Cartomanzia - 13a parte - Quote d'scrizione e primi appuntamenti
di
zorrogatto
genere
dominazione
Era perplessa.
Stavano succedendo cose che non riusciva a comprendere appieno.
Prima la sua sorellina Paola che sembrava aver perso di colpo ogni pudore, sia nel parlare che nel comportarsi!, davanti a tutti, arrivando a toccarsi in auto con suo figlio Giacomo e, soprattutto, mettendola in forte imbarazzo quando aveva ipotizzato («Ma erano solo ipotesi?», si chiedeva angosciata) che lei avesse altri uomini oltre al suo (patetico, inconcludente, ormai quasi totalmente disinteressato al sesso coniugale!) dooolce maritino.
E poi suo figlio... Era cambiato, di colpo!
Si era da tempo resa conto, ormai, che suo figlio aveva cominciato a spiarla, a cercare di carpire scorci delle sue intimità e la cosa, che non aveva trovato il coraggio di reprimere sul nascere per paura di provocare chissà quali traumi alla psiche del ragazzo, aveva assunto, con l’andar del tempo. l’aspetto di un vero e proprio assedio e, stupendosi moltissimo, anche lei aveva cominciato a... tollerare -con una strana, morbosa, recondita gioia- quel suo spiarla; in certi momenti di... momentanea follia, addirittura!, era arrivata perfino a mostrarsi deliberatamente e ben oltre le più rosee speranze del giovane!
Arrivò a lasciarsi osservare sul letto, mentre dava sollievo con le dita alla sua sessualità inappagata e spostandosi in modo che Giacomo potesse avere la migliore visuale dal suo patetico nascondiglio ed il suo piacere aumentò rapidamente sino ad esplodere, quando cercò di immaginare come Giacomino potesse osservarla e quante e quali emozioni sfrecciassero nella sua giovane mente, mentre la mano gli sfrecciava su e giù frenetica per l’asta turgida.
Come... premio per quello spettacolo trovò, dopo, una minuscola gocciolina, ancora fresca ed odorosa, schizzata sul pannello dell’anta, dietro alla quale il giovane si era celato per assistere alla sua masturbazione e -era stato più forte di lei!- l’aveva tolta, lambendola rapidamente con la lingua e cercando di decifrarne il particolare sapore.
Quanto lei interessasse al figlio, poi, era anche indicato da piccole, quasi impalpabili tracce che solo i suoi occhi attenti di massaia vedevano nitidamente; a volte trovava le sue scarpe -soprattutto quelle a tacco alto, sopratutto coi tacchi a stiletto- leggermente spostate, o con una abbattuta sul fianco, o fuori posto ed anche lì, annusandole, percepiva l’afrore di giovane maschio, nonostante i segni di una frettolosa straccionata per ripulirle da ogni traccia.
Ed anche il suo intimo, slippini e peri e reggiseni, che metteva nel cesto della biancheria sporca, li aveva trovati a volte spostati da come ricordava di averli deposti nella cesta e, qualche volta -con frequenza sempre più ravvicinata- chiaramente impregnati dall’abbondante succo del suo giovane uomo.
Questi comportamenti erano entrati a far parte di una sorta di strana... 'normalità’, in casa e Laura -aveva trovato il coraggio di ammetterlo con se stessa!- era intrigata e forse anche vagamente eccitata da questi...omaggi, quasi giornalieri ormai, del figlio.
Ma adesso invece... adesso era qualche giorno che non notava più questi piccoli indizi di... di attività manuale del figlio e che non si sentiva più spiata, come se Giacomino... ma sì, come se avesse perso ogni interesse per lei.
Da una parte era sollevata: evidentemente il giovane aveva trovato 'altro’, più soddisfacente dello spiare la madre e, per fortuna, prima che quella lunga discesa verso una situazione sicuramente deprecabile, potesse portarli a fare cose di cui lei, sicuramente, si sarebbe pentita per il resto della vita.
Dall’altra, però, provava una piccola punta di delusione, di rabbia, di frustrazione, di gelosia nei confronti di quella anonima rivale che le aveva sottratto le -pur perverse e malsane!- attenzioni del figlio.
Si strinse fatalisticamente nelle spalle e continuò a prepararsi per uscire: indossò il tranquillo abitino e le ballerine e si truccò leggermente, in modo adatto per «uscire con le amiche», come aveva annunciato al marito.
