Surfin' - 5
di
Browserfast
genere
etero
La mia serata e quella di Gretchen era cominciata con una specie di aperitivo sulla terrazza del nostro ostello. Senza sfondarci troppo perché con quelli della scuola di surf avevamo prenotato la cena di fine anno in un ristorante dalle parti del porto. Avevo solo detto che la mezzanotte avrei voluto festeggiarla nel locale dove lavora Veronica. E poiché tutto sommato qui a Corralejo un locale vale un altro, tutti si erano accodati.
Io per la verità avrei anche rinunciato al ristorante e su quella terrazza dell'ostello ci sarei rimasta più a lungo: avevo flirtato clandestinamente anche se in modo abbastanza esplicito con uno degli ospiti, uno mai visto prima e che non so né come si chiami né da quale parte del mondo arrivi. All’inizio era un gioco, ma dopo il secondo shot a stomaco vuoto l'idea di portarmelo in stanza e farci qualcosina di rapido non mi era sembrata nemmeno tanto balzana. Visto che la sua ragazza era nei radar ho capito che non era il caso. Ma mi conosco, quando siamo uscite per andare all'appuntamento con gli altri mi sentivo esattamente come certe sere a Roma, quando esco dal portone di casa con le mutandine già umide pensando che qualcosa succederà senz'altro.
Poteva essere qualsiasi cosa: fare un bocchino per scherzo o per scommessa, farmi una ragazza che fino a qualche momento prima non avrebbe mai pensato di essere attratta da un'altra ragazza, lasciare che uno sconosciuto inzuppasse il suo dito dentro di me giusto per il piacere di sentirlo e per quello, molto più allettante, di negarmi a lui e far ricadere la scelta su un altro. Caspita, è l’ultimo dell’anno! Smignotteggiare un pochino è concesso ed ero assai determinata a farlo. "Andiamo a comandare", ho detto a Gretchen quando siamo scese in strada. Non penso che abbia capito.
Un po' mi sono raffreddata a cena, è vero, ma non del tutto. In verità è stata divertente, cibo a parte. Capisco che preparare un menu per un sacco di persone sia complicato ma, cazzo, è il lavoro loro, no? Che ci vuole a fare dei gamberoni alla brace? Vabbè, abbiamo sbagliato ristorante ma sticazzi Il mio ego è stato molto solleticato dai complimenti che ha ricevuto la mia mini LV-Chiara Ferragni. Già me li aveva fatti Gretchen, in stanza, dopo avere guardato stupita i collant-non collant che mi ero infilata, quelli che ti lasciano scoperto il sedere e ti danno l'effetto-reggicalze. "Magnifica quella gonna, hai intenzioni pessime stasera, eh?". "Ho lavorato per comprarmela, tesoro". Che le dovevo dire? Che a Roma mi ero prostituita con due ragazzi americani e che mi era pure piaciuto?
Semmai, a cena, mi sarebbe piaciuto che qualcuno, oltre ai complimenti, me la toccasse e magari andasse anche oltre. Per gioco, è chiaro, ma mi sarebbe piaciuto. Purtroppo i migliori erano un po' distanti, compreso Patrick, il nostro istruttore. Un figaccione francese come ce ne sono tanti qui intorno, nemmeno il migliore, ma vi assicuro che basta e avanza. E sarebbe stato bello avere a cena anche la figlia strafiga del german-daddy, quello che Gretchen si è scopata. Ma non c'era, sarà stata con i suoi, immagino. Eppure avrei voluto che ci fosse. Un po' ci sono andata in fissa, lo ammetto. Sarà una stronzetta oscenamente attratta da suo padre, ma è anche una figa assurda. Dopo essere stata con Olivia avrei molto voglia di essere io a fare io la dom con una ragazza, e lei sarebbe perfetta. So che non accadrà, ma sognare non costa nulla.
Però sbagliereste a pensare che la mia mente fosse dominata dal sesso. E' vero, avevo voglia e mi pregustavo la nottata, ma è stata comunque una cena allegra e alcolica, noi ragazze abbiamo fatto un sacco di casino ballando e cantando sopra le sedie. E quando siamo andati a fare la mezzanotte nel locale di Veronica eravamo un bel gruppo alticcio e sghignazzante.
Il tre, due, uno, buon anno deve essere uguale in tutto il mondo. Il coglione che innaffia di champagne i presenti anche, a occhio e croce. Ma tutto sommato ci sta. Solite cose: auguri e bacetti a pioggia, anche una mano sul culo di non so chi. Quando ho detto a Gretchen che passata la tempesta mi sarei allontanata per fare un po' di telefonate mi ha guardata stupita: "Ma ora comincia il vero divertimento!". L'ho tranquillizzata dicendole che sarebbero stati solo pochi minuti, e che comunque per lei il divertimento mi sembrava bello che cominciato. Stava facendo l'oca con talmente tanti ragazzi, tra turisti e istruttori, che il suo problema, al momento, pareva essere solo quello della scelta.
Io invece in quel momento avevo spinto il tasto "pausa" e avevo solo voglia di mandare auguri in giro per il mondo. Ma prima c'era da andare a salutare Veronica. Si è sporta da dietro il bancone per sbacettarmi, ha guardato il mio flute mezzo vuoto e mi ha detto "che ci fai con quello?". Mi ha versato ciò che restava di una bottiglia. Non nel flute, ma dentro un boccale per la birra, riempiendolo fino all'orlo: "Offre la casa!". Per motivi che analisi approfondite di certo spiegherebbero ma che non ho mai fatto, reggo abbastanza bene qualsiasi tipo di superalcolico, molto ma molto meno vino, champagne, prosecco ecc. Ma sul momento non ci ho pensato, ero più impegnata ad osservarla: era di una strafigaggine assoluta, strizzata dentro una canotta di strass più che generosamente scollata, i capelli tirati su e una mini non eccessiva ma che comunque, se non fosse sempre stata dietro il bancone, avrebbe offerto a tutti i presenti il panorama delle sue belle gambe. L'avevo guardata servire i clienti danzando e sorridendo, versare birra e shot e poi accennare cantando a squarciagola movimenti da discoteca. Impossibile non provare desiderio di lei. Ho evitato di chiederle di Felipe, perché il bel maestro di surf nel locale non c'era. Quello deve essere scemo, non sa che si perde.
