Rosa l'infermiera vogliosa
di
Adelina69
genere
sadomaso
Rosa è la classica donna mediterranea, scura di carnato, nera di pelo, non molto alta, grosse poppe con un enorme capezzolo rosso, circondato da una corolla arancione scuro del diametro di una pesca matura, fianco maremmano, due chiappe sode e tornite.
Con il passare degli anni, quel po’ di pancetta e ulteriore arrotondamento delle cosce le hanno ulteriormente accentuato la carnalità, facendola diventare una vera e propria bomba sessuale.
A letto è sempre stata una fornace, calda, anzi rovente.
Nei primi anni del matrimonio ha spremuto il marito come un limone, costringendolo a vere e proprie maratone sessuali.
Durante quei primi periodi lo facevano anche tre o quattro volte al giorno, ogni occasione era buona per accoppiarsi, in ogni luogo e situazione.
Non c’era posto dove un rapporto, a volte selvaggio, altre più intimo e accarezzato, non fosse stato consumato.
Lavatrice, piano di lavoro della cucina, lavandino del bagno, doccia, vasca,cantina, ringhiera del balcone, ascensore bloccato tra due piani, sella della motocicletta, cofano dell’auto chiusa nel garage, e naturalmente, letto e divano del salotto, non fossero stati testimoni delle loro evoluzioni sessuali.
Rosa è multi orgasmica, gode di tutte le stimolazioni, che siano vaginali, clitoridee o anali.
In quel periodo tumultuoso, di amplessi selvaggi e incontrollati, sono nati i tre figli della loro unione.
Anche durante le gravidanze Rosa non riusciva a rinunciare al sesso, anzi, dopo aver letto su di una rivista specializzata, che una intensa attività sessuale avrebbe giovato alla futura salute psichica a fisica dei nascituri, pretendeva ogni giorno di essere posseduta.
Il marito titubante, timoroso di nuocere alla salute dei feti, venne presto dirottato verso il rapporto anale,
che per Rosa soprattutto in quei periodi era addirittura più appagante e godurioso.
Mentre era posizionata a pecorina, da sotto rimirava il grosso ventre gonfio, e le enormi poppe che ballonzolavano, sotto ai colpi del marito, mentre la pressione interna del futuro neonato, le accresceva il piacere, facendole provare i primi orgasmi anali, a cui poi mai più avrebbe rinunciato.
Poi i figli hanno cominciato a crescere, l’invasione di spazi e tempi che prima erano assolutamente liberi, e una specie di ritrosia del marito a scoparla, le hanno fatto da catapulta, per la ricerca altrove di quel piacere sessuale che solo masturbandosi non riusciva a placare.
Per qualche tempo infatti, ogni occasione era buona per toccarsi, per stimolare quel clitoride che pulsava, per placare quella voglia incontrollata, ma ben presto si accorse che non le bastava, che aveva bisogno di quel contatto con il membro maschile, che la facesse sentire riempita, quel rumore della carne sbattuta sulle sue chiappe mentre veniva scopata a pecorina, le mani che strizzano le poppe, l’odore del maschio mentre eiacula, il sapore del cazzo in bocca dopo che ha sborrato.
In questa sua propensione è stata sotto ad un certo punto di vista,agevolata dal lavoro che ha sempre svolto, quello di infermiera. La promiscuità e le lunghe notti, spesso con poco o nulla da fare, i colleghi
che da tempo avevano intuito questa sua sensualità selvaggia, hanno fatto il resto.
La prima volta con un giovane tirocinante, un ragazzone muscoloso e cazzuto, su cui molte delle sue colleghe avevano iniziato a fare battute, e probabilmente qualcuna aveva già approfittato.
Quando lo mandarono a fare le due settimane di rotazione nel reparto di Rosa, controllando i turni, quando vide che avrebbero fatto entrambi la notte, si preparò per accoppiarsi con il giovane virgulto.
Al momento opportuno, in quel paio di ore, quando nel reparto era tutto quieto, con una scusa lo attirò in un locale defilato, utilizzato come ricovero per attrezzature in disuso.
Aveva indossato un camice bianco da caposala, solo abbottonato sul davanti, sotto era già tutta nuda.
