TNP, non leggete quel racconto
di
RunningRiot
genere
etero
DISCLAIMER: in questo racconto si parla di sesso anale, TNP, jogging, macellai, racconti erotici, calcare, olio abbronzante, giapponesi, fettuccine al tartufo, tastate al pacco, strip tease (mah...), olandesi, acido muriatico, religione, Covid-19. Nessuna di queste cose (fenomeni, prodotti, pratiche, elementi, attività, esseri umani) è, di per sé, raccomandato o sconsigliato dall'autrice e la loro citazione non costituisce endorsement. Eccezion fatta per le fettuccine al tartufo (in positivo) e per il Covid-19 (in negativo). Alcuni dialoghi possono turbare i lettori, altri risultare inintelligibili al di sopra del quarantaquattresimo parallelo nord. That's how it starts.
E' sabato mattina, Luca mi viene a prendere a casa. In genere ci vediamo il venerdì sera allo scannatoio e lì ci passiamo il week end. Cioè, non è che stiamo chiusi in casa. No, e che cazzo. Volevo dire che il venerdì e il sabato notte li passiamo lì, punto. Oggi dovevamo affittare le bici e andarci a fare un giro, ma giustamente piove. Cambio di programma. Sono già vestita, è in ritardo.
Mentre lo aspettavo ho letto un racconto erotico. Nessun motivo particolare, mi andava di leggerlo e l'ho fatto. Non è che cercassi ispirazione, eh? Mi piace l'autrice, tutto qua. Che poi, oddio, erotico per modo di dire. Diciamo proprio porno. Scritto benissimo ma proprio porno, hardcore. Tipo che lui la sveglia, le toglie la camicia da notte o il pigiama, questo non viene specificato, la bacia e comincia a farle un lavoretto di bocca che si conclude laggiù. Uno di quei lavoretti che a un certo punto ti fanno pensare "dio sì, cazzo, giustiziami!", a quanto capisco. E infatti il tipo la giustizia una prima volta. Poi, non pago, la gira, la mette a quattrozampe e le fa la festa once again. Quello che ti colpisce - o almeno quello che ha colpito me - è il racconto di come lei sia ancora travolta, inerte e indifesa, e di come lui la possegga con la spietatezza del maschio. E quando dico "possedere" intendo una cosa che, credo, ogni donna e ogni ragazza conosce. Nel senso che nel delirio del sesso c'è stata proprio una specie di passaggio di proprietà, lei per un tempo ics è diventata roba sua. L'olandese rapace e la figlia del Sol levante. Persino dopo i loro orgasmi, lui non smette di possederla, ma in un altro modo: adagiandosi sopra di lei, schiacciandola con il suo peso prevaricatore. Ansimante, trionfante. Il riposo del guerriero venuto dal Nord tra le rovine espugnate della città orientale. Anche in questo caso credo che molte capiscano ciò che intendo dire.
Do un'ultima controllata allo specchio prima di raggiungere Luca in strada e penso alle due cose che mi sono rimaste più impresse del racconto. La prima è l'immagine di lei stesa bocconi sul letto, ancora ansimante e con un piede incastrato sotto un lenzuolo, la macchia del sudore della sua vagina tra le cosce e la sensazione dello sperma che comincia a tracimare dall'ano. Perché sì, in effetti, lui è lì che ha scaricato il suo istinto. La seconda cosa che mi è rimasta impressa è la frase che apre il racconto, che è tutto in flashback. Una frase che secondo me dà senso a tutto. Lui si alza e commenta "ecco fatto" e la lascia lì. Nuda, stordita, l'ano pulsante, che le sembra di avere il cuore lì dietro, il respiro che ancora trema. Black haired girl straziata, occhi a mandorla sbarrati, filo di bava che esce dalla bocca ancora semi aperta. Un essere amato e allo stesso tempo una cosa usata. Uno straccio bagnato buttato da qualche parte.
Se avessi il tempo di soffermarmici, magari di rileggere, probabilmente mi ecciterei, sentirei il bisogno di masturbarmi correndo dietro a queste immagini. Ma di tempo non ne ho proprio. Luca mi aspetta, mi stringe, mi prende il borsone dove ho sistemato il cambio, la roba per stare in casa e quella per il jogging. Mi indirizza un sorrisino e un'occhiata tipo "ma dove devi annà vestita così?". In effetti mi sono messa non dico da gala ma abbastanza strafiga. Niente jeans né leggings né sneakers, oggi. Un piumino leggero burgundy sotto il quale spuntano la gonna corta del vestito grigio e nero e le gambe fasciate dai collant scuri. Le Doc Martens danno quel tocco aggressive che non guasta. I capelli raccolti in una coda alta. Unghie amaranto, poco mascara, zero rossetto. Gli rispondo "ahò, te faccio fà bella figura e te lamenti pure?". Entriamo in macchina, ci togliamo le mascherine e ci baciamo con una certa passione. Ok, non ho più bisogno del racconto della giapponese per sentire il tipico crampetto.
Visto che non si può andare in bicicletta, la sua idea sarebbe quella di fare un giro in centro e poi da Castroni. Gli ricordo che le strade dello shopping sono semichiuse e che da Castroni ci può andare lui quando dorme. E che una volta tanto possiamo andare da Bulgari. Bulgari è un macellaio dove qualche volta, da noi a casa, ci riforniamo. Non molto spesso perché, appunto, ha i prezzi di Bulgari. Ma questa sera abbiamo a cena una mia amica e il suo promesso sposo, quindi un po' di spesa bisogna farla. Mica tanto, un tartufo per fare la salsa per le fettuccine e, ovviamente, le fettuccine. "Sai fare la salsa al tartufo amò?". "Che ci vuole?", rispondo mentre il macellaio commenta "lasci stare, che la ragazza sa il fatto suo". Naturalmente, nessuno dei due ha idea che dentro il borsone ho due strepitosi vasetti di salsa acquistata online e che il tartufo che compriamo adesso è grasso che cola se lo spolvererò sulla pasta. Poi, visto che ci siamo, prendo anche un polpettone da fare al forno, dell'insalata russa, due bottiglie di bianco e un prosecco per l'aperitivo. Esco dal negozio ponendomi il problema di dove comprare il dolce e nel frattempo sento distintamente il bancomat di Luca che urla "ma anvedi sta stronza!".
Arriviamo a casa che saranno le tre, le tre e mezza. Non si perde mai così tanto tempo come quando non hai un cazzo da fare. Abbiamo mangiato in un posto quasi all'aperto, sotto una tettoia e i funghi da riscaldamento. Capisco che, essendo un racconto erotico, voi potreste pensare: adesso, appena entrati in casa, lui la monta come una libreria dell'Ikea. Ecco, non proprio. Io, onestamente, una scopata me la farei, eh? In un certo senso me l'aspetto pure. Però il programma era abbastanza chiaro: la mattina in bicicletta e il pomeriggio sui libri, almeno lui. A dispetto delle mie nemmeno tanto timide avances - una mano sotto la Lacoste che gli graffia leggermente gli addominali - è abbastanza irremovibile. Gli dico che è diventato noioso e sbuffo, gli dico anche "ma che che cazzo te studi? c'hai ancora più de 'n'anno de praticantato!". Lui mi prende la mano e la scosta dicendo "sta' 'n po' bbona..." come se avessi sei anni e fossi una bambina rompicoglioni. Mi spoglio e mi metto da casa, pantaloni della tuta e canottiera. Apro pure una finestra perché quando parte il riscaldamento fa un caldo micidiale qui dentro, un caldo secco. Gli dico "vabbè, io svengo per un'oretta", prendo il plaid e vado in camera da letto. Un'oretta no, ma tre quarti d'ora dormo. Quando mi sveglio ho caldo e mi prende una botta di casalinghitudine che giusto perché non ho da fare un cazzo la posso capire.
Ne esce fuori un pomeriggio che nemmeno se fossimo sposati da cinquant'anni. Un pomeriggio fatto di compere dal cinese e al supermercato, lavoretti in casa e provocazioni. Provocazioni mie nei suoi confronti. Anche in questo caso, niente di sessuale. Cioè no, una lo è ma è una specie di parodia. Lo chiamo perché non riesco a svitare il telefono della doccia. Voglio tuffarlo nell'acido muriatico per disincrostarlo dal calcare (non conoscete l'acqua di Roma, è tremenda). Arriva ciabattando e strascicando un "cazzo, ma non puoi farlo un'altra volta?". Gli dico di no e che voglio lavarmi i capelli, gli infilo la mano tra le cosce, gli prendo il pacco. "Lo sai come mi metto mentre mi lavo i capelli, no? Vuoi vedere?". Luca mi prende il doccino, lo svita con la stessa forza che userebbe per sollevare un foglio di carta e me lo consegna. "Magnatela 'na bistecca 'gnittanto..." mi fa prima di tornare sui libri.