Mentre mi allontanavo dalla baraonda per telefonare, proprio sulla porta, mi è arrivata la chiamata di Trilli. Bene, la mia scheda se ne è risparmiata una. Poi famiglia: i miei e mia sorella, che naturalmente è sulla neve e mi ha pigliata per il culo. "Già sugli sci sei un mezzo disastro, immagino con il surf...". Serena e Johnny, e poi Stefania su Face time: "Ma stai a una festa in topless? C'hai le tette di fuori!", "Almeno ho qualcosa da tirare fuori, amò...". Impossibile vincere con lei, come sempre. A sorpresa, sempre in videochiamata, sullo schermo sono comparsi da Copenaghen Lapo e Bambi, la sua fidanzata, che con i suoi occhi da cerbiatta e il viso lievemente paffuto mi chiamava amica mia e diceva quanto le piacerebbe rivedermi. Sono stata assalita da un senso di colpa bagnato, perché ho tradito lei e anche Serena. Perché dopo che Lapo ha friendzonato Serena ci ho messo pochissimo a piazzarmi sotto di lui e ad aprire le gambe, ad aprire la bocca per gridargli "dimmelo che sono la tua puttana". Perché se penso a uno da cui vorrei farmi castigare un giorno sì e l'altro pure questo è proprio Lapo. Voi potreste chiamarle labbra intime, io porte del desiderio. Ma il risultato è lo stesso: alla fine della telefonata le sentivo spalancate.
Ho selezionato un numero dalla rubrica. Occupato. Ho atteso, mi sono fatta offrire una sigaretta da due ragazzi che passavano e che volevano un bacio in cambio. Vabbè, si sono beccati uno ciascuno un bacio a stampo sulle labbra e un "happy new year". Hanno anche chiesto "just this?", gli ho risposto ridendo "come on...". Mi sono fumata la sigaretta e ho rifatto il numero. E' comparsa Debbie urlando uno "Sletje!" che, spero per lei, sia stato coperto dalla musica che sentivo in sottofondo, o almeno inteso in senso ironico dalla gente che aveva intorno. Parlarci e rivederla, anche così, è sempre una botta, per un po' non sono riuscita nemmeno a dirle dove ero. Mi sturbavo affascinata dalla sua bellezza e persino dal suo vestito nero scollato, mi sentivo inadeguata come sempre di fronte a lei. E come sempre è stato come se non se ne fosse accorta nemmeno. Quando abbiamo chiuso la chiamata mi sentivo travolta, l'avrei voluta fortissimamente accanto a me e mi sono data della scema per non essere volata ad Amsterdam. Quando sono rientrata nel locale ero ancora più su di giri che dopo la telefonata di Lapo.
Gretchen era stata fagocitata da un gruppo di quattro ragazzi, tra cui Patrick, l'istruttore. Gli altri non li conoscevo, ma ce n'era uno che doveva essere anche lui un maestro di surf: fisico pazzesco. Un'altra che ne sarebbe valsa la pena era una ragazza che era con loro. Francese anche lei, ma questo l'avrei saputo solo un po' dopo. Era l'unica che apparentemente se ne fregava di quel minimo di dress code che ci si può immaginare a capodanno: se ne stava lì, con il suo bicchiere in mano, dei pantaloni di tela al polpaccio e una maglietta a righe bianche e celesti. Carrè troppo nero per non essere tinto e labbra rossissime. Sarà stata la telefonata con Debbie, sarà stato il boccale di champagne che mi aveva rifilato Veronica, ma vi confesso che ci sono andata in delirio per un po'. Mi ci vedevo proprio a baciarla contro un muro mentre le mettevo le mani sotto la t-shirt, era sin troppo evidente che non indossasse il reggiseno. Peccato che quando mi sono avvicinata a Gretchen e Patrick non mi si sia filata di pezza. E sì che le avevo lanciato occhiate abbastanza eloquenti da meritare almeno un sorriso.
Così me ne sono tornata verso il bancone, da Veronica. Senza che le chiedessi nulla mi ha detto "prova questo" allungandomi un cocktail di non so cosa. All'improvviso una tastata sul culo, di quelle sin troppo smaccate. Mi sono girata di scatto, era Gretchen che sghignazzava e chiedeva anche lei da bere. "Adèle credo che abbia altri interessi...", mi ha detto ad alta voce. Veronica mi ha lanciato un'occhiata interrogativa, nonostante le abbia già detto che Gretchen è convinta che io sia lesbica. Ho risposto con una smorfia tipo "tutto a posto, è fatta così". La mia compagna di stanza era però irrefrenabile, e sbronza.
- Peccato per lei che i suoi interessi siano anche i miei - ha sorriso con un certo cinismo indicando il gruppo di ragazzi appena lasciato.
- Sa molto di sfida - le ho risposto.
- Non c'è sfida, ti assicuro... comunque, se tu decidessi una volta tanto di cambiare, ti segnalo un tipo che ti guarda da quando siamo entrate qui...
Le ho sorriso un po' trucida. In quel momento i suoi giochetti e le sue allusioni mi davano ai nervi. Mi sono voltata ostentatamente verso il fondo della sala.
- Ho visto, ma è un ragazzino... - le ho fatto.
- A me non sembra tanto ragazzino - ha risposto Gretchen prima di tornare con il suo gruppo - potrebbe essere un modo per iniziare l'anno in modo diverso, ahahahahah....
