Galeotto fu il casotto 8
di
masoc
genere
dominazione
L’indomani mattina la scena si ripetè para para, la zia gli somministrò le dieci vergate e poi andò a lavorare.
Bea che, come la sera precedente, aveva assistito alla punizione preparò la colazione e si sedettero al tavolo della cucina. Marco non riuscì a trattenere una smorfia di dolore.
- Brucia eh? - la cosa sembrava divertirla.
Marco non le rispose anzi cercò di cambiare discorso.
- Ma oggi non vai a lavorare?
- No, ho preso mezza giornata di permesso, aspetto una persona.
Finito di far colazione Marco si chiuse in bagno, riempì il bidet, vi gettò dei cubetti di ghiaccio e cercò di rinfrescarsi le parti offese. Mentre era così affaccendato sentì suonare alla porta e Bea andare ad aprire.
La persona che aspettava era arrivata.
Una volta che ebbe finito con le sue abluzioni uscì dal bagno e si trasferì in soggiorno dove, inaspettatamente, si trovò davanti il più improbabile degli esseri viventi. Sembrava la caricatura di una punk. Grassoccia, alta un metro e qualcosa, il colorito di un pallore spettrale, cranio completamente rasato se si eccettua una striscia centrale alla mohicana, piercing dappertutto, sopracciglia, bocca, naso lingua, orecchie, sembrava una bottega di ferramenta ambulante, palpebre, labbra e unghie dipinte di nero, un girocollo borchiato e tatuaggi sparsi. Indossava una blusa nera, gonna in tinta, calze a rete e scarponi simil anfibi anch’essi neri.
Marco, passata la sorpresa, non riuscì a trattenere un sorriso, era proprio buffa.
- E tu chi sei? - le chiese.
- Ma che tte ridi? E chissei tu. Aspetta devi esse’ er pischello che se fa’ nculà da coso…come se chiama…er fratello de Bea. Mmmm caruccio.
In quel momento fa il suo ingresso Bea e a lei si rivolge Marco fuori di se
- Ma cosa hai raccontato a sto sgorbio?
- Ao’, ma come te permetti - e lo sgorbio fece, con insospettata agilità, un balzo in avanti e gli appioppò uno schiaffone a mano aperta che lo lasciò tramortito.
- Anvedi sto frocio rottinculo… mo’ te gonfio - e gli mollò altre tre sberle in rapida successione che lo fecero traballare. Non sapendo come arginare quella furia scatenata tentò di darsela a gambe, ma quella lo afferrò per i capelli
- Ma dove te credi d’annà, e mica ho finito co te.
A questo punto intervenne Bea
- Aspetta Suellen, non me lo ammaccare troppo, è il cocco di mammà che si è messa in testa di redimerlo, non puoi lasciargli segni, non in faccia almeno.
Suellen?!?!?!Marco non credeva alle sue orecchie, la situazione era talmente grottesca da apparire surreale.
- Lo frusta ogni giorno, due volte al giorno per fargli espiare le sue colpe, dai fai vedere i segni a Suellen.
- Per favore Bea…
- Sbrigati o me ne vado e ti lascio da solo con lei.
Rassegnato Marco accettò questa ennesima umiliazione, tirò giù i pantaloni del pigiama e mostrò le natiche striate da segni violacei
- Nun ce posso crede! Forte tu madre, je sta a fa’ er culo a strisce - e ridendo allungò una mano appropriandosi di una natica di Marco e, torcendola con forza, gli procurò un dolore così intenso al culo già martoriato da farlo cadere in ginocchio con un gemito.
- Che dici se glie do’na frustatina pur’io?
- No, meglio di no, mamma potrebbe accorgersene.
Lo sgorbio la guardò sospettosa, volse lo sguardo su Marco poi tornò a guardarla.
- Me cojoni, come sei protettiva co sto stronzo, non è che, gnente gnente, ce stai a fa’ robba? Lo sai che so’ gelosa, se scopro che lo sfiori anche solo co un dito giuro che me ‘ncazzo.