Il giovanotto era davvero una macchina da sesso, e per più di un ora quel suo grosso cazzo rimase duro come il marmo, sentiva quel magico rumore della carne del suo culo che sbatteva contro i muscoli tesi del tirocinante, mentre il suo buco si allargava sempre di più per ricevere tutto quel vigore da troppo tempo solo immaginato, durante le sedute di masturbazione a cui si era giocoforza dovuta applicare.
Aveva utilizzato uno di quei lettini per visita ginecologica, e stava con le cosce allargate, approcciate sulle forcelle laterali di sostegno, mentre il mandrillo in piedi di fronte a lei, la perforava nel deretano, tutto infoiato e arrapato.
Dopo questa prima esperienza, aveva iniziato una vera e propria abitudine, per cui quasi ogni notte, quando era di turno, qualche infermiere, la veniva a trovare, e sfogava le voglie represse, su quel lettino ginecologico.
Fino a che si sparse la voce, e anche i dottori, e qualche paziente, si presentavano , e sfogavano i propri istinti sessuali, in quel culo e quella fica sempre caldi e pronti, ad essere riempiti di carne e di sborra.
Per qualche mese la situazione rimase abbastanza nascosta, ma poi successe qualcosa che cambiò le sue abitudini sessuali per sempre.
Il direttore sanitario dell’ospedale venne a sapere di queste riunioni notturne, e dell’identità della protagonista assoluta.
Costui era un depravato sporcaccione, che con gli anni aveva sviluppato una tendenza al sadomaso.
Aveva un posto dedicato a queste pratiche, con tutte le attrezzature, e organizzava veri e propri festini, ed era sempre alla ricerca di nuove schiave sessuali da introdurre nell’ambiente, sia per i propri scopi, che per la soddisfazione dei suoi amici.
La mandò a chiamare, e senza mezzi termini le illustrò la situazione.
Se avesse acconsentito a diventare la sua schiava sessuale, non solo non l’avrebbe sanzionata o licenziata,
ma sarebbe stata addirittura dirottata negli uffici direzionali, con compiti sicuramente meno gravosi ed economicamente più appaganti di quelli di infermiera.
Rosa accettò di buon grado, anche se dovette, essere messa in prova per una serie di sedute, per testare la propensione ad essere schiavizzata sessualmente, legata e torturata, con tutte le tecniche più raffinate e intriganti della pratica sadomaso.
Lei però non ha la propensione per la schiava, e anche se all’inizio le sembrava molto eccitante, essere legata, e poi sodomizzata, non sopportava le frustate, oppure le sculacciate, men che meno le colate di cera calda, le costrizioni nei sacchi neri, la chiusura nella gabbia, ne restava terrorizzata, soffriva di claustrofobia.
Si accorse però che l’idea di sottoporre altri a tali pratiche la eccitava, e lo disse al suo maestro, che se ne era già reso conto, se anche lo schiavo non trae godimento non c’è soddisfazione, e decise di farla diventare sua allieva, per trasformarla in una mistress, una torturatrice implacabile e spietata.
Ora, dopo tutto quel percorso di apprendimento e conoscenza di tutte le tecniche di tortura e sottomissione si è licenziata dal lavoro di infermiera, ha lasciato il marito e i figli, occupa un appartamento in centro, con uno studio attrezzato e i più sofisticati strumenti di costrizione e procura del dolore. Ha un lungo elenco di pervertiti, che giungono anche da città lontane, schiavi sessuali, disposti a pagare profumatamente per godere delle raffinate sofferenze che Rosa ha imparato a dispensare.
Si è anche concessa il lusso di assumere un autista, e un maggiordomo, entrambi di colore.
La notte, quando l’ultimo cliente ha subito il trattamento che Rosa gli ha riservato, finalmente libera, ma con quella vaga sensazione di bisogno sessuale insoddisfatto, nessuno ha la benché minima possibilità nemmeno lontanamente di sfiorarla, entrambi sono già in camera da letto ad aspettarla.
Le riempiono gli orifizi con i loro randelli nodosi, e la sbattono per almeno un paio d’ore.
Lei mugola e si contorce, sente quella carne dura e scura che le riempie le viscere, gli umori che le colano copiosi, li vorrebbe ancora più grossi, sembra quasi non bastarle mai la dose.
Poi dopo il terzo o quarto orgasmo consecutivo, quando finalmente la tensione si allenta,e quel moto sordo,accompagnato da un pulsare continuo che le tormenta la vagina, finalmente si placa, Rosa si addormenta, al fianco i due scudieri, con i due cazzi che anche se mosci, sono ancora notevolmente sproporzionati, stretti tra le mani.