Mi sono girata infastidita verso Veronica. Lei mi ha sorriso, ma prima che mi sorridesse le si leggeva benissimo in viso un'aria un po' sconsolata. Con un cenno della testa le ho domandato "che c'è?" e lei mi ha risposto "nessuna traccia di Felipe, stasera, e io qui". "Tranquilla, vedrai che verrà... starà da qualche parte", ho fatto più per consolarla che per reale convinzione. "Certo, starà da qualche parte con un'altra...", ha detto virando decisamente sul depresso prima di servire un qualcosa a qualcuno. "Quella che non teme concorrenti sei tu stanotte, sei strafighissima", mi sono sorpresa a dirle. Devo essere andata un po' troppo in là con l'intonazione, lo sguardo, non lo so. Ha capito benissimo, giusto un momento dopo che l'avevo capito io, che le mie non erano più parole di consolazione. L'imbarazzo del suo "grazie" è stato molto evidente.
Con il senno di poi, è facile capire che quel quarto di champagne e la telefonata con Debbie mi stavano mandando fuori di testa. In quel momento però la mia lingua era molto più veloce del cervello. "Non c'è di che - le ho risposto piantandole gli occhi negli occhi - se io fossi Felipe non aspetterei un attimo, ti assicuro". Con un po' di ironia difensiva, e risatina allegata, mi ha fatto "non è che Gretchen ha ragione?". "Gretchen ha torto perché pensa che mi piacciano solo le ragazze...", le ho risposto. "E invece?". "Invece con le ragazze sono di gusti molto più difficili, con i ragazzi meno".
Detto ciò mi sono allontanata a passi rapidi verso il fondo della sala, verso il "ragazzino" che non mi toglieva gli occhi di dosso. Quando l'ho raggiunto, per la verità, non stava guardando me ma stava parlando con un tipo. A vederlo da vicino, Gretchen ci aveva preso: non tanto ragazzino. Gli ho chiesto con un sorriso "mi fai ballare?", prima in inglese e poi in spagnolo, visto che non capiva. Per un attimo si è trasformato nel monumento all'incredulità, poi si è alzato.
Non tanto ragazzino e non tanto timido. Nemmeno il tempo di dirci "io Annalisa, tu Pepe" e raggiungere la gente che ballava che, mentre camminavamo, mi ha allacciata per un fianco tirandomi a lui e ha cominciato a far scorrere la mano. Gliel'ho bloccata con la mia, con un "ehi!" e con un sorriso. A Gretchen, che mi osservava con un ghignetto mentre le sfilavamo davanti, ho invece lanciato lo sguardo di chi deve trattenersi dallo sghignazzare.
Essendo un ristorante, lo spazio per ballare era stato ricavato ammassando tavoli e sedie da una parte. Ma eravamo comunque troppi. Più che altro ci si muoveva appena, cercando almeno di farlo a ritmo, e strusciandosi anche parecchio. Mentre cercavo di chiamare a raccolta quel po' di spagnolo imparato a scuola (e a letto) Pepe mi diceva cose che non capivo, un po' per la musica un po' perché mi parlava come fossi una sua connazionale. Gli ho gridato "no entiendo nada!" tirando su le braccia e facendole ondeggiare. In ogni caso, qualsiasi cosa volesse dirmi, nulla poteva essere più esplicito dei suoi occhi incollati sulla scollatura della mia camicetta nera. Non che abbia molto da esporre, ok, ma è da quel dì che ho capito che i ragazzi non vanno tanto per il sottile. Di colpo la musica è cambiata, e chissà cosa sarebbe successo se avessero messo un altro pezzo. Mi sono messa a ridere chiedendo retoricamente a Pepe "quien es el dj?". Non che mi aspettassi Childish Gambino, ma passare dai Black Eyed Peas a Love me tender mi è sembrato un bel salto logico, oltre che estetico. Si vede che era arrivata l'ora del pomicio, che vi devo dire.
E che vi devo dire, si vede anche che ero ubriaca. Altrimenti dopo il suo "eres guapa" non gli avrei risposto "tu tambien" e non gli avrei messo le braccia al collo, altrimenti non avrei schiuso le labbra e avvicinato la mia faccia alla sua. E poiché lui era il tipo di ragazzo mentre-ti-bacio-ti-metto-le-mani-sul-culo stavolta gliele ho lasciate lì. E poiché era impossibile stare così e non strusciarsi, ho sentito la trasformazione del suo pacco, la reazione dei miei capezzoli e il crampo.
Si vede che ero molto ubriaca, più di quanto fossi disposta ad ammettere con me stessa. Altrimenti non gli avrei sussurrato all'orecchio "quiero mamarte...". Altrimenti non l'avrei trascinato al bancone per chiedere a Veronica "mi serve un posto tranquillo". Mi ha passato le chiavi del bagno riservato al personale, cercando di rimanere impassibile e dicendomi "non ci state tanto".
Si vede che ero molto ubriaca. Ma ho capito ugualmente, e quasi subito, che l'iniziativa avrei dovuto prenderla io. Non eravamo lì per continuare a baciarci e a pomiciare e il posto era caldo e pulito. Ho annusato l'odore di ragazzo e mi sono stordita come sempre. Ho assaggiato il suo sapore e l'effetto è stato lo stesso. La natura è stata più forte della sua paura. Ho fatto scivolare la mia saliva. Non so se ci fosse stata qualcuna prima di me, ma di certo nessuna gli aveva mai mostrato prima che il Paradiso può avere così tante forme. Che carino, mi ha avvisata, "me voy a correr". Ho aumentato il ritmo, fino in gola, era facile. Ed era tanto. Ci ho messo quasi di più per ingoiarlo e ripulirlo che per tutto il resto. Peccato che fosse troppo timido o inesperto per impormi le sue spinte sulla testa, ma non fa nulla. "Gracias", gli ho anche detto dopo averglielo rimesso nelle mutande. Quando siamo usciti dal bagno uno dei camerieri del locale ci ha beccati, era sin troppo evidente cosa avessimo appena finito di fare. Avevo una voglia terribile di essere appiccicata a un muro, baciata e masturbata. Da una ragazza, possibilmente, ma anche quel cameriere sarebbe andato bene. "Non può finire così, ho bisogno che non finisca così", mi sono detta.
