L'infermiera (settima parte)
di
masoc
genere
dominazione
Il risveglio fu traumatico. Era ancora immerso nel sonno quando la porta della camera si aprì e le due ragazze gli saltarono addosso spaventandolo a morte. Lo rivoltarono sulla schiena e lo immobilizzarono legandogli polsi e caviglie ai quatto angoli del letto.
Dopo averlo imbavagliato lo cosparsero di ceretta bollente e gli depilarono gambe, cosce e addome.
La sofferenza fu atroce, soprattutto quando gli depilarono le palle. Ad ogni strappo, si inarcò ed emise urla belluine fortunatamente ammortizzate dal bavaglio, altrimenti avrebbe svegliato l’intero condominio.
Marta lo ricompensò con un lungo massaggio rinfrescante che si concluse, sotto lo sguardo di disapprovazione di Sonia, con una sega magistrale che lo condusse ad una eiaculazione pirotecnica, schizzi e schizzi di sperma che inondarono la mano di Marta e il bassoventre, arrivando a scolare sull’asciugamano posto a protezione del letto.
Sonia osservò corrucciata la scena, la gelosia la divorava, ma si rendeva altresì conto che per tenerlo buono e sottomesso qualcosa si doveva pur concedergli.
Poi fu slegato, gli fu permesso di lavarsi e gli prepararono un’abbondante colazione che divorò famelico, non avendo mangiato nulla dal pranzo del giorno prima.
A questo punto le due ragazze uscirono per andare al lavoro e lo lasciarono solo.
Prima di rivestirsi Marco andò in bagno e si guardò allo specchio.
L’immagine che vide riflessa lo fece vergognare ed eccitare al tempo stesso.
Trovò ridicolo quel corpo, peloso sul torso e sulle braccia e completamente glabro dall’ombelico in giù.
Ma se si concentrava solo sulla parte depilata gli piaceva vedersi così liscio, quasi femmineo, con le natiche che potevano essere scambiate per quelle di una donna e il cazzo che faceva da contraltare, apparendo, senza peli, quasi più grosso e lungo.
Ristette un bel po’ a rimirarsi da ogni angolazione, poi, dopo un’ultima occhiata, si rivestì e tornò nel suo appartamento.
Decise di recarsi all’università ma mal gliene incolse.
Fuori dall’aula in cui avrebbe dovuto assistere alla lezione di anatomia, si ritrovò circondato da una ventina tra colleghi e colleghe che lo aggredirono verbalmente.
Sulle prime non capì bene cosa stesse accadendo ma le accuse che gli furono mosse gli tolsero ogni dubbio.
La partita! Gli accadimenti dell’ultimo giorno gli avevano fatto dimenticare completamente della partita.
Apprese così, tra gli insulti, che Ingegneria aveva asfaltato Medicina vincendo il torneo, che la sua squadra aveva dovuto giocare con un uomo in meno per quasi tutta la partita in quanto un paio di infortunati, anche a causa della sua assenza, non avevano potuto essere sostituiti.
Risultato? Sarebbe stato sottoposto al giudizio del comitato studentesco che avrebbe stabilito la pena da infliggergli. Appuntamento per le sei del pomeriggio. Guai a lui se non si fosse presentato.
Tornò a casa seriamente preoccupato.
Dopo pranzo ne parlò con Sonia che ascoltò assorta tutta la storia e poi gli disse di non preoccuparsi, l’avrebbe accompagnato lei e spiegato tutto.
Queste parole, anziché rasserenarlo, lo preoccuparono ancor di più, temendo quello che Sonia avrebbe potuto dire, ma non ebbe il coraggio di contraddirla.
Alle diciotto si recarono insieme all’università, la riunione era in corso nell’aula magna.
Entrarono, sugli scranni dell’emiciclo un centinaio tra studenti e studentesse, in cattedra due ragazzi e una ragazza.
I ragazzi erano due suoi compagni di squadra, la ragazza Marco la conosceva bene, quella stronza ignorante di Antonella, una sua compagna di corso, con cui un giorno aveva aspramente litigato durante una prova scritta, perché lei era in difficoltà e lui non volle aiutarla.
Sonia prese posto in un banco e Marco invece andò a posizionarsi in piedi di fronte alla cattedra scoprendo che Antonella era stata nominata, per quel semestre, presidentessa del comitato.
