Jap Story - Sweet dreams
di
RunningRiot
genere
etero
(ma leggete prima "Estasi autunnale", by Yuko)
- 'spetta, aspetta, aspetta! Dai, dai, dai!
Prendo la boccetta di TORA-DOL e la ficco in borsa, afferro Pigi per la mano e voliamo giù per le scale. Mentre mi offre il casco ho il flash di Ludovica che entra in camera mia appena tornata dal lavoro e vede il letto sfatto e macchiato, la mia mini devastata e gettata per terra insieme a un reggiseno e a un paio di calze maldestramente tagliate che una volta erano collant. Chissà che cazzo penserà. Vabbè che io e lei ne abbiamo combinate di tutti i colori, però... Chissà che penserà soprattutto quando le dirò "lo sai che il tuo ganzo voleva farsi una sega addosso a me?". La consolerò dicendo "dai, non ci pensare", che Gigi è solo un povero stronzo. Che una di queste sere usciamo e ce ne portiamo su un paio come ai vecchi tempi.
Va bene, va bene, poi si vedrà. Adesso focalizziamoci sulla giapponese, ok? Daje, quattordici minuti per raggiungerla, ora sono diventati dodici porcocazzo. Da qui a Cadorna dovremmo farcela, ma... che ne sai? Il traffico, magari i lavori, un corteo, un'invasione di extraterrestri... Come sempre, in situazioni come questa, mi dico che una cosa non è fatta finché non è fatta, penso sempre al peggio.
- Ma sei sicura che sia Cadorna? - chiede Pigi mentre sgasa.
- Ma certo, vai, vai! - rispondo.
Tiro fuori il telefono dalla borsa alla ricerca dell'ultimo WhatsApp di conferma. Ma nemmeno lo apro perché mi ricordo che invece me l'ha detto a voce. Oh vaccamerda!
- Centrale, Centraleee!
Pigi impreca un "porco qui e porco là" da scomunica immediata e senza appello, piega a destra in modo spaventoso. Sono convinta che ci ammazzeremo, ma forse tanto vale ammazzarsi. "Adesso voglio sapere come cazzo ci arrivo in dieci minuti", "frega cazzi, arrivaci!". A me le strade di Milano hanno sempre fatto paura. A Roma vabbè, si sa, è tutto una buca. Ma almeno lo sai. A Milano invece... sembra sempre tutto liscio e poi, zac! Quelle cazzo di rotaie del tram, per esempio. Il terrore. E poi le macchine, cazzo. Sì, certo, a Roma c'è traffico. Ma qui... qui guidano tutti come dei cazzo di milanesi! Guarda sto deficiente che si ferma al giallo. Caaazzooo, ma noooo, è appena scattato quel giallo, ma che, ti fermi così?.
- Dai, daaaai! - grido a Pigi.
- Calma, è rosso...
Penso che non sia tanto il fatto che siamo fermi. Penso che sia proprio la parola "calma" detta in quel modo così indolente a farmi andare il sangue agli occhi. Ok, fino ad ora è andato bene. Valentino Rossi ti fa una sega, Pigi. Ma come pensi che possa tollerare qualsiasi forma di indolenza in questo momento? Perciò, la mia risposta la scrivo in minuscolo, per educazione, ma voi immaginatela scritta in maiuscolo. E con una cinquantina di punti esclamativi e interrogativi.
- Ma porca di una troia... ti ho vestito da puttana, ti ho pure truccato da puttana, mi hai rotto il culo... e adesso dici "calma"???? Non puoi bruciare un cazzo di semaforo????!!!!
Pigi riparte. Così forte che mi devo aggrappare per non essere sbalzata all'indietro. Non dico che impenna ma quasi. Credo che più che la mia fretta sia la sua volontà di sottrarsi allo sguardo del signore nella macchina affianco a noi. Al mio "cazz...!" segue una suonata di clacson che non voglio nemmeno sapere da dove arriva.
Ora, io non è che mi renda sempre bene conto di dove siamo. Non mi ricordo così bene le strade. Ma quando vedo il grattacielo mi dico "cazzo, ci siamo".
"Pierluigi porca troooiaaaaa....", oh merda, meno male che il taxi si è fermato. A Roma col cazzo... gli facevamo il tatuaggio alla fiancata. Fermo, fermo, fermo... lasciami qui... ah già, tieni sto cazzo di casco.
- Grazie Pigi...
- Vai, corri. Io faccio un salto da Gucci e ti faccio sapere...
Mi fermo dopo i primi due passi, mi ricordo della sua promessa (o dovrei dire della mia estorsione?). Mi volto, lo osservo e penso che sarà davvero buffo per le commesse vedere entrare un ragazzo con il mascara colato e le labbra sbaffate di rossetto. Come minimo penseranno a una scommessa persa.
- Prada. Oppure Bottega Veneta... se si può, un buono spesa. Mandami un messaggio. Eeee, ultima cosa, Pigi.
- Eh?
Mi avvicino, gli prendo il casco tra le mani e, con una certa difficoltà lo bacio in bocca.
- Sei bellissimo così, non sei mai stato così bello. Sei un fregno pazzesco.