Ho riconsegnato la chiave a Veronica cercando di scollarmi di dosso il povero Pepe. Ehi, non ti sarai mica innamorato, no? Non credo di essere stata particolarmente stronza, ma un pochino seccata sì. Ci è rimasto male. A Veronica che mi diceva "hai davvero fatto presto" ho risposto "prima o poi imparerà a resistere", poi le ho chiesto di Gretchen. "Non lo so, non l'ho vista uscire", mi ha risposto. Per poi aggiungere sussurrandomi all'orecchio: "Non pensavo che avresti fatto davvero una cosa del genere". "Perché no?", le ho sorriso prima di chiederle qualcosa da bere e una sigaretta.
Sono uscita a fumarmela ed è lì che ho visto passare Victor, o Vitor, il portoghese. Impraticabile, camminava allacciato a una donna, la compagna immagino. Noi per un paio di secondi abbiamo invece intrecciato gli sguardi. Non so se l'abbia capito, non credo, ma il mio diceva "avrei proprio bisogno del bis di ieri, del tuo dentro-fuori mentre mi dici di non fare casino". L'ho invidiata, quella donna. Con me era stata solo una sveltina, ma credo che a passarci una notte intera uno così ti faccia chiedere pietà. "Ci sto subito, non faccio nemmeno finta di resistere", ho pensato tra me e me. Mi riferivo al primo che ci avrebbe provato. Si vede che ero proprio tanto ubriaca.
Purtroppo non sempre le cose vanno come devono andare, perché mi sono beccata sì due tentativi di rimorchio, là fuori, ma decisamente improponibili. Il primo, vabbè, lasciamo proprio stare, absolutely cringe. Il secondo da parte di quattro tedeschi ubriachi che hanno pure provato ad allungare le mani e mi hanno detto di andare con loro. Sì, col cazzo che andavo con loro. Sbronza sì, scema no. Così sono rientrata e ho visto Patrick, l'istruttore. Beh, mica male. Gli ho chiesto se sapesse dov'era Gretchen, non perché in quel momento me fregasse particolarmente qualcosa ma per attaccare bottone. Di fatto mi ha rimbalzata, rispondendomi di no e continuando a parlare con un tipo. Non c'erano nemmeno il suo amico figo né la francesina. Sono tornata al bancone da Veronica, un po' per stare con lei e un po' perché immaginavo che una come me, sola, qualcuno che le offre da bere lo rimedia. E immaginavo bene. "Hola, bebes conmigo?".
Thiago, spagnolo di Corralejo, un trentacinque-quarant'anni gestore di uno dei tanti bar sulla spiaggia. Non un figo da paura ma sulla buona strada, alto e con due ojos negros penetranti. Veronica ci ha servito due vodka lime e mi ha lanciato un'occhiata furbetta. Lui si è voltato a rispondere a un saluto e le ho chiesto silenziosamente "lo conosci?". "Uno che ti fa divertire, se cerchi quello", ha risposto. "Tu ti ci sei divertita?", "ahahahahah, nooo, ma ha una certa fama". Perfetto, mi sono detta. Non sarà il brivido dell'ignoto ma meglio di niente. Prima di allontanarci per trappare, Veronica mi ha fatto "quando bevi ci dai dentro, eh?". Mi sono voltata ridendo e le ho chiesto "ma si vede così tanto?".
Abbiamo ballato, c'era un po' meno gente di prima e mi sono beccata pure l'occhiata un po' rancorosa del "ragazzino", Pepe. Vabbè, pace... Tuttavia Thiago non mi aveva adocchiata per ballare, era evidente. Ne ero consapevole e anche contenta. Per restare da soli è andato sul classico, una sigaretta fuori dal locale dopo aver preso due bottiglie di birra. Un po' di conversazione con il mio spagnolo stentato su chi sono, cosa faccio, con chi sono qui. Quando gli ho detto (non proprio con queste parole) che la mia amica australiana era scomparsa e che forse aveva trovato un principe azzurro mentre io ero rimasta accannata, ha commentato "es extrano...". "Porque extrano?". E a quel punto mi ha baciata. Ma lo ha fatto in un modo speciale, che mi ha sorpresa e mi è piaciuto proprio, lo confesso. Da una parte perché mi ha appiccicata al muro come volevo io, dall'altra perché lo ha fatto senza usare le mani, senza bloccarmi. Non potevamo usarle, del resto: in una la birra, nell'altra la sigaretta, entrambi. Che vi devo dire, sarò scema o sarò stata sbronza, ma mi è sembrato che mi dicesse "puoi accettare o rifiutare, ma secondo me accetterai".
A sentirmi il suo corpo addosso per la verità avevo già accettato. E' stato solo per rispettare un minimo le forme che, quando ho potuto parlare, gli ho fatto "wow!" e gli ho chiesto se fosse ubriaco anche lui. Poi mi sono messa a sghignazzare. Abbiamo convenuto che tutti e due avevamo bevuto un po' troppo. E anche che non ce ne fregava una mazza. Quando mi ha domandato "te gustaria probar algo?" non ho fatto la finta tonta, non era proprio il caso.
Le strisce siamo andati a farcele dietro l'angolo, su un muretto, stese sul dorso del suo iPhone e tirate su con una banconota arrotolata. Massaggiandoci i rimasugli sulle gengive. Ma non è stato per quello che mi sono appoggiata al muro per attendere e istigare il suo assalto, era troppo presto. L'ho fatto perché avevo voglia di risentirmelo addosso. Ho iniziato a sbroccare ben dopo che mi aveva infilato la mano nelle mutandine. Gli ho goduto sopra, a quella mano, bagnandola e aggrappandomi a lui, mugolandogli in bocca. E' stato a quel punto che ho cominciato a fare davvero la troia, strusciandomi e passandogli la mano sul pacco rigonfio. "Hablas ingles?", gli ho sussurrato. "Sì, porque?", "porque no me recuerdo como se dice en espanol", "cosa?", "in the next hour I'll be your bitch".
Perché nella prossima ora e non, poniamo il caso, nei prossimi dieci minuti o per tutta la notte? E che ne so, mi è venuto da dire così, e così gli ho detto. Si vede che ero molto fatta.