Chiaramente, da questo momento in poi e con tutto il rispetto che ho per la gente che studia, è mia cura rompergli il cazzo in ogni modo possibile e immaginabile. Preparo un tè e glielo porto mentre sta cercando di mandare a memoria non so cosa. "Tiè, Pico della Mirandola", gli faccio sbattendo la tazza sul tavolo. Comincio a passare lo swiffer per casa e, guarda un po', con particolare attenzione nel salone, davanti al tavolo dove è seduto. Spolvero cose che mai si sarebbero aspettate di essere spolverate, non da me almeno. Metto su una playlist fingendo di non trovare le ear pods nella borsa e lasciando che la musica riempia la stanza. Nulla, non mi si fila. Sono stracerta che in cuor suo vorrebbe mandarmi affanculo, ma non mi si fila. Continua a studiare. La sua unica reazione è, a un certo punto, "ma 'n dovevi cucinà, amò?". Gli lancio un'occhiata tipo if looks could kill.
Prima di ritirarmi in cucina a mettere in pratica la truffa della salsa al tartufo così perfidamente ordita, vado in camera da letto e riapro il sito di racconti. Leggo che l'autrice di stamattina ha risposto al mio commento, e lo ha fatto pensando che volessi sottolineare la parte sodomitica del rapporto. Non ha tutti i torti, si poteva intendere così, anche se in realtà io mi riferivo all'aspetto submissive e alla reazione che avrei dopo un trattamento così spietato: restare a letto tutto il giorno e a pancia in sotto. Ma riconosco che, almeno dal mio punto di vista, tra ciò che intendo io e ciò che intende lei un po' di contiguità c'è. Visto che però l'argomento me lo sbatte in faccia lei, inizio a pensarci. Ci penso con la testa e ci penso con la mano, che mi scivola sotto l'elastico dei pantaloni della tuta. Rileggo quel passaggio e mi chiedo se davvero il dolore di cui parla sia per lei così "sottile" e le sensazioni così "ottenebranti" come scrive. A me in queste situazioni il piacere è sempre sembrato una luce in fondo al tunnel. Può essere ottenebrante, è vero. Ma è anche vero che il tunnel è molto lungo. Tuttavia, visto che mi sto sgrillettando e lavorando di fantasia, stavolta il tunnel è cortissimo. Non è che abbia una particolare voglia di essere inchiappettata, eh? Questo chiariamolo. Tuttavia è una cosa che, appunto a livello di fantasia, ha sempre funzionato. Presa, sottomessa, interamente posseduta tra le mie urla impotenti. E' un film che nella mia testa, e più in basso, ha sempre funzionato, anche prima che facessi la prova pratica. Con un certo sforzo, mi impongo di smetterla, non è il momento. Tiro via la mano di scatto. Le dita sono bagnate, filamentose, viscide e appiccicaticce al tempo stesso. Come spesso mi capita, succhio. Ora prepariamo tutto o quasi e poi doccia, mi dico. Entro in cucina pensando che però non sarebbe per niente male se l'intellettuale che sta nell'altra stanza mi venisse dietro e mi stuprasse a suo piacere.
Le sette e mezza sono un orario barbaro per avere amici a cena. Però il coprifuoco impone di anticipare tutto. La perfezione sta nel fatto che, senza esserci messi d'accordo, noi abbiamo pensato al prosecco e al vino, loro portano la vodka. Niente libagioni sfrenate ma, quando passiamo a parlare della pandemia e di come sarà diverso il futuro da come l'avevamo sempre immaginato, un po' alterati lo siamo. Obiettivamente. Finisce tutto troppo presto. Il nostro bisogno umanissimo di socialità deve arrendersi di fronte alle misure di sicurezza. Mi consolo pensando che c'è una cosa che Luca deve vedere, una cosa che se avesse fatto meno l'antipatico gli avrei già mostrato prima. A Stefania, per dire, gliel'ho già fatta vedere in segreto, in cucina.
- Cazzo, alle dieci una serata non è nemmeno cominciata, in tempi normali - commenta Luca quando restiamo soli.
- Ma non sono tempi normali... e a me comunque non dispiace - gli dico mentre mi slaccio gli anfibi. E lo dico con tutto l'amore che ho per Stefy.
- Cioè? - domanda stupito.
Non è che sia proprio il vestito adatto, perché non è di quelli che scivolano giù. Però me lo sfilo lo stesso in un batter d'occhio, rimanendo in mutandine e reggiseno. E' da quando li ho ficcati nel borsone stamattina che mi prefiguro questo momento. Intimo Yamamay, nero, modello "aiutami a dire zoccola dei quartieri-bene". Un po' farraginoso ma bellissimo: mutandine aperte che più aperte non si può, solo laccetti e micro-striscette, con tanto di luccichino di Swarovski. E il reggiseno idem, è tanto se copre il capezzolo. Luca mi guarda e sorride compiaciuto. Secondo me le ha comprate online, non credo che abbia avuto il coraggio di entrare in un negozio e chiedere "vorrei qualcosa che chiarisca alla mia ragazza il concetto di puttana".
- Come mi sta? - gli faccio girando su me stessa e facendo svolazzare i capelli - ti sembra bello mandare la tua ragazza in giro così?
- E' carino, no? E' 'na cosa che te fa venì delle idee...
- Ah sì, eh? Sai che mò v'attaccate ar cazzo tu e le tue idee? Potevi fattele venì oggi pomeriggio...
Scoppia a ridere e intanto cerca il modo di rispondermi. Mi aspetto una presa in giro, una cosa tipo "va bene, mò però sparecchia e lava i piatti conciata così", che ne so? Peraltro, se questo piccolo ordine me lo desse davvero, comincerei a colare già portando i primi piatti sul lavello e rimpiangendo di avere lasciato a casa i tacchi. Invece la sua reazione è abbastanza insolita per uno come lui. Mi afferra per un polso e mi tira giù sul divano, entrambi stesi su un fianco, lui dietro di me. Mi dibatto ridendo e dicendogli "stronzo, stronzo lasciami". Mi blocca tra le sue braccia, tra le sue gambe, mi fa "adesso ti scopo". "Prima mi vesti da zoccola e poi mi scopi come una zoccola?", gli domando. Sinceramente, a sto punto un po' ci spero pure, ma la verità è che stiamo giocando. Smetto di dibattermi e mi intima "aspetta qui". Si alza, esce dal salone e ritorna con il plaid dicendo "sennò hai freddo". Ritorniamo distesi come eravamo prima, sotto la coperta ampia e calda. Mi fa sentire protetta e aperta ad ogni sperimentazione. Lui invece prende il telecomando e accende la tele.
- Cazzo fai?
- Non vuoi vedere La regina degli scacchi?
- Cosa?
Ha proprio deciso di divertirsi, lo stronzo. E in un certo senso mi ha proprio fregata. Mi fa "con questi slip è davvero facile metterti un dito dentro". "Non li chiamerei sli... iiih... p... nnnngh". Ecco, se non un'ora, almeno mezz'ora così. Si diverte a torturarmi, a farmi diventare una gatta in calore senza soddisfarmi mai. E credo proprio che della Regina degli scacchi non gliene freghi un cazzo. E a proposito di cazzo, quando glielo cerco con la mano lui mi blocca. Che cosa abbia in testa, ma soprattutto che autocontrollo abbia stasera, non lo so.
- Che ore sono?
- Le undici e un quarto...
- La risposta esatta era "l'ora del pompino"...
- Quanto sei stronzo, fattelo da solo...
Quanto è stronzo. Ma mi ci inginocchio lo stesso ad omaggiare lo scettro. Glielo tiro fuori sotto il suo sguardo ironico. Ma che gli prende stasera? Pensa davvero che regalarmi una lingerie da zoccola faccia davvero di me la sua zoccola? Sbagliato. Lo sono in ogni momento, la sua zoccola. Lo sarei pure con le mutande della bancarella. E quindiiiii... e quindi non mi va di fargli un pompino. Cioè, no, mi va. E’ chiaro che lo sbocchino come un’assassina. Ma solo per farglielo diventare una stecca insalivata e poi salirci sopra, scostare la striscetta e impalarmi. Ecco cosa mi va.
- Cristodiddio... - miagolo riempita troppo in fretta - uuuuuh!
- E n'è ancora gnente - mi fa con una certa irriverenza.
Gnente non direi. Gnente significa gnente. E il suo cazzo non è precisamente "gnente". Il suo dito è però, lo riconosco, anche di più. Non ha nemmeno bisogno di scostare il filo interdentale, perché in queste mutandine non c'è nulla a coprire il solco delle chiappe. Scommetto che quando le ha scelte ci ha pensato. Ha pensato a questo. A profanarmi con un dito mentre il suo cazzo mi riempie. Vero Luca? E' quasi la specialità della casa, come il millefoglie di Cavalletti.