Detto questo, mi volto e comincio a correre. Sono una runner, cazzo. Cioè, sono una runner, è vero, ma andiamoci piano. Sono una runner che stanotte è stata stordita dall'oppio, si è beccata una dose di ketamina e un'altra di TORA-DOL. A momenti si rompe il coccige sul pavimento ed è stata pure scopata e sodomizzata da un rampollo della Milano-bene. E non è nemmeno mezzogiorno... Un po' mi gira la testa, eh? Non potete pretendere proprio la mia migliore performance. Senza contare che appena entro in stazione mi prende il panico. Sì, perché si fa presto a dire Centrale. Ma Centrale dove? Yuko, dove cazzo stai? Dio delle guide turistiche per giapponesi, aiutami tu, è facile: capelli neri, occhi a mandorla e trolley. Altri segni particolari: una lingua che ti fa svenire appena ti lappa. Biglietteria, l'ho vista, grazie! Giuro che non mi attacco più al clacson quando mi passate davanti in centocinquanta con il semaforo rosso appena scesi da un pullman.
- Yuko! Cazzo, Yuko! - grido riprendendo a correre.
Due tipi davanti a me si voltano e mi guardano male. Sì, lo so, non si dovrebbe dire "Yuko" così ad alta voce in mezzo alla folla, ma adesso levatevi dal cazzo, eh? Non siete voi quelli alacri e grandi lavoratori? Ecco, toglietevi dal cazzo e andate alacremente affanculo...
- Yuko, ferma!
- Presto, parte il treno, se non è già partito!
Fa per voltarsi e avviarsi ai binari. Avete mai visto una persona che sta per perdere il treno o che, anzi, l'ha quasi matematicamente già perso? Eh sì, perché qui sono alacri, grandi lavoratori e pure efficienti, figuriamoci se fanno partire un treno con un minuto di ritardo... Vabbè, tanto a me del suo treno non me ne frega un cazzo.
- Ferma, ferma! - la blocco tirandola per un braccio.
Tira anche lei, però, devo puntellarmi sui talloni. Mi guarda con un'espressione tra l'interrogativo e l'incazzato.
- Ferma, ferma! Firenze!
- Firenze?
- Firenze!
Ora, io lo so perché dico Firenze. E' un altro flash che mi è venuto due secondi fa. E so anche il perché. A Firenze ci andai con un ragazzo americano, di cui mi ero invaghita la sera prima. Una pazzia. Per lui era l'ultima serata a Roma. Il giorno dopo, appunto, Firenze (e poi Milano, Venezia... tutto il cazzo di tour turistico). Stavo preparando la triennale, era un periodo pazzesco, uno stress allucinante. Mollai tutto e mi presentai alla piattaforma del Frecciarossa salutandolo - "hi Mike!" - mentre lui mi guardava con l'espressione di un cammello che ha appena scoperto che l'acqua del mare non si può bere. Era uno che viaggiava un po' a cazzo, senza prenotazioni. L'albergo lo scegliemmo sul treno, vicino al primo posto famoso che mi venne in mente, Ponte Vecchio. Cazzo, siamo stati insieme una settimana. E a momenti Firenze il bel Mike non la vede proprio... Doveva essere un millennio che non scopava. Non potete nemmeno immaginare quanto fosse figo. Questo, è ovvio, non sarebbe proprio carinissimo dirlo a Yuko. Però, ahò, è il meglio che mi è passato per la testa. Quindi, vediamo di accontentarci. Firenze, certo. Firenze è la città delle pazzie. Lo sapete, no? Lì son tutti matti. E' pur sempre la città di un tizio che ha fatto un trip talmente assurdo che, quando ne è uscito fuori, ha detto di avere attraversato Inferno, Purgatorio e Paradiso. E non c'erano né Lsd né funghetti, a quei tempi.
- Ma io non vado a Firenze... - protesta la jap.
- Grazie al cazzo, Yuko... dai vediamo di sbrigarci... Dai, dai, dai!
Dio santo. Avrò qualche passaggio a vuoto fisicamente parlando, ma mentalmente sono il supercomputer di Kobe, cara la mia giapponesina. Hai presente Kobe, no? La città dove massaggiano i manzi con il sakè (gente strana, eh? però la carne è fantastica, anche se devi accendere un mutuo per mangiarla). Dio santo. Me la scoperei qui in piedi, davanti alla biglietteria e davanti a tutti. Ma chi sarà quello stronzo che ha concepito il reato di atti osceni? E poi osceni perché? Ma avete presente che io e lei faremmo fermare le guerre? Va bene, va bene, non si può fare, d'accordo. La prendo per mano e la trascino via. Il primo a seguirmi è il suo braccio. Un paio di secondi dopo mi segue tutto il resto. Come lei fece con me nella toilette di Palazzo Reale. Non siamo due amanti, siamo i personaggi di un cartone.
Vi pare facile prendere al volo un Frecciarossa così, senza prenotazione? Perché è chiaro che voglio il primo che parte, come cazzo faccio ad aspettare? Eh... però qui davvero sono cazzi. "La prego, la prego, la preeego...". Dio santo. Nata troia. Dalla prima volta che ho chiesto a papà di leggermi la favola della buonanotte a mezz'ora fa, che mi facevo scopare da Pigi in cambio della promessa di un giretto a Montenapoleone.