Con il passare degli anni, quel po’ di pancetta e ulteriore arrotondamento delle cosce le hanno ulteriormente accentuato la carnalità, facendola diventare una vera e propria bomba sessuale.
A letto è sempre stata una fornace, calda, anzi rovente.
Nei primi anni del matrimonio ha spremuto il marito come un limone, costringendolo a vere e proprie maratone sessuali.
Durante quei primi periodi lo facevano anche tre o quattro volte al giorno, ogni occasione era buona per accoppiarsi, in ogni luogo e situazione.
Non c’era posto dove un rapporto, a volte selvaggio, altre più intimo e accarezzato, non fosse stato consumato.
Lavatrice, piano di lavoro della cucina, lavandino del bagno, doccia, vasca,cantina, ringhiera del balcone, ascensore bloccato tra due piani, sella della motocicletta, cofano dell’auto chiusa nel garage, e naturalmente, letto e divano del salotto, non fossero stati testimoni delle loro evoluzioni sessuali.
Rosa è multi orgasmica, gode di tutte le stimolazioni, che siano vaginali, clitoridee o anali.
In quel periodo tumultuoso, di amplessi selvaggi e incontrollati, sono nati i tre figli della loro unione.
Anche durante le gravidanze Rosa non riusciva a rinunciare al sesso, anzi, dopo aver letto su di una rivista specializzata, che una intensa attività sessuale avrebbe giovato alla futura salute psichica a fisica dei nascituri, pretendeva ogni giorno di essere posseduta.
Il marito titubante, timoroso di nuocere alla salute dei feti, venne presto dirottato verso il rapporto anale,
che per Rosa soprattutto in quei periodi era addirittura più appagante e godurioso.
Mentre era posizionata a pecorina, da sotto rimirava il grosso ventre gonfio, e le enormi poppe che ballonzolavano, sotto ai colpi del marito, mentre la pressione interna del futuro neonato, le accresceva il piacere, facendole provare i primi orgasmi anali, a cui poi mai più avrebbe rinunciato.
Poi i figli hanno cominciato a crescere, l’invasione di spazi e tempi che prima erano assolutamente liberi, e una specie di ritrosia del marito a scoparla, le hanno fatto da catapulta, per la ricerca altrove di quel piacere sessuale che solo masturbandosi non riusciva a placare.
Per qualche tempo infatti, ogni occasione era buona per toccarsi, per stimolare quel clitoride che pulsava, per placare quella voglia incontrollata, ma ben presto si accorse che non le bastava, che aveva bisogno di quel contatto con il membro maschile, che la facesse sentire riempita, quel rumore della carne sbattuta sulle sue chiappe mentre veniva scopata a pecorina, le mani che strizzano le poppe, l’odore del maschio mentre eiacula, il sapore del cazzo in bocca dopo che ha sborrato.
In questa sua propensione è stata sotto ad un certo punto di vista,agevolata dal lavoro che ha sempre svolto, quello di infermiera. La promiscuità e le lunghe notti, spesso con poco o nulla da fare, i colleghi
che da tempo avevano intuito questa sua sensualità selvaggia, hanno fatto il resto.
La prima volta con un giovane tirocinante, un ragazzone muscoloso e cazzuto, su cui molte delle sue colleghe avevano iniziato a fare battute, e probabilmente qualcuna aveva già approfittato.
Quando lo mandarono a fare le due settimane di rotazione nel reparto di Rosa, controllando i turni, quando vide che avrebbero fatto entrambi la notte, si preparò per accoppiarsi con il giovane virgulto.
Al momento opportuno, in quel paio di ore, quando nel reparto era tutto quieto, con una scusa lo attirò in un locale defilato, utilizzato come ricovero per attrezzature in disuso.
Aveva indossato un camice bianco da caposala, solo abbottonato sul davanti, sotto era già tutta nuda.
Il giovanotto era davvero una macchina da sesso, e per più di un ora quel suo grosso cazzo rimase duro come il marmo, sentiva quel magico rumore della carne del suo culo che sbatteva contro i muscoli tesi del tirocinante, mentre il suo buco si allargava sempre di più per ricevere tutto quel vigore da troppo tempo solo immaginato, durante le sedute di masturbazione a cui si era giocoforza dovuta applicare.