- Porcocazzo... aaah... AHIAAA!
Ma io non mi vergogno degli strilli e degli ululati che faccio, no. E nemmeno delle oscenità che mi escono dalla bocca. Io mi vergogno di questa lagna indecente e fastidiosa che non riesco a reprimere. Che mi fa sembrare un'ochetta adolescente arrapata. Di questa mi vergogno. A molti ragazzi piace, li eccita, Luca compreso. A me no, vorrei sprofondare esattamente come lui sprofonda dentro di me. Ma non posso farci nulla. Per fortuna stavolta dura poco, perché anche a qualcuno lassù vengo a noia. Accade un attimo dopo che Luca scosta con i denti la striscetta che copre un capezzolo, prima succhia e poi morde. Faccio solo in tempo a dire "cazzo che bello!" che da qualche parte arriva una saetta. Mi stronca, mi fulmina, mi fa irrigidire e contrarre in ogni dove. La sento la mia fica che gli strizza l'uccello, la sento proprio. Ma non è tanto quello che mi interessa, ora. Quello che mi interessa è precipitargli addosso tremante senza schiantarmi, mi interessa lui che mi accarezza i capelli e la schiena.
Finita qui? Figuriamoci. Non mi sono nemmeno ripresa che si alza dal divano, ancora incastrato dentro di me. Mi porta in camera da letto e mi dà una bella castigata. Anzi due, per la precisione. E nell'intervallo mi fa spogliare (ci vuole niente), si fa spogliare (ci vuole un po' di più) e succhiare di nuovo il cazzo. Quando è pronto mi stende, mi sale sopra e comincia a darci dentro come se volesse trivellare, oltre alla sottoscritta, anche il materasso. Ci metto, credo, nemmeno cinque secondi ad allacciargli le gambe dietro e a cominciare a ripetergli, in varie tonalità, "sono la tua troia!" per poi passare a descrizioni dello stato dell'arte ("dio che cazzo che hai!", "come sono bagnata!") oppure a richieste più specifiche ("sfondami!"). Accade anche che stasera siamo coincidenti, nel senso che arriviamo insieme. Non succede quasi mai ma, beh, uao, è una ficata. Ci addormentiamo come piace a noi, a cucchiaio. Un suo braccio sotto la mia testa con la mano che finisce a raccogliermi un seno. L'altro braccio a cingermi all'altezza della pancia. Come sempre, dopo un po', mi scosta i capelli che gli fanno solletico al naso. Perché non lo faccia di default non l'ho mai capito, deve essere un rito tutto suo. Prima di cadere nel sonno ripercorro gli orgasmi avuti. Quasi inconsapevolmente, è come se lo facesse il mio corpo al posto del mio cervello.
Ecco, da questo momento in poi, se questo fosse un racconto a puntate, si aprirebbe un capitolo intitolato "Accidenti a te, Yuko".
La mattina mi ritrovo quasi nella stessa posizione, risvegliata dall'urgenza di fare pipì. Vado in bagno e già che ci sono mi siedo sul bidet, risciacquo anche le tracce lucide e secche che, noto con piacere, ornano il mio interno coscia, poi mi lavo i denti. Forse è un errore. Avrei potuto continuare a dormire ma adesso sono completamente sveglia. Vado a vedere come sta messo Luca, se è prossimo a svegliarsi anche lui, se sia già il caso di andare in cucina e preparargli il caffè.
E' una cosa che mi piace fare. Che, per gioco, mi piace considerare un piccolo dovere, un piccolo gesto di subalternità. Una volta mi presentai da lui così come sono ora, nuda. Assistetti al rito del bicchiere d'acqua e del caffè restando in piedi accanto al letto, coprendomi con braccia e mani il seno e il pube, in un gesto di ostentata pudicizia, sicuramente più osceno che se gli avessi spalancato le cosce davanti. "Il signore desidera altro?", domandai sommessamente. Nemmeno due minuti dopo era lì che mi inchiodava faccia al muro per dimostrarmi che, in definitiva, desideravamo entrambi la stessa cosa.
Stavolta invece è ancora troppo presto per il caffè. Luca dorme profondamente e in fondo a me non dispiace ritornarmene un po' sotto il piumone. Mentre sto per infilarmi a letto mi dico che le lenzuola blu sono davvero eleganti e sensuali ma inappropriate per il sesso. Almeno la mattina dopo, almeno sotto un profilo estetico classico. Da un altro punto di vista, invece, ciò che vedo me gusta mucho. Ho praticamente dormito sopra un laghetto di sperma e succhi vari fuoriusciti dalla mia vagina, che adesso si sono asciugati e trasformati in macchie scure e aloni biancastri. Scosto un po' di più il piumone per verificare la portata del danno. E lì lo vedo.
Non so come cavolo facciano, ma a quanto pare anche la scienza non ha certezze. Sta di fatto che io l'ho sempre considerata una cosa a metà tra il miracolo (nel senso di un dono divino) e una figata pazzesca. Sacro e profano strettamente intrecciati, insomma. E, nonostante un background cattolico, ammetto di considerare il lato profano assai più divertente. Penso di non essere la sola. Anzi, lo so per certo.
Senza trascurare il fatto che è una delle cose più affascinanti che ti possano capitare se dormi con un ragazzo. Ce ne sono diverse, eh? Non correte subito alle conclusioni, non sono così insensibile e ho una mia dimensione spirituale abbastanza sviluppata. Però questa è proprio una di quelle manifestazioni che ti fanno dire "Dio, ti ringrazio", tanto per tornare al versante religioso della questione.
Parlo di TNP, che sta per "tumescenza peniena notturna" e che insomma, sì, è quella cosa che avviene quando i nostri Lui si svegliano o sono lì lì per svegliarsi e hanno l'uccello in assetto da combattimento. Il nome, ovviamente, non lo conoscevo. L'ho appreso googlando qualche tempo fa perché, ve l'ho detto, è una cosa che ho sempre trovato affascinante. Sia nella parte teorica, ossia a scuola quando se ne fantasticava tra di noi, sia in quella pratica, ossia dalla prima volta che ho dormito con un ragazzo.
Su Wikipedia, oltre al nome, ho appreso anche altre cose. La prima è che ogni maschietto non ce l'ha solo al mattino, gliene capitano quattro-cinque per notte anche se non se ne accorgono. Una volta lo chiesi a uno: "Ma a te, anche nel bel mezzo della notte, viene duro?". La risposta fu "boh, forse". Capisco però che uno solo non faccia statistica. La cosa ha un corrispettivo femminile, ce l'abbiamo pure noi, anche se, almeno per quanto mi riguarda, non è così devastante ed è facilmente confondibile con le conseguenze dei miei sogni porchi. Ma non è di questo che voglio parlare.
Torniamo ai maschietti. Per dire che... beh, cazzo, quattro-cinque erezioni per notte. Insomma, wow, no? Un sex toy umano! Senza contare che in un ragazzo sano la TNP dura una trentina di minuti. No, dico, trenta minuti, meglio di una batteria AA. Scema io che stanotte ho dormito!
Non voglio svegliare Luca, però. Mi accoccolo accanto a lui più o meno nella stessa posizione di prima, a cucchiaio. Mi accontento di sentire la sua TNP su una natica. Dopo un po' penso che mi accontenterei meglio se portassi una mano all'indietro e gli accarezzassi i testicoli. Faccio piano, non vorrei disturbarlo ma in realtà sì che lo disturbo. Me ne accorgo dalla debole pressione delle sue dita sul capezzolo. Qualche secondo dopo anche dalla sua mano che mi sfiora il culo. Non posso sapere se si sia proprio svegliato, ogni tanto di notte lo fa e credo che sia un semplice riflesso. Tuttavia ora è come se avvertissi molto di più la presenza della sua carne dura sulla mia carne morbida.
No, ok, si è svegliato, poco male. Anzi. E non solo si è svegliato, ha anche in mente un disegno preciso. Una sua road map ben delineata. Aprirmi la fica con il pollice, tanto per cominciare, e frullarmelo dentro. Uno o due secondi di fastidio, perché nonostante quello che possiate pensare non sono poi così eccitata. Un attimo dopo invece lo sono, un attimo dopo da quelle parti ci potrebbero coltivare il riso. Lo so benissimo cosa succederà, un po' mi ci abbandono e un po' me lo pregusto. Lui mi conosce benissimo, ormai, e sa cosa mi piace. Su alcune cose ce l'ho anche portato io, tipo il dirty talking. O le sculacciate. Sempre troppo poche, però. Sembra quasi che me le dia quando se ne ricorda, come se mi facesse un favore.
