La collega di lavoro (parte 1)

di
genere
saffico

Dopo aver conosciuto i piaceri del sesso con una donna, la mia vita è cambiata per sempre.
Le vicende della vita e del lavoro mi hanno portata negli anni lontana da Paola, la donna che mi ha fatto scoprire di essere bisessuale. Siamo rimaste comunque amiche, e ci frequentiamo ancora.
Oggi lavoro a Milano come segretaria presso una grossa multinazionale.
Negli ultimi anni il mio interesse è quasi esclusivamente rivolto alle donne. Ho avuto un paio di flirt dopo la mia esperienza con Paola, ma non c’è stato nulla di serio e di concreto.
Da quando mi sono trasferita a Milano, la mia vita è di solitudine e silenzio. Vivere da sola a volte è opprimente. Ci sono stati dei giorni in cui mi sentivo completamente irrealizzata. C’era qualcosa che non andava bene in me, mi dicevo spesso. Per scacciare questi pensieri, mi dedicavo completamente al lavoro.
Come sempre, la vita è imprevedibile e quello che non succede per anni succede nel giro di un secondo.

Era un giorno di inizio settembre, pioveva. Ero seduta alla mia scrivania, davanti al computer, immersa nella solita routine di ufficio. Arriva il mio capo, accompagnato da una ragazza molto giovane. “Nadia, posso?” mi domanda. “Certo Enrico, prego!”
I miei occhi si posano su di lei, come si posano su tante ragazze che incontro nella mia giornata, mentre passeggio nel parco, mentre faccio la spesa, mentre sono in coda alle poste.
Il mio capo me la presenta. Si chiama Milena, ha 23 anni ed è fresca di laurea. E’ li per un periodo di tirocinio post-laurea e scopro che il mio capo vuole affiancarla a me per imparare il lavoro. Le sorrido, stringendole la mano e sbrigando i convenevoli di rito.
E’ alta, più alta di me che già sono una ragazza abbastanza alta. Bionda, occhi azzurri come il mare, labbra molto sottili rosa, un fisico da paura, slanciato, affusolato ma tonico, di una che dedica tutto il suo tempo libero ad andare in palestra. Un paio di occhiali con la montatura nera le danno un aspetto da sexy professoressa. Ha un bel seno sodo che viene sottolineato dal suo tailleur. Un sedere da paura, granitico, incorona due lunghe gambe sinuose.
E’ una figa spaziale, una di quelle ragazze che fa girare la testa agli uomini. Una di quelle ragazze per cui ogni uomo vorrebbe fare follie.
Le faccio fare un giro dei vari uffici, le faccio conoscere i miei colleghi e le mostro i fondamenti del nostro lavoro. Le viene assegnata una scrivania nel mio ufficio, dato che una mia collega era andata in pensione da poco ed era rimasta libera.
Nei giorni e settimane che seguirono iniziamo a conoscerci, mi da l’impressione di essere una ragazza determinata, brillante e molto seria. Sorride raramente, ma quando le sue labbra si schiudono nel sorriso tutto s’illumina. I miei colleghi uomini sono completamente cotti, single, fidanzati, conviventi e sposati che siano. Non si contano i complimenti e le varie attenzioni più o meno celate. E lei tratta gli uomini come devono essere trattati in questi casi: con cortesia e distacco. E questa cosa intimamente non può che farmi piacere.