- Ma che dici, io e quello? Ma quando mai. Piuttosto perché non andiamo in camera? Ho voglia di leccarti tutta, lo sai come mi fai eccitare quando fai la dura…
E, senza degnarlo di uno sguardo, si allontanarono abbracciate con lo sgorbio che teneva con fare possessivo la mano sul culo di Bea. Le arrivava con la testa all’ombelico ma Marco ebbe la netta sensazione che nella coppia fosse lei a comandare.
Rimasero in camera per un’ora almeno e ad un certo punto a Marco parve di sentire un rumore come di schiaffi, ma non ne era sicuro, e degli urletti soffocati che gli parvero di Bea. Incuriosito, ben attento a non farsi scoprire, andò ad origliare e sentì Bea che diceva
- Basta, ti prego, ti giuro che non ti ho tradito né con Marco né con altri.
- Sarà ma nun ce credo e in ogni caso ogni tanto te fa bene na ripassata.
Il rumore che aveva sentito in precedenza riprese e continuò ancora per qualche minuto accompagnato da gemiti, questi inequivocabilmente da parte di Bea.
- Basta per favore, finirà per sentirci.
- Quando basta lo decido io e se ce sente meglio, così capisce chi è che comanna.
A questo punto Marco tornò in punta di piedi in soggiorno e fu la scelta giusta. Dopo qualche minuto infatti sentì aprire la porta della camera da letto e poi richiudersi quella d’ingresso. Se ne era andata.
Moriva dalla curiosità ma si impose di aspettare e finalmente la sua pazienza venne premiata. Bea riapparve in salotto, era rossa in viso e gli occhi le brillavano di una strana luce. Sembrava provata ma al tempo stesso soddisfatta.
Marco la guardò con fare interrogativo.
- Ma chi è sta tipa? Ma si chiama davvero Suellen?
Bea sorrise un po’ imbarazzata, era la prima volta che la vedeva così in difficoltà.
- Sì, sua madre era un’appassionata di una serie tv di tanti anni fa e Suellen è il nome della protagonista. E’ più grande di me, ha trent’anni e da uno stiamo insieme. Non mi chiedere perché, a volte me lo chiedo anch’io, ma non riesco più a farne a meno. Riesce a dominarmi, faccio tutto quello che vuole e ti assicuro che i suoi gusti a volte sono davvero estremi.
- Ma ti picchia?
- Dipende da cosa intendi per picchiare. Poco fa mi ha sculacciata perché sospetta che io me la faccia con te, ma secondo me l’ha fatto sia a scopo preventivo sia perché è una pratica che le piace molto. Guarda…
E sollevandosi la gonna come al solito molto corta gli mostrò le natiche, appena coperte da una minuscola mutandina bianca di cotone, di un bel colore rosso acceso.
A Marco la vista del bel culone di Bea fece effetto procurandogli un’erezione che cercò, senza riuscirci, di nascondere.
- Ora non ti mettere strane idee in testa se quella venisse a sapere che ti ho mostrato il culo mi scorticherebbe viva, certo però che brucia parecchio.
- Nello zaino ho una pomata rinfrescante che mi ero portato per le punture d’insetto, se vuoi te la passo - buttò lì con fare indifferente.
- See, ti piacerebbe, piuttosto dammela che me la passo da sola.
Dopo un tira e molla giunsero ad un compromesso, Bea si sarebbe spalmata la pomata da sola e gli avrebbe concesso di assistere a distanza di sicurezza. E così fecero, lui le diede la pomata e sedette in poltrona, Bea si tolse le mutandine, si inginocchiò sul divano e si cosparse il culo di unguento cominciando a spalmarlo sulle natiche arrossate.
Lo spettacolo arrapò da morire Marco che decise di tentare il tutto per tutto, si alzò dalla poltrona e si tuffò con il viso sul culo di Bea affondando tra le sue natiche. Lei, sorpresa, perse l’equilibrio e con un urletto cadde bocconi sul divano. Cercò di divincolarsi ma Marco non mollò, la tenne per i fianchi mentre la sua lingua impazzita correva frenetica dal buco del culo alla fica che ben presto iniziò ad inumidirsi.