Le scappò un sorrisetto, pensando alla borsa nel bagagliaio della sua macchina, che conteneva intimo decisamente sexy ed un abito ben più audace di ciò che indossava, oltre ai suoi sandaletti con tacco-dodici ed al necessario per truccarsi e struccarsi -alla disperata in auto, ferma a lato strada- e che avrebbe indossato appena lontana da casa, per l’appuntamento con quel tipo conosciuto in un bar, pochi giorni prima: era ben più giovane di lei, magro e nervoso come un cavallino del deserto ed irsuto, con i capelli scuri raccolti in una coda e la bocca sottolineata da baffetti e pizzo scolpiti a rasoio; gli occhi acuti, indagatori, le avevano trapassato l’anima, nell’incontro precedente e lei aveva preso la sua decisione: quella sera si sarebbe completamente concessa a Vito, il suo nuovo spasimante!
Aveva visto gli sguardi di riprovazioni negli occhi dei suoi domestici, costretti a rimediare al caos, alla vera porcilaia lasciata dalla festa nel suo parco, ma in fondo lei li pagava lautamente e spesso loro avevano ben poco da fare, soprattutto quando era nella capitale per seguire la causa di qualche cliente importante e quindi era nella logica delle cose che, se per una volta dovevano rimediare ad un casino del genere, lo facessero di buon grado e senza bofonchiare.
Il Maestro era stato di parola: a parte le due stanze della «casina del custode»ed il relativo bagno, oltre ovviamente a parco ed annessi arredi e piscina, nulla era stato toccato nella villa ed anche il vetro andato in frantumi, era di una finestra della piccola costruzione che lei usava ormai solo come riparo per gli ombrelloni ed i divani e le poltrone di rattan, nella stagione invernale.
Però la parte dove si era svolta la festa, sembrava fosse stata percorsa da una mandria di bufali infuriati e cosparsa di bicchieri, posate e piatti di plastica sporchi, oltre ad avanzi di cibo, bottiglie e quelli che sembravano brandelli di indumenti femminili.
Quando il Maestro l’aveva chiamata dicendole che poteva tornare in possesso della sua villa, la sua curiosità femminile l’aveva spinta ad osare chiedergli a cosa fosse servito il parco della sua villa.
Si era pentita immediatamente della domanda ed era già certa di ricevere un pesante insulto da parte dell’uomo come quando manifestava troppa curiosità, ma questi, invece aveva riso e le aveva dato sogghignando i chiarimenti che aveva osato chiedere: «Dora, Dora… grannissima bottana!
Cosa avvenne, mi chiedesti? E io te lo dico: una bottanazza comu a tia che oggi l’attrazione di una festa di compleanno, fu!
Tutti masculi e due fimmene, ma due scrofe cattive, e lei che si fece ficcare più volte da tutti in ogni buco: alla fine, insultata come la peggior baldracca, pesta, lacera e coperta di sborra, era!»
Per un attimo Dora si immedesimò nell’anonima “vittima” del festino e sentì subito la reazione del suo ventre che le sembrò cominciasse addirittura a bollire: si immaginava «costretta» a sottoporsi lei stessa ai pesanti oltraggi che, con poche parole, il Maestro le aveva tratteggiato e senti la fica contrarsi dall’eccitazione, mentre i suoi raffinati slippini si intridevano all’istante del risultato della sua eccitazione.
«Ma… Maestro: ommini fatti, furono, a ficcare la bottana?» E già Dora aveva tutti i sensi all’erta, immaginandosi mentre veniva presa a ripetizione da una imprecisata -ma comunque cospicua!- quantità di uomini ben oltre i trentacinque, quarant’anni; un’età adeguata alla sua, che aveva già doppiato da tempo la boa dei cinquant’anni.
Una fragorosa risata, precedette la risposta dell’uomo: «Ma quali ommini fatti? Tutti picciotti, diciottini, furono!’
Un’ondata di delusione la invase, raffreddandola quasi all’istante: lei ormai accettava, dopo che il Maestro aveva applicato le sue arti, di essere maltrattata, insultata e violata anche da parecchi uomini nella stessa occasione ed aveva scoperto che questo potente contrappasso, rispetto alla sua immagine pubblica di stimato avvocato, le provocava potenti stati di eccitazione anche al solo pensiero.
Però… però no: non voleva avere a che fare con giovani, ragazzi che potrebbero essere i suoi figli!
