Galeotto fu il casotto 2
di
masoc
genere
gay
La vacanza trascorse tranquilla e serena, scandita da lunghe escursioni tra paesaggi mozzafiato che in fondo avevano conquistato anche Gianni che, dopo i primi due giorni di quella routine, aveva cominciato a manifestare un po’ di fastidio.
- Lungi da me voler sputare nel piatto in cui mangio, ma forse avresti potuto scegliere una meta un po’ più piena di vita, che ne so? Londra? Berlino?? Amsterdam???
Marco rideva dei mugugni di Gianni, per lui quella era la vacanza ideale, lontano dalla folla, immerso nella natura.
- E le ragazze? Non ti mancano? Qui ci sono solo alberi e mucche ed a me cominciano a far male le palle.
Poi subentrò la rassegnazione ed anche Gianni si fece piacere quella vacanza in effetti più adatta a due arzilli pensionati che a due diciottenni.
Anche la condivisione della tenda di Marco, una biposto sufficientemente grande ma un po’ scomoda, non creò soverchi problemi. Marco in realtà era inizialmente un po’ preoccupato dalla promiscuità che inevitabilmente si sarebbe venuta a creare dovendo condividere uno spazio così ristretto, le immagini di Brokeback Mountain continuavano a scorrergli davanti agli occhi, ma tutto andò per il meglio, dormivano sui due materassini affiancati riuscendo, tranne che in rare occasioni, neppure a sfiorarsi.
Tra una escursione e l’altra la vacanza giunse al termine, l’indomani avrebbero dovuto incamminarsi sulla via del ritorno, ma oggi c’era ancora il tempo per un’ultima passeggiata tra i boschi.
Non che Gianni fosse tanto d’accordo, continuava a bofonchiare di palle doloranti e Marco dovette quasi costringerlo a seguirlo promettendogli che gli avrebbe fatto vedere il più bel panorama del mondo.
La pista si inerpicava tra i boschi e dopo un paio di ore di cammino, quando già, secondo i calcoli di Marco, avrebbero dovuto essere in prossimità della loro meta, si trovarono la strada sbarrata da un imprevisto. Una frana aveva invaso il sentiero creando un muro alto quattro/cinque metri, alla loro sinistra c’era il costone di roccia e alla destra uno strapiombo.
Restarono per un po’indecisi sul da farsi, dopo tanto cammino nessuno dei due era entusiasta all’idea di tornare indietro, poi Marco decise di superare l’ostacolo e cominciò ad inerpicarsi invitando Gianni a seguirlo. L’ascesa non era agevole, il terreno poco compatto franava in continuazione, ciononostante giunsero quasi in cima ma al momento di fare l’ultimo sforzo per superare l’ostacolo Marco scivolò e cadde quasi addosso a Gianni che con grande prontezza di riflessi riuscì ad afferrarlo abbrancandogli il culo ed a sospingerlo verso l’alto e così, a fatica, riuscirono a passare dall’altra parte.
Era stata dura ma ne era valsa la pena. Uno scenario fantastico si presentò davanti ai loro occhi. Le Alpi innevate, illuminate dai raggi del sole calante, si stagliavano contro il cielo terso e, ai loro piedi, si apriva una piccola valle verdissima attraversata da un torrentello che sfociava in un piccolo laghetto. Da togliere il fiato.
Marco che pure sapeva cosa avrebbe visto restò incantato, neppure si rese conto che Gianni gli si era accostato e si accorse della sua presenza solo quando questi gli fece scivolare la mano sinistra nella tasca posteriore sinistra dei suoi pantaloncini.
Il contatto non lo disturbò, gli sembrò un fatto naturale, come se l’altro gli avesse posto una mano sulla spalla e restarono così per svariati minuti a rimirare quello spettacolo.
Poi venne il momento del ritorno, Gianni tolse a malincuore la mano dalla tasca e iniziarono il percorso che li avrebbe riportati alla tenda.
A differenza dell’andata, però, Gianni si manteneva molto vicino a Marco e non perdeva occasione per palpargli il culo. Una, due, tre volte, Marco lasciava fare e Gianni commise un errore dicendo
- Ma che bel culetto morbido che hai.
Non l’avesse mai fatto, Marco si rigirò come una furia, rosso in volto lo agguantò per il bavero della camicia urlandogli
- La devi smettere di toccarmi il culo altrimenti ti spacco la faccia, hai capito?
Gianni, che non si aspettava una reazione del genere, restò interdetto e fece ammenda mormorando
- Scusami, non lo faccio più. Però pensavo che ti piacesse.
Marco, non sapendo cosa rispondere a questa obiezione in fondo non del tutto campata in aria, lasciò la camicia di Gianni, si girò e senza una parola riprese la discesa.
Tutto il tragitto fu coperto nel più completo silenzio, con Marco che si chiedeva perché avesse reagito così violentemente, rendendosi conto che erano state le parole di apprezzamento di Gianni sul suo culo a farlo sbottare, come se lo avessero riportato alla realtà, rendendo evidente e materiale una situazione che fino a quel momento stava vivendo con assoluta naturalezza. Ora era dispiaciuto per l’atmosfera creatasi, ma ormai era troppo tardi ed era sicuro che Gianni, anche se non si girava a guardarlo, lo stava seguendo immusonito e forse gli guardava il culo senza avere il coraggio di avvicinarsi.
Anche la cena si svolse in silenzio, solo qualche frase di circostanza e poi, anziché farsi compagnia davanti al fuoco come avevano fatto ogni sera, Marco si ritirò nella tenda e si distese sul materassino in mutande e maglietta.
Si sentiva a disagio, continuava a pensare agli accadimenti del pomeriggio e dovette confessarsi che Gianni aveva ragione nel dire che gli era piaciuto sentirsi toccare il culo. Era combattuto, indeciso sul da farsi, e alla fine giunse alla conclusione che avrebbe lasciato fare al fato, che nella fattispecie, assumeva le sembianze di Gianni.
Si distese sul fianco destro, col culo leggermente proteso in fuori, quasi in tacita offerta, e il braccio destro disteso all’indietro col palmo rivolto verso l’alto. La sua brandina era quella di sinistra per cui Gianni, rientrando, se avesse trovato il coraggio sarebbe stato nelle condizioni di fare quel che avesse voluto; lui dal canto suo, avrebbe fatto finta di dormire lasciando vigliaccamente l’intera responsabilità nella mani dell’altro. Gli parve un compromesso accettabile e si dispose all’attesa.
Attesa che gli parve eterna, Gianni sembrava non avere nessuna voglia di coricarsi e Marco finì con l’assopirsi.
Si destò improvvisamente, qualcosa aveva toccato il palmo della sua mano, istintivamente strinse il pugno e immediatamente capì che stava stringendo il cazzo di Gianni. Gli sembrò di tornare indietro nel tempo, a quell’estate di tanti anni fa. Facendo finta di niente, con un sospiro assonnato si mise più comodo sempre stringendo quel cazzo enorme e assecondò i movimenti pelvici di Gianni che praticamente stava scopandogli la mano.
Questa volta, quando, dopo poco, Gianni venne, inondando mano e materassino, non mollò la presa e continuò a stringere quel cazzo che eiaculava finchè non fu Gianni a ritrarsi lasciandogli libera la mano.
A questo punto, senza dire una parola e senza girarsi verso il cugino, si alzò, si asciugò, ripulì alla bell’e meglio il materassino con della carta igienica e, come se nulla fosse successo, si ridistese e piombò in un sonno profondo.
Al risveglio entrambi fecero finta che nulla fosse accaduto, Gianni si alzò per primo, preparò la colazione e quando il cugino uscì a sua volta dalla tenda lo accolse con un bel sorriso amichevole che Marco si affrettò a ricambiare.
I rapporti tra i due rimasero improntati alla massima cordialità anche per il resto della giornata, sia durante il trasferimento alla stazione, sia sul treno che li avrebbe riportati a casa.
continua
- Lungi da me voler sputare nel piatto in cui mangio, ma forse avresti potuto scegliere una meta un po’ più piena di vita, che ne so? Londra? Berlino?? Amsterdam???
Marco rideva dei mugugni di Gianni, per lui quella era la vacanza ideale, lontano dalla folla, immerso nella natura.
- E le ragazze? Non ti mancano? Qui ci sono solo alberi e mucche ed a me cominciano a far male le palle.
Poi subentrò la rassegnazione ed anche Gianni si fece piacere quella vacanza in effetti più adatta a due arzilli pensionati che a due diciottenni.
Anche la condivisione della tenda di Marco, una biposto sufficientemente grande ma un po’ scomoda, non creò soverchi problemi. Marco in realtà era inizialmente un po’ preoccupato dalla promiscuità che inevitabilmente si sarebbe venuta a creare dovendo condividere uno spazio così ristretto, le immagini di Brokeback Mountain continuavano a scorrergli davanti agli occhi, ma tutto andò per il meglio, dormivano sui due materassini affiancati riuscendo, tranne che in rare occasioni, neppure a sfiorarsi.
Tra una escursione e l’altra la vacanza giunse al termine, l’indomani avrebbero dovuto incamminarsi sulla via del ritorno, ma oggi c’era ancora il tempo per un’ultima passeggiata tra i boschi.
Non che Gianni fosse tanto d’accordo, continuava a bofonchiare di palle doloranti e Marco dovette quasi costringerlo a seguirlo promettendogli che gli avrebbe fatto vedere il più bel panorama del mondo.
La pista si inerpicava tra i boschi e dopo un paio di ore di cammino, quando già, secondo i calcoli di Marco, avrebbero dovuto essere in prossimità della loro meta, si trovarono la strada sbarrata da un imprevisto. Una frana aveva invaso il sentiero creando un muro alto quattro/cinque metri, alla loro sinistra c’era il costone di roccia e alla destra uno strapiombo.
Restarono per un po’indecisi sul da farsi, dopo tanto cammino nessuno dei due era entusiasta all’idea di tornare indietro, poi Marco decise di superare l’ostacolo e cominciò ad inerpicarsi invitando Gianni a seguirlo. L’ascesa non era agevole, il terreno poco compatto franava in continuazione, ciononostante giunsero quasi in cima ma al momento di fare l’ultimo sforzo per superare l’ostacolo Marco scivolò e cadde quasi addosso a Gianni che con grande prontezza di riflessi riuscì ad afferrarlo abbrancandogli il culo ed a sospingerlo verso l’alto e così, a fatica, riuscirono a passare dall’altra parte.
Era stata dura ma ne era valsa la pena. Uno scenario fantastico si presentò davanti ai loro occhi. Le Alpi innevate, illuminate dai raggi del sole calante, si stagliavano contro il cielo terso e, ai loro piedi, si apriva una piccola valle verdissima attraversata da un torrentello che sfociava in un piccolo laghetto. Da togliere il fiato.
Marco che pure sapeva cosa avrebbe visto restò incantato, neppure si rese conto che Gianni gli si era accostato e si accorse della sua presenza solo quando questi gli fece scivolare la mano sinistra nella tasca posteriore sinistra dei suoi pantaloncini.
Il contatto non lo disturbò, gli sembrò un fatto naturale, come se l’altro gli avesse posto una mano sulla spalla e restarono così per svariati minuti a rimirare quello spettacolo.
Poi venne il momento del ritorno, Gianni tolse a malincuore la mano dalla tasca e iniziarono il percorso che li avrebbe riportati alla tenda.
A differenza dell’andata, però, Gianni si manteneva molto vicino a Marco e non perdeva occasione per palpargli il culo. Una, due, tre volte, Marco lasciava fare e Gianni commise un errore dicendo
- Ma che bel culetto morbido che hai.
Non l’avesse mai fatto, Marco si rigirò come una furia, rosso in volto lo agguantò per il bavero della camicia urlandogli
- La devi smettere di toccarmi il culo altrimenti ti spacco la faccia, hai capito?
Gianni, che non si aspettava una reazione del genere, restò interdetto e fece ammenda mormorando
- Scusami, non lo faccio più. Però pensavo che ti piacesse.
Marco, non sapendo cosa rispondere a questa obiezione in fondo non del tutto campata in aria, lasciò la camicia di Gianni, si girò e senza una parola riprese la discesa.
Tutto il tragitto fu coperto nel più completo silenzio, con Marco che si chiedeva perché avesse reagito così violentemente, rendendosi conto che erano state le parole di apprezzamento di Gianni sul suo culo a farlo sbottare, come se lo avessero riportato alla realtà, rendendo evidente e materiale una situazione che fino a quel momento stava vivendo con assoluta naturalezza. Ora era dispiaciuto per l’atmosfera creatasi, ma ormai era troppo tardi ed era sicuro che Gianni, anche se non si girava a guardarlo, lo stava seguendo immusonito e forse gli guardava il culo senza avere il coraggio di avvicinarsi.
Anche la cena si svolse in silenzio, solo qualche frase di circostanza e poi, anziché farsi compagnia davanti al fuoco come avevano fatto ogni sera, Marco si ritirò nella tenda e si distese sul materassino in mutande e maglietta.
Si sentiva a disagio, continuava a pensare agli accadimenti del pomeriggio e dovette confessarsi che Gianni aveva ragione nel dire che gli era piaciuto sentirsi toccare il culo. Era combattuto, indeciso sul da farsi, e alla fine giunse alla conclusione che avrebbe lasciato fare al fato, che nella fattispecie, assumeva le sembianze di Gianni.
Si distese sul fianco destro, col culo leggermente proteso in fuori, quasi in tacita offerta, e il braccio destro disteso all’indietro col palmo rivolto verso l’alto. La sua brandina era quella di sinistra per cui Gianni, rientrando, se avesse trovato il coraggio sarebbe stato nelle condizioni di fare quel che avesse voluto; lui dal canto suo, avrebbe fatto finta di dormire lasciando vigliaccamente l’intera responsabilità nella mani dell’altro. Gli parve un compromesso accettabile e si dispose all’attesa.
Attesa che gli parve eterna, Gianni sembrava non avere nessuna voglia di coricarsi e Marco finì con l’assopirsi.
Si destò improvvisamente, qualcosa aveva toccato il palmo della sua mano, istintivamente strinse il pugno e immediatamente capì che stava stringendo il cazzo di Gianni. Gli sembrò di tornare indietro nel tempo, a quell’estate di tanti anni fa. Facendo finta di niente, con un sospiro assonnato si mise più comodo sempre stringendo quel cazzo enorme e assecondò i movimenti pelvici di Gianni che praticamente stava scopandogli la mano.
Questa volta, quando, dopo poco, Gianni venne, inondando mano e materassino, non mollò la presa e continuò a stringere quel cazzo che eiaculava finchè non fu Gianni a ritrarsi lasciandogli libera la mano.
A questo punto, senza dire una parola e senza girarsi verso il cugino, si alzò, si asciugò, ripulì alla bell’e meglio il materassino con della carta igienica e, come se nulla fosse successo, si ridistese e piombò in un sonno profondo.
Al risveglio entrambi fecero finta che nulla fosse accaduto, Gianni si alzò per primo, preparò la colazione e quando il cugino uscì a sua volta dalla tenda lo accolse con un bel sorriso amichevole che Marco si affrettò a ricambiare.
I rapporti tra i due rimasero improntati alla massima cordialità anche per il resto della giornata, sia durante il trasferimento alla stazione, sia sul treno che li avrebbe riportati a casa.
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