Invece quello che sta facendo adesso lo fa così spontaneamente che sembra essere parte del suo patrimonio genetico. Ma è una operazione che ha i suoi tempi e i suoi segnali, è tutto codificato. Il rumore di sciacquettio, per esempio, o il mio respiro che cresce. Il culo spostato impercettibilmente all'indietro, in modo del tutto istintivo, per offrirmi meglio. Gli spasmi, la tensione dei miei muscoli che si spezza, cede, si arrende. La testa che mi crolla sul cuscino ed è così pesante che mi chiedo se ce la farò mai a rialzarla. E' il momento della Fase 2: fuori il pollice sostituito da altre due dita, le più grandi, mentre lo svita-e-avvita sul mio capezzolo si fa quasi doloroso. Le conseguenze sono varie e, in genere, vanno dal sospiro al mugolio, al senso di riempimento e - è una cosa che per qualche attimo avverto distintamente, sempre - alla voglia immediata di cazzo. Anzi, bisogno. Avrei bisogno di un cazzo come avrei bisogno di un collare e di un guinzaglio. Come se avessi paura di perdermi e di perderlo. Ma la Fase 3 arriva immediatamente dopo e cambia tutto: quel pollice da me stessa umettato mi finisce direttamente nel culo, di solito senza nemmeno tanta grazia. Anche stavolta. "Ahia, ahia!", ma lo sa benissimo che mi piace da morire. Cioè no, piacere è poco. Mi signoreggia. Cinque lustri di vita e qualcosa spadroneggiati da tre dita. E non sono nemmeno io che mi consegno, che mi arrendo. Sono quelle tre dita che mi mandano affanculo cervello e volontà. Io, di mio, mi contorco e basta. Piagnucolo e basta.
L'epilogo - atteso, scontato, liberatorio e fantasmagorico - è il mio strillo. Ciò che segue, invece, è un po' random, cambia di volta in volta. Stamattina sono le sue parole un po' ironiche ("mi sa che ti piace, eh?") che mi scivolano addosso. Sono le sue mani che mi afferrano per le anche e mi tirano su, alla pecorina. Anzi, come era il racconto? "L'ha ascoltata mentre il respiro affannoso ritrovava il suo ritmo"? "L'ha presa per i fianchi sollevandole il sedere per penetrarla fino all'anima"? "Potente ed audace nell'intimità più stretta"? Perché - mentre porto alla cieca la mano all'indietro per impugnare il suo cazzo di marmo - mi viene in mente proprio questo?
- Luca...
- Amore...
- Mi vuoi inculare?
- Dici sul serio?
Gli tirerei una padella, se ce l'avessi a portata di mano. Non bastava la sottile ipocrisia della mia domanda - che nasconde un retropensiero codardo: "non vuoi? ah ok, fa nulla" - ci si deve mettere pure lui?
- Sì...
- Aspetta che prendo qualcosa...
- No...
No. Non alzarti adesso. Non andare di là a prendere qualcosa. E poi che cosa? Non abbiamo nulla, che vorresti usare? L'olio per l'insalata? Il sapone? La prima volta fui io ad andare a prendere l'olio abbronzante prima di chiedertelo. Ma ora? Non mi lasciare, non lasciare che la paura prenda il posto del desiderio. Fallo ora.
- Chiedimelo...
- Come?
- Chiedimelo meglio...
Vuoi sentirmi pregare, implorare, Luca? Vuoi sentire con le tue orecchie come mi consegno a te? Vuoi la prova del mio assoggettamento, della mia remissività?
- Ti prego, inculami - lo supplico.
- Lo vuoi tanto?
- Lo voglio da impazzire...
- Che cosa?
- Daiiiii....
- Che cosa?
- Il tuo cazzo...
- Dove?
- Stronzo... nel culo...
Me & anal sex. Il capitolo di un libro, ci vorrebbe. Titolo: dal terrore al piacere e ritorno. In passato l'ho fatto perché pensavo andasse fatto, perché l'avevo promesso, perché mi andava di farlo, perché mi è stato imposto. L'ho fatto per cercare una specie di autopunizione. L'ho fatto perché ero strafatta. L'aspetto psicologico è stato sempre prevalente, ma ho anche conosciuto il piacere fisico, non vorrei essere ipocrita. C'è stato un periodo in cui è stato un modo di fare sesso come gli altri, certe volte meglio degli altri. A volte desiderato in modo febbrile. Poi la febbre, così come era venuta, se n'è andata ed è rimasto qualcosa di sporadico. Sporadicamente vengo sottomessa, ancor più sporadicamente lo rivendico. A Luca l'ho offerto da poco, e non perché sapevo che lo voleva da morire. Ma perché quella sera era lui che mi piaceva da morire. E poi, perché agli altri sì e proprio a lui no?
La saliva nel solco. Scende e bagna il buchino forse ancora un po' aperto. La lingua che sparge, che penetra, che apre. I brividi che si portano via la mia lucidità. E' sempre stato vergognosamente così, sempre. E forse solo una ragazza mi poteva far conoscere il piacere di una lingua affondata lì dentro.
- Luca ti preeeegooo...
Mi inarco e attendo lo schianto. Chi cazzo me l'ha fatto fare? Lo penso ogni volta, stavolta lo penso prima. Perché so bene chi me l'ha fatto fare. Non bisognerebbe mai leggere certi racconti.
Cosa aspetti? Usami, prendimi, sbattimi, accarezzami. Sculacciami e sfondami. Fammi il culo, rendimi troia innocente, ragazza indecente. Invadi il mio essere con il tuo piacere sadico e benedetto. Ascolta il mio belare tremante, il mio "porca mignotta, mi stai inculando". Baciami, imperversa. Torcimi il collo per mettermi la lingua in bocca.
La sua sodomia è lenta, ma senza tentennamenti. Sono sicura che ascolti il mio respiro che ogni tanto si fa sbuffo. So che mi sente ansimare, reprimere l'urlo straziato. So che sa che mi fa male. Forse pensa che in fondo a questo dolore c'è un piacere che si insinua e piano piano lo sopravanza. Ebbè, ha ragione, è così. Entra, entra fino in fondo. E poi tutto diventa così selvaggio. Lui, io, il mondo.
- Oddio... - piango. E come sempre la frase completa sarebbe "oddio che male". Ma non voglio dirgliela, anzi voglio dirgli il contrario. Voglio essere spudorata e senza ritegno.
- Ti faccio male?
Certo che mi fai male. Che cazzo di domanda è? Come stracazzo pensi che non mi faccia male? Non capisci che non è questo il punto? E pure l'autrice di quel racconto, Yuko. No, dico, anche il suo olandese la sfonderà per bene, no? Come fa a parlare di "sottile dolore", di "sensazioni ottenebranti", di "garofano dalla fine rugiada"? A me questo avanti e indietro deciso e implacabile sembra esattamente quello che è: mi sta spaccando il culo, me lo fa sentire fino allo stomaco, mi fa andare a fuoco, me lo sta rompendo come se fosse la prima volta. Ogni volta è la prima volta. Tranne che per una cosa: il piacere. Che c'è già, che ci sarà anche di più. Crescerà, crescerà, già lo so.
- Non importa - gli rispondo con una voce che non è la mia - non smettere, rompimi...
- Non vuoi che mi fermi? - chiede accelerando il suo ritmo. Quanto è stronzo, quanto è sublime.
- Porco... fottimi, inculami, fammi male... Prendimi! Ah sì, prendimi!
Sì, prendimi. Fammi male. Più forte. Ti sento in pancia. Prendimi. Possiedimi. Possiedimi.Possiedimi.Possiedimi. Niente è più mio, adesso. Possiedimi, azzerami, nullificami. Godi e fammi godere, fammi scalciare e strappare il lenzuolo. Fammi urlare e fammi sentire il mio urlo arrivare dall'iperspazio, come se fosse un'altra ragazza a urlare. Fallo esattamente in quel momento lì, grida il mio nome mentre mi spruzzi l'intestino e quella scarica mi attraversa ogni cellula.
Ansimiamo, ma il suo peso sopra di me mi toglie l'ossigeno. Mi schiaccia e mi riempie ancora, finché non recede. Tracimerò anche io sperma, adesso? Si alza, se lo va a lavare. Non credo che avrò mai il coraggio di dirglielo, ma non sa quanto lo ringrazio per la sua attenzione all'igiene. Eppure basta questo per farmi sentire improvvisamente sola.
Nuda, stordita, il respiro che ancora trema. L'ano pulsante, che mi sembra di avere il cuore lì dietro. Esile bionda straziata, occhi azzurri sbarrati, filo di bava che esce dalla bocca ancora semi aperta. Essere amato e allo stesso tempo cosa usata. Uno straccio bagnato buttato da qualche parte.