- Basta, fermati cosa credi di fare, smettila…no, aspetta…fermati… no sì, sì continua, mi piace, dai così leccami il buchetto, non ti fermare continua, sto venendo, sto venendo ,vene… aaaaaaaaaaahhhhhhhhhhhhh.
Cominciò a tremare tutta emettendo una specie di lamento come se la stessero torturando, durò parecchi secondi, poi si acquietò anche se il suo corpo ogni tanto sussultava come attraversato da una scossa elettrica.
Rimasero in questa posizione per parecchio tempo, Bea distesa a pancia in giù e Marco alle sue spalle che continuava a carezzarle dolcemente il culo e le cosce.
- Beh, qualcosa mi dice che ti è piaciuto.
Bea si sollevò sui gomiti e si girò a guardarlo, Marco la osservava con un sorrisino compiaciuto, premendo la sua erezione contro il piede destro di lei.
- Mi è piaciuto sì, cazzo. Ti rendi conto che si è trattato di una violenza vero? Ti sei approfittato di una povera fanciulla indifesa, dovresti vergognarti.
Il tono era chiaramente scherzoso e lo confermava il fatto che iniziò a sfregargli col piede il pene coperto dal pigiama, quasi a volerlo ricompensare per il piacere ricevuto.
Marco resistette pochissimo e venne copiosamente infradiciandosi tutto.
- Devo proprio essere impazzita. Se lo viene a sapere sono cazzi amari. - riferendosi chiaramente alla sua amica punk.
- Non ti sembra di esagerare?
- Tu non sai di cosa è capace, lei e la sua banda di coatti.
- Allora anch’io ho un segreto che potrei rivelare…
- Hai ragione, ma ti do un consiglio, tieni la bocca chiusa perché quella prima sistema me e poi ti viene a cercare, stanne certo.
- Potrei correre il rischio, ma non credo che tu lo voglia quindi facciamo così…io non dico niente, tu ti impegni a tacere su di me, mi presti i soldi per il biglietto, io parto e non ci vediamo più…che ne dici?
Bea ascoltò in silenzio e rimase a guardarlo pensierosa.
- Guarda, per me potrebbe anche andar bene, ma con mia madre come la metti?
- Ci ho pensato, le lascio un biglietto in cui le spiego che muoio dalla voglia di rivedere i miei, che sono pentito per il mio comportamento e che la ringrazio per il suo impegno nel volermi redimere. Non credo che abbia interesse a creare problemi.
Così fecero, Marco lasciò il biglietto per la zia, con i soldi di Bea si pagò il viaggio in treno e fece ritorno al suo paese.
Che sollievo finalmente tornare nel suo ambiente familiare, tra le mura di casa sua, rivedere i suoi genitori. La sua vita riprese tranquilla, i giorni passavano e quella terribile e al tempo stesso eccitante esperienza era ormai alle spalle, presto sarebbe diventata solo un ricordo.
Era disteso sul suo letto quando bussarono alla porta.
- Marco, posso entrare?
- Certo mamma, entra.
La porta si aprì e sua madre si appoggiò allo stipite della porta con una strana espressione.
- Marco caro devo darti due notizie, una bella ed una brutta. La brutta è che è morto lo zio Alfonso, il papà di Gianni e Bea, poverino, un infarto fulminante. La buona notizia invece è che la zia Maria pare sia l’unica erede, infatti non avevano mai divorziato, lei è, anzi era, ancora sua moglie.
Ora non ha più bisogno di lavorare e mi ha appena comunicato che appena possibile ha intenzione di tornare qui da noi, tra l’altro mi ha detto che non vede l’ora di rivederti così potrete portare a termine quel percorso spirituale che si era bruscamente interrotto con il tuo ritorno a casa, che santa donna, non trovi che sia meraviglioso? Anche i tuoi cugini non vedono l’ora di tornare, potrete passare ancora tanto tempo insieme, pensa che bello. Non sei contento?
Fine ?