Tanto fatta che non mi sono nemmeno chiesta, né gli ho domandato, perché non mi portasse a casa sua. Con la mia camicetta sbracciata cominciavo ad avere freddo, ma non me ne fregava una mazza. Avrei scopato in mezzo alla strada, nel parcheggio, appoggiata ai corrimano o dentro una toilette per i bagnanti. Siamo andati sotto la veranda del suo bar, invece. Duecento metri passati a baciarci, strusciarci, toccarci. A sentire le sue mani sotto la mini e le sue dita dentro di me. Non mi domandate nemmeno perché invece di portarmi dentro siamo rimasti all'aperto, non lo so e anche di quello non me ne poteva fregare di meno. Però ho apprezzato che tirasse fuori una coperta da una specie di sgabuzzino. Organizzato, eh? Almeno avremmo evitato la sabbia sulle assi di legno del pavimento.
Dovevo proprio essere fatta. E impaziente. Altrimenti non sarei stata io a slacciargli la cintura e a tirarglielo fuori, altrimenti non mi sarei inginocchiata per prenderglielo in bocca, altrimenti non mi sarei tolta la camicetta per rimanere in reggiseno mentre glielo succhiavo. Il freddo era scomparso.
Era così carico che mi si è bombata solo due minuti dopo essermi dilagato in bocca. Praticamente appena il tempo di ingoiare e ripulire che gli è ripartito il tipico rigor vitae. Mi ha stesa e girata su un fianco mentre mi diceva, immagino, che gran troia fossi per il bocchino che gli avevo appena fatto: cazzo un po' grosso, non tanto ma sicuramente più impegnativo di quello di Pepe, finale brutale e senza sconti come lo desideravo. Ma poiché desideravo anche altro, gli ho piagnucolato "sì, follame" mentre mi scostava il peri, senza aspettare nemmeno che si infilasse il domopak.
Sì, dovevo essere molto fatta. Altrimenti dopo un po' non gliel'avrei preso in mano puntandomelo un po' più su, verso l'accesso meno violato. Una follia, mi piaceva tanto quello che mi stava facendo che avrei sicuramente goduto. Ma più che di avere un nuovo orgasmo ho avuto improvvisamente voglia di qualcosa di diverso. Magari Gretchen mi ha contagiata con la sua fantasia oscena, o ho pensato troppo a Lapo, che cazzo ne so. Sono precipitata nel delirio di essere presa in quel modo, di grugnirgli sulla mano che mi tappava la bocca per impedire che mi sentisse mezza città, di alzare una gamba per consentirgli anche di infilzarmi con le dita la vagina e tirarmi a sé botta dopo botta. Non so se alla fine sia stata con lui per più o meno di un'ora, penso meno. Ma la sua puttana lo sono stata per davvero. Ribaltata sulla pancia e sodomizzata senza neanche più la forza di gridare, ma solo quella di supplicarlo piangendo di non fermarsi, di farmi male, di sborrarmi nel culo. Dovevo essere decisamente molto fatta.
Peccato che non mi abbia trattata male, dopo. Mi sarebbe piaciuto. Invece mi ha tenuta stretta per un po' e ha pure insistito per riaccompagnarmi al ristorante di Veronica. Ho rifiutato. Ho preferito farmi quei duecento metri sentendo ancora il suo fuoco dentro, ignorando i doloretti dei miei passi, ignorando gli inviti e gli auguri dei gruppetti su di giri che passavano per strada, ignorando il freddo che ricominciavo a sentire. Chiedendomi se e come quella notte di capodanno sarebbe andata avanti o finita lì.
CONTINUA
Io per la verità avrei anche rinunciato al ristorante e su quella terrazza dell'ostello ci sarei rimasta più a lungo: avevo flirtato clandestinamente anche se in modo abbastanza esplicito con uno degli ospiti, uno mai visto prima e che non so né come si chiami né da quale parte del mondo arrivi. All’inizio era un gioco, ma dopo il secondo shot a stomaco vuoto l'idea di portarmelo in stanza e farci qualcosina di rapido non mi era sembrata nemmeno tanto balzana. Visto che la sua ragazza era nei radar ho capito che non era il caso. Ma mi conosco, quando siamo uscite per andare all'appuntamento con gli altri mi sentivo esattamente come certe sere a Roma, quando esco dal portone di casa con le mutandine già umide pensando che qualcosa succederà senz'altro.
Poteva essere qualsiasi cosa: fare un bocchino per scherzo o per scommessa, farmi una ragazza che fino a qualche momento prima non avrebbe mai pensato di essere attratta da un'altra ragazza, lasciare che uno sconosciuto inzuppasse il suo dito dentro di me giusto per il piacere di sentirlo e per quello, molto più allettante, di negarmi a lui e far ricadere la scelta su un altro. Caspita, è l’ultimo dell’anno! Smignotteggiare un pochino è concesso ed ero assai determinata a farlo. "Andiamo a comandare", ho detto a Gretchen quando siamo scese in strada. Non penso che abbia capito.
Un po' mi sono raffreddata a cena, è vero, ma non del tutto. In verità è stata divertente, cibo a parte. Capisco che preparare un menu per un sacco di persone sia complicato ma, cazzo, è il lavoro loro, no? Che ci vuole a fare dei gamberoni alla brace? Vabbè, abbiamo sbagliato ristorante ma sticazzi Il mio ego è stato molto solleticato dai complimenti che ha ricevuto la mia mini LV-Chiara Ferragni. Già me li aveva fatti Gretchen, in stanza, dopo avere guardato stupita i collant-non collant che mi ero infilata, quelli che ti lasciano scoperto il sedere e ti danno l'effetto-reggicalze. "Magnifica quella gonna, hai intenzioni pessime stasera, eh?". "Ho lavorato per comprarmela, tesoro". Che le dovevo dire? Che a Roma mi ero prostituita con due ragazzi americani e che mi era pure piaciuto?