E' fantastico. Starei così tutto il giorno.
- A che ora annamo a core? - chiede rientrando nella stanza - non piove sai? Anzi, è una bella giornata.
- Luca... ma perché 'gnittanto 'n te ne vai affanculo?
E' sabato mattina, Luca mi viene a prendere a casa. In genere ci vediamo il venerdì sera allo scannatoio e lì ci passiamo il week end. Cioè, non è che stiamo chiusi in casa. No, e che cazzo. Volevo dire che il venerdì e il sabato notte li passiamo lì, punto. Oggi dovevamo affittare le bici e andarci a fare un giro, ma giustamente piove. Cambio di programma. Sono già vestita, è in ritardo.
Mentre lo aspettavo ho letto un racconto erotico. Nessun motivo particolare, mi andava di leggerlo e l'ho fatto. Non è che cercassi ispirazione, eh? Mi piace l'autrice, tutto qua. Che poi, oddio, erotico per modo di dire. Diciamo proprio porno. Scritto benissimo ma proprio porno, hardcore. Tipo che lui la sveglia, le toglie la camicia da notte o il pigiama, questo non viene specificato, la bacia e comincia a farle un lavoretto di bocca che si conclude laggiù. Uno di quei lavoretti che a un certo punto ti fanno pensare "dio sì, cazzo, giustiziami!", a quanto capisco. E infatti il tipo la giustizia una prima volta. Poi, non pago, la gira, la mette a quattrozampe e le fa la festa once again. Quello che ti colpisce - o almeno quello che ha colpito me - è il racconto di come lei sia ancora travolta, inerte e indifesa, e di come lui la possegga con la spietatezza del maschio. E quando dico "possedere" intendo una cosa che, credo, ogni donna e ogni ragazza conosce. Nel senso che nel delirio del sesso c'è stata proprio una specie di passaggio di proprietà, lei per un tempo ics è diventata roba sua. L'olandese rapace e la figlia del Sol levante. Persino dopo i loro orgasmi, lui non smette di possederla, ma in un altro modo: adagiandosi sopra di lei, schiacciandola con il suo peso prevaricatore. Ansimante, trionfante. Il riposo del guerriero venuto dal Nord tra le rovine espugnate della città orientale. Anche in questo caso credo che molte capiscano ciò che intendo dire.
Do un'ultima controllata allo specchio prima di raggiungere Luca in strada e penso alle due cose che mi sono rimaste più impresse del racconto. La prima è l'immagine di lei stesa bocconi sul letto, ancora ansimante e con un piede incastrato sotto un lenzuolo, la macchia del sudore della sua vagina tra le cosce e la sensazione dello sperma che comincia a tracimare dall'ano. Perché sì, in effetti, lui è lì che ha scaricato il suo istinto. La seconda cosa che mi è rimasta impressa è la frase che apre il racconto, che è tutto in flashback. Una frase che secondo me dà senso a tutto. Lui si alza e commenta "ecco fatto" e la lascia lì. Nuda, stordita, l'ano pulsante, che le sembra di avere il cuore lì dietro, il respiro che ancora trema. Black haired girl straziata, occhi a mandorla sbarrati, filo di bava che esce dalla bocca ancora semi aperta. Un essere amato e allo stesso tempo una cosa usata. Uno straccio bagnato buttato da qualche parte.
Se avessi il tempo di soffermarmici, magari di rileggere, probabilmente mi ecciterei, sentirei il bisogno di masturbarmi correndo dietro a queste immagini. Ma di tempo non ne ho proprio. Luca mi aspetta, mi stringe, mi prende il borsone dove ho sistemato il cambio, la roba per stare in casa e quella per il jogging. Mi indirizza un sorrisino e un'occhiata tipo "ma dove devi annà vestita così?". In effetti mi sono messa non dico da gala ma abbastanza strafiga. Niente jeans né leggings né sneakers, oggi. Un piumino leggero burgundy sotto il quale spuntano la gonna corta del vestito grigio e nero e le gambe fasciate dai collant scuri. Le Doc Martens danno quel tocco aggressive che non guasta. I capelli raccolti in una coda alta. Unghie amaranto, poco mascara, zero rossetto. Gli rispondo "ahò, te faccio fà bella figura e te lamenti pure?". Entriamo in macchina, ci togliamo le mascherine e ci baciamo con una certa passione. Ok, non ho più bisogno del racconto della giapponese per sentire il tipico crampetto.
Visto che non si può andare in bicicletta, la sua idea sarebbe quella di fare un giro in centro e poi da Castroni. Gli ricordo che le strade dello shopping sono semichiuse e che da Castroni ci può andare lui quando dorme. E che una volta tanto possiamo andare da Bulgari. Bulgari è un macellaio dove qualche volta, da noi a casa, ci riforniamo. Non molto spesso perché, appunto, ha i prezzi di Bulgari. Ma questa sera abbiamo a cena una mia amica e il suo promesso sposo, quindi un po' di spesa bisogna farla. Mica tanto, un tartufo per fare la salsa per le fettuccine e, ovviamente, le fettuccine. "Sai fare la salsa al tartufo amò?". "Che ci vuole?", rispondo mentre il macellaio commenta "lasci stare, che la ragazza sa il fatto suo". Naturalmente, nessuno dei due ha idea che dentro il borsone ho due strepitosi vasetti di salsa acquistata online e che il tartufo che compriamo adesso è grasso che cola se lo spolvererò sulla pasta. Poi, visto che ci siamo, prendo anche un polpettone da fare al forno, dell'insalata russa, due bottiglie di bianco e un prosecco per l'aperitivo. Esco dal negozio ponendomi il problema di dove comprare il dolce e nel frattempo sento distintamente il bancomat di Luca che urla "ma anvedi sta stronza!".
Arriviamo a casa che saranno le tre, le tre e mezza. Non si perde mai così tanto tempo come quando non hai un cazzo da fare. Abbiamo mangiato in un posto quasi all'aperto, sotto una tettoia e i funghi da riscaldamento. Capisco che, essendo un racconto erotico, voi potreste pensare: adesso, appena entrati in casa, lui la monta come una libreria dell'Ikea. Ecco, non proprio. Io, onestamente, una scopata me la farei, eh? In un certo senso me l'aspetto pure. Però il programma era abbastanza chiaro: la mattina in bicicletta e il pomeriggio sui libri, almeno lui. A dispetto delle mie nemmeno tanto timide avances - una mano sotto la Lacoste che gli graffia leggermente gli addominali - è abbastanza irremovibile. Gli dico che è diventato noioso e sbuffo, gli dico anche "ma che che cazzo te studi? c'hai ancora più de 'n'anno de praticantato!". Lui mi prende la mano e la scosta dicendo "sta' 'n po' bbona..." come se avessi sei anni e fossi una bambina rompicoglioni. Mi spoglio e mi metto da casa, pantaloni della tuta e canottiera. Apro pure una finestra perché quando parte il riscaldamento fa un caldo micidiale qui dentro, un caldo secco. Gli dico "vabbè, io svengo per un'oretta", prendo il plaid e vado in camera da letto. Un'oretta no, ma tre quarti d'ora dormo. Quando mi sveglio ho caldo e mi prende una botta di casalinghitudine che giusto perché non ho da fare un cazzo la posso capire.
Ne esce fuori un pomeriggio che nemmeno se fossimo sposati da cinquant'anni. Un pomeriggio fatto di compere dal cinese e al supermercato, lavoretti in casa e provocazioni. Provocazioni mie nei suoi confronti. Anche in questo caso, niente di sessuale. Cioè no, una lo è ma è una specie di parodia. Lo chiamo perché non riesco a svitare il telefono della doccia. Voglio tuffarlo nell'acido muriatico per disincrostarlo dal calcare (non conoscete l'acqua di Roma, è tremenda). Arriva ciabattando e strascicando un "cazzo, ma non puoi farlo un'altra volta?". Gli dico di no e che voglio lavarmi i capelli, gli infilo la mano tra le cosce, gli prendo il pacco. "Lo sai come mi metto mentre mi lavo i capelli, no? Vuoi vedere?". Luca mi prende il doccino, lo svita con la stessa forza che userebbe per sollevare un foglio di carta e me lo consegna. "Magnatela 'na bistecca 'gnittanto..." mi fa prima di tornare sui libri.