Che cazzo me ne frega se c'è posto solo in prima classe, andiamo. Sul marciapiede le prendo la faccia e la bacio, lei subisce interdetta. Non un bacetto, eh? Più un bacio tipo "fatti fare il solletico all'esofago", diciamo. Oppure del tipo "appena parte il treno ti porto alla toilette e mi ti faccio". Credo che ai passeggeri che ci scansano infastiditi sia ben chiaro chi è la dominante di queste due lesbiche di merda. Guadagniamo i nostri sedili nella carrozza due, l'una accanto all'altra. Dall'altra parte c'è una signora, una cinquantina d'anni a occhio e croce. Elegantissima, chissà cosa fa nella vita. Ha un laptop sul tavolinetto e probabilmente sta lavorando. Ci osserva per un momento da sopra gli occhiali da lettura, fa una smorfietta che sembra un sorrisino di saluto. "Hai fatto tardi...", mi rimprovera Yuko. "Te credo, ero convinta che stavi a Cadorna!". "Ma te l'avevo detto che ero in Centrale!". "Eh... stavo pensando a Ludovica...". "Cosa c'entra Ludovica?". "Niente... mi è tornata in mente una volta che passavamo lì in macchina con tre tipi di Vercelli...". "E...?", domanda la jap. "Niente, te lo racconto un'altra volta...". "Ma sei fatta?", insiste Yuko. "Ora no, ma quella sera sì!".
Non è che proprio la stia guardando, ma ho la netta impressione che la signora davanti abbia ricominciato a guardarci da sopra gli occhiali. E mi rendo anche conto che forse la conversazione tra me e questo muso giallo potrebbe suonare imbarazzante, alle sue orecchie. Ma anche questa è una delle tante cose di cui in questo momento non me ne frega una beneamata ceppa.
"Come va il sedere?". "Bene, ho preso il TORA-DOL, 'na mano santa". "Noooo, l'hai già preso? Dopo la ketamina? Come ti senti?". "Bene!". "Bruciori? Ti senti stanca?". "Beh... mi hai distrutta... prima tu e poi Pigi". "Ma chi cazzo è questo Pigi?". "Niente, un amico... anche meno di uno scopamico... carino però, se vuoi ti faccio fare un giro una volta... se ti piace il tipo un po'... uhm... effeminato, diciamo". "Ti senti strana?". "Ma perché, secondo te io di solito sò normale?". "Però sei tutta sudata - insiste Yuko - togliti questo". Mi pinza la manica del golfino di cotone celeste. Le faccio segno velocemente con la testa di no. Sguardo interrogativo, le faccio di nuovo segno di no. Mi invita di nuovo. "Puzzo?", le domando abbassando finalmente un po' voce. Perché passare per una troia tossica ok, ma per una che non si lava no, eh? Lei risponde "no, non puzzi, però avrai caldo...". "Sotto non ho nulla!", le dico all'orecchio.
Mi guarda stranita. Secondo me non si è ancora ripresa da tutta questa girandola. Secondo me non ha ancora capito come cazzo sia successo che questa ragazzina esagitata l'abbia presa e, in un sol colpo, le abbia stravolto la giornata e chissà quante altre cose. In realtà non lo so neanche io, non me lo chiedo. E' tutto così irrazionale, illogico e fantastico. Mi sento fortissima. Di spirito, mi sento fortissima. Per il resto, mi sento mancare le forze all'improvviso, come se tutta la tensione mi fosse calata 3-2-1-via! Appoggio la testa sulla spalla di Yuko, lei ci mette una mano per accarezzarla. "Svegliami a Firenze...". Forse lei mi dice "certo, capelli gialli...". O forse l'ho sognato.
"Ehi... ehi ragazze, ehi! Firenze... dovete scendere qui, no?". La signora davanti a noi spinge Yuko su una spalla, ma i sobbalzi fanno dondolare anche me. E' così che mi sveglio, non capisco un cazzo ma mi sveglio. Ho sensazioni vaghe, non ben definite. Tipo il treno che rallenta, tipo Yuko che mi si stiracchia addosso, tipo io che mi allungo cercando di prolungare il sonno e le appoggio una mano su una tetta. In cerca o in offerta di protezione, non so. Sotto la maglietta è morbida e accogliente, priva di reggiseno anche lei, come se effettivamente ci fossimo messe a letto e quello fosse un pigiama. Sento un "ehm..." e la sua mano che scosta la mia. La stavo sognando, la sua mano, ne sono certa, ma non sopra la mia. La stavo sognando? O è successo davvero?
Artiglio le lenzuola, le stringo come se volessi strapparle e portarmele sul petto. Ansimo e mi ritorna indietro il fracasso del mio respiro. Miagolo un “no” che è un “sì”, volto la testa da una parte e dall'altra sul cuscino dove sono sparsi i miei capelli. Le mie tette si alzano e si abbassano, i capezzoli sono così duri che sembra vogliano schizzare via, sento la pelle imperlata dai sudori del primo orgasmo e ne sto già implorando un altro. Inarco la schiena e spingo il bacino per offrire il mio grilletto alla sua lingua e alle sue labbra, la mia vagina alle sue dita impetuose. Un altro dito mi scava nel culo, seviziato da Pigi poco fa. Lo sa perfettamente come farmi andare fuori di testa, sta troia. L'effetto dell'anestetico sta svanendo, o forse è già svanito del tutto. Sento il fastidio, anzi mi fa male. Ma se dolore deve essere voglio anche quello. Voglio tutto. Penso solo a me, al mio piacere, sono egoista. Ma non posso essere altrimenti, ora. E poi chi l'ha detto che lei non trovi piacere nel darmi piacere? Non è possibile che sia stato tutto un sogno... è tutto così... così netto!