Aveva utilizzato uno di quei lettini per visita ginecologica, e stava con le cosce allargate, approcciate sulle forcelle laterali di sostegno, mentre il mandrillo in piedi di fronte a lei, la perforava nel deretano, tutto infoiato e arrapato.
Dopo questa prima esperienza, aveva iniziato una vera e propria abitudine, per cui quasi ogni notte, quando era di turno, qualche infermiere, la veniva a trovare, e sfogava le voglie represse, su quel lettino ginecologico.
Fino a che si sparse la voce, e anche i dottori, e qualche paziente, si presentavano , e sfogavano i propri istinti sessuali, in quel culo e quella fica sempre caldi e pronti, ad essere riempiti di carne e di sborra.
Per qualche mese la situazione rimase abbastanza nascosta, ma poi successe qualcosa che cambiò le sue abitudini sessuali per sempre.
Il direttore sanitario dell’ospedale venne a sapere di queste riunioni notturne, e dell’identità della protagonista assoluta.
Costui era un depravato sporcaccione, che con gli anni aveva sviluppato una tendenza al sadomaso.
Aveva un posto dedicato a queste pratiche, con tutte le attrezzature, e organizzava veri e propri festini, ed era sempre alla ricerca di nuove schiave sessuali da introdurre nell’ambiente, sia per i propri scopi, che per la soddisfazione dei suoi amici.
La mandò a chiamare, e senza mezzi termini le illustrò la situazione.
Se avesse acconsentito a diventare la sua schiava sessuale, non solo non l’avrebbe sanzionata o licenziata,
ma sarebbe stata addirittura dirottata negli uffici direzionali, con compiti sicuramente meno gravosi ed economicamente più appaganti di quelli di infermiera.
Rosa accettò di buon grado, anche se dovette, essere messa in prova per una serie di sedute, per testare la propensione ad essere schiavizzata sessualmente, legata e torturata, con tutte le tecniche più raffinate e intriganti della pratica sadomaso.
Lei però non ha la propensione per la schiava, e anche se all’inizio le sembrava molto eccitante, essere legata, e poi sodomizzata, non sopportava le frustate, oppure le sculacciate, men che meno le colate di cera calda, le costrizioni nei sacchi neri, la chiusura nella gabbia, ne restava terrorizzata, soffriva di claustrofobia.
Si accorse però che l’idea di sottoporre altri a tali pratiche la eccitava, e lo disse al suo maestro, che se ne era già reso conto, se anche lo schiavo non trae godimento non c’è soddisfazione, e decise di farla diventare sua allieva, per trasformarla in una mistress, una torturatrice implacabile e spietata.
Ora, dopo tutto quel percorso di apprendimento e conoscenza di tutte le tecniche di tortura e sottomissione si è licenziata dal lavoro di infermiera, ha lasciato il marito e i figli, occupa un appartamento in centro, con uno studio attrezzato e i più sofisticati strumenti di costrizione e procura del dolore. Ha un lungo elenco di pervertiti, che giungono anche da città lontane, schiavi sessuali, disposti a pagare profumatamente per godere delle raffinate sofferenze che Rosa ha imparato a dispensare.
Si è anche concessa il lusso di assumere un autista, e un maggiordomo, entrambi di colore.
La notte, quando l’ultimo cliente ha subito il trattamento che Rosa gli ha riservato, finalmente libera, ma con quella vaga sensazione di bisogno sessuale insoddisfatto, nessuno ha la benché minima possibilità nemmeno lontanamente di sfiorarla, entrambi sono già in camera da letto ad aspettarla.
Le riempiono gli orifizi con i loro randelli nodosi, e la sbattono per almeno un paio d’ore.
Lei mugola e si contorce, sente quella carne dura e scura che le riempie le viscere, gli umori che le colano copiosi, li vorrebbe ancora più grossi, sembra quasi non bastarle mai la dose.
Poi dopo il terzo o quarto orgasmo consecutivo, quando finalmente la tensione si allenta,e quel moto sordo,accompagnato da un pulsare continuo che le tormenta la vagina, finalmente si placa, Rosa si addormenta, al fianco i due scudieri, con i due cazzi che anche se mosci, sono ancora notevolmente sproporzionati, stretti tra le mani.
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