Bea che, come la sera precedente, aveva assistito alla punizione preparò la colazione e si sedettero al tavolo della cucina. Marco non riuscì a trattenere una smorfia di dolore.
- Brucia eh? - la cosa sembrava divertirla.
Marco non le rispose anzi cercò di cambiare discorso.
- Ma oggi non vai a lavorare?
- No, ho preso mezza giornata di permesso, aspetto una persona.
Finito di far colazione Marco si chiuse in bagno, riempì il bidet, vi gettò dei cubetti di ghiaccio e cercò di rinfrescarsi le parti offese. Mentre era così affaccendato sentì suonare alla porta e Bea andare ad aprire.
La persona che aspettava era arrivata.
Una volta che ebbe finito con le sue abluzioni uscì dal bagno e si trasferì in soggiorno dove, inaspettatamente, si trovò davanti il più improbabile degli esseri viventi. Sembrava la caricatura di una punk. Grassoccia, alta un metro e qualcosa, il colorito di un pallore spettrale, cranio completamente rasato se si eccettua una striscia centrale alla mohicana, piercing dappertutto, sopracciglia, bocca, naso lingua, orecchie, sembrava una bottega di ferramenta ambulante, palpebre, labbra e unghie dipinte di nero, un girocollo borchiato e tatuaggi sparsi. Indossava una blusa nera, gonna in tinta, calze a rete e scarponi simil anfibi anch’essi neri.
Marco, passata la sorpresa, non riuscì a trattenere un sorriso, era proprio buffa.
- E tu chi sei? - le chiese.
- Ma che tte ridi? E chissei tu. Aspetta devi esse’ er pischello che se fa’ nculà da coso…come se chiama…er fratello de Bea. Mmmm caruccio.
In quel momento fa il suo ingresso Bea e a lei si rivolge Marco fuori di se
- Ma cosa hai raccontato a sto sgorbio?
- Ao’, ma come te permetti - e lo sgorbio fece, con insospettata agilità, un balzo in avanti e gli appioppò uno schiaffone a mano aperta che lo lasciò tramortito.
- Anvedi sto frocio rottinculo… mo’ te gonfio - e gli mollò altre tre sberle in rapida successione che lo fecero traballare. Non sapendo come arginare quella furia scatenata tentò di darsela a gambe, ma quella lo afferrò per i capelli
- Ma dove te credi d’annà, e mica ho finito co te.
A questo punto intervenne Bea
- Aspetta Suellen, non me lo ammaccare troppo, è il cocco di mammà che si è messa in testa di redimerlo, non puoi lasciargli segni, non in faccia almeno.
Suellen?!?!?!Marco non credeva alle sue orecchie, la situazione era talmente grottesca da apparire surreale.
- Lo frusta ogni giorno, due volte al giorno per fargli espiare le sue colpe, dai fai vedere i segni a Suellen.
- Per favore Bea…
- Sbrigati o me ne vado e ti lascio da solo con lei.
Rassegnato Marco accettò questa ennesima umiliazione, tirò giù i pantaloni del pigiama e mostrò le natiche striate da segni violacei
- Nun ce posso crede! Forte tu madre, je sta a fa’ er culo a strisce - e ridendo allungò una mano appropriandosi di una natica di Marco e, torcendola con forza, gli procurò un dolore così intenso al culo già martoriato da farlo cadere in ginocchio con un gemito.
- Che dici se glie do’na frustatina pur’io?
- No, meglio di no, mamma potrebbe accorgersene.
Lo sgorbio la guardò sospettosa, volse lo sguardo su Marco poi tornò a guardarla.
- Me cojoni, come sei protettiva co sto stronzo, non è che, gnente gnente, ce stai a fa’ robba? Lo sai che so’ gelosa, se scopro che lo sfiori anche solo co un dito giuro che me ‘ncazzo.