"Troia, troia", le sibilo. Ma non nel senso in cui mi piace sentirmelo dire quando faccio prigioniero un ragazzo. Non so nemmeno se si offenda ma, onestamente, non me potrebbe fregare di meno. Declino inconsapevolmente nel dirty talking di una scopata ciò che in realtà sarebbe la parola "strega". Strega, strega, non so cosa mi abbia fatto questa strega, ma voglio solo che continui a farlo.
Torno a pensare a Pigi e, come un flash, mi viene in mente una cosa che non lo so se sia vera in generale, ma in questo momento lo è. Mentre Yuko mi fotte e mi sfotte dicendomi "ti piace così tanto, capelli gialli?" io mi dico che un maschio non conoscerà mai questo modo di giocare. Concentrato com'è sul chiava-chiava, sulla durezza a breve termine del suo cazzo, un maschio non potrà mai capire questo modo di prendere per il culo il tempo. Dilatarlo, restringerlo, annullarlo. Non potrà mai capire che due ragazze possono andare avanti una notte intera con un singolo preliminare o fare tutto in cinque minuti.
Cinque minuti, non di più. Sono nuda su questo letto da non più di cinque minuti. Ma in realtà è quasi da un giorno intero che Yuko mi sta possedendo. Da quando mi ha sequestrata nella toilette di Palazzo Reale. O anche da prima. Da quando mi ha fregato il posto nella fila per i biglietti. O anche prima, da quando mi ha vista dondolare il culo a piazza Duomo. E non è possibile, non è plausibile, che sia solo un sogno. E', semplicemente, la scopata più lunga del mondo. Fatta di dita che frugano, labbra che cercano, luci proiettate e musica di Brian Eno. Fiche dischiuse che stillano e che si cercano, cosce che si spalancano implorando. Natiche sfiorate da capezzoli. Incenso, cenere e cera. "Scopami, scopami, fammi tua", "sei già mia", sono tua". Baci, sonno, caffè, piedi poggiati su seni immersi nell'acqua, droghe. Alluce che sfiora le labbra vaginali come un glande e che dice suadente “lo sai che muoio dalla voglia di riempirti, bella micetta?”. E lei, l’inquilina del piano di sotto, quella puttana, che risponde “e cosa aspetti, il permesso di mamma gatta?”. Fettucce che legano i polsi. Gemiti soffocati, la registrazione di un rumore di dita che sciacquano in una vagina. Erano le sue dita? Erano le mie? Maschi che si intromettono, vestiti di idiozia o truccati di mascara, cazzi che ti imbottiscono di Paradiso e dolore. "Pigi, mettiti le mutande e portami da lei".
Yuko si alza e mi passa davanti per prendere il trolley. Mi alzo pure io, sia pure del tutto in anticipo perché il treno è appena entrato a Santa Maria Novella. Mi sento inebetita e ho il battito accelerato. Respiro a bocca aperta. Che abbia davvero esagerato con le medicine? Cerco di capire chi cazzo sia questa signora qui davanti, poi mi ricordo. Si è riseduta, seminascosta dietro il suo laptop, ci guarda da sopra gli occhiali da lettura come quando eravamo ancora a Milano. Cazzo, ma è stata tutto il viaggio a guardarci così? Subito dopo, l'altra cosa che ricordo è che è stata lei a svegliarci altrimenti l'avremmo fatto a Roma, a Napoli... dove cazzo finisce sto coso? Dov'è che termina la corsa? E se adesso spuntasse Tom Hanks in performance capture e ci timbrasse i biglietti come in Polar Express? E come si fa a timbrare un biglietto elettronico? Sento Yuko che mi chiama, è già a metà corridoio: "Ehi, occhi azzurri, andiamo!". Ma il mio nome gliel'ho detto? Lo sa? Mi volto a guardarla, poi torno con gli occhi alla signora. Le sorrido, le dico un impercettibile "grazie", mi sembra il minimo. Lei continua a fissarmi da sopra gli occhiali, fa un altrettanto impercettibile sorriso di risposta. "Vediamo di mettercele, la prossima volta", dice. Annuisco e seguo Yuko. Per la verità le osservo il sedere fasciato dai pantaloni. Vorrei sentirne la pelle nuda contro il mio ventre, ora, mentre le avvolgo i seni con le mani e le passo la lingua sul collo. Per la prima volta mi rendo conto che ho voglia di torturarla moooolto lentamente, voglio sentirla supplicare come io ho fatto con lei. Sarà una cosa molto lunga, occhi a mandorla, magari stavolta sono io che ti lego.
Due, tre passi ancora e di colpo capisco cosa abbia voluto dire la donna. I miei pantaloni bianchi. Quelli di tela leggera, che mi si infilano tra le natiche senza nemmeno una grinza e che con il perizoma giusto mi fanno un culo che sembro nuda. E che adesso sento... cazzo. Resto per un secondo paralizzata, abbasso gli occhi ma senza avere il coraggio di andare fino in fondo. Yuko si volta, segue il mio sguardo, vede ciò che non vorrei vedere.
- Oh mio Dio, che è successo?
- Passami la tua giacca, ti prego... - le dico allungando la mano.
- Sì, ma che c'è? - risponde passandomela.
- Le mutandine...
- Che hanno?
- Non le ho... non le ho messe.
- Perché?
- Non volevo perdere tempo...
- 'spetta, aspetta, aspetta! Dai, dai, dai!