Chiaramente, da questo momento in poi e con tutto il rispetto che ho per la gente che studia, è mia cura rompergli il cazzo in ogni modo possibile e immaginabile. Preparo un tè e glielo porto mentre sta cercando di mandare a memoria non so cosa. "Tiè, Pico della Mirandola", gli faccio sbattendo la tazza sul tavolo. Comincio a passare lo swiffer per casa e, guarda un po', con particolare attenzione nel salone, davanti al tavolo dove è seduto. Spolvero cose che mai si sarebbero aspettate di essere spolverate, non da me almeno. Metto su una playlist fingendo di non trovare le ear pods nella borsa e lasciando che la musica riempia la stanza. Nulla, non mi si fila. Sono stracerta che in cuor suo vorrebbe mandarmi affanculo, ma non mi si fila. Continua a studiare. La sua unica reazione è, a un certo punto, "ma 'n dovevi cucinà, amò?". Gli lancio un'occhiata tipo if looks could kill.
Prima di ritirarmi in cucina a mettere in pratica la truffa della salsa al tartufo così perfidamente ordita, vado in camera da letto e riapro il sito di racconti. Leggo che l'autrice di stamattina ha risposto al mio commento, e lo ha fatto pensando che volessi sottolineare la parte sodomitica del rapporto. Non ha tutti i torti, si poteva intendere così, anche se in realtà io mi riferivo all'aspetto submissive e alla reazione che avrei dopo un trattamento così spietato: restare a letto tutto il giorno e a pancia in sotto. Ma riconosco che, almeno dal mio punto di vista, tra ciò che intendo io e ciò che intende lei un po' di contiguità c'è. Visto che però l'argomento me lo sbatte in faccia lei, inizio a pensarci. Ci penso con la testa e ci penso con la mano, che mi scivola sotto l'elastico dei pantaloni della tuta. Rileggo quel passaggio e mi chiedo se davvero il dolore di cui parla sia per lei così "sottile" e le sensazioni così "ottenebranti" come scrive. A me in queste situazioni il piacere è sempre sembrato una luce in fondo al tunnel. Può essere ottenebrante, è vero. Ma è anche vero che il tunnel è molto lungo. Tuttavia, visto che mi sto sgrillettando e lavorando di fantasia, stavolta il tunnel è cortissimo. Non è che abbia una particolare voglia di essere inchiappettata, eh? Questo chiariamolo. Tuttavia è una cosa che, appunto a livello di fantasia, ha sempre funzionato. Presa, sottomessa, interamente posseduta tra le mie urla impotenti. E' un film che nella mia testa, e più in basso, ha sempre funzionato, anche prima che facessi la prova pratica. Con un certo sforzo, mi impongo di smetterla, non è il momento. Tiro via la mano di scatto. Le dita sono bagnate, filamentose, viscide e appiccicaticce al tempo stesso. Come spesso mi capita, succhio. Ora prepariamo tutto o quasi e poi doccia, mi dico. Entro in cucina pensando che però non sarebbe per niente male se l'intellettuale che sta nell'altra stanza mi venisse dietro e mi stuprasse a suo piacere.
Le sette e mezza sono un orario barbaro per avere amici a cena. Però il coprifuoco impone di anticipare tutto. La perfezione sta nel fatto che, senza esserci messi d'accordo, noi abbiamo pensato al prosecco e al vino, loro portano la vodka. Niente libagioni sfrenate ma, quando passiamo a parlare della pandemia e di come sarà diverso il futuro da come l'avevamo sempre immaginato, un po' alterati lo siamo. Obiettivamente. Finisce tutto troppo presto. Il nostro bisogno umanissimo di socialità deve arrendersi di fronte alle misure di sicurezza. Mi consolo pensando che c'è una cosa che Luca deve vedere, una cosa che se avesse fatto meno l'antipatico gli avrei già mostrato prima. A Stefania, per dire, gliel'ho già fatta vedere in segreto, in cucina.
- Cazzo, alle dieci una serata non è nemmeno cominciata, in tempi normali - commenta Luca quando restiamo soli.
- Ma non sono tempi normali... e a me comunque non dispiace - gli dico mentre mi slaccio gli anfibi. E lo dico con tutto l'amore che ho per Stefy.
- Cioè? - domanda stupito.
Non è che sia proprio il vestito adatto, perché non è di quelli che scivolano giù. Però me lo sfilo lo stesso in un batter d'occhio, rimanendo in mutandine e reggiseno. E' da quando li ho ficcati nel borsone stamattina che mi prefiguro questo momento. Intimo Yamamay, nero, modello "aiutami a dire zoccola dei quartieri-bene". Un po' farraginoso ma bellissimo: mutandine aperte che più aperte non si può, solo laccetti e micro-striscette, con tanto di luccichino di Swarovski. E il reggiseno idem, è tanto se copre il capezzolo. Luca mi guarda e sorride compiaciuto. Secondo me le ha comprate online, non credo che abbia avuto il coraggio di entrare in un negozio e chiedere "vorrei qualcosa che chiarisca alla mia ragazza il concetto di puttana".
- Come mi sta? - gli faccio girando su me stessa e facendo svolazzare i capelli - ti sembra bello mandare la tua ragazza in giro così?
- E' carino, no? E' 'na cosa che te fa venì delle idee...
- Ah sì, eh? Sai che mò v'attaccate ar cazzo tu e le tue idee? Potevi fattele venì oggi pomeriggio...
Scoppia a ridere e intanto cerca il modo di rispondermi. Mi aspetto una presa in giro, una cosa tipo "va bene, mò però sparecchia e lava i piatti conciata così", che ne so? Peraltro, se questo piccolo ordine me lo desse davvero, comincerei a colare già portando i primi piatti sul lavello e rimpiangendo di avere lasciato a casa i tacchi. Invece la sua reazione è abbastanza insolita per uno come lui. Mi afferra per un polso e mi tira giù sul divano, entrambi stesi su un fianco, lui dietro di me. Mi dibatto ridendo e dicendogli "stronzo, stronzo lasciami". Mi blocca tra le sue braccia, tra le sue gambe, mi fa "adesso ti scopo". "Prima mi vesti da zoccola e poi mi scopi come una zoccola?", gli domando. Sinceramente, a sto punto un po' ci spero pure, ma la verità è che stiamo giocando. Smetto di dibattermi e mi intima "aspetta qui". Si alza, esce dal salone e ritorna con il plaid dicendo "sennò hai freddo". Ritorniamo distesi come eravamo prima, sotto la coperta ampia e calda. Mi fa sentire protetta e aperta ad ogni sperimentazione. Lui invece prende il telecomando e accende la tele.
- Cazzo fai?
- Non vuoi vedere La regina degli scacchi?
- Cosa?
Ha proprio deciso di divertirsi, lo stronzo. E in un certo senso mi ha proprio fregata. Mi fa "con questi slip è davvero facile metterti un dito dentro". "Non li chiamerei sli... iiih... p... nnnngh". Ecco, se non un'ora, almeno mezz'ora così. Si diverte a torturarmi, a farmi diventare una gatta in calore senza soddisfarmi mai. E credo proprio che della Regina degli scacchi non gliene freghi un cazzo. E a proposito di cazzo, quando glielo cerco con la mano lui mi blocca. Che cosa abbia in testa, ma soprattutto che autocontrollo abbia stasera, non lo so.
- Che ore sono?
- Le undici e un quarto...
- La risposta esatta era "l'ora del pompino"...
- Quanto sei stronzo, fattelo da solo...
Quanto è stronzo. Ma mi ci inginocchio lo stesso ad omaggiare lo scettro. Glielo tiro fuori sotto il suo sguardo ironico. Ma che gli prende stasera? Pensa davvero che regalarmi una lingerie da zoccola faccia davvero di me la sua zoccola? Sbagliato. Lo sono in ogni momento, la sua zoccola. Lo sarei pure con le mutande della bancarella. E quindiiiii... e quindi non mi va di fargli un pompino. Cioè, no, mi va. E’ chiaro che lo sbocchino come un’assassina. Ma solo per farglielo diventare una stecca insalivata e poi salirci sopra, scostare la striscetta e impalarmi. Ecco cosa mi va.
- Cristodiddio... - miagolo riempita troppo in fretta - uuuuuh!
- E n'è ancora gnente - mi fa con una certa irriverenza.
Gnente non direi. Gnente significa gnente. E il suo cazzo non è precisamente "gnente". Il suo dito è però, lo riconosco, anche di più. Non ha nemmeno bisogno di scostare il filo interdentale, perché in queste mutandine non c'è nulla a coprire il solco delle chiappe. Scommetto che quando le ha scelte ci ha pensato. Ha pensato a questo. A profanarmi con un dito mentre il suo cazzo mi riempie. Vero Luca? E' quasi la specialità della casa, come il millefoglie di Cavalletti.
- Porcocazzo... aaah... AHIAAA!