Proprio mentre formulava questa riflessione, il Maestro ricominciò a parlare e lei temette ed -al contempo- sperò di sentire quello che l’uomo le stava per dire: «Comunque la bottanazza nel tuo parco, quasi quarantina, era… Pensa a quanto si scateneranno quei picciotti, quando potranno ficcari una vecchia bottanazza comu a tia…»
La cosa che non voleva, assolutamente!
Ed il suo Padrone, che invece glie la preannunciava con la massima leggerezza, come se le avesse ordinato -ed era già capitato, più volte!- di non indossare intimo sotto il suo severo tailleur professionale: come una cosa quasi naturale!
Pensò all’umiliazione, al doversi piegare a quella degradante scelta, inappellabile!, del suo Padrone, al suo scoramento già al solo pensarci e subito un fiotto di piacere ruscellò tra le sue ninfe.
Ed ora, assisteva al duro lavoro di riordino dei suoi dipendenti ed il senso dello schifo per ciò che vedeva, era ampiamente controbilanciato dall’eccitazione che provava immaginandosi lei al posto della quasi-quarantina che era stata al centro di un’orgia che, a giudicare dalle tracce, era stata decisamente memorabile! Non vedeva l’ora di arrivare a casa, era esausta.
Dopo la faticosa festa in villa, suo nipote Giacomo l’aveva portata, invece che a casa, da dei tipi… dei giovani di un paio d’anni più grandi di lui, nell’appartamento di un casermone popolare, che li avevano accolti ghignanti, stravaccati su vecchie poltrone ed un divano e con un sacco di bottiglie di birra -vuote o cominciate- e portacenere traboccanti tutto in giro e l’aria impregnata dall’odore di fumo.
Paola li valuto con un’unica, rapida occhiata: una mezza dozzina di giovani che si atteggiava a fare i duri, tutti con lo stesso berrettino in testa e, davanti a loro, suo nipote sembrava intimidito, senza più quella posa arrogante che aveva mostrato con lei.
«E' lei?» Chiese uno e tutti lo guardarono con un certo rispetto, come si guarda e si ascolta 'il capo’.
«E' lei…. mia zia Paola, quella che ama farsi fottere da chiunque!» rispose Giacomo, con tono che voleva sembrare spavaldo.
Il capo la osservò con un occhio socchiuso, forse infastidito dal fumo della Marlboro che fumava, stravaccato sulla poltrona sdrucita e con una gamba buttata sul bracciolo.
Fece un semplice cenno, ma il giovane capì che doveva toglierle il vestitino e quindi si precipitò a sfilarglielo dalla testa, affannosamente.
Il capo annuì impercettibilmente, la contemplò per un lungo momento -mentre lei non sapeva dove tenere braccia e mani- poi fece un cenno, ruotando nell’aria l’indice alzato e Paola capì che doveva girare su se stessa, lentamente, per essere comodamente osservata da tutti loro da ogni lato.
Si sottopose a questo umiliante esame, ma senti la fica inumidìrsi, dimostrando così di apprezzare la avvilente situazione.
Finito che ebbe di piroettare, i giovani si scambiarono quasi impercettibili segni di approvazione e alla fine il capo parlò di nuovo: «Per essere una vecchia troia, è appena passabile…
Se ci fa divertire, ok: diventi uno di noi, del gruppo…»
Paola rabbrividì: il nipote non solo l’aveva usata, quel pomeriggio, per acquisire carisma tra i suoi compagni di scuola, ma adesso la utilizzava anche come…. quota d’iscrizione in quella… banda di ragazzi che se la tiravano da duri!
La sua eccitazione salì alle stelle, tanto che quando il nipote le appoggiò la mano sulle reni e la sospinse verso il capo, sentiva già la fica colarle…
Un’oretta, era durata; poco più di un’ora verificare la sua totale disponibilità ed era stata usata in ogni modo, penetrata da tutti loro (goffamente da qualcuno, nonostante si dessero arie da persone scafate) ed era stata travolta dalle ondate di piacere ogni volta che qualcuno entrava brutalmente nel suo ano martoriato o tra le sue ninfe irritate ed arrossate, magari introducendole una bottiglia, oltre a provare brividi di eccitazione ai loro insulti, sputi, torsioni cattive dei capezzoli, manate e pizzicotti, schizzi di sborra e getti d’orina in ogni dove.
Quando tutti loro si ritennero soddisfatti, facendo regali sorrisetti di accettazione a Giacomo che era restato da una parte, ad assistere senza dire una parola o fare un solo gesto, il capo le disse una cosa che davvero non si aspettava: «Troia; adesso che ti sei divertita, visto che per colpa tua abbiamo sporcato dappertutto, riordinerai la stanza e laverai il pavimento, che è tutto schifosamente scivoloso. E... anche pericoloso, sai?» concluse, con feroce sarcasmo.