Prendo la boccetta di TORA-DOL e la ficco in borsa, afferro Pigi per la mano e voliamo giù per le scale. Mentre mi offre il casco ho il flash di Ludovica che entra in camera mia appena tornata dal lavoro e vede il letto sfatto e macchiato, la mia mini devastata e gettata per terra insieme a un reggiseno e a un paio di calze maldestramente tagliate che una volta erano collant. Chissà che cazzo penserà. Vabbè che io e lei ne abbiamo combinate di tutti i colori, però... Chissà che penserà soprattutto quando le dirò "lo sai che il tuo ganzo voleva farsi una sega addosso a me?". La consolerò dicendo "dai, non ci pensare", che Gigi è solo un povero stronzo. Che una di queste sere usciamo e ce ne portiamo su un paio come ai vecchi tempi.
Va bene, va bene, poi si vedrà. Adesso focalizziamoci sulla giapponese, ok? Daje, quattordici minuti per raggiungerla, ora sono diventati dodici porcocazzo. Da qui a Cadorna dovremmo farcela, ma... che ne sai? Il traffico, magari i lavori, un corteo, un'invasione di extraterrestri... Come sempre, in situazioni come questa, mi dico che una cosa non è fatta finché non è fatta, penso sempre al peggio.
- Ma sei sicura che sia Cadorna? - chiede Pigi mentre sgasa.
- Ma certo, vai, vai! - rispondo.
Tiro fuori il telefono dalla borsa alla ricerca dell'ultimo WhatsApp di conferma. Ma nemmeno lo apro perché mi ricordo che invece me l'ha detto a voce. Oh vaccamerda!
- Centrale, Centraleee!
Pigi impreca un "porco qui e porco là" da scomunica immediata e senza appello, piega a destra in modo spaventoso. Sono convinta che ci ammazzeremo, ma forse tanto vale ammazzarsi. "Adesso voglio sapere come cazzo ci arrivo in dieci minuti", "frega cazzi, arrivaci!". A me le strade di Milano hanno sempre fatto paura. A Roma vabbè, si sa, è tutto una buca. Ma almeno lo sai. A Milano invece... sembra sempre tutto liscio e poi, zac! Quelle cazzo di rotaie del tram, per esempio. Il terrore. E poi le macchine, cazzo. Sì, certo, a Roma c'è traffico. Ma qui... qui guidano tutti come dei cazzo di milanesi! Guarda sto deficiente che si ferma al giallo. Caaazzooo, ma noooo, è appena scattato quel giallo, ma che, ti fermi così?.
- Dai, daaaai! - grido a Pigi.
- Calma, è rosso...
Penso che non sia tanto il fatto che siamo fermi. Penso che sia proprio la parola "calma" detta in quel modo così indolente a farmi andare il sangue agli occhi. Ok, fino ad ora è andato bene. Valentino Rossi ti fa una sega, Pigi. Ma come pensi che possa tollerare qualsiasi forma di indolenza in questo momento? Perciò, la mia risposta la scrivo in minuscolo, per educazione, ma voi immaginatela scritta in maiuscolo. E con una cinquantina di punti esclamativi e interrogativi.
- Ma porca di una troia... ti ho vestito da puttana, ti ho pure truccato da puttana, mi hai rotto il culo... e adesso dici "calma"???? Non puoi bruciare un cazzo di semaforo????!!!!
Pigi riparte. Così forte che mi devo aggrappare per non essere sbalzata all'indietro. Non dico che impenna ma quasi. Credo che più che la mia fretta sia la sua volontà di sottrarsi allo sguardo del signore nella macchina affianco a noi. Al mio "cazz...!" segue una suonata di clacson che non voglio nemmeno sapere da dove arriva.
Ora, io non è che mi renda sempre bene conto di dove siamo. Non mi ricordo così bene le strade. Ma quando vedo il grattacielo mi dico "cazzo, ci siamo".
"Pierluigi porca troooiaaaaa....", oh merda, meno male che il taxi si è fermato. A Roma col cazzo... gli facevamo il tatuaggio alla fiancata. Fermo, fermo, fermo... lasciami qui... ah già, tieni sto cazzo di casco.
- Grazie Pigi...
- Vai, corri. Io faccio un salto da Gucci e ti faccio sapere...
Mi fermo dopo i primi due passi, mi ricordo della sua promessa (o dovrei dire della mia estorsione?). Mi volto, lo osservo e penso che sarà davvero buffo per le commesse vedere entrare un ragazzo con il mascara colato e le labbra sbaffate di rossetto. Come minimo penseranno a una scommessa persa.
- Prada. Oppure Bottega Veneta... se si può, un buono spesa. Mandami un messaggio. Eeee, ultima cosa, Pigi.
- Eh?
Mi avvicino, gli prendo il casco tra le mani e, con una certa difficoltà lo bacio in bocca.
- Sei bellissimo così, non sei mai stato così bello. Sei un fregno pazzesco.