Instauriamo un buon rapporto, mi piace insegnarle il lavoro e la vedo molto portata. E’ una di quelle ragazze che, per la presenza e per le capacità, è destinata a fare una brillante e rapida carriera.
Un giorno, davanti ad una tazza di caffè, mi fa: “Stai bene con quella pettinatura.”
Le sorrido, solo lei si è evidentemente accorta che la mia acconciatura era cambiata, i miei capelli lunghi avevano lasciato il posto da un taglio simile a quello di “Valentina”, il celebre personaggio dei fumetti di Crepax. Le sorrido, compiaciuta: “Ti ringrazio” poi mi lascio scappare, sospirando: “Almeno qualcuno l’ha notato!”
Bevo il mio caffè, vedo che mi sorride a sua volta. “Non credo di averlo notato solo io. Stai proprio bene!” aggiunge.
Mi guardo intorno per assicurarmi che non ci sia nessuno in ascolto, poi le rispondo: “Credo che i nostri colleghi vedano di me solo una che lavora senza risparmiarsi e che incute timore a tutti. Lo sai come mi chiamano tra loro? “Il generale” mi chiamano …” rido scuotendo la testa, poi aggiungo scherzando: “Poi adesso hanno ben altro da vedere!”.
La guardo dritta nei suoi occhi di ghiaccio, lei capisce ed annuisce: “A volte vorrei essere invisibile!” afferma con tono mesto.
Resto stupita dalle sue parole: “Ma non dirlo nemmeno per scherzo. Sei una bella ragazza, giovane e molto in gamba. Che male c’è?” poi preoccupata aggiungo: “Se qualche collega ha esagerato con qualche avance non esitare a dirmelo, gli faccio un culo che si pentirà di essere nato!”
Sorride a questa mia preoccupazione: “No no, è tutto apposto. Grazie!”
Restiamo per un attimo in silenzio, poi mi dice: “Mi farebbe piacere passare un po’ di tempo con te fuori dal lavoro, se ti va. Ti andrebbe di venire una sera a casa mia per cena?”
Resto un attimo spiazzata, ma mi riprendo subito: “Certo, volentieri. Quando?” “Giovedì sera ti andrebbe bene?” “Perfetto!”

E’ martedì. Nel tardo pomeriggio ci lasciamo salutandoci come sempre. Torno a casa, sono stanca. Dovrei fare la spesa ma fanculo, anche questa sera un bel tonno in scatola.
Mi metto sotto la doccia, sento l’acqua calda che scorre a piccoli rivoli sulla mia pelle. Mi insapono e mi lavo come sempre, ma mi sento diversa. E’ come se il mio corpo fosse li dove deve essere, ma la mia testa fosse staccata dal corpo e galleggiasse in un mare agitato.
Consumo la mia frugale cena e mi metto sul divano, come tutte le sere da anni. Accendo la tv, i miei occhi sono fissi sull’ennesima stronzata ma,
come prima, la mia testa è altrove.
Mi metto a letto, mi sento molto stanca. Chiudo gli occhi, mi giro in ogni posizione possibile ed immaginabile ma non riesco a prendere sonno.
C’è un pensiero nella mia testa che non riesco ad afferrare. Allungo il braccio, saltello come una dannata ma proprio non ci arrivo. Sento che lo sto sfiorando con le dita ma non ci arrivo.

Improvvisamente poi arrivo a capire. Calde lacrime sgorgano dai miei occhi, ed inondano la federa del mio cuscino, mentre sono scossa dai singhiozzi. Sto pensando a Milena, il mio pensiero su di lei è così forte e potente che ho quasi l’impressione che possa trasformarsi in un oggetto solido che mi faccia esplodere il cervello in pezzi.
Penso al suo sorriso, alle sue labbra. Ai suoi capelli che sembrano un campo di grano, illuminati dai suoi occhi che sembrano l’azzurro del cielo. Penso al suo corpo da favola sotto il tailleur, bello, sodo, vorrei allungare le mie mani suoi suoi fianchi, sentire il contatto con la sua pelle calda.
Mi accorgo di essere disperata, perché non faccio altro che ripetermi che lei non sarà mai mia, perché lei è etero. Ma la vorrei, con tutta me stessa, vorrei sentirmi una cosa sola con lei, vorrei fare l’amore con lei.

Mi metto a sedere sul letto, asciugandomi le lacrime. Solitamente, quando sono triste oppure sono troppo stressata, un bicchiere di vino rosso mi fa bene. Vado in cucina, scelgo una bottiglia e la apro. Verso quel liquido rubino nel bicchiere, ed in due sorsate lo finisco. Sento quel liquido che scende dentro di me donandomi un po’ di tepore.
Non mi sembra il caso di attaccarmi alla bottiglia e di diventare una alcolizzata quindi, anche se mi finirei tutta la bottiglia volentieri, chiudo tutto e me ne torno a letto.
Mi distendo, al buio. Il vino sta facendo il suo effetto, mi sento più rilassata.
Milena non sarà mai mia. Oltre ad essere etero, è troppo figa e troppo intelligente. Lei può avere tutto, perché accontentarsi di me? Io ormai sono un rottame di donna, buona solo per lavorare.