E fu proprio lei a prendere la parola accusandolo di aver, con la sua assenza, causato la sconfitta della squadra, ed invitandolo a giustificarsi.
Ma prima che Marco potesse aprir bocca Sonia si alzò in piedi dicendo
- Scusate, posso spiegarvi io cosa è successo.
- E tu chi saresti?
- Sono la fidanzata di Marco e la causa involontaria della sua mancata partecipazione alla partita.
- Quindi si è portato l’avvocato difensore? In genere non sono previsti interventi esterni, ma la cosa mi incuriosisce, sentiamo cosa ha da dire.
- Ecco, è accaduto che, il giorno prima della partita, Marco mi ha mancato di rispetto e sono stata costretta a punirlo.
- Punirlo? Come sarebbe a dire? In cosa sarebbe consistita questa punizione, nel non partecipare alla partita?
- No no, anzi… sapevo bene dell’importanza che la partita rivestiva per lui e, ora mi rendo conto, anche per tutti voi, l’ho lasciato libero di partecipare, come lo stesso Marco può confermarvi.
- E’ vero? – disse Antonella rivolgendosi a Marco
- Sì, però…
- Basta così, facciamo continuare la signorina, prego.
- La punizione è consistita in qualche cinghiata sulle cosce nude.
A queste parole nell’aula calò un silenzio irreale, poi un mormorio appena accennato cominciò a levarsi dai banchi, aumentando sempre più di intensità fino a sfociare in una risata collettiva.
- Silenzio, fate silenzio…prego continui, continui – disse Antonella ridendo a sua volta.
- Beh, c’è poco da dire, non avrei mai immaginato che la vergogna di far vedere i segni della punizione sarebbe stata sufficiente a non farlo partecipare ad un evento così importante.
Marco si sentiva come un condannato al patibolo, capo chino, ascoltava le parole di Sonia che, ne era perfettamente cosciente, stavano distruggendo la sua carriera universitaria, quella sarebbe stata la sua ultima volta in quell’ateneo, mai più avrebbe potuto guardare in faccia qualcuno dei suoi colleghi.
Antonella riprese la parola
- Quindi lei mi sta dicendo che Marco ha anteposto l’orgoglio personale al bene della collettività e quel che è peggio, così facendo, infliggendo alla facoltà di Medicina una umiliazione epocale. Cosa fate nel vostro privato non mi interessa, ma non posso tollerare che ciò danneggi la facoltà.
E rivolto a Marco
- Hai qualcosa da aggiungere?
Conoscendola, Marco era ben cosciente che Antonella aveva di proposito enfatizzato l’accaduto, sicuramente per prendersi una rivincita nei suoi confronti, in fondo tutto questo dramma era soltanto una partita di calcetto persa, altro che umiliazione epocale.
Ma si trovava in uno stato d’animo così abbattuto, così depresso che non aveva voglia e forza di controbattere, non vedeva l’ora che tutto si concludesse per cui, restando a capo chino, fece di no con la testa.
- Bene, allora io, nella mia veste di presidentessa di quest’assemblea, condanno il qui presente Marco a subire la stessa pena che non gli ha permesso, per un malinteso sussulto d’orgoglio, di partecipare alla partita. Pena che sarò io stessa ad infliggergli.
Marco sulle prime, perso nei suoi pensieri, non si rese conto della parole di Antonella, ma ne percepì il devastante significato quando quattro suoi compagni di squadra lo afferrarono saldamente, abbassandogli i pantaloni e costringendolo a piegarsi sulla cattedra.
In un clima da stadio, Antonella si pose alle sue spalle e gli inflisse dieci colpi di cintura sul culo, che per fortuna non venne denudato, e sulle cosce.
Sicuramente i colpi non erano neanche lontanamente paragonabili alle sferzate che sapeva somministrare Sonia, ma il fatto di doverli subire in quella situazione li rese mille volte più penosi.
Alla fine della punizione, quando fu lasciato libero di rivestirsi, in uno stato confusionale evidente, Sonia lo prese sottobraccio e lo condusse via.
Giunti a destinazione senza profferire parola, Sonia lo accolse a casa sua e forse conscia di aver esagerato, gli preparò da mangiare, anche se lui non ne aveva alcuna voglia, lo spogliò, e lo mise a letto.