Semmai, a cena, mi sarebbe piaciuto che qualcuno, oltre ai complimenti, me la toccasse e magari andasse anche oltre. Per gioco, è chiaro, ma mi sarebbe piaciuto. Purtroppo i migliori erano un po' distanti, compreso Patrick, il nostro istruttore. Un figaccione francese come ce ne sono tanti qui intorno, nemmeno il migliore, ma vi assicuro che basta e avanza. E sarebbe stato bello avere a cena anche la figlia strafiga del german-daddy, quello che Gretchen si è scopata. Ma non c'era, sarà stata con i suoi, immagino. Eppure avrei voluto che ci fosse. Un po' ci sono andata in fissa, lo ammetto. Sarà una stronzetta oscenamente attratta da suo padre, ma è anche una figa assurda. Dopo essere stata con Olivia avrei molto voglia di essere io a fare io la dom con una ragazza, e lei sarebbe perfetta. So che non accadrà, ma sognare non costa nulla.
Però sbagliereste a pensare che la mia mente fosse dominata dal sesso. E' vero, avevo voglia e mi pregustavo la nottata, ma è stata comunque una cena allegra e alcolica, noi ragazze abbiamo fatto un sacco di casino ballando e cantando sopra le sedie. E quando siamo andati a fare la mezzanotte nel locale di Veronica eravamo un bel gruppo alticcio e sghignazzante.
Il tre, due, uno, buon anno deve essere uguale in tutto il mondo. Il coglione che innaffia di champagne i presenti anche, a occhio e croce. Ma tutto sommato ci sta. Solite cose: auguri e bacetti a pioggia, anche una mano sul culo di non so chi. Quando ho detto a Gretchen che passata la tempesta mi sarei allontanata per fare un po' di telefonate mi ha guardata stupita: "Ma ora comincia il vero divertimento!". L'ho tranquillizzata dicendole che sarebbero stati solo pochi minuti, e che comunque per lei il divertimento mi sembrava bello che cominciato. Stava facendo l'oca con talmente tanti ragazzi, tra turisti e istruttori, che il suo problema, al momento, pareva essere solo quello della scelta.
Io invece in quel momento avevo spinto il tasto "pausa" e avevo solo voglia di mandare auguri in giro per il mondo. Ma prima c'era da andare a salutare Veronica. Si è sporta da dietro il bancone per sbacettarmi, ha guardato il mio flute mezzo vuoto e mi ha detto "che ci fai con quello?". Mi ha versato ciò che restava di una bottiglia. Non nel flute, ma dentro un boccale per la birra, riempiendolo fino all'orlo: "Offre la casa!". Per motivi che analisi approfondite di certo spiegherebbero ma che non ho mai fatto, reggo abbastanza bene qualsiasi tipo di superalcolico, molto ma molto meno vino, champagne, prosecco ecc. Ma sul momento non ci ho pensato, ero più impegnata ad osservarla: era di una strafigaggine assoluta, strizzata dentro una canotta di strass più che generosamente scollata, i capelli tirati su e una mini non eccessiva ma che comunque, se non fosse sempre stata dietro il bancone, avrebbe offerto a tutti i presenti il panorama delle sue belle gambe. L'avevo guardata servire i clienti danzando e sorridendo, versare birra e shot e poi accennare cantando a squarciagola movimenti da discoteca. Impossibile non provare desiderio di lei. Ho evitato di chiederle di Felipe, perché il bel maestro di surf nel locale non c'era. Quello deve essere scemo, non sa che si perde.
Mentre mi allontanavo dalla baraonda per telefonare, proprio sulla porta, mi è arrivata la chiamata di Trilli. Bene, la mia scheda se ne è risparmiata una. Poi famiglia: i miei e mia sorella, che naturalmente è sulla neve e mi ha pigliata per il culo. "Già sugli sci sei un mezzo disastro, immagino con il surf...". Serena e Johnny, e poi Stefania su Face time: "Ma stai a una festa in topless? C'hai le tette di fuori!", "Almeno ho qualcosa da tirare fuori, amò...". Impossibile vincere con lei, come sempre. A sorpresa, sempre in videochiamata, sullo schermo sono comparsi da Copenaghen Lapo e Bambi, la sua fidanzata, che con i suoi occhi da cerbiatta e il viso lievemente paffuto mi chiamava amica mia e diceva quanto le piacerebbe rivedermi. Sono stata assalita da un senso di colpa bagnato, perché ho tradito lei e anche Serena. Perché dopo che Lapo ha friendzonato Serena ci ho messo pochissimo a piazzarmi sotto di lui e ad aprire le gambe, ad aprire la bocca per gridargli "dimmelo che sono la tua puttana". Perché se penso a uno da cui vorrei farmi castigare un giorno sì e l'altro pure questo è proprio Lapo. Voi potreste chiamarle labbra intime, io porte del desiderio. Ma il risultato è lo stesso: alla fine della telefonata le sentivo spalancate.
Ho selezionato un numero dalla rubrica. Occupato. Ho atteso, mi sono fatta offrire una sigaretta da due ragazzi che passavano e che volevano un bacio in cambio. Vabbè, si sono beccati uno ciascuno un bacio a stampo sulle labbra e un "happy new year". Hanno anche chiesto "just this?", gli ho risposto ridendo "come on...". Mi sono fumata la sigaretta e ho rifatto il numero. E' comparsa Debbie urlando uno "Sletje!" che, spero per lei, sia stato coperto dalla musica che sentivo in sottofondo, o almeno inteso in senso ironico dalla gente che aveva intorno. Parlarci e rivederla, anche così, è sempre una botta, per un po' non sono riuscita nemmeno a dirle dove ero. Mi sturbavo affascinata dalla sua bellezza e persino dal suo vestito nero scollato, mi sentivo inadeguata come sempre di fronte a lei. E come sempre è stato come se non se ne fosse accorta nemmeno. Quando abbiamo chiuso la chiamata mi sentivo travolta, l'avrei voluta fortissimamente accanto a me e mi sono data della scema per non essere volata ad Amsterdam. Quando sono rientrata nel locale ero ancora più su di giri che dopo la telefonata di Lapo.