Le diedero un sacco per la spazzatura, il bastone, lo straccio ed il secchio e si dichiararono soddisfatti solo quando lei, ormai assolutamente esausta, finì di asciugare i portacenere che aveva dovuto lavare, prima di potersi ripulire -che impiccio, la sborra che continuava a colarle giù, lungo le cosce, dai suoi orifizi ormai dilatati e le ciocche di capelli incollati da sperma ormai essicato!- e rivestire.
E adesso, finalmente, il taxi rallentava davanti a casa sua: arrivata su, si sarebbe fatta una rapida doccia e poi, senza neanche mangiare, si sarebbe buttata a letto per dormire, dormire, dormire…
«Sì, tesoro, è stata una simpatica serata… eravamo io, la Giovanna, la Ada e la Bibi; ci siamo raccontate un po' di cose ed abbiamo riso molto…»
Il marito aveva grugnito distrattamente in segno di accettazione, riprendendo a leggere e Laura era andata «Un attimino!» in bagno, prima di raggiungerlo nel letto matrimoniale.
Seduta sul bidé, se la insaponò ed al toccarla le venne da rievocare per qualche momento la serata, con un soddisfatto sorrisino sulle labbra; Vito era stato perfetto: la giusta miscela di galanteria, rilassato umorismo e audacia; quando poi, esaurite le immancabili chiacchiere su gusti, preferenze alimentari, famiglia e le altre schermaglie iniziali, avevano cominciato a “fare sul serio”, si era dimostrato veramente abile a trovare ogni suo punto erogeno, incendiandole i sensi e quando poi lei gli aveva finalmente aperto i pantaloni ed estratto il membro… uhmmmm! Uno splendore! Bello grosso e lo aveva leccato e baciato molto eccitata, in attesa che lui glie lo affondasse nella topina già fradicia.
Immaginandolo a forzarle inoltre il buchetto ed a colmarla anche da quella parte, ebbe un brividino di piacere; ovviamente, anche se lui glie lo aveva piacevolmente vellicato con lingua e dita, non gli aveva concesso il culetto, a quel primo appuntamento 'serio’: non voleva che lui pensasse che era una poco di buono!
Però, la la prossima volta…. uhmmm… la prossima volta si sarebbe sentita scavare il culetto da quel magnifico cazzone, duro come la pietra e con la sua grossa, congestionata cappella!
E tutto quel fiume di sborra calda che, quella sera, aveva ingoiato con grande piacere, le avrebbe allagato l’intestino, riempiendola per bene!
L’uomo si era dimostrato un capace amante e ne intuiva le grandi potenzialità da maialino, come intrigavano lei: quella era stata una serata di studio reciproco per entrambi e, pur avendo mischiato piacevolmente i propri fluidi, aveva capito che anche lui era… col freno a mano tirato, come si dice!
Qualcosa le diceva che Vito era un… birbante e che forse le avrebbe, prima o poi, fatto proposte deliziosamente oscene; fece un sorrisetto goloso: sì, non sembrava per nulla un amante banale, noioso.
Al prossimo incontro, si sarebbero lasciati entrambi andare e Laura era convinta che sarebbe riuscita (anche trovando il modo per avere più tempo da trascorrere insieme!) a farlo venire almeno due volte: farselo sborrare nel culetto era una prospettiva suggestiva, ma anche ingoiare di nuovo tutta quella sborra rovente… uhmmm…
Prese il perizoma impiastricciato di secrezioni varie e lo osservò, riflettendo un attimo: nasconderlo in fondo alla cesta della roba da lavare, o lasciarlo in cima, in bella vista per la gioia di suo figlio?
Ripensò ad alcuni giorni prima, quando accidentalmente lo aveva scorto nudo -anche se non in completa erezione!- per un attimo: si vedeva bene che ormai era diventato un ometto, ridacchiò compiaciuta.
Depose il peri in cima alla cesta, piegato in un modo che memorizzò, in modo da poter sapere se era stato smosso: lo aveva annusato un attimo e la fragranza della sua eccitazione unita a quella di maschio che aveva lasciato il suo nuovo amante Vito -ma il profumo di maschio, per quello che suo figlio ne sapeva, poteva essere del padre!- era assolutamente eccitante: sperò, quasi!, che Giacomino ci si potesse fare una bella sega e sorrise indulgente al pensiero.