Detto questo, mi volto e comincio a correre. Sono una runner, cazzo. Cioè, sono una runner, è vero, ma andiamoci piano. Sono una runner che stanotte è stata stordita dall'oppio, si è beccata una dose di ketamina e un'altra di TORA-DOL. A momenti si rompe il coccige sul pavimento ed è stata pure scopata e sodomizzata da un rampollo della Milano-bene. E non è nemmeno mezzogiorno... Un po' mi gira la testa, eh? Non potete pretendere proprio la mia migliore performance. Senza contare che appena entro in stazione mi prende il panico. Sì, perché si fa presto a dire Centrale. Ma Centrale dove? Yuko, dove cazzo stai? Dio delle guide turistiche per giapponesi, aiutami tu, è facile: capelli neri, occhi a mandorla e trolley. Altri segni particolari: una lingua che ti fa svenire appena ti lappa. Biglietteria, l'ho vista, grazie! Giuro che non mi attacco più al clacson quando mi passate davanti in centocinquanta con il semaforo rosso appena scesi da un pullman.
- Yuko! Cazzo, Yuko! - grido riprendendo a correre.
Due tipi davanti a me si voltano e mi guardano male. Sì, lo so, non si dovrebbe dire "Yuko" così ad alta voce in mezzo alla folla, ma adesso levatevi dal cazzo, eh? Non siete voi quelli alacri e grandi lavoratori? Ecco, toglietevi dal cazzo e andate alacremente affanculo...
- Yuko, ferma!
- Presto, parte il treno, se non è già partito!
Fa per voltarsi e avviarsi ai binari. Avete mai visto una persona che sta per perdere il treno o che, anzi, l'ha quasi matematicamente già perso? Eh sì, perché qui sono alacri, grandi lavoratori e pure efficienti, figuriamoci se fanno partire un treno con un minuto di ritardo... Vabbè, tanto a me del suo treno non me ne frega un cazzo.
- Ferma, ferma! - la blocco tirandola per un braccio.
Tira anche lei, però, devo puntellarmi sui talloni. Mi guarda con un'espressione tra l'interrogativo e l'incazzato.
- Ferma, ferma! Firenze!
- Firenze?
- Firenze!
Ora, io lo so perché dico Firenze. E' un altro flash che mi è venuto due secondi fa. E so anche il perché. A Firenze ci andai con un ragazzo americano, di cui mi ero invaghita la sera prima. Una pazzia. Per lui era l'ultima serata a Roma. Il giorno dopo, appunto, Firenze (e poi Milano, Venezia... tutto il cazzo di tour turistico). Stavo preparando la triennale, era un periodo pazzesco, uno stress allucinante. Mollai tutto e mi presentai alla piattaforma del Frecciarossa salutandolo - "hi Mike!" - mentre lui mi guardava con l'espressione di un cammello che ha appena scoperto che l'acqua del mare non si può bere. Era uno che viaggiava un po' a cazzo, senza prenotazioni. L'albergo lo scegliemmo sul treno, vicino al primo posto famoso che mi venne in mente, Ponte Vecchio. Cazzo, siamo stati insieme una settimana. E a momenti Firenze il bel Mike non la vede proprio... Doveva essere un millennio che non scopava. Non potete nemmeno immaginare quanto fosse figo. Questo, è ovvio, non sarebbe proprio carinissimo dirlo a Yuko. Però, ahò, è il meglio che mi è passato per la testa. Quindi, vediamo di accontentarci. Firenze, certo. Firenze è la città delle pazzie. Lo sapete, no? Lì son tutti matti. E' pur sempre la città di un tizio che ha fatto un trip talmente assurdo che, quando ne è uscito fuori, ha detto di avere attraversato Inferno, Purgatorio e Paradiso. E non c'erano né Lsd né funghetti, a quei tempi.
- Ma io non vado a Firenze... - protesta la jap.
- Grazie al cazzo, Yuko... dai vediamo di sbrigarci... Dai, dai, dai!
Dio santo. Avrò qualche passaggio a vuoto fisicamente parlando, ma mentalmente sono il supercomputer di Kobe, cara la mia giapponesina. Hai presente Kobe, no? La città dove massaggiano i manzi con il sakè (gente strana, eh? però la carne è fantastica, anche se devi accendere un mutuo per mangiarla). Dio santo. Me la scoperei qui in piedi, davanti alla biglietteria e davanti a tutti. Ma chi sarà quello stronzo che ha concepito il reato di atti osceni? E poi osceni perché? Ma avete presente che io e lei faremmo fermare le guerre? Va bene, va bene, non si può fare, d'accordo. La prendo per mano e la trascino via. Il primo a seguirmi è il suo braccio. Un paio di secondi dopo mi segue tutto il resto. Come lei fece con me nella toilette di Palazzo Reale. Non siamo due amanti, siamo i personaggi di un cartone.
Vi pare facile prendere al volo un Frecciarossa così, senza prenotazione? Perché è chiaro che voglio il primo che parte, come cazzo faccio ad aspettare? Eh... però qui davvero sono cazzi. "La prego, la prego, la preeego...". Dio santo. Nata troia. Dalla prima volta che ho chiesto a papà di leggermi la favola della buonanotte a mezz'ora fa, che mi facevo scopare da Pigi in cambio della promessa di un giretto a Montenapoleone.