Dopodiché si spogliò anch’essa e gli si distese a fianco, abbracciandolo e coccolandolo, finchè il sonno non li colse. Trascorsero tutta la notte abbracciati e così li trovò Marta il mattino seguente.
Continua…
Dopo averlo imbavagliato lo cosparsero di ceretta bollente e gli depilarono gambe, cosce e addome.
La sofferenza fu atroce, soprattutto quando gli depilarono le palle. Ad ogni strappo, si inarcò ed emise urla belluine fortunatamente ammortizzate dal bavaglio, altrimenti avrebbe svegliato l’intero condominio.
Marta lo ricompensò con un lungo massaggio rinfrescante che si concluse, sotto lo sguardo di disapprovazione di Sonia, con una sega magistrale che lo condusse ad una eiaculazione pirotecnica, schizzi e schizzi di sperma che inondarono la mano di Marta e il bassoventre, arrivando a scolare sull’asciugamano posto a protezione del letto.
Sonia osservò corrucciata la scena, la gelosia la divorava, ma si rendeva altresì conto che per tenerlo buono e sottomesso qualcosa si doveva pur concedergli.
Poi fu slegato, gli fu permesso di lavarsi e gli prepararono un’abbondante colazione che divorò famelico, non avendo mangiato nulla dal pranzo del giorno prima.
A questo punto le due ragazze uscirono per andare al lavoro e lo lasciarono solo.
Prima di rivestirsi Marco andò in bagno e si guardò allo specchio.
L’immagine che vide riflessa lo fece vergognare ed eccitare al tempo stesso.
Trovò ridicolo quel corpo, peloso sul torso e sulle braccia e completamente glabro dall’ombelico in giù.
Ma se si concentrava solo sulla parte depilata gli piaceva vedersi così liscio, quasi femmineo, con le natiche che potevano essere scambiate per quelle di una donna e il cazzo che faceva da contraltare, apparendo, senza peli, quasi più grosso e lungo.
Ristette un bel po’ a rimirarsi da ogni angolazione, poi, dopo un’ultima occhiata, si rivestì e tornò nel suo appartamento.
Decise di recarsi all’università ma mal gliene incolse.
Fuori dall’aula in cui avrebbe dovuto assistere alla lezione di anatomia, si ritrovò circondato da una ventina tra colleghi e colleghe che lo aggredirono verbalmente.
Sulle prime non capì bene cosa stesse accadendo ma le accuse che gli furono mosse gli tolsero ogni dubbio.
La partita! Gli accadimenti dell’ultimo giorno gli avevano fatto dimenticare completamente della partita.
Apprese così, tra gli insulti, che Ingegneria aveva asfaltato Medicina vincendo il torneo, che la sua squadra aveva dovuto giocare con un uomo in meno per quasi tutta la partita in quanto un paio di infortunati, anche a causa della sua assenza, non avevano potuto essere sostituiti.
Risultato? Sarebbe stato sottoposto al giudizio del comitato studentesco che avrebbe stabilito la pena da infliggergli. Appuntamento per le sei del pomeriggio. Guai a lui se non si fosse presentato.
Tornò a casa seriamente preoccupato.
Dopo pranzo ne parlò con Sonia che ascoltò assorta tutta la storia e poi gli disse di non preoccuparsi, l’avrebbe accompagnato lei e spiegato tutto.
Queste parole, anziché rasserenarlo, lo preoccuparono ancor di più, temendo quello che Sonia avrebbe potuto dire, ma non ebbe il coraggio di contraddirla.
Alle diciotto si recarono insieme all’università, la riunione era in corso nell’aula magna.
Entrarono, sugli scranni dell’emiciclo un centinaio tra studenti e studentesse, in cattedra due ragazzi e una ragazza.
I ragazzi erano due suoi compagni di squadra, la ragazza Marco la conosceva bene, quella stronza ignorante di Antonella, una sua compagna di corso, con cui un giorno aveva aspramente litigato durante una prova scritta, perché lei era in difficoltà e lui non volle aiutarla.
Sonia prese posto in un banco e Marco invece andò a posizionarsi in piedi di fronte alla cattedra scoprendo che Antonella era stata nominata, per quel semestre, presidentessa del comitato.
E fu proprio lei a prendere la parola accusandolo di aver, con la sua assenza, causato la sconfitta della squadra, ed invitandolo a giustificarsi.
