Giocare con culetto e figa 6 (continua)
di
LanA
genere
fisting
Avevo già sentito la mia urina scendere tra le gambe per far posto a cazzi e a mani nella mia figa.
Ora ero diverso, ero sigillata, me la stavo facendo letteralmente nelle mutande e il caldo della mia urina si stava allargando sul mio ventre.
Mi veniva da piangere e nello stesso tempo un piacere perverso nell’essere costretta come un animale mi eccitava terribilmente.
La sua bocca si poggiò sulle mie labbra mentre mi liberavo. La baciai anch’io.
E mentre tutto questo succedeva, nella penombra della stalla non ci accorgemmo nemmeno che avevamo degli spettatori…
Natalia, ci stava filmando.
Al suo fianco c’era il Padrone che ci osservava compiaciuto.
Aveva un sorriso strano sulle sue labbra. Guardava i nostri due corpi, uno completamente nudo se non per il collare con la catena che lo teneva legato al muro, e l’altro il mio, con i seni grossi e pieni, mentre per il resto era completamente foderato da quei pantaloncini neri sovrastati dal metallo della cintura di castità.
Sentivo il piscio farsi strada sotto la gomma e scivolare fuori, filtrava sulle mie cosce, mi sentivo sporca, fradicia di tutto.
Non mi ero neanche riuscita a lavare le mani dopo il trattamento alla mia compagna.
In particolare, non ero riuscita a lavare la mano che aveva esplorato il culo della mia compagna.
Dal suo culo avevo tirato fuori di tutto, un tanfo pervadeva ora tutte e due.
Ma non mi interessava, ci baciavamo.
Lei mi dava affetto, mentre la lucina rossa della cinepresa si stagliava nella penombra, e la camera ci filmava implacabile.
Lui ci chiamò.
“Clara, vieni qua, vieni a quattro zampe, dobbiamo finire di filmarti, dobbiamo mandare tutto a tuo marito e ci devi spiegare nel dettaglio che cosa hai fatto”
Parole urlate che scolpivano la pietra.
Ma non mi interessava minimamente di essere scossa da quelle parole.
Iniziai a spostarmi lentamente, scivolando a carponi sulla paglia mista a segatura che faceva da pavimento in direzione di quella gabbia.
Ero tutta piena di segatura e paglia appiccicata addosso, ero sporca, ed erano sporchi anche i miei seni gonfi e umidi di latte che filtrava dai capezzoli.
Avanzai lentamente e con movimenti lenti, anche se potevo ben essere stravolta per le sensazioni che avevo avuto e per essermela fatta addosso.
Sentivo di avere una sensualità felina, il mio corpo spiccava su quella paglia mista a segatura e sporca e puzzolente.
Movimento dopo movimento arrivai davanti a quella telecamera che mi fece un primo piano.
CONTINUA ...
Ora ero diverso, ero sigillata, me la stavo facendo letteralmente nelle mutande e il caldo della mia urina si stava allargando sul mio ventre.
Mi veniva da piangere e nello stesso tempo un piacere perverso nell’essere costretta come un animale mi eccitava terribilmente.
La sua bocca si poggiò sulle mie labbra mentre mi liberavo. La baciai anch’io.
E mentre tutto questo succedeva, nella penombra della stalla non ci accorgemmo nemmeno che avevamo degli spettatori…
Natalia, ci stava filmando.
Al suo fianco c’era il Padrone che ci osservava compiaciuto.
Aveva un sorriso strano sulle sue labbra. Guardava i nostri due corpi, uno completamente nudo se non per il collare con la catena che lo teneva legato al muro, e l’altro il mio, con i seni grossi e pieni, mentre per il resto era completamente foderato da quei pantaloncini neri sovrastati dal metallo della cintura di castità.
Sentivo il piscio farsi strada sotto la gomma e scivolare fuori, filtrava sulle mie cosce, mi sentivo sporca, fradicia di tutto.
Non mi ero neanche riuscita a lavare le mani dopo il trattamento alla mia compagna.
In particolare, non ero riuscita a lavare la mano che aveva esplorato il culo della mia compagna.
Dal suo culo avevo tirato fuori di tutto, un tanfo pervadeva ora tutte e due.
Ma non mi interessava, ci baciavamo.
Lei mi dava affetto, mentre la lucina rossa della cinepresa si stagliava nella penombra, e la camera ci filmava implacabile.
Lui ci chiamò.
“Clara, vieni qua, vieni a quattro zampe, dobbiamo finire di filmarti, dobbiamo mandare tutto a tuo marito e ci devi spiegare nel dettaglio che cosa hai fatto”
Parole urlate che scolpivano la pietra.
Ma non mi interessava minimamente di essere scossa da quelle parole.
Iniziai a spostarmi lentamente, scivolando a carponi sulla paglia mista a segatura che faceva da pavimento in direzione di quella gabbia.
Ero tutta piena di segatura e paglia appiccicata addosso, ero sporca, ed erano sporchi anche i miei seni gonfi e umidi di latte che filtrava dai capezzoli.
Avanzai lentamente e con movimenti lenti, anche se potevo ben essere stravolta per le sensazioni che avevo avuto e per essermela fatta addosso.
Sentivo di avere una sensualità felina, il mio corpo spiccava su quella paglia mista a segatura e sporca e puzzolente.
Movimento dopo movimento arrivai davanti a quella telecamera che mi fece un primo piano.
CONTINUA ...
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