Che cazzo me ne frega se c'è posto solo in prima classe, andiamo. Sul marciapiede le prendo la faccia e la bacio, lei subisce interdetta. Non un bacetto, eh? Più un bacio tipo "fatti fare il solletico all'esofago", diciamo. Oppure del tipo "appena parte il treno ti porto alla toilette e mi ti faccio". Credo che ai passeggeri che ci scansano infastiditi sia ben chiaro chi è la dominante di queste due lesbiche di merda. Guadagniamo i nostri sedili nella carrozza due, l'una accanto all'altra. Dall'altra parte c'è una signora, una cinquantina d'anni a occhio e croce. Elegantissima, chissà cosa fa nella vita. Ha un laptop sul tavolinetto e probabilmente sta lavorando. Ci osserva per un momento da sopra gli occhiali da lettura, fa una smorfietta che sembra un sorrisino di saluto. "Hai fatto tardi...", mi rimprovera Yuko. "Te credo, ero convinta che stavi a Cadorna!". "Ma te l'avevo detto che ero in Centrale!". "Eh... stavo pensando a Ludovica...". "Cosa c'entra Ludovica?". "Niente... mi è tornata in mente una volta che passavamo lì in macchina con tre tipi di Vercelli...". "E...?", domanda la jap. "Niente, te lo racconto un'altra volta...". "Ma sei fatta?", insiste Yuko. "Ora no, ma quella sera sì!".
Non è che proprio la stia guardando, ma ho la netta impressione che la signora davanti abbia ricominciato a guardarci da sopra gli occhiali. E mi rendo anche conto che forse la conversazione tra me e questo muso giallo potrebbe suonare imbarazzante, alle sue orecchie. Ma anche questa è una delle tante cose di cui in questo momento non me ne frega una beneamata ceppa.
"Come va il sedere?". "Bene, ho preso il TORA-DOL, 'na mano santa". "Noooo, l'hai già preso? Dopo la ketamina? Come ti senti?". "Bene!". "Bruciori? Ti senti stanca?". "Beh... mi hai distrutta... prima tu e poi Pigi". "Ma chi cazzo è questo Pigi?". "Niente, un amico... anche meno di uno scopamico... carino però, se vuoi ti faccio fare un giro una volta... se ti piace il tipo un po'... uhm... effeminato, diciamo". "Ti senti strana?". "Ma perché, secondo te io di solito sò normale?". "Però sei tutta sudata - insiste Yuko - togliti questo". Mi pinza la manica del golfino di cotone celeste. Le faccio segno velocemente con la testa di no. Sguardo interrogativo, le faccio di nuovo segno di no. Mi invita di nuovo. "Puzzo?", le domando abbassando finalmente un po' voce. Perché passare per una troia tossica ok, ma per una che non si lava no, eh? Lei risponde "no, non puzzi, però avrai caldo...". "Sotto non ho nulla!", le dico all'orecchio.
Mi guarda stranita. Secondo me non si è ancora ripresa da tutta questa girandola. Secondo me non ha ancora capito come cazzo sia successo che questa ragazzina esagitata l'abbia presa e, in un sol colpo, le abbia stravolto la giornata e chissà quante altre cose. In realtà non lo so neanche io, non me lo chiedo. E' tutto così irrazionale, illogico e fantastico. Mi sento fortissima. Di spirito, mi sento fortissima. Per il resto, mi sento mancare le forze all'improvviso, come se tutta la tensione mi fosse calata 3-2-1-via! Appoggio la testa sulla spalla di Yuko, lei ci mette una mano per accarezzarla. "Svegliami a Firenze...". Forse lei mi dice "certo, capelli gialli...". O forse l'ho sognato.
"Ehi... ehi ragazze, ehi! Firenze... dovete scendere qui, no?". La signora davanti a noi spinge Yuko su una spalla, ma i sobbalzi fanno dondolare anche me. E' così che mi sveglio, non capisco un cazzo ma mi sveglio. Ho sensazioni vaghe, non ben definite. Tipo il treno che rallenta, tipo Yuko che mi si stiracchia addosso, tipo io che mi allungo cercando di prolungare il sonno e le appoggio una mano su una tetta. In cerca o in offerta di protezione, non so. Sotto la maglietta è morbida e accogliente, priva di reggiseno anche lei, come se effettivamente ci fossimo messe a letto e quello fosse un pigiama. Sento un "ehm..." e la sua mano che scosta la mia. La stavo sognando, la sua mano, ne sono certa, ma non sopra la mia. La stavo sognando? O è successo davvero?
Artiglio le lenzuola, le stringo come se volessi strapparle e portarmele sul petto. Ansimo e mi ritorna indietro il fracasso del mio respiro. Miagolo un “no” che è un “sì”, volto la testa da una parte e dall'altra sul cuscino dove sono sparsi i miei capelli. Le mie tette si alzano e si abbassano, i capezzoli sono così duri che sembra vogliano schizzare via, sento la pelle imperlata dai sudori del primo orgasmo e ne sto già implorando un altro. Inarco la schiena e spingo il bacino per offrire il mio grilletto alla sua lingua e alle sue labbra, la mia vagina alle sue dita impetuose. Un altro dito mi scava nel culo, seviziato da Pigi poco fa. Lo sa perfettamente come farmi andare fuori di testa, sta troia. L'effetto dell'anestetico sta svanendo, o forse è già svanito del tutto. Sento il fastidio, anzi mi fa male. Ma se dolore deve essere voglio anche quello. Voglio tutto. Penso solo a me, al mio piacere, sono egoista. Ma non posso essere altrimenti, ora. E poi chi l'ha detto che lei non trovi piacere nel darmi piacere? Non è possibile che sia stato tutto un sogno... è tutto così... così netto!