Stavano succedendo cose che non riusciva a comprendere appieno.
Prima la sua sorellina Paola che sembrava aver perso di colpo ogni pudore, sia nel parlare che nel comportarsi!, davanti a tutti, arrivando a toccarsi in auto con suo figlio Giacomo e, soprattutto, mettendola in forte imbarazzo quando aveva ipotizzato («Ma erano solo ipotesi?», si chiedeva angosciata) che lei avesse altri uomini oltre al suo (patetico, inconcludente, ormai quasi totalmente disinteressato al sesso coniugale!) dooolce maritino.
E poi suo figlio... Era cambiato, di colpo!
Si era da tempo resa conto, ormai, che suo figlio aveva cominciato a spiarla, a cercare di carpire scorci delle sue intimità e la cosa, che non aveva trovato il coraggio di reprimere sul nascere per paura di provocare chissà quali traumi alla psiche del ragazzo, aveva assunto, con l’andar del tempo. l’aspetto di un vero e proprio assedio e, stupendosi moltissimo, anche lei aveva cominciato a... tollerare -con una strana, morbosa, recondita gioia- quel suo spiarla; in certi momenti di... momentanea follia, addirittura!, era arrivata perfino a mostrarsi deliberatamente e ben oltre le più rosee speranze del giovane!
Arrivò a lasciarsi osservare sul letto, mentre dava sollievo con le dita alla sua sessualità inappagata e spostandosi in modo che Giacomo potesse avere la migliore visuale dal suo patetico nascondiglio ed il suo piacere aumentò rapidamente sino ad esplodere, quando cercò di immaginare come Giacomino potesse osservarla e quante e quali emozioni sfrecciassero nella sua giovane mente, mentre la mano gli sfrecciava su e giù frenetica per l’asta turgida.
Come... premio per quello spettacolo trovò, dopo, una minuscola gocciolina, ancora fresca ed odorosa, schizzata sul pannello dell’anta, dietro alla quale il giovane si era celato per assistere alla sua masturbazione e -era stato più forte di lei!- l’aveva tolta, lambendola rapidamente con la lingua e cercando di decifrarne il particolare sapore.
Quanto lei interessasse al figlio, poi, era anche indicato da piccole, quasi impalpabili tracce che solo i suoi occhi attenti di massaia vedevano nitidamente; a volte trovava le sue scarpe -soprattutto quelle a tacco alto, sopratutto coi tacchi a stiletto- leggermente spostate, o con una abbattuta sul fianco, o fuori posto ed anche lì, annusandole, percepiva l’afrore di giovane maschio, nonostante i segni di una frettolosa straccionata per ripulirle da ogni traccia.
Ed anche il suo intimo, slippini e peri e reggiseni, che metteva nel cesto della biancheria sporca, li aveva trovati a volte spostati da come ricordava di averli deposti nella cesta e, qualche volta -con frequenza sempre più ravvicinata- chiaramente impregnati dall’abbondante succo del suo giovane uomo.
Questi comportamenti erano entrati a far parte di una sorta di strana... 'normalità’, in casa e Laura -aveva trovato il coraggio di ammetterlo con se stessa!- era intrigata e forse anche vagamente eccitata da questi...omaggi, quasi giornalieri ormai, del figlio.
Ma adesso invece... adesso era qualche giorno che non notava più questi piccoli indizi di... di attività manuale del figlio e che non si sentiva più spiata, come se Giacomino... ma sì, come se avesse perso ogni interesse per lei.
Da una parte era sollevata: evidentemente il giovane aveva trovato 'altro’, più soddisfacente dello spiare la madre e, per fortuna, prima che quella lunga discesa verso una situazione sicuramente deprecabile, potesse portarli a fare cose di cui lei, sicuramente, si sarebbe pentita per il resto della vita.
Dall’altra, però, provava una piccola punta di delusione, di rabbia, di frustrazione, di gelosia nei confronti di quella anonima rivale che le aveva sottratto le -pur perverse e malsane!- attenzioni del figlio.
Si strinse fatalisticamente nelle spalle e continuò a prepararsi per uscire: indossò il tranquillo abitino e le ballerine e si truccò leggermente, in modo adatto per «uscire con le amiche», come aveva annunciato al marito.