Penso al suo corpo, mi immagino mentre si spoglia davanti a me. Sento che sto per andare a fuoco.
Dormo con una leggera sottoveste, sotto sono nuda ad eccezione delle mutandine.
Mi sfilo la sottoveste, ed inizio a massaggiarmi e a toccarmi. Le mie mani accarezzano i miei seni, il mio ventre, i miei fianchi, le mie cosce, come se fosse Milena a darmi quelle carezze.
Il mio corpo si risveglia, ed una voglia incredibile mi assale. Sono affamata di piacere e ho voglia di un orgasmo.
Mi sfilo le mutandine, ed inizio a massaggiare il mio sesso con entrambe le mani. Mentre le dita della mia mano destra penetrano nella mia vagina umida, quelle della mia mano sinistra massaggiano dolcemente il clitoride con movimenti circolari. Mi sento proiettata indietro di almeno 15 anni, quando ero una adolescente arrapata che si masturbava anche due o tre volte al giorno, sotto la doccia oppure nel letto poco prima di dormire, mentre si immaginava un bel cazzo duro che la penetrava e le sborrava dentro.
Adesso invece mi stavo immaginando la lingua di Milena, completamente immersa tra le pieghe della mia figa, mentre lecca la mia carne umida facendomi godere. Mi stavo immaginando i suoi capelli lunghi e biondi che coprono le mie cosce, mi stavo immaginando il suo profumo che riempiva le mie narici, il profumo del suo corpo meraviglioso. "Oh Mile ... oh Mile ..." sussurro, come se ripetendo il suo dolce nome come un mantra potesse fare diventare ciò che immagino reale.

I movimenti delle mie dita si fanno sempre più frenetici, inarco la schiena come se i miei muscoli fossero paralizzati da una contrazione tetanica mentre mi godo un orgasmo furioso e fantastico. Lancio un urlo liberatorio nel cuore della notte, mentre sento la mia vagina pulsare come il mio cuore, di una meravigliosa libidine.
I miei muscoli si rilassano, e mi abbandono nell’abbraccio delle coltri, ansimante e soddisfatta.

Mi assopisco, quando sento un suono … una specie di ronzio indistinto che non capisco cosa sia.
“Il campanello!” penso, sgranando gli occhi. Qualcuno sta suonando alla porta.
Guardo la sveglia: “Ma chi è quel coglione che suona il campanello all’una di notte!?!” mi dico, mentre indosso un paio di pantaloni della tuta ed una maglia. Sotto sono nuda, non ho tempo di indossare niente altro.
Accendo la luce dell’ingresso e mi avvicino alla porta. Guardo dallo spioncino, e poi sospiro scuotendo la testa. E’ il signor Maresca, il mio vicino di casa. Un anziano pensionato che vive con sua moglie.
Apro leggermente la porta, lasciando inserita la catenella: “Salve signor Maresca. Mi dica, cosa è successo?” domando con voce assonata che dissimula la mia irritazione.
“Mi scusi sa signorina se le ho suonato, ma ho sentito un urlo provenire dal suo appartamento. Sa io e mia moglie ci siamo preoccupati, so che vive sola e abbiamo pensato che magari stava male … o che qualcuno le stava facendo male!”
Scoppierei a ridere, ma mi trattengo. Forse il mio urlo liberatorio quando ho avuto l’orgasmo è stato veramente troppo forte.
“Grazie signor Maresca, probabilmente ho avuto un incubo … mi scuso se vi ho svegliati, non volevo …”
Il volto dell’uomo, visibilmente preoccupato, si rasserena: “Oh non si preoccupi, so che lavora tanto … mi raccomando, per qualsiasi cosa non esiti a suonare …” mi dice, restando sempre li in piedi davanti alla porta. Non mi sembra il caso di invitare ad entrare in casa un pensionato all’una di notte, quindi lo ringrazio ancora e gentilmente lo saluto.
Torno in camera da letto, ridendo a crepapelle. Quando ero andata a letto quella sera ero stanca e di pessimo umore. Adesso mi sentivo bene ed ero appagata, mentre scivolavo nel letto. “Un ditalino e una risata possono cambiare la giornata!” mi dico, appuntandomi questa frase nella mente come prossima massima di vita.
Spengo la luce e mi addormento subito.

A presto per la prossima puntata! :)
scritto il
2021-11-13
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