"Troia, troia", le sibilo. Ma non nel senso in cui mi piace sentirmelo dire quando faccio prigioniero un ragazzo. Non so nemmeno se si offenda ma, onestamente, non me potrebbe fregare di meno. Declino inconsapevolmente nel dirty talking di una scopata ciò che in realtà sarebbe la parola "strega". Strega, strega, non so cosa mi abbia fatto questa strega, ma voglio solo che continui a farlo.
Torno a pensare a Pigi e, come un flash, mi viene in mente una cosa che non lo so se sia vera in generale, ma in questo momento lo è. Mentre Yuko mi fotte e mi sfotte dicendomi "ti piace così tanto, capelli gialli?" io mi dico che un maschio non conoscerà mai questo modo di giocare. Concentrato com'è sul chiava-chiava, sulla durezza a breve termine del suo cazzo, un maschio non potrà mai capire questo modo di prendere per il culo il tempo. Dilatarlo, restringerlo, annullarlo. Non potrà mai capire che due ragazze possono andare avanti una notte intera con un singolo preliminare o fare tutto in cinque minuti.
Cinque minuti, non di più. Sono nuda su questo letto da non più di cinque minuti. Ma in realtà è quasi da un giorno intero che Yuko mi sta possedendo. Da quando mi ha sequestrata nella toilette di Palazzo Reale. O anche da prima. Da quando mi ha fregato il posto nella fila per i biglietti. O anche prima, da quando mi ha vista dondolare il culo a piazza Duomo. E non è possibile, non è plausibile, che sia solo un sogno. E', semplicemente, la scopata più lunga del mondo. Fatta di dita che frugano, labbra che cercano, luci proiettate e musica di Brian Eno. Fiche dischiuse che stillano e che si cercano, cosce che si spalancano implorando. Natiche sfiorate da capezzoli. Incenso, cenere e cera. "Scopami, scopami, fammi tua", "sei già mia", sono tua". Baci, sonno, caffè, piedi poggiati su seni immersi nell'acqua, droghe. Alluce che sfiora le labbra vaginali come un glande e che dice suadente “lo sai che muoio dalla voglia di riempirti, bella micetta?”. E lei, l’inquilina del piano di sotto, quella puttana, che risponde “e cosa aspetti, il permesso di mamma gatta?”. Fettucce che legano i polsi. Gemiti soffocati, la registrazione di un rumore di dita che sciacquano in una vagina. Erano le sue dita? Erano le mie? Maschi che si intromettono, vestiti di idiozia o truccati di mascara, cazzi che ti imbottiscono di Paradiso e dolore. "Pigi, mettiti le mutande e portami da lei".
Yuko si alza e mi passa davanti per prendere il trolley. Mi alzo pure io, sia pure del tutto in anticipo perché il treno è appena entrato a Santa Maria Novella. Mi sento inebetita e ho il battito accelerato. Respiro a bocca aperta. Che abbia davvero esagerato con le medicine? Cerco di capire chi cazzo sia questa signora qui davanti, poi mi ricordo. Si è riseduta, seminascosta dietro il suo laptop, ci guarda da sopra gli occhiali da lettura come quando eravamo ancora a Milano. Cazzo, ma è stata tutto il viaggio a guardarci così? Subito dopo, l'altra cosa che ricordo è che è stata lei a svegliarci altrimenti l'avremmo fatto a Roma, a Napoli... dove cazzo finisce sto coso? Dov'è che termina la corsa? E se adesso spuntasse Tom Hanks in performance capture e ci timbrasse i biglietti come in Polar Express? E come si fa a timbrare un biglietto elettronico? Sento Yuko che mi chiama, è già a metà corridoio: "Ehi, occhi azzurri, andiamo!". Ma il mio nome gliel'ho detto? Lo sa? Mi volto a guardarla, poi torno con gli occhi alla signora. Le sorrido, le dico un impercettibile "grazie", mi sembra il minimo. Lei continua a fissarmi da sopra gli occhiali, fa un altrettanto impercettibile sorriso di risposta. "Vediamo di mettercele, la prossima volta", dice. Annuisco e seguo Yuko. Per la verità le osservo il sedere fasciato dai pantaloni. Vorrei sentirne la pelle nuda contro il mio ventre, ora, mentre le avvolgo i seni con le mani e le passo la lingua sul collo. Per la prima volta mi rendo conto che ho voglia di torturarla moooolto lentamente, voglio sentirla supplicare come io ho fatto con lei. Sarà una cosa molto lunga, occhi a mandorla, magari stavolta sono io che ti lego.
Due, tre passi ancora e di colpo capisco cosa abbia voluto dire la donna. I miei pantaloni bianchi. Quelli di tela leggera, che mi si infilano tra le natiche senza nemmeno una grinza e che con il perizoma giusto mi fanno un culo che sembro nuda. E che adesso sento... cazzo. Resto per un secondo paralizzata, abbasso gli occhi ma senza avere il coraggio di andare fino in fondo. Yuko si volta, segue il mio sguardo, vede ciò che non vorrei vedere.
- Oh mio Dio, che è successo?
- Passami la tua giacca, ti prego... - le dico allungando la mano.
- Sì, ma che c'è? - risponde passandomela.
- Le mutandine...
- Che hanno?
- Non le ho... non le ho messe.
- Perché?
- Non volevo perdere tempo...
0
voti
voti
valutazione
0
0
Continua a leggere racconti dello stesso autore
racconto precedente
TNP, non leggete quel raccontoracconto sucessivo
Jap Story - Switch
Commenti dei lettori al racconto erotico