Le scappò un sorrisetto, pensando alla borsa nel bagagliaio della sua macchina, che conteneva intimo decisamente sexy ed un abito ben più audace di ciò che indossava, oltre ai suoi sandaletti con tacco-dodici ed al necessario per truccarsi e struccarsi -alla disperata in auto, ferma a lato strada- e che avrebbe indossato appena lontana da casa, per l’appuntamento con quel tipo conosciuto in un bar, pochi giorni prima: era ben più giovane di lei, magro e nervoso come un cavallino del deserto ed irsuto, con i capelli scuri raccolti in una coda e la bocca sottolineata da baffetti e pizzo scolpiti a rasoio; gli occhi acuti, indagatori, le avevano trapassato l’anima, nell’incontro precedente e lei aveva preso la sua decisione: quella sera si sarebbe completamente concessa a Vito, il suo nuovo spasimante!
Aveva visto gli sguardi di riprovazioni negli occhi dei suoi domestici, costretti a rimediare al caos, alla vera porcilaia lasciata dalla festa nel suo parco, ma in fondo lei li pagava lautamente e spesso loro avevano ben poco da fare, soprattutto quando era nella capitale per seguire la causa di qualche cliente importante e quindi era nella logica delle cose che, se per una volta dovevano rimediare ad un casino del genere, lo facessero di buon grado e senza bofonchiare.
Il Maestro era stato di parola: a parte le due stanze della «casina del custode»ed il relativo bagno, oltre ovviamente a parco ed annessi arredi e piscina, nulla era stato toccato nella villa ed anche il vetro andato in frantumi, era di una finestra della piccola costruzione che lei usava ormai solo come riparo per gli ombrelloni ed i divani e le poltrone di rattan, nella stagione invernale.
Però la parte dove si era svolta la festa, sembrava fosse stata percorsa da una mandria di bufali infuriati e cosparsa di bicchieri, posate e piatti di plastica sporchi, oltre ad avanzi di cibo, bottiglie e quelli che sembravano brandelli di indumenti femminili.
Quando il Maestro l’aveva chiamata dicendole che poteva tornare in possesso della sua villa, la sua curiosità femminile l’aveva spinta ad osare chiedergli a cosa fosse servito il parco della sua villa.
Si era pentita immediatamente della domanda ed era già certa di ricevere un pesante insulto da parte dell’uomo come quando manifestava troppa curiosità, ma questi, invece aveva riso e le aveva dato sogghignando i chiarimenti che aveva osato chiedere: «Dora, Dora… grannissima bottana!
Cosa avvenne, mi chiedesti? E io te lo dico: una bottanazza comu a tia che oggi l’attrazione di una festa di compleanno, fu!
Tutti masculi e due fimmene, ma due scrofe cattive, e lei che si fece ficcare più volte da tutti in ogni buco: alla fine, insultata come la peggior baldracca, pesta, lacera e coperta di sborra, era!»
Per un attimo Dora si immedesimò nell’anonima “vittima” del festino e sentì subito la reazione del suo ventre che le sembrò cominciasse addirittura a bollire: si immaginava «costretta» a sottoporsi lei stessa ai pesanti oltraggi che, con poche parole, il Maestro le aveva tratteggiato e senti la fica contrarsi dall’eccitazione, mentre i suoi raffinati slippini si intridevano all’istante del risultato della sua eccitazione.
«Ma… Maestro: ommini fatti, furono, a ficcare la bottana?» E già Dora aveva tutti i sensi all’erta, immaginandosi mentre veniva presa a ripetizione da una imprecisata -ma comunque cospicua!- quantità di uomini ben oltre i trentacinque, quarant’anni; un’età adeguata alla sua, che aveva già doppiato da tempo la boa dei cinquant’anni.
Una fragorosa risata, precedette la risposta dell’uomo: «Ma quali ommini fatti? Tutti picciotti, diciottini, furono!’
Un’ondata di delusione la invase, raffreddandola quasi all’istante: lei ormai accettava, dopo che il Maestro aveva applicato le sue arti, di essere maltrattata, insultata e violata anche da parecchi uomini nella stessa occasione ed aveva scoperto che questo potente contrappasso, rispetto alla sua immagine pubblica di stimato avvocato, le provocava potenti stati di eccitazione anche al solo pensiero.
Però… però no: non voleva avere a che fare con giovani, ragazzi che potrebbero essere i suoi figli!
Proprio mentre formulava questa riflessione, il Maestro ricominciò a parlare e lei temette ed -al contempo- sperò di sentire quello che l’uomo le stava per dire: «Comunque la bottanazza nel tuo parco, quasi quarantina, era… Pensa a quanto si scateneranno quei picciotti, quando potranno ficcari una vecchia bottanazza comu a tia…»
La cosa che non voleva, assolutamente!