- Ma che dici, io e quello? Ma quando mai. Piuttosto perché non andiamo in camera? Ho voglia di leccarti tutta, lo sai come mi fai eccitare quando fai la dura…
E, senza degnarlo di uno sguardo, si allontanarono abbracciate con lo sgorbio che teneva con fare possessivo la mano sul culo di Bea. Le arrivava con la testa all’ombelico ma Marco ebbe la netta sensazione che nella coppia fosse lei a comandare.
Rimasero in camera per un’ora almeno e ad un certo punto a Marco parve di sentire un rumore come di schiaffi, ma non ne era sicuro, e degli urletti soffocati che gli parvero di Bea. Incuriosito, ben attento a non farsi scoprire, andò ad origliare e sentì Bea che diceva
- Basta, ti prego, ti giuro che non ti ho tradito né con Marco né con altri.
- Sarà ma nun ce credo e in ogni caso ogni tanto te fa bene na ripassata.
Il rumore che aveva sentito in precedenza riprese e continuò ancora per qualche minuto accompagnato da gemiti, questi inequivocabilmente da parte di Bea.
- Basta per favore, finirà per sentirci.
- Quando basta lo decido io e se ce sente meglio, così capisce chi è che comanna.
A questo punto Marco tornò in punta di piedi in soggiorno e fu la scelta giusta. Dopo qualche minuto infatti sentì aprire la porta della camera da letto e poi richiudersi quella d’ingresso. Se ne era andata.
Moriva dalla curiosità ma si impose di aspettare e finalmente la sua pazienza venne premiata. Bea riapparve in salotto, era rossa in viso e gli occhi le brillavano di una strana luce. Sembrava provata ma al tempo stesso soddisfatta.
Marco la guardò con fare interrogativo.
- Ma chi è sta tipa? Ma si chiama davvero Suellen?
Bea sorrise un po’ imbarazzata, era la prima volta che la vedeva così in difficoltà.
- Sì, sua madre era un’appassionata di una serie tv di tanti anni fa e Suellen è il nome della protagonista. E’ più grande di me, ha trent’anni e da uno stiamo insieme. Non mi chiedere perché, a volte me lo chiedo anch’io, ma non riesco più a farne a meno. Riesce a dominarmi, faccio tutto quello che vuole e ti assicuro che i suoi gusti a volte sono davvero estremi.
- Ma ti picchia?
- Dipende da cosa intendi per picchiare. Poco fa mi ha sculacciata perché sospetta che io me la faccia con te, ma secondo me l’ha fatto sia a scopo preventivo sia perché è una pratica che le piace molto. Guarda…
E sollevandosi la gonna come al solito molto corta gli mostrò le natiche, appena coperte da una minuscola mutandina bianca di cotone, di un bel colore rosso acceso.
A Marco la vista del bel culone di Bea fece effetto procurandogli un’erezione che cercò, senza riuscirci, di nascondere.
- Ora non ti mettere strane idee in testa se quella venisse a sapere che ti ho mostrato il culo mi scorticherebbe viva, certo però che brucia parecchio.
- Nello zaino ho una pomata rinfrescante che mi ero portato per le punture d’insetto, se vuoi te la passo - buttò lì con fare indifferente.
- See, ti piacerebbe, piuttosto dammela che me la passo da sola.
Dopo un tira e molla giunsero ad un compromesso, Bea si sarebbe spalmata la pomata da sola e gli avrebbe concesso di assistere a distanza di sicurezza. E così fecero, lui le diede la pomata e sedette in poltrona, Bea si tolse le mutandine, si inginocchiò sul divano e si cosparse il culo di unguento cominciando a spalmarlo sulle natiche arrossate.
Lo spettacolo arrapò da morire Marco che decise di tentare il tutto per tutto, si alzò dalla poltrona e si tuffò con il viso sul culo di Bea affondando tra le sue natiche. Lei, sorpresa, perse l’equilibrio e con un urletto cadde bocconi sul divano. Cercò di divincolarsi ma Marco non mollò, la tenne per i fianchi mentre la sua lingua impazzita correva frenetica dal buco del culo alla fica che ben presto iniziò ad inumidirsi.