Gretchen era stata fagocitata da un gruppo di quattro ragazzi, tra cui Patrick, l'istruttore. Gli altri non li conoscevo, ma ce n'era uno che doveva essere anche lui un maestro di surf: fisico pazzesco. Un'altra che ne sarebbe valsa la pena era una ragazza che era con loro. Francese anche lei, ma questo l'avrei saputo solo un po' dopo. Era l'unica che apparentemente se ne fregava di quel minimo di dress code che ci si può immaginare a capodanno: se ne stava lì, con il suo bicchiere in mano, dei pantaloni di tela al polpaccio e una maglietta a righe bianche e celesti. Carrè troppo nero per non essere tinto e labbra rossissime. Sarà stata la telefonata con Debbie, sarà stato il boccale di champagne che mi aveva rifilato Veronica, ma vi confesso che ci sono andata in delirio per un po'. Mi ci vedevo proprio a baciarla contro un muro mentre le mettevo le mani sotto la t-shirt, era sin troppo evidente che non indossasse il reggiseno. Peccato che quando mi sono avvicinata a Gretchen e Patrick non mi si sia filata di pezza. E sì che le avevo lanciato occhiate abbastanza eloquenti da meritare almeno un sorriso.
Così me ne sono tornata verso il bancone, da Veronica. Senza che le chiedessi nulla mi ha detto "prova questo" allungandomi un cocktail di non so cosa. All'improvviso una tastata sul culo, di quelle sin troppo smaccate. Mi sono girata di scatto, era Gretchen che sghignazzava e chiedeva anche lei da bere. "Adèle credo che abbia altri interessi...", mi ha detto ad alta voce. Veronica mi ha lanciato un'occhiata interrogativa, nonostante le abbia già detto che Gretchen è convinta che io sia lesbica. Ho risposto con una smorfia tipo "tutto a posto, è fatta così". La mia compagna di stanza era però irrefrenabile, e sbronza.
- Peccato per lei che i suoi interessi siano anche i miei - ha sorriso con un certo cinismo indicando il gruppo di ragazzi appena lasciato.
- Sa molto di sfida - le ho risposto.
- Non c'è sfida, ti assicuro... comunque, se tu decidessi una volta tanto di cambiare, ti segnalo un tipo che ti guarda da quando siamo entrate qui...
Le ho sorriso un po' trucida. In quel momento i suoi giochetti e le sue allusioni mi davano ai nervi. Mi sono voltata ostentatamente verso il fondo della sala.
- Ho visto, ma è un ragazzino... - le ho fatto.
- A me non sembra tanto ragazzino - ha risposto Gretchen prima di tornare con il suo gruppo - potrebbe essere un modo per iniziare l'anno in modo diverso, ahahahahah....
Mi sono girata infastidita verso Veronica. Lei mi ha sorriso, ma prima che mi sorridesse le si leggeva benissimo in viso un'aria un po' sconsolata. Con un cenno della testa le ho domandato "che c'è?" e lei mi ha risposto "nessuna traccia di Felipe, stasera, e io qui". "Tranquilla, vedrai che verrà... starà da qualche parte", ho fatto più per consolarla che per reale convinzione. "Certo, starà da qualche parte con un'altra...", ha detto virando decisamente sul depresso prima di servire un qualcosa a qualcuno. "Quella che non teme concorrenti sei tu stanotte, sei strafighissima", mi sono sorpresa a dirle. Devo essere andata un po' troppo in là con l'intonazione, lo sguardo, non lo so. Ha capito benissimo, giusto un momento dopo che l'avevo capito io, che le mie non erano più parole di consolazione. L'imbarazzo del suo "grazie" è stato molto evidente.
Con il senno di poi, è facile capire che quel quarto di champagne e la telefonata con Debbie mi stavano mandando fuori di testa. In quel momento però la mia lingua era molto più veloce del cervello. "Non c'è di che - le ho risposto piantandole gli occhi negli occhi - se io fossi Felipe non aspetterei un attimo, ti assicuro". Con un po' di ironia difensiva, e risatina allegata, mi ha fatto "non è che Gretchen ha ragione?". "Gretchen ha torto perché pensa che mi piacciano solo le ragazze...", le ho risposto. "E invece?". "Invece con le ragazze sono di gusti molto più difficili, con i ragazzi meno".
Detto ciò mi sono allontanata a passi rapidi verso il fondo della sala, verso il "ragazzino" che non mi toglieva gli occhi di dosso. Quando l'ho raggiunto, per la verità, non stava guardando me ma stava parlando con un tipo. A vederlo da vicino, Gretchen ci aveva preso: non tanto ragazzino. Gli ho chiesto con un sorriso "mi fai ballare?", prima in inglese e poi in spagnolo, visto che non capiva. Per un attimo si è trasformato nel monumento all'incredulità, poi si è alzato.
Non tanto ragazzino e non tanto timido. Nemmeno il tempo di dirci "io Annalisa, tu Pepe" e raggiungere la gente che ballava che, mentre camminavamo, mi ha allacciata per un fianco tirandomi a lui e ha cominciato a far scorrere la mano. Gliel'ho bloccata con la mia, con un "ehi!" e con un sorriso. A Gretchen, che mi osservava con un ghignetto mentre le sfilavamo davanti, ho invece lanciato lo sguardo di chi deve trattenersi dallo sghignazzare.
Essendo un ristorante, lo spazio per ballare era stato ricavato ammassando tavoli e sedie da una parte. Ma eravamo comunque troppi. Più che altro ci si muoveva appena, cercando almeno di farlo a ritmo, e strusciandosi anche parecchio. Mentre cercavo di chiamare a raccolta quel po' di spagnolo imparato a scuola (e a letto) Pepe mi diceva cose che non capivo, un po' per la musica un po' perché mi parlava come fossi una sua connazionale. Gli ho gridato "no entiendo nada!" tirando su le braccia e facendole ondeggiare. In ogni caso, qualsiasi cosa volesse dirmi, nulla poteva essere più esplicito dei suoi occhi incollati sulla scollatura della mia camicetta nera. Non che abbia molto da esporre, ok, ma è da quel dì che ho capito che i ragazzi non vanno tanto per il sottile. Di colpo la musica è cambiata, e chissà cosa sarebbe successo se avessero messo un altro pezzo. Mi sono messa a ridere chiedendo retoricamente a Pepe "quien es el dj?". Non che mi aspettassi Childish Gambino, ma passare dai Black Eyed Peas a Love me tender mi è sembrato un bel salto logico, oltre che estetico. Si vede che era arrivata l'ora del pomicio, che vi devo dire.
