Cecilia e Antonio

di
genere
etero

Roma, via di Ripetta

la stanza era buia ma le lenzuola si scorgevano, arruffate, scalfite dalla luce gialla, dorata, di fuochi e lanterne, che s'affacciavano dalla finestra aperta; rumori e voci dal molo che si stava svegliando.
Brandelli di camicia penzolavano dal comò, un corsetto abbracciava la gorgiera, bianca ondulata, sbucando da sotto un cuscino rotolato a terra;
un vago chiarore nel cielo verso oriente, qualche timido cinguettio che iniziava, messaggeri di un'alba che s'avvicina; specchiava di riflessi la corazza, lucida, appoggiata alla mia tinozza.

Eravamo li distesi, sdraiati fianco a fianco, nudi, accaldati, ma paghi l'uno dell'altra. Delicato mi accarezzava i capelli respirando piano, nel battito del cuore.
Avevo la testa crollata sulla sua spalla, con un accenno di sorriso sulle mie labbra che tradiva il pensiero della notte appena trascorsa, aleggiava ancora in me il piacere goduto; la sua guancia accostata alla mia fronte:

"Antonio... " accennai,
"dimmi Cecilia" restituì calmo,
"ma... niente..." strozzai il pensiero in me,

Mi avvolse con un braccio per tenermi stretta a se e la mia mano accarezzò il suo petto, maschio, giocai con quel velo che lo confonde alla vista.
Sentii le sue dita, leggere, foriere di piacere sulle amenità del mio corpo, trovare riparo dalla brezza che giungeva dal Tevere in quella mia valle stretta, segreta e nascosta,

"dai smetti..."
scorse via dalla mia bocca in un flebile lamento,
non disse nulla, solo due labbra a sfiorarmi un lobo.

Sentii ancora quelle dita riallontanarsi, disegnare volute arabe seguendo le rotondità dei miei glutei, tentare la discesa dal fianco verso il mio grembo soffice; palpitai al suo tocco; strinsi fra le cosce la sua gamba quando l'altra mano si posò sul mio seno, avvolgendolo,

"adesso no..."
allungai le parole in un soffio vibrato a palpebre chiuse, inspirai,
"sono pazzo di te..."
mi disse fra i baci,

volevo fermarlo, mai innamorarsi di un cliente mi gridavo nella mente, ma non ci riuscivo, e mi lasciai drogare dalle sue labbra.

Lo sentivo sulla coscia riprendere vigore.

Sentivo la sua pelle calda, sentivo la sua mano decisa stringermi l'inguine, il mignolo incursore addentrarsi e accarezzarmi la piccola cuspide; muovevo il mio bacino e assecondavo, cercavo, bramavo, quelle dita divenute due, poi tre, gemevo a fil di voce ad ogni loro stimolo;

Serrai ancora le gambe in un folle atto di pudore.

Le sue labbra, saldate sulle mie, baciavano, diverse, intensamente, la sua lingua premeva per entrare in me;
sciolta, acconsentii e le due gemelle si toccarono si unirono, scambiandosi i sapori;
le sue lente carezze come leggeri tocchi del Reni sui quadretti della mia pelle mi fecero tornare cedevole; percepivo che sarebbe stato diverso.

Cricchiolii.

Mi aggrappai a lui, alla sua schiena, forte, col suo petto che schiacciava i miei seni, già irti d'una eccitazione non sazia come sembrava;
sentivo il suo farsi spazio ondeggiando; d'istinto, piegai e sollevai le ginocchia accogliendolo; l'avvolsi con le mie cosce, ai fianchi, l'accarezzai delicata, quasi solleticando, e strinsi a me le sue spalle.

Chiusi gli occhi abbandonandomi.

Sentivo il suo rinnovato turgore sul mio pube, lo desideravo come l'acqua il mare e con una mano lo sfiorai, un'arma di piacere e il suo glande rosso e caldo premeva già sul mio ombelico.
Sentivo le sue mani insinuarsi sotto di me, dai fianchi, dalla vita, risalire la schiena; fermarsi; tese; serrate fra pelle e lenzuola, quei tessuti già testimoni intrisi dei nostri godimenti liquidi.

Fu un attimo, un'aggressione, ed un guaito mi uscì quando affondò nel fradicio delle mie grazie, non resistetti al suo sguardo di piacere, al suo guardarmi sconfitta dalla sua forza sul letto;
stavo godendo, mi piaceva, gli piaceva; non pensavo ad altro, solo che lo volevo.
Improvvisa mi slanciai, in avanti, mi trovai seduta sulle sue gambe e lo sentii dentro, come ancora mai, nel profondo della mia carne; gemetti quasi di dolore.

Un grido feroce uscì dalla sua bocca.

I nostri corpi uniti, uno di fronte all'altra, serrati, seduti e retti su quel molle giaciglio; fermi, immobili; prima della tempesta; ci guardavamo, stringendoci i volti fra le mani, un bacio ancora; ed un altro; ed ancora; saliva, sudore, ardore.
Mugolai di voglia, di piacere, ricominciai a muovere e premere il mio bacino, sentivo il suo pube scorrere sulla mia piccola goccia, arrossata e al culmine dell'eccitazione, lo sentivo imperioso troneggiare dentro di me, ma succube del mio movimento;
sentii lo spasmo suo in tutta la sua potenza virile; il suo onore maschile stritolato dalle mie labbra gonfie di desio avvolto e stretto dalla mia guaina di calore femmineo; la spinta di un parto vinta dal suo seme denso.

Il grido nostro unito proruppe fra le pareti, gli occhi persero il contatto con la realtà, un'onda di luce suoni e profumi ci invase devastante.

Il giorno era iniziato.
Mia sorella sarebbe giunta per pranzo.


torno fra pochi secondi, super spot


storia di una fiorentina del '600
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- redenzione
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- la scommessa

scritto il
2021-06-29
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