Ma prima che Marco potesse aprir bocca Sonia si alzò in piedi dicendo
- Scusate, posso spiegarvi io cosa è successo.
- E tu chi saresti?
- Sono la fidanzata di Marco e la causa involontaria della sua mancata partecipazione alla partita.
- Quindi si è portato l’avvocato difensore? In genere non sono previsti interventi esterni, ma la cosa mi incuriosisce, sentiamo cosa ha da dire.
- Ecco, è accaduto che, il giorno prima della partita, Marco mi ha mancato di rispetto e sono stata costretta a punirlo.
- Punirlo? Come sarebbe a dire? In cosa sarebbe consistita questa punizione, nel non partecipare alla partita?
- No no, anzi… sapevo bene dell’importanza che la partita rivestiva per lui e, ora mi rendo conto, anche per tutti voi, l’ho lasciato libero di partecipare, come lo stesso Marco può confermarvi.
- E’ vero? – disse Antonella rivolgendosi a Marco
- Sì, però…
- Basta così, facciamo continuare la signorina, prego.
- La punizione è consistita in qualche cinghiata sulle cosce nude.
A queste parole nell’aula calò un silenzio irreale, poi un mormorio appena accennato cominciò a levarsi dai banchi, aumentando sempre più di intensità fino a sfociare in una risata collettiva.
- Silenzio, fate silenzio…prego continui, continui – disse Antonella ridendo a sua volta.
- Beh, c’è poco da dire, non avrei mai immaginato che la vergogna di far vedere i segni della punizione sarebbe stata sufficiente a non farlo partecipare ad un evento così importante.
Marco si sentiva come un condannato al patibolo, capo chino, ascoltava le parole di Sonia che, ne era perfettamente cosciente, stavano distruggendo la sua carriera universitaria, quella sarebbe stata la sua ultima volta in quell’ateneo, mai più avrebbe potuto guardare in faccia qualcuno dei suoi colleghi.
Antonella riprese la parola
- Quindi lei mi sta dicendo che Marco ha anteposto l’orgoglio personale al bene della collettività e quel che è peggio, così facendo, infliggendo alla facoltà di Medicina una umiliazione epocale. Cosa fate nel vostro privato non mi interessa, ma non posso tollerare che ciò danneggi la facoltà.
E rivolto a Marco
- Hai qualcosa da aggiungere?
Conoscendola, Marco era ben cosciente che Antonella aveva di proposito enfatizzato l’accaduto, sicuramente per prendersi una rivincita nei suoi confronti, in fondo tutto questo dramma era soltanto una partita di calcetto persa, altro che umiliazione epocale.
Ma si trovava in uno stato d’animo così abbattuto, così depresso che non aveva voglia e forza di controbattere, non vedeva l’ora che tutto si concludesse per cui, restando a capo chino, fece di no con la testa.
- Bene, allora io, nella mia veste di presidentessa di quest’assemblea, condanno il qui presente Marco a subire la stessa pena che non gli ha permesso, per un malinteso sussulto d’orgoglio, di partecipare alla partita. Pena che sarò io stessa ad infliggergli.
Marco sulle prime, perso nei suoi pensieri, non si rese conto della parole di Antonella, ma ne percepì il devastante significato quando quattro suoi compagni di squadra lo afferrarono saldamente, abbassandogli i pantaloni e costringendolo a piegarsi sulla cattedra.
In un clima da stadio, Antonella si pose alle sue spalle e gli inflisse dieci colpi di cintura sul culo, che per fortuna non venne denudato, e sulle cosce.
Sicuramente i colpi non erano neanche lontanamente paragonabili alle sferzate che sapeva somministrare Sonia, ma il fatto di doverli subire in quella situazione li rese mille volte più penosi.
Alla fine della punizione, quando fu lasciato libero di rivestirsi, in uno stato confusionale evidente, Sonia lo prese sottobraccio e lo condusse via.
Giunti a destinazione senza profferire parola, Sonia lo accolse a casa sua e forse conscia di aver esagerato, gli preparò da mangiare, anche se lui non ne aveva alcuna voglia, lo spogliò, e lo mise a letto.
Dopodiché si spogliò anch’essa e gli si distese a fianco, abbracciandolo e coccolandolo, finchè il sonno non li colse. Trascorsero tutta la notte abbracciati e così li trovò Marta il mattino seguente.
Continua…
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