E che vi devo dire, si vede anche che ero ubriaca. Altrimenti dopo il suo "eres guapa" non gli avrei risposto "tu tambien" e non gli avrei messo le braccia al collo, altrimenti non avrei schiuso le labbra e avvicinato la mia faccia alla sua. E poiché lui era il tipo di ragazzo mentre-ti-bacio-ti-metto-le-mani-sul-culo stavolta gliele ho lasciate lì. E poiché era impossibile stare così e non strusciarsi, ho sentito la trasformazione del suo pacco, la reazione dei miei capezzoli e il crampo.
Si vede che ero molto ubriaca, più di quanto fossi disposta ad ammettere con me stessa. Altrimenti non gli avrei sussurrato all'orecchio "quiero mamarte...". Altrimenti non l'avrei trascinato al bancone per chiedere a Veronica "mi serve un posto tranquillo". Mi ha passato le chiavi del bagno riservato al personale, cercando di rimanere impassibile e dicendomi "non ci state tanto".
Si vede che ero molto ubriaca. Ma ho capito ugualmente, e quasi subito, che l'iniziativa avrei dovuto prenderla io. Non eravamo lì per continuare a baciarci e a pomiciare e il posto era caldo e pulito. Ho annusato l'odore di ragazzo e mi sono stordita come sempre. Ho assaggiato il suo sapore e l'effetto è stato lo stesso. La natura è stata più forte della sua paura. Ho fatto scivolare la mia saliva. Non so se ci fosse stata qualcuna prima di me, ma di certo nessuna gli aveva mai mostrato prima che il Paradiso può avere così tante forme. Che carino, mi ha avvisata, "me voy a correr". Ho aumentato il ritmo, fino in gola, era facile. Ed era tanto. Ci ho messo quasi di più per ingoiarlo e ripulirlo che per tutto il resto. Peccato che fosse troppo timido o inesperto per impormi le sue spinte sulla testa, ma non fa nulla. "Gracias", gli ho anche detto dopo averglielo rimesso nelle mutande. Quando siamo usciti dal bagno uno dei camerieri del locale ci ha beccati, era sin troppo evidente cosa avessimo appena finito di fare. Avevo una voglia terribile di essere appiccicata a un muro, baciata e masturbata. Da una ragazza, possibilmente, ma anche quel cameriere sarebbe andato bene. "Non può finire così, ho bisogno che non finisca così", mi sono detta.
Ho riconsegnato la chiave a Veronica cercando di scollarmi di dosso il povero Pepe. Ehi, non ti sarai mica innamorato, no? Non credo di essere stata particolarmente stronza, ma un pochino seccata sì. Ci è rimasto male. A Veronica che mi diceva "hai davvero fatto presto" ho risposto "prima o poi imparerà a resistere", poi le ho chiesto di Gretchen. "Non lo so, non l'ho vista uscire", mi ha risposto. Per poi aggiungere sussurrandomi all'orecchio: "Non pensavo che avresti fatto davvero una cosa del genere". "Perché no?", le ho sorriso prima di chiederle qualcosa da bere e una sigaretta.
Sono uscita a fumarmela ed è lì che ho visto passare Victor, o Vitor, il portoghese. Impraticabile, camminava allacciato a una donna, la compagna immagino. Noi per un paio di secondi abbiamo invece intrecciato gli sguardi. Non so se l'abbia capito, non credo, ma il mio diceva "avrei proprio bisogno del bis di ieri, del tuo dentro-fuori mentre mi dici di non fare casino". L'ho invidiata, quella donna. Con me era stata solo una sveltina, ma credo che a passarci una notte intera uno così ti faccia chiedere pietà. "Ci sto subito, non faccio nemmeno finta di resistere", ho pensato tra me e me. Mi riferivo al primo che ci avrebbe provato. Si vede che ero proprio tanto ubriaca.
Purtroppo non sempre le cose vanno come devono andare, perché mi sono beccata sì due tentativi di rimorchio, là fuori, ma decisamente improponibili. Il primo, vabbè, lasciamo proprio stare, absolutely cringe. Il secondo da parte di quattro tedeschi ubriachi che hanno pure provato ad allungare le mani e mi hanno detto di andare con loro. Sì, col cazzo che andavo con loro. Sbronza sì, scema no. Così sono rientrata e ho visto Patrick, l'istruttore. Beh, mica male. Gli ho chiesto se sapesse dov'era Gretchen, non perché in quel momento me fregasse particolarmente qualcosa ma per attaccare bottone. Di fatto mi ha rimbalzata, rispondendomi di no e continuando a parlare con un tipo. Non c'erano nemmeno il suo amico figo né la francesina. Sono tornata al bancone da Veronica, un po' per stare con lei e un po' perché immaginavo che una come me, sola, qualcuno che le offre da bere lo rimedia. E immaginavo bene. "Hola, bebes conmigo?".
Thiago, spagnolo di Corralejo, un trentacinque-quarant'anni gestore di uno dei tanti bar sulla spiaggia. Non un figo da paura ma sulla buona strada, alto e con due ojos negros penetranti. Veronica ci ha servito due vodka lime e mi ha lanciato un'occhiata furbetta. Lui si è voltato a rispondere a un saluto e le ho chiesto silenziosamente "lo conosci?". "Uno che ti fa divertire, se cerchi quello", ha risposto. "Tu ti ci sei divertita?", "ahahahahah, nooo, ma ha una certa fama". Perfetto, mi sono detta. Non sarà il brivido dell'ignoto ma meglio di niente. Prima di allontanarci per trappare, Veronica mi ha fatto "quando bevi ci dai dentro, eh?". Mi sono voltata ridendo e le ho chiesto "ma si vede così tanto?".
Abbiamo ballato, c'era un po' meno gente di prima e mi sono beccata pure l'occhiata un po' