Maria Leonia
di
Adelina69
genere
sentimentali
Le vibrazioni e il frastuono della corriera, che procede pigra e lenta lungo il vialone lastricato di cubi di porfido, fanno scuotere le rotondità adipose di Maria Leonia, strizzate nel vestito a rombi neri e marrone.
Il sedile di formica , le ha inciso un solco rosso dietro alle cosce burrose, osserva pensierosa i piedi grassottelli, nei sandali di plastica rossa, e il pavimento , segnato da scanalature scure, interrotte solo da due cornici quadrate, forse due sportelli per l’ispezione.
I vetri malfermi nel loro telaio di alluminio opaco emettono un rumore sordo e alternato, che si sovrappone a quello del motore, celato in un cofano grigio, posto a lato del guidatore.
Una donna alta e magra, con i peli sulle gambe, vestita da contadina, confabula con l’autista, che ogni tanto toglie lo sguardo dal vialone per osservare la sua interlocutrice.
Oltre al bigliettaio, mezzo addormentato e appollaiato sul suo strapuntino, i gomiti appoggiati sul tavolinetto, il blocchetto dei biglietti rossi e verdi, lo sguardo perso nel vuoto, è l’unica passeggera dell’ultima corsa serale della corriera, quella con il numero cinque barrato.
Tutte le sere tranne la domenica, è il suo viaggio di ritorno dal lavoro, verso il bilocale con bagno in comune, che occupa in un vecchio palazzone di periferia.
Fa la donna delle pulizie nella casa di certi signori, un grande appartamento in centro, sono in tre a lavorare, la cuoca, lei, e una ragazzotta che si occupa solo delle esigenze della signora.
Maria Leonia è una che si accontenta di poco, e che non ha grandi aspettative dalla vita.
Ultima nata di una infinita schiera di marmocchi, figlia di braccianti di pianura, non è mai stata una gran bellezza, sempre un po’ troppo grassa, le gambe tozze, il seno flaccido, il culo troppo basso e voluminoso.
Durante le serate nelle balere, quasi mai nessuno la invitava, passava quelle ore che avrebbero dovuto essere spensierate, a soffrire, vedendo le sue amiche, avvinghiate ai ragazzi del paese.
Nonostante tutto, uno che l’ha voluta c’è stato, Carmelo, un muratore calabrese trapiantato, si sono sposati con la festa ed il vestito, persino il viaggio di nozze con la Seicento, nel paese natale dello sposo.
Lui fin da subito si dimostrò molto focoso, e dopo la prima notte in cui lei perse il privilegio di poter essere chiamata immacolata, prese a montarla tutte le sere, con sistematica applicazione.
Voglio tanti figli, era il ritornello che si sentiva dire, dopo che si erano accoppiati, sempre allo stesso modo, nella stessa posizione, lei sdraiata con le grasse cosce spalancate, e lui che le entrava dentro, pochi colpi e si accasciava senza uscire.
Carmelo diceva che quello era il modo per accoppiarsi, quello delle donne timorate, che pensano solo a far godere il marito e a mettere in cantiere una creatura.
Ma la creatura non veniva, nonostante l’impegno del muratore, la colpa di sicuro era della donna, forse non adatta per figliare.
Infatti fecero un esame, un dottore con un lungo camice bianco, la fece coricare su di un lettino, e dopo averle fatto aprire le cosce, e ispezionato la vagina, emise la sentenza definitiva, malformazione congenita all’utero, Maria Leonia mai avrebbe partorito.
Carmelo dopo un periodo in cui sembrava molto addolorato, smise di montarla, e iniziò ad uscire tutte le sere.
Di li a poco la lasciò per andare con la figlia della vicina, una ragazza chiacchierata, che cambiava ogni settimana fidanzato.
Poi si è trasferito in Germania, e di lui non si è più nulla saputo.
La corriera ora ha svoltato su di una strada asfaltata, le vibrazioni si sono placate, alcune file di palazzoni, costruiti da Mussolini, incombono con la loro presenza ai lati della via.
Tra poco suonerà il campanello per segnalare la sua fermata.
La donna che confabulava con l’autista ora si è seduta, sembra distante, con lo sguardo e la postura.
La fermata si avvicina, Maria Leonia si alza, e si mette in piedi sul delimitare dello scalino, la porta ha delle guarnizioni nere, sbattono tra di loro, poi l’autista rallenta,e la corriera si ferma con uno scossone.
E’ scesa sul marciapiede e cammina lesta, in mano ha la borsa di plastica gialla, con dentro gli avanzi della cena, che la cuoca le fa sempre trovare,
“cosi non devi cucinare, tanto qui gli avanzi si buttano”.
Spinta da un istinto primordiale, si volta, per essere sicura di non essere seguita, e la vede.
La strana donna della corriera è anche lei scesa, forse lo ha deciso all’ultimo istante, senza che lei se ne avvedesse. Ora le cammina appresso senza un apparente motivo, Maria Leonia non ha ricordo di averla mai vista, forse è venuta ad abitare nel palazzone da poco, oppure sta andando a trovare qualcuno che conosce.
Ma lei la segue fin quasi sotto al portone, e quando cerca nella borsa la chiave per aprire, anche lei si ferma, e resta per un attimo imbambolata, sembra non sapere bene cosa altro fare.
“Cerca qualcuno?” le chiede gentile.
La donna la guarda e accenna un sorriso imbarazzato.
“Veramente no, qui non conosco nessuno”
Al che al suo sguardo indagatore lei risponde,
“era a lei che volevo chiedere un favore”.
“Un favore?”
“L’autista della corriera mi ha detto che lei è una passeggera abituale, e che secondo lui lei vive da sola.”
“In effetti non si è sbagliato……”
“Si ….beh…. insomma avrei bisogno di qualcuno che mi ospiti, altrimenti dovrò dormire fuori anche questa notte”
“Ora non ho soldi, ma domani in qualche modo li rimedio, e le potrò anche pagare il disturbo”.
“Sono stata in due pensioni in centro, ma sono senza bagagli e li vogliono anticipati”.
“La prego, non le darò disturbo, se non ha un divano o una poltrona dormirò anche in terra sul pavimento, l’importante è non passare la notte fuori all’aperto.”
Maria Leonia è una donna troppo buona, per lasciare una creatura indifesa in mezzo ad una strada. In casa ha ben poche cose da rubare, men che meno soldi, lo stipendio glielo tiene la signora in una grossa cassaforte, dentro una cassettina di metallo di cui lei ha la chiave, prende solo quel che le basta, per la pigione e le poche spese.
La guarda le sorride e le dice,
“va bene, ma solo per questa notte, e domattina presto bisogna che lei si alzi, perché io devo andare a lavorare”.
Ora la sta osservando mentre divora gli avanzi della cena.
Pensa,”chissà da quanto tempo non mangiava questa povera disgraziata”.
Prima di farla accomodare, ha riscaldato dell’acqua in un pentolone, e l’ha fatta lavare, anche la biancheria, “la metteremo ad asciugare sulla stufa, domattina sarà pronta, la potrà indossare”.
Per la notte le ha prestato un paio delle sue mutande, e un corpetto, che le stanno larghe, e poi una vestaglia da notte bianca e azzurra, pure quella esagerata, e troppo corta, vista la differenza di statura.
Tutte le operazioni di lavaggio e vestizione sono avvenute dietro al discreto riparo di una tenda, che funge da divisorio nella piccola cucina.
Ora Maria Leonia è curiosa, e quando la donna sta quasi per terminare, l’abbondante mezza porzione di stufato con le patate, le chiede,
“ancora non mi ha detto il suo nome, e come si è ridotta a dormire per la strada”.
“Mi chiamo Luigina, sono nata e sempre vissuta a Milano, e la storia per cui mi ritrovo vestita di stracci, e senza un posto dove dormire, è triste e lunga, ma la voglio raccontare”.
“Mio padre era un dirigente locale del partito fascista, e quando la guerra è finita, è dovuto scappare all’estero, per non finire appeso ad un lampione. I pochi averi, sequestrati, mia madre si è dovuta arrangiare, e io sono stata data a certi zii, che mi hanno allevata e cresciuta. Mio zio era uno sporcaccione, spesso mi toccava, una volta, eravamo soli in casa, mi ha anche fatto vedere e poi accarezzare le parti intime. A diciassette anni sono scappata, e mi sono innamorata di un poco di buono, che mi ha usata sempre per i suoi comodi, ho fatto anche la vita, ad un certo punto non ce l’ho più fatta, e sono anche da li fuggita . Ormai sono tre mesi. Questi vestiti li ho rimediati da brave persone di campagna che mi hanno ospitata per qualche tempo, sono due giorni che sono arrivata qui, mi ci ha portata un camionista, devo trovare una sistemazione, un lavoro, un modo per ricominciare.”
Luigina dopo aver parlato tutto di un fiato, resta silenziosa, seduta sulla seggiola impagliata. I gomiti appoggiati sul tavolo di formica, coperto dalla tovaglia di incerata colorata.
Maria Leonia lesta sparecchia e rigoverna le poche stoviglie, poi la guarda, e prende una decisione;
“se non si vergogna, divideremo il mio letto, è matrimoniale e dormo sola da quando mio marito è scappato in Germania”.
Entrambe si sono coricate, sotto alla coperta di lana militare, guardano il soffitto un po’ ingiallito, il piccolo guardaroba proietta un ombra che corre lungo la parete, quando le rade automobili passando illuminano la notte, dallo stradone.
Il sedile di formica , le ha inciso un solco rosso dietro alle cosce burrose, osserva pensierosa i piedi grassottelli, nei sandali di plastica rossa, e il pavimento , segnato da scanalature scure, interrotte solo da due cornici quadrate, forse due sportelli per l’ispezione.
I vetri malfermi nel loro telaio di alluminio opaco emettono un rumore sordo e alternato, che si sovrappone a quello del motore, celato in un cofano grigio, posto a lato del guidatore.
Una donna alta e magra, con i peli sulle gambe, vestita da contadina, confabula con l’autista, che ogni tanto toglie lo sguardo dal vialone per osservare la sua interlocutrice.
Oltre al bigliettaio, mezzo addormentato e appollaiato sul suo strapuntino, i gomiti appoggiati sul tavolinetto, il blocchetto dei biglietti rossi e verdi, lo sguardo perso nel vuoto, è l’unica passeggera dell’ultima corsa serale della corriera, quella con il numero cinque barrato.
Tutte le sere tranne la domenica, è il suo viaggio di ritorno dal lavoro, verso il bilocale con bagno in comune, che occupa in un vecchio palazzone di periferia.
Fa la donna delle pulizie nella casa di certi signori, un grande appartamento in centro, sono in tre a lavorare, la cuoca, lei, e una ragazzotta che si occupa solo delle esigenze della signora.
Maria Leonia è una che si accontenta di poco, e che non ha grandi aspettative dalla vita.
Ultima nata di una infinita schiera di marmocchi, figlia di braccianti di pianura, non è mai stata una gran bellezza, sempre un po’ troppo grassa, le gambe tozze, il seno flaccido, il culo troppo basso e voluminoso.
Durante le serate nelle balere, quasi mai nessuno la invitava, passava quelle ore che avrebbero dovuto essere spensierate, a soffrire, vedendo le sue amiche, avvinghiate ai ragazzi del paese.
Nonostante tutto, uno che l’ha voluta c’è stato, Carmelo, un muratore calabrese trapiantato, si sono sposati con la festa ed il vestito, persino il viaggio di nozze con la Seicento, nel paese natale dello sposo.
Lui fin da subito si dimostrò molto focoso, e dopo la prima notte in cui lei perse il privilegio di poter essere chiamata immacolata, prese a montarla tutte le sere, con sistematica applicazione.
Voglio tanti figli, era il ritornello che si sentiva dire, dopo che si erano accoppiati, sempre allo stesso modo, nella stessa posizione, lei sdraiata con le grasse cosce spalancate, e lui che le entrava dentro, pochi colpi e si accasciava senza uscire.
Carmelo diceva che quello era il modo per accoppiarsi, quello delle donne timorate, che pensano solo a far godere il marito e a mettere in cantiere una creatura.
Ma la creatura non veniva, nonostante l’impegno del muratore, la colpa di sicuro era della donna, forse non adatta per figliare.
Infatti fecero un esame, un dottore con un lungo camice bianco, la fece coricare su di un lettino, e dopo averle fatto aprire le cosce, e ispezionato la vagina, emise la sentenza definitiva, malformazione congenita all’utero, Maria Leonia mai avrebbe partorito.
Carmelo dopo un periodo in cui sembrava molto addolorato, smise di montarla, e iniziò ad uscire tutte le sere.
Di li a poco la lasciò per andare con la figlia della vicina, una ragazza chiacchierata, che cambiava ogni settimana fidanzato.
Poi si è trasferito in Germania, e di lui non si è più nulla saputo.
La corriera ora ha svoltato su di una strada asfaltata, le vibrazioni si sono placate, alcune file di palazzoni, costruiti da Mussolini, incombono con la loro presenza ai lati della via.
Tra poco suonerà il campanello per segnalare la sua fermata.
La donna che confabulava con l’autista ora si è seduta, sembra distante, con lo sguardo e la postura.
La fermata si avvicina, Maria Leonia si alza, e si mette in piedi sul delimitare dello scalino, la porta ha delle guarnizioni nere, sbattono tra di loro, poi l’autista rallenta,e la corriera si ferma con uno scossone.
E’ scesa sul marciapiede e cammina lesta, in mano ha la borsa di plastica gialla, con dentro gli avanzi della cena, che la cuoca le fa sempre trovare,
“cosi non devi cucinare, tanto qui gli avanzi si buttano”.
Spinta da un istinto primordiale, si volta, per essere sicura di non essere seguita, e la vede.
La strana donna della corriera è anche lei scesa, forse lo ha deciso all’ultimo istante, senza che lei se ne avvedesse. Ora le cammina appresso senza un apparente motivo, Maria Leonia non ha ricordo di averla mai vista, forse è venuta ad abitare nel palazzone da poco, oppure sta andando a trovare qualcuno che conosce.
Ma lei la segue fin quasi sotto al portone, e quando cerca nella borsa la chiave per aprire, anche lei si ferma, e resta per un attimo imbambolata, sembra non sapere bene cosa altro fare.
“Cerca qualcuno?” le chiede gentile.
La donna la guarda e accenna un sorriso imbarazzato.
“Veramente no, qui non conosco nessuno”
Al che al suo sguardo indagatore lei risponde,
“era a lei che volevo chiedere un favore”.
“Un favore?”
“L’autista della corriera mi ha detto che lei è una passeggera abituale, e che secondo lui lei vive da sola.”
“In effetti non si è sbagliato……”
“Si ….beh…. insomma avrei bisogno di qualcuno che mi ospiti, altrimenti dovrò dormire fuori anche questa notte”
“Ora non ho soldi, ma domani in qualche modo li rimedio, e le potrò anche pagare il disturbo”.
“Sono stata in due pensioni in centro, ma sono senza bagagli e li vogliono anticipati”.
“La prego, non le darò disturbo, se non ha un divano o una poltrona dormirò anche in terra sul pavimento, l’importante è non passare la notte fuori all’aperto.”
Maria Leonia è una donna troppo buona, per lasciare una creatura indifesa in mezzo ad una strada. In casa ha ben poche cose da rubare, men che meno soldi, lo stipendio glielo tiene la signora in una grossa cassaforte, dentro una cassettina di metallo di cui lei ha la chiave, prende solo quel che le basta, per la pigione e le poche spese.
La guarda le sorride e le dice,
“va bene, ma solo per questa notte, e domattina presto bisogna che lei si alzi, perché io devo andare a lavorare”.
Ora la sta osservando mentre divora gli avanzi della cena.
Pensa,”chissà da quanto tempo non mangiava questa povera disgraziata”.
Prima di farla accomodare, ha riscaldato dell’acqua in un pentolone, e l’ha fatta lavare, anche la biancheria, “la metteremo ad asciugare sulla stufa, domattina sarà pronta, la potrà indossare”.
Per la notte le ha prestato un paio delle sue mutande, e un corpetto, che le stanno larghe, e poi una vestaglia da notte bianca e azzurra, pure quella esagerata, e troppo corta, vista la differenza di statura.
Tutte le operazioni di lavaggio e vestizione sono avvenute dietro al discreto riparo di una tenda, che funge da divisorio nella piccola cucina.
Ora Maria Leonia è curiosa, e quando la donna sta quasi per terminare, l’abbondante mezza porzione di stufato con le patate, le chiede,
“ancora non mi ha detto il suo nome, e come si è ridotta a dormire per la strada”.
“Mi chiamo Luigina, sono nata e sempre vissuta a Milano, e la storia per cui mi ritrovo vestita di stracci, e senza un posto dove dormire, è triste e lunga, ma la voglio raccontare”.
“Mio padre era un dirigente locale del partito fascista, e quando la guerra è finita, è dovuto scappare all’estero, per non finire appeso ad un lampione. I pochi averi, sequestrati, mia madre si è dovuta arrangiare, e io sono stata data a certi zii, che mi hanno allevata e cresciuta. Mio zio era uno sporcaccione, spesso mi toccava, una volta, eravamo soli in casa, mi ha anche fatto vedere e poi accarezzare le parti intime. A diciassette anni sono scappata, e mi sono innamorata di un poco di buono, che mi ha usata sempre per i suoi comodi, ho fatto anche la vita, ad un certo punto non ce l’ho più fatta, e sono anche da li fuggita . Ormai sono tre mesi. Questi vestiti li ho rimediati da brave persone di campagna che mi hanno ospitata per qualche tempo, sono due giorni che sono arrivata qui, mi ci ha portata un camionista, devo trovare una sistemazione, un lavoro, un modo per ricominciare.”
Luigina dopo aver parlato tutto di un fiato, resta silenziosa, seduta sulla seggiola impagliata. I gomiti appoggiati sul tavolo di formica, coperto dalla tovaglia di incerata colorata.
Maria Leonia lesta sparecchia e rigoverna le poche stoviglie, poi la guarda, e prende una decisione;
“se non si vergogna, divideremo il mio letto, è matrimoniale e dormo sola da quando mio marito è scappato in Germania”.
Entrambe si sono coricate, sotto alla coperta di lana militare, guardano il soffitto un po’ ingiallito, il piccolo guardaroba proietta un ombra che corre lungo la parete, quando le rade automobili passando illuminano la notte, dallo stradone.
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