Ma io non mi vergogno degli strilli e degli ululati che faccio, no. E nemmeno delle oscenità che mi escono dalla bocca. Io mi vergogno di questa lagna indecente e fastidiosa che non riesco a reprimere. Che mi fa sembrare un'ochetta adolescente arrapata. Di questa mi vergogno. A molti ragazzi piace, li eccita, Luca compreso. A me no, vorrei sprofondare esattamente come lui sprofonda dentro di me. Ma non posso farci nulla. Per fortuna stavolta dura poco, perché anche a qualcuno lassù vengo a noia. Accade un attimo dopo che Luca scosta con i denti la striscetta che copre un capezzolo, prima succhia e poi morde. Faccio solo in tempo a dire "cazzo che bello!" che da qualche parte arriva una saetta. Mi stronca, mi fulmina, mi fa irrigidire e contrarre in ogni dove. La sento la mia fica che gli strizza l'uccello, la sento proprio. Ma non è tanto quello che mi interessa, ora. Quello che mi interessa è precipitargli addosso tremante senza schiantarmi, mi interessa lui che mi accarezza i capelli e la schiena.
Finita qui? Figuriamoci. Non mi sono nemmeno ripresa che si alza dal divano, ancora incastrato dentro di me. Mi porta in camera da letto e mi dà una bella castigata. Anzi due, per la precisione. E nell'intervallo mi fa spogliare (ci vuole niente), si fa spogliare (ci vuole un po' di più) e succhiare di nuovo il cazzo. Quando è pronto mi stende, mi sale sopra e comincia a darci dentro come se volesse trivellare, oltre alla sottoscritta, anche il materasso. Ci metto, credo, nemmeno cinque secondi ad allacciargli le gambe dietro e a cominciare a ripetergli, in varie tonalità, "sono la tua troia!" per poi passare a descrizioni dello stato dell'arte ("dio che cazzo che hai!", "come sono bagnata!") oppure a richieste più specifiche ("sfondami!"). Accade anche che stasera siamo coincidenti, nel senso che arriviamo insieme. Non succede quasi mai ma, beh, uao, è una ficata. Ci addormentiamo come piace a noi, a cucchiaio. Un suo braccio sotto la mia testa con la mano che finisce a raccogliermi un seno. L'altro braccio a cingermi all'altezza della pancia. Come sempre, dopo un po', mi scosta i capelli che gli fanno solletico al naso. Perché non lo faccia di default non l'ho mai capito, deve essere un rito tutto suo. Prima di cadere nel sonno ripercorro gli orgasmi avuti. Quasi inconsapevolmente, è come se lo facesse il mio corpo al posto del mio cervello.
Ecco, da questo momento in poi, se questo fosse un racconto a puntate, si aprirebbe un capitolo intitolato "Accidenti a te, Yuko".
La mattina mi ritrovo quasi nella stessa posizione, risvegliata dall'urgenza di fare pipì. Vado in bagno e già che ci sono mi siedo sul bidet, risciacquo anche le tracce lucide e secche che, noto con piacere, ornano il mio interno coscia, poi mi lavo i denti. Forse è un errore. Avrei potuto continuare a dormire ma adesso sono completamente sveglia. Vado a vedere come sta messo Luca, se è prossimo a svegliarsi anche lui, se sia già il caso di andare in cucina e preparargli il caffè.
E' una cosa che mi piace fare. Che, per gioco, mi piace considerare un piccolo dovere, un piccolo gesto di subalternità. Una volta mi presentai da lui così come sono ora, nuda. Assistetti al rito del bicchiere d'acqua e del caffè restando in piedi accanto al letto, coprendomi con braccia e mani il seno e il pube, in un gesto di ostentata pudicizia, sicuramente più osceno che se gli avessi spalancato le cosce davanti. "Il signore desidera altro?", domandai sommessamente. Nemmeno due minuti dopo era lì che mi inchiodava faccia al muro per dimostrarmi che, in definitiva, desideravamo entrambi la stessa cosa.
Stavolta invece è ancora troppo presto per il caffè. Luca dorme profondamente e in fondo a me non dispiace ritornarmene un po' sotto il piumone. Mentre sto per infilarmi a letto mi dico che le lenzuola blu sono davvero eleganti e sensuali ma inappropriate per il sesso. Almeno la mattina dopo, almeno sotto un profilo estetico classico. Da un altro punto di vista, invece, ciò che vedo me gusta mucho. Ho praticamente dormito sopra un laghetto di sperma e succhi vari fuoriusciti dalla mia vagina, che adesso si sono asciugati e trasformati in macchie scure e aloni biancastri. Scosto un po' di più il piumone per verificare la portata del danno. E lì lo vedo.
Non so come cavolo facciano, ma a quanto pare anche la scienza non ha certezze. Sta di fatto che io l'ho sempre considerata una cosa a metà tra il miracolo (nel senso di un dono divino) e una figata pazzesca. Sacro e profano strettamente intrecciati, insomma. E, nonostante un background cattolico, ammetto di considerare il lato profano assai più divertente. Penso di non essere la sola. Anzi, lo so per certo.
Senza trascurare il fatto che è una delle cose più affascinanti che ti possano capitare se dormi con un ragazzo. Ce ne sono diverse, eh? Non correte subito alle conclusioni, non sono così insensibile e ho una mia dimensione spirituale abbastanza sviluppata. Però questa è proprio una di quelle manifestazioni che ti fanno dire "Dio, ti ringrazio", tanto per tornare al versante religioso della questione.
Parlo di TNP, che sta per "tumescenza peniena notturna" e che insomma, sì, è quella cosa che avviene quando i nostri Lui si svegliano o sono lì lì per svegliarsi e hanno l'uccello in assetto da combattimento. Il nome, ovviamente, non lo conoscevo. L'ho appreso googlando qualche tempo fa perché, ve l'ho detto, è una cosa che ho sempre trovato affascinante. Sia nella parte teorica, ossia a scuola quando se ne fantasticava tra di noi, sia in quella pratica, ossia dalla prima volta che ho dormito con un ragazzo.
Su Wikipedia, oltre al nome, ho appreso anche altre cose. La prima è che ogni maschietto non ce l'ha solo al mattino, gliene capitano quattro-cinque per notte anche se non se ne accorgono. Una volta lo chiesi a uno: "Ma a te, anche nel bel mezzo della notte, viene duro?". La risposta fu "boh, forse". Capisco però che uno solo non faccia statistica. La cosa ha un corrispettivo femminile, ce l'abbiamo pure noi, anche se, almeno per quanto mi riguarda, non è così devastante ed è facilmente confondibile con le conseguenze dei miei sogni porchi. Ma non è di questo che voglio parlare.
Torniamo ai maschietti. Per dire che... beh, cazzo, quattro-cinque erezioni per notte. Insomma, wow, no? Un sex toy umano! Senza contare che in un ragazzo sano la TNP dura una trentina di minuti. No, dico, trenta minuti, meglio di una batteria AA. Scema io che stanotte ho dormito!
Non voglio svegliare Luca, però. Mi accoccolo accanto a lui più o meno nella stessa posizione di prima, a cucchiaio. Mi accontento di sentire la sua TNP su una natica. Dopo un po' penso che mi accontenterei meglio se portassi una mano all'indietro e gli accarezzassi i testicoli. Faccio piano, non vorrei disturbarlo ma in realtà sì che lo disturbo. Me ne accorgo dalla debole pressione delle sue dita sul capezzolo. Qualche secondo dopo anche dalla sua mano che mi sfiora il culo. Non posso sapere se si sia proprio svegliato, ogni tanto di notte lo fa e credo che sia un semplice riflesso. Tuttavia ora è come se avvertissi molto di più la presenza della sua carne dura sulla mia carne morbida.
No, ok, si è svegliato, poco male. Anzi. E non solo si è svegliato, ha anche in mente un disegno preciso. Una sua road map ben delineata. Aprirmi la fica con il pollice, tanto per cominciare, e frullarmelo dentro. Uno o due secondi di fastidio, perché nonostante quello che possiate pensare non sono poi così eccitata. Un attimo dopo invece lo sono, un attimo dopo da quelle parti ci potrebbero coltivare il riso. Lo so benissimo cosa succederà, un po' mi ci abbandono e un po' me lo pregusto. Lui mi conosce benissimo, ormai, e sa cosa mi piace. Su alcune cose ce l'ho anche portato io, tipo il dirty talking. O le sculacciate. Sempre troppo poche, però. Sembra quasi che me le dia quando se ne ricorda, come se mi facesse un favore.
