare quello che in definitiva è il mio vero talento, la voglia di trasgressione.
“E’ stato tutto splendido Principe, lei è un padrone di casa meraviglioso, avrei ancora una richiesta, un regalo speciale”.
“Miss Adele ogni sua richiesta sarà per me un ordine a cui non potrei sottrarmi”.
“Vorrei restare qui per un altro paio di giorni da sola con le mie due ancelle”.
Vedo i suoi occhi che si illuminano, è l’orgoglio per aver indovinato il regalo da offrirmi, non c’è nessuna morale, solo il piacere di compiacere, vorrei abbracciarlo, ma mi trattengo.
“Avrà le ancelle e alcuni dei miei più fidati servitori, con ogni sorta di genere di conforto, non solo per due giorni, ma per tutto il tempo che vorrà”.
Sorrido e mi inchino, lui mi guarda con quei due pezzi di carbone che ha al posto degli occhi, e si allontana galleggiando sui tappeti.
Siamo andate in un luogo magico, un laghetto di acqua fresca, in mezzo al deserto, tra le palme e grossi arbusti spinosi, il grosso suv ha corso nella pista per un paio d’ore, un altro mezzo ci seguiva, carico di tutto l’occorrente per la nottata.
Due ragazzetti vestiti con lunghi thawb blu sorvegliavano una famiglia di dromedari, sdraiati pigri all’ombra delle palme.
Al nostro arrivo e al cenno di uno dei servitori sceso dal mezzo con le vettovaglie, lentamente si sono allontanati, verso il tramonto.
Aziza e Fatoumata mi hanno preso per mano, e siamo scese dal fresco dell’aria condizionata, ci siamo addentrate tra la vegetazione , fino a una piccola cascatella, nascosta da ogni sguardo.
“i servi prepareranno tutto per la notte, intanto vieni con noi che ti predisponiamo per il piacere”.
La freschezza dell’acqua, e la sua limpidezza, erano inebrianti, la luce del tramonto quasi accecante, con il contrasto della sabbia e delle rocce, la leggera brezza del deserto, mi hanno avvolto in un abbraccio nudo,
ho assaporato il fremito delle loro pelli, ci siamo immerse tutte tre nel liquido trasparente, ho leccato le gocce fresche che scivolavano lentamente dai loro capelli scuri, le mani su quei seni così diversi, quelle due lingue saettanti, alternate nella mia bocca, le loro mani sulla mia vagina, mi sono ritrovata sdraiata su di un enorme lenzuolo colorato ai bordi della pozza , due cosce dure e muscolose tra le mie, due vagine che si strofinavano, le mie mani affondate in quelle fessure, lingue che vagavano sulla mia pelle, l’urlo strozzato del mio primo orgasmo in mezzo al deserto.

L’enorme fuoco illuminava l’accampamento, proiettando delle ombre scure sulle palme, mentre uno spicchio di luna aveva fatto capolino oltre l’orizzonte di una fila di cupe montagne.
Le mie due amanti mi hanno lavata e massaggiata, cosparsa di un unguento profumato, siamo sprofondate dentro a dei morbidi cuscini, vedo passare davanti a me dei grossi vassoi, ricolmi di cibarie speziate, una bevanda dolciastra e inebriante mi viene versata di continuo.
Arrivano dal nulla un gruppo di musici e danzatrici, il suono dell’oud e dei tamburi , accompagna le mosse sinuose delle ragazze, Aziza mi porge il beccuccio di un narghilè e mi sussurra,
“questo non è il solito tabacco al miele, dopo vedrai”.
Aspiro alcune boccate, il sapore amarognolo e denso dell’hashish mi violenta le papille gustative, sento il sangue scorrere più veloce, i suoni che diventano cristallini, la vagina che inizia a pulsare.
Mi alzo e le prendo per mano, mi guidano nella grande tenda, ci sdraiamo sul mare di cuscini, affondiamo nelle stoffe colorate, in un nanosecondo siamo nude, il sapore acido di una vagina mi riempie la bocca, mentre il canto arabo di una donna risuona nella vastità del deserto.
Sono di nuovo nella fresca certezza dell’aria condizionata del Cayenne.
La lunga striscia di asfalto in mezzo alle rocce e alla sabbia, dritta e liscia mi sta portando alla pista dell’aereoporto, dove il jet privato del principe mi farà volare verso casa.
Mia mi verrà a prendere a Peretola,ormai da quasi dieci giorni sono partita, mi sento un po’ in colpa, ma ho una serie di regali, uno in particolare, che mi faranno perdonare.
Aziza e Fatouma mi hanno baciata quando sono salita sul suv, mi hanno leccato le guancie, ho sentito un fremito violento, la voglia selvaggia di vivere insieme a loro, come una nomade, tra cielo e deserto.
scritto il
2021-01-06
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