Ed il suo Padrone, che invece glie la preannunciava con la massima leggerezza, come se le avesse ordinato -ed era già capitato, più volte!- di non indossare intimo sotto il suo severo tailleur professionale: come una cosa quasi naturale!
Pensò all’umiliazione, al doversi piegare a quella degradante scelta, inappellabile!, del suo Padrone, al suo scoramento già al solo pensarci e subito un fiotto di piacere ruscellò tra le sue ninfe.
Ed ora, assisteva al duro lavoro di riordino dei suoi dipendenti ed il senso dello schifo per ciò che vedeva, era ampiamente controbilanciato dall’eccitazione che provava immaginandosi lei al posto della quasi-quarantina che era stata al centro di un’orgia che, a giudicare dalle tracce, era stata decisamente memorabile! Non vedeva l’ora di arrivare a casa, era esausta.
Dopo la faticosa festa in villa, suo nipote Giacomo l’aveva portata, invece che a casa, da dei tipi… dei giovani di un paio d’anni più grandi di lui, nell’appartamento di un casermone popolare, che li avevano accolti ghignanti, stravaccati su vecchie poltrone ed un divano e con un sacco di bottiglie di birra -vuote o cominciate- e portacenere traboccanti tutto in giro e l’aria impregnata dall’odore di fumo.
Paola li valuto con un’unica, rapida occhiata: una mezza dozzina di giovani che si atteggiava a fare i duri, tutti con lo stesso berrettino in testa e, davanti a loro, suo nipote sembrava intimidito, senza più quella posa arrogante che aveva mostrato con lei.
«E' lei?» Chiese uno e tutti lo guardarono con un certo rispetto, come si guarda e si ascolta 'il capo’.
«E' lei…. mia zia Paola, quella che ama farsi fottere da chiunque!» rispose Giacomo, con tono che voleva sembrare spavaldo.
Il capo la osservò con un occhio socchiuso, forse infastidito dal fumo della Marlboro che fumava, stravaccato sulla poltrona sdrucita e con una gamba buttata sul bracciolo.
Fece un semplice cenno, ma il giovane capì che doveva toglierle il vestitino e quindi si precipitò a sfilarglielo dalla testa, affannosamente.
Il capo annuì impercettibilmente, la contemplò per un lungo momento -mentre lei non sapeva dove tenere braccia e mani- poi fece un cenno, ruotando nell’aria l’indice alzato e Paola capì che doveva girare su se stessa, lentamente, per essere comodamente osservata da tutti loro da ogni lato.
Si sottopose a questo umiliante esame, ma senti la fica inumidìrsi, dimostrando così di apprezzare la avvilente situazione.
Finito che ebbe di piroettare, i giovani si scambiarono quasi impercettibili segni di approvazione e alla fine il capo parlò di nuovo: «Per essere una vecchia troia, è appena passabile…
Se ci fa divertire, ok: diventi uno di noi, del gruppo…»
Paola rabbrividì: il nipote non solo l’aveva usata, quel pomeriggio, per acquisire carisma tra i suoi compagni di scuola, ma adesso la utilizzava anche come…. quota d’iscrizione in quella… banda di ragazzi che se la tiravano da duri!
La sua eccitazione salì alle stelle, tanto che quando il nipote le appoggiò la mano sulle reni e la sospinse verso il capo, sentiva già la fica colarle…
Un’oretta, era durata; poco più di un’ora verificare la sua totale disponibilità ed era stata usata in ogni modo, penetrata da tutti loro (goffamente da qualcuno, nonostante si dessero arie da persone scafate) ed era stata travolta dalle ondate di piacere ogni volta che qualcuno entrava brutalmente nel suo ano martoriato o tra le sue ninfe irritate ed arrossate, magari introducendole una bottiglia, oltre a provare brividi di eccitazione ai loro insulti, sputi, torsioni cattive dei capezzoli, manate e pizzicotti, schizzi di sborra e getti d’orina in ogni dove.
Quando tutti loro si ritennero soddisfatti, facendo regali sorrisetti di accettazione a Giacomo che era restato da una parte, ad assistere senza dire una parola o fare un solo gesto, il capo le disse una cosa che davvero non si aspettava: «Troia; adesso che ti sei divertita, visto che per colpa tua abbiamo sporcato dappertutto, riordinerai la stanza e laverai il pavimento, che è tutto schifosamente scivoloso. E... anche pericoloso, sai?» concluse, con feroce sarcasmo.
