Dita leggere
di
Yuko
genere
masturbazione
Sola, sul letto che questa sera mi sembra troppo grande.
La mano mi accarezza il seno che si affaccia tra le trasparenze della sottile camicia da notte, e continua, attirata dalla gravità a decantare verso il basso.
Indugia sull'elastico delle mutandine senza osare violarlo.
Le dita si dedicano allora al contenuto che, sotto il cotone, rigonfia il tessuto bianco.
Poche delicate carezze sulla pelle già sensibile, solo uno sfioramento che si approfondisce tra le grandi labbra e già mi si blocca il respiro ed emetto un gemito strozzato.
Con i due pollici sollevo l'elastico degli slip e un soffice boschetto di nero crine fa capolino verso la riconquistata libertà e la luce.
Abbasso il bordo dell'intimo e lo lascio a metà del mio monte di Venere.
La chioma di lucidi peli assorbe la luce con avidità.
Ravvivo il ciuffo corvino, per troppo tempo imprigionato, e mi tocco le punte dei peli con carezze vellutate, ma di un'efficacia stupefacente.
Non c'è fretta di approfondire il discorso, di aprire nuove argomenti.
Questo sarà dopo e non mancheranno situazioni piccanti.
Le dita si infilano tra i peli e ne riemergono dipanandone le trame, sottili sussurri al monte del piacere, poi ancora, leggere come una brezza a sfiorare gli apici tramandando sensibilità alle radici degli steli cornei.
L'altra mano si impossessa di un seno, ma lo libera subito e comincia a stuzzicarne un capezzolo.
Giochi di polpastrelli, impercettibili sfioramenti che si trasformano in scariche elettriche ben indirizzate che vanno a stimolare determinate terminazioni encefaliche.
Il bacino comincia a ondeggiare quasi scappando dal controllo della mia volontà.
La sensibilità si accentua e quando mi decido a muovere le mie attenzioni alla piccola rosa canina che si schiude umida di rugiada al giungere delle mie dita, so che è già tutto pronto.
La mano mi accarezza il seno che si affaccia tra le trasparenze della sottile camicia da notte, e continua, attirata dalla gravità a decantare verso il basso.
Indugia sull'elastico delle mutandine senza osare violarlo.
Le dita si dedicano allora al contenuto che, sotto il cotone, rigonfia il tessuto bianco.
Poche delicate carezze sulla pelle già sensibile, solo uno sfioramento che si approfondisce tra le grandi labbra e già mi si blocca il respiro ed emetto un gemito strozzato.
Con i due pollici sollevo l'elastico degli slip e un soffice boschetto di nero crine fa capolino verso la riconquistata libertà e la luce.
Abbasso il bordo dell'intimo e lo lascio a metà del mio monte di Venere.
La chioma di lucidi peli assorbe la luce con avidità.
Ravvivo il ciuffo corvino, per troppo tempo imprigionato, e mi tocco le punte dei peli con carezze vellutate, ma di un'efficacia stupefacente.
Non c'è fretta di approfondire il discorso, di aprire nuove argomenti.
Questo sarà dopo e non mancheranno situazioni piccanti.
Le dita si infilano tra i peli e ne riemergono dipanandone le trame, sottili sussurri al monte del piacere, poi ancora, leggere come una brezza a sfiorare gli apici tramandando sensibilità alle radici degli steli cornei.
L'altra mano si impossessa di un seno, ma lo libera subito e comincia a stuzzicarne un capezzolo.
Giochi di polpastrelli, impercettibili sfioramenti che si trasformano in scariche elettriche ben indirizzate che vanno a stimolare determinate terminazioni encefaliche.
Il bacino comincia a ondeggiare quasi scappando dal controllo della mia volontà.
La sensibilità si accentua e quando mi decido a muovere le mie attenzioni alla piccola rosa canina che si schiude umida di rugiada al giungere delle mie dita, so che è già tutto pronto.
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