La convivenza -10- (continua)
di
LanA
genere
orge
Ma io riesco a sgusciare via anche da lui, che cade tra le braccia di Roberta, che a sua volta cade indietro e finisce sott'acqua con sopra Marco.
Insomma, un casino, da attirare l'attenzione di tutti.
Usciamo dall'acqua, prendiamo gli asciugamani e andiamo verso le dune per avere un minimo di privacy.
Ci sdraiamo, al solito con Marco in mezzo.
Io appoggio la mano sul suo cazzo, e Roberta fa altrettanto, intrecciando come può le sue dita con le mie.
Io metto la bocca vicino all'orecchio di Marco, e gli sospiro con voce roca:
"noi teniamo ferme le mani senza muoverle di un millimetro, vediamo se ti diventa duro".
Dopo poco sento il cazzo spingere, apro un poco la mano e faccio uscire la cappella dalla mano, poi stringo leggermente per tenere la pelle e così tirare indietro il prepuzio.
Ora vedevo la cappella rossa sporgere dalle mani mie e di Roberta.
Roberta si avvicina all'altro orecchio e gli sussurra:
"ora vediamo se riesci a sborrare senza che noi muoviamo le mani".
Beh, che ci crediate o no, non ha sborrato.
Ma cinque minuti buoni con il cazzo in tiro, senza muovere un muscolo, è comunque da Guinness dei primati, secondo il mio modestissimo parere.
Comunque sia, sarà per il lavoro di lingua che sia io che Roberta stavamo facendo alle orecchie, alla bocca, al collo, insomma a tutta la parte superiore del corpo di Marco, ma presto sentimmo il cazzo muoversi.
Marco si stava scopando le nostre mani.
Sentivo la cappella lucida scivolare dentro e fuori dal mio palmo, e nel frattempo sentivo la mano destra di Marco ravanare tra le mie gambe.
Io le allargai un poco, per facilitarlo, e vista l'espressione d'estasi di Roberta, credo anche lei stesse ricevendo lo stesso trattamento.
Andammo avanti per un po' con quell'andirivieni, fino a quando vedemmo la cappella eruttare due o tre fiotti densi di sperma.
Io ci risi su, e dissi che aveva vinto la scommessa.
Dopotutto le mani non le avevamo mosse.
Roberta si chinò a leccare la sborra sulla pancia di Marco, mentre io la guardavo rapita da quella scena di sesso.
Eravamo in pubblico, e dovevamo smettere, anche perché non è che dietro le dune non ci sia nessuno.
CONTINUA ...
Insomma, un casino, da attirare l'attenzione di tutti.
Usciamo dall'acqua, prendiamo gli asciugamani e andiamo verso le dune per avere un minimo di privacy.
Ci sdraiamo, al solito con Marco in mezzo.
Io appoggio la mano sul suo cazzo, e Roberta fa altrettanto, intrecciando come può le sue dita con le mie.
Io metto la bocca vicino all'orecchio di Marco, e gli sospiro con voce roca:
"noi teniamo ferme le mani senza muoverle di un millimetro, vediamo se ti diventa duro".
Dopo poco sento il cazzo spingere, apro un poco la mano e faccio uscire la cappella dalla mano, poi stringo leggermente per tenere la pelle e così tirare indietro il prepuzio.
Ora vedevo la cappella rossa sporgere dalle mani mie e di Roberta.
Roberta si avvicina all'altro orecchio e gli sussurra:
"ora vediamo se riesci a sborrare senza che noi muoviamo le mani".
Beh, che ci crediate o no, non ha sborrato.
Ma cinque minuti buoni con il cazzo in tiro, senza muovere un muscolo, è comunque da Guinness dei primati, secondo il mio modestissimo parere.
Comunque sia, sarà per il lavoro di lingua che sia io che Roberta stavamo facendo alle orecchie, alla bocca, al collo, insomma a tutta la parte superiore del corpo di Marco, ma presto sentimmo il cazzo muoversi.
Marco si stava scopando le nostre mani.
Sentivo la cappella lucida scivolare dentro e fuori dal mio palmo, e nel frattempo sentivo la mano destra di Marco ravanare tra le mie gambe.
Io le allargai un poco, per facilitarlo, e vista l'espressione d'estasi di Roberta, credo anche lei stesse ricevendo lo stesso trattamento.
Andammo avanti per un po' con quell'andirivieni, fino a quando vedemmo la cappella eruttare due o tre fiotti densi di sperma.
Io ci risi su, e dissi che aveva vinto la scommessa.
Dopotutto le mani non le avevamo mosse.
Roberta si chinò a leccare la sborra sulla pancia di Marco, mentre io la guardavo rapita da quella scena di sesso.
Eravamo in pubblico, e dovevamo smettere, anche perché non è che dietro le dune non ci sia nessuno.
CONTINUA ...
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