Le diedero un sacco per la spazzatura, il bastone, lo straccio ed il secchio e si dichiararono soddisfatti solo quando lei, ormai assolutamente esausta, finì di asciugare i portacenere che aveva dovuto lavare, prima di potersi ripulire -che impiccio, la sborra che continuava a colarle giù, lungo le cosce, dai suoi orifizi ormai dilatati e le ciocche di capelli incollati da sperma ormai essicato!- e rivestire.
E adesso, finalmente, il taxi rallentava davanti a casa sua: arrivata su, si sarebbe fatta una rapida doccia e poi, senza neanche mangiare, si sarebbe buttata a letto per dormire, dormire, dormire…
«Sì, tesoro, è stata una simpatica serata… eravamo io, la Giovanna, la Ada e la Bibi; ci siamo raccontate un po' di cose ed abbiamo riso molto…»
Il marito aveva grugnito distrattamente in segno di accettazione, riprendendo a leggere e Laura era andata «Un attimino!» in bagno, prima di raggiungerlo nel letto matrimoniale.
Seduta sul bidé, se la insaponò ed al toccarla le venne da rievocare per qualche momento la serata, con un soddisfatto sorrisino sulle labbra; Vito era stato perfetto: la giusta miscela di galanteria, rilassato umorismo e audacia; quando poi, esaurite le immancabili chiacchiere su gusti, preferenze alimentari, famiglia e le altre schermaglie iniziali, avevano cominciato a “fare sul serio”, si era dimostrato veramente abile a trovare ogni suo punto erogeno, incendiandole i sensi e quando poi lei gli aveva finalmente aperto i pantaloni ed estratto il membro… uhmmmm! Uno splendore! Bello grosso e lo aveva leccato e baciato molto eccitata, in attesa che lui glie lo affondasse nella topina già fradicia.
Immaginandolo a forzarle inoltre il buchetto ed a colmarla anche da quella parte, ebbe un brividino di piacere; ovviamente, anche se lui glie lo aveva piacevolmente vellicato con lingua e dita, non gli aveva concesso il culetto, a quel primo appuntamento 'serio’: non voleva che lui pensasse che era una poco di buono!
Però, la la prossima volta…. uhmmm… la prossima volta si sarebbe sentita scavare il culetto da quel magnifico cazzone, duro come la pietra e con la sua grossa, congestionata cappella!
E tutto quel fiume di sborra calda che, quella sera, aveva ingoiato con grande piacere, le avrebbe allagato l’intestino, riempiendola per bene!
L’uomo si era dimostrato un capace amante e ne intuiva le grandi potenzialità da maialino, come intrigavano lei: quella era stata una serata di studio reciproco per entrambi e, pur avendo mischiato piacevolmente i propri fluidi, aveva capito che anche lui era… col freno a mano tirato, come si dice!
Qualcosa le diceva che Vito era un… birbante e che forse le avrebbe, prima o poi, fatto proposte deliziosamente oscene; fece un sorrisetto goloso: sì, non sembrava per nulla un amante banale, noioso.
Al prossimo incontro, si sarebbero lasciati entrambi andare e Laura era convinta che sarebbe riuscita (anche trovando il modo per avere più tempo da trascorrere insieme!) a farlo venire almeno due volte: farselo sborrare nel culetto era una prospettiva suggestiva, ma anche ingoiare di nuovo tutta quella sborra rovente… uhmmm…
Prese il perizoma impiastricciato di secrezioni varie e lo osservò, riflettendo un attimo: nasconderlo in fondo alla cesta della roba da lavare, o lasciarlo in cima, in bella vista per la gioia di suo figlio?
Ripensò ad alcuni giorni prima, quando accidentalmente lo aveva scorto nudo -anche se non in completa erezione!- per un attimo: si vedeva bene che ormai era diventato un ometto, ridacchiò compiaciuta.
Depose il peri in cima alla cesta, piegato in un modo che memorizzò, in modo da poter sapere se era stato smosso: lo aveva annusato un attimo e la fragranza della sua eccitazione unita a quella di maschio che aveva lasciato il suo nuovo amante Vito -ma il profumo di maschio, per quello che suo figlio ne sapeva, poteva essere del padre!- era assolutamente eccitante: sperò, quasi!, che Giacomino ci si potesse fare una bella sega e sorrise indulgente al pensiero.
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