Invece quello che sta facendo adesso lo fa così spontaneamente che sembra essere parte del suo patrimonio genetico. Ma è una operazione che ha i suoi tempi e i suoi segnali, è tutto codificato. Il rumore di sciacquettio, per esempio, o il mio respiro che cresce. Il culo spostato impercettibilmente all'indietro, in modo del tutto istintivo, per offrirmi meglio. Gli spasmi, la tensione dei miei muscoli che si spezza, cede, si arrende. La testa che mi crolla sul cuscino ed è così pesante che mi chiedo se ce la farò mai a rialzarla. E' il momento della Fase 2: fuori il pollice sostituito da altre due dita, le più grandi, mentre lo svita-e-avvita sul mio capezzolo si fa quasi doloroso. Le conseguenze sono varie e, in genere, vanno dal sospiro al mugolio, al senso di riempimento e - è una cosa che per qualche attimo avverto distintamente, sempre - alla voglia immediata di cazzo. Anzi, bisogno. Avrei bisogno di un cazzo come avrei bisogno di un collare e di un guinzaglio. Come se avessi paura di perdermi e di perderlo. Ma la Fase 3 arriva immediatamente dopo e cambia tutto: quel pollice da me stessa umettato mi finisce direttamente nel culo, di solito senza nemmeno tanta grazia. Anche stavolta. "Ahia, ahia!", ma lo sa benissimo che mi piace da morire. Cioè no, piacere è poco. Mi signoreggia. Cinque lustri di vita e qualcosa spadroneggiati da tre dita. E non sono nemmeno io che mi consegno, che mi arrendo. Sono quelle tre dita che mi mandano affanculo cervello e volontà. Io, di mio, mi contorco e basta. Piagnucolo e basta.
L'epilogo - atteso, scontato, liberatorio e fantasmagorico - è il mio strillo. Ciò che segue, invece, è un po' random, cambia di volta in volta. Stamattina sono le sue parole un po' ironiche ("mi sa che ti piace, eh?") che mi scivolano addosso. Sono le sue mani che mi afferrano per le anche e mi tirano su, alla pecorina. Anzi, come era il racconto? "L'ha ascoltata mentre il respiro affannoso ritrovava il suo ritmo"? "L'ha presa per i fianchi sollevandole il sedere per penetrarla fino all'anima"? "Potente ed audace nell'intimità più stretta"? Perché - mentre porto alla cieca la mano all'indietro per impugnare il suo cazzo di marmo - mi viene in mente proprio questo?
- Luca...
- Amore...
- Mi vuoi inculare?
- Dici sul serio?
Gli tirerei una padella, se ce l'avessi a portata di mano. Non bastava la sottile ipocrisia della mia domanda - che nasconde un retropensiero codardo: "non vuoi? ah ok, fa nulla" - ci si deve mettere pure lui?
- Sì...
- Aspetta che prendo qualcosa...
- No...
No. Non alzarti adesso. Non andare di là a prendere qualcosa. E poi che cosa? Non abbiamo nulla, che vorresti usare? L'olio per l'insalata? Il sapone? La prima volta fui io ad andare a prendere l'olio abbronzante prima di chiedertelo. Ma ora? Non mi lasciare, non lasciare che la paura prenda il posto del desiderio. Fallo ora.
- Chiedimelo...
- Come?
- Chiedimelo meglio...
Vuoi sentirmi pregare, implorare, Luca? Vuoi sentire con le tue orecchie come mi consegno a te? Vuoi la prova del mio assoggettamento, della mia remissività?
- Ti prego, inculami - lo supplico.
- Lo vuoi tanto?
- Lo voglio da impazzire...
- Che cosa?
- Daiiiii....
- Che cosa?
- Il tuo cazzo...
- Dove?
- Stronzo... nel culo...
Me & anal sex. Il capitolo di un libro, ci vorrebbe. Titolo: dal terrore al piacere e ritorno. In passato l'ho fatto perché pensavo andasse fatto, perché l'avevo promesso, perché mi andava di farlo, perché mi è stato imposto. L'ho fatto per cercare una specie di autopunizione. L'ho fatto perché ero strafatta. L'aspetto psicologico è stato sempre prevalente, ma ho anche conosciuto il piacere fisico, non vorrei essere ipocrita. C'è stato un periodo in cui è stato un modo di fare sesso come gli altri, certe volte meglio degli altri. A volte desiderato in modo febbrile. Poi la febbre, così come era venuta, se n'è andata ed è rimasto qualcosa di sporadico. Sporadicamente vengo sottomessa, ancor più sporadicamente lo rivendico. A Luca l'ho offerto da poco, e non perché sapevo che lo voleva da morire. Ma perché quella sera era lui che mi piaceva da morire. E poi, perché agli altri sì e proprio a lui no?
La saliva nel solco. Scende e bagna il buchino forse ancora un po' aperto. La lingua che sparge, che penetra, che apre. I brividi che si portano via la mia lucidità. E' sempre stato vergognosamente così, sempre. E forse solo una ragazza mi poteva far conoscere il piacere di una lingua affondata lì dentro.
- Luca ti preeeegooo...
Mi inarco e attendo lo schianto. Chi cazzo me l'ha fatto fare? Lo penso ogni volta, stavolta lo penso prima. Perché so bene chi me l'ha fatto fare. Non bisognerebbe mai leggere certi racconti.
Cosa aspetti? Usami, prendimi, sbattimi, accarezzami. Sculacciami e sfondami. Fammi il culo, rendimi troia innocente, ragazza indecente. Invadi il mio essere con il tuo piacere sadico e benedetto. Ascolta il mio belare tremante, il mio "porca mignotta, mi stai inculando". Baciami, imperversa. Torcimi il collo per mettermi la lingua in bocca.
La sua sodomia è lenta, ma senza tentennamenti. Sono sicura che ascolti il mio respiro che ogni tanto si fa sbuffo. So che mi sente ansimare, reprimere l'urlo straziato. So che sa che mi fa male. Forse pensa che in fondo a questo dolore c'è un piacere che si insinua e piano piano lo sopravanza. Ebbè, ha ragione, è così. Entra, entra fino in fondo. E poi tutto diventa così selvaggio. Lui, io, il mondo.
- Oddio... - piango. E come sempre la frase completa sarebbe "oddio che male". Ma non voglio dirgliela, anzi voglio dirgli il contrario. Voglio essere spudorata e senza ritegno.
- Ti faccio male?
Certo che mi fai male. Che cazzo di domanda è? Come stracazzo pensi che non mi faccia male? Non capisci che non è questo il punto? E pure l'autrice di quel racconto, Yuko. No, dico, anche il suo olandese la sfonderà per bene, no? Come fa a parlare di "sottile dolore", di "sensazioni ottenebranti", di "garofano dalla fine rugiada"? A me questo avanti e indietro deciso e implacabile sembra esattamente quello che è: mi sta spaccando il culo, me lo fa sentire fino allo stomaco, mi fa andare a fuoco, me lo sta rompendo come se fosse la prima volta. Ogni volta è la prima volta. Tranne che per una cosa: il piacere. Che c'è già, che ci sarà anche di più. Crescerà, crescerà, già lo so.
- Non importa - gli rispondo con una voce che non è la mia - non smettere, rompimi...
- Non vuoi che mi fermi? - chiede accelerando il suo ritmo. Quanto è stronzo, quanto è sublime.
- Porco... fottimi, inculami, fammi male... Prendimi! Ah sì, prendimi!
Sì, prendimi. Fammi male. Più forte. Ti sento in pancia. Prendimi. Possiedimi. Possiedimi.Possiedimi.Possiedimi. Niente è più mio, adesso. Possiedimi, azzerami, nullificami. Godi e fammi godere, fammi scalciare e strappare il lenzuolo. Fammi urlare e fammi sentire il mio urlo arrivare dall'iperspazio, come se fosse un'altra ragazza a urlare. Fallo esattamente in quel momento lì, grida il mio nome mentre mi spruzzi l'intestino e quella scarica mi attraversa ogni cellula.
Ansimiamo, ma il suo peso sopra di me mi toglie l'ossigeno. Mi schiaccia e mi riempie ancora, finché non recede. Tracimerò anche io sperma, adesso? Si alza, se lo va a lavare. Non credo che avrò mai il coraggio di dirglielo, ma non sa quanto lo ringrazio per la sua attenzione all'igiene. Eppure basta questo per farmi sentire improvvisamente sola.
Nuda, stordita, il respiro che ancora trema. L'ano pulsante, che mi sembra di avere il cuore lì dietro. Esile bionda straziata, occhi azzurri sbarrati, filo di bava che esce dalla bocca ancora semi aperta. Essere amato e allo stesso tempo cosa usata. Uno straccio bagnato buttato da qualche parte.
E' fantastico. Starei così tutto il giorno.
- A che ora annamo a core? - chiede rientrando nella stanza - non piove sai? Anzi, è una bella giornata.
- Luca... ma perché 'gnittanto 'n te ne vai affanculo?
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