- Basta, fermati cosa credi di fare, smettila…no, aspetta…fermati… no sì, sì continua, mi piace, dai così leccami il buchetto, non ti fermare continua, sto venendo, sto venendo ,vene… aaaaaaaaaaahhhhhhhhhhhhh.
Cominciò a tremare tutta emettendo una specie di lamento come se la stessero torturando, durò parecchi secondi, poi si acquietò anche se il suo corpo ogni tanto sussultava come attraversato da una scossa elettrica.
Rimasero in questa posizione per parecchio tempo, Bea distesa a pancia in giù e Marco alle sue spalle che continuava a carezzarle dolcemente il culo e le cosce.
- Beh, qualcosa mi dice che ti è piaciuto.
Bea si sollevò sui gomiti e si girò a guardarlo, Marco la osservava con un sorrisino compiaciuto, premendo la sua erezione contro il piede destro di lei.
- Mi è piaciuto sì, cazzo. Ti rendi conto che si è trattato di una violenza vero? Ti sei approfittato di una povera fanciulla indifesa, dovresti vergognarti.
Il tono era chiaramente scherzoso e lo confermava il fatto che iniziò a sfregargli col piede il pene coperto dal pigiama, quasi a volerlo ricompensare per il piacere ricevuto.
Marco resistette pochissimo e venne copiosamente infradiciandosi tutto.
- Devo proprio essere impazzita. Se lo viene a sapere sono cazzi amari. - riferendosi chiaramente alla sua amica punk.
- Non ti sembra di esagerare?
- Tu non sai di cosa è capace, lei e la sua banda di coatti.
- Allora anch’io ho un segreto che potrei rivelare…
- Hai ragione, ma ti do un consiglio, tieni la bocca chiusa perché quella prima sistema me e poi ti viene a cercare, stanne certo.
- Potrei correre il rischio, ma non credo che tu lo voglia quindi facciamo così…io non dico niente, tu ti impegni a tacere su di me, mi presti i soldi per il biglietto, io parto e non ci vediamo più…che ne dici?
Bea ascoltò in silenzio e rimase a guardarlo pensierosa.
- Guarda, per me potrebbe anche andar bene, ma con mia madre come la metti?
- Ci ho pensato, le lascio un biglietto in cui le spiego che muoio dalla voglia di rivedere i miei, che sono pentito per il mio comportamento e che la ringrazio per il suo impegno nel volermi redimere. Non credo che abbia interesse a creare problemi.
Così fecero, Marco lasciò il biglietto per la zia, con i soldi di Bea si pagò il viaggio in treno e fece ritorno al suo paese.
Che sollievo finalmente tornare nel suo ambiente familiare, tra le mura di casa sua, rivedere i suoi genitori. La sua vita riprese tranquilla, i giorni passavano e quella terribile e al tempo stesso eccitante esperienza era ormai alle spalle, presto sarebbe diventata solo un ricordo.
Era disteso sul suo letto quando bussarono alla porta.
- Marco, posso entrare?
- Certo mamma, entra.
La porta si aprì e sua madre si appoggiò allo stipite della porta con una strana espressione.
- Marco caro devo darti due notizie, una bella ed una brutta. La brutta è che è morto lo zio Alfonso, il papà di Gianni e Bea, poverino, un infarto fulminante. La buona notizia invece è che la zia Maria pare sia l’unica erede, infatti non avevano mai divorziato, lei è, anzi era, ancora sua moglie.
Ora non ha più bisogno di lavorare e mi ha appena comunicato che appena possibile ha intenzione di tornare qui da noi, tra l’altro mi ha detto che non vede l’ora di rivederti così potrete portare a termine quel percorso spirituale che si era bruscamente interrotto con il tuo ritorno a casa, che santa donna, non trovi che sia meraviglioso? Anche i tuoi cugini non vedono l’ora di tornare, potrete passare ancora tanto tempo insieme, pensa che bello. Non sei contento?
Fine ?
1
voti
voti
valutazione
8
8
Continua a leggere racconti dello stesso autore
racconto precedente
Galeotto fu il casotto 7
Commenti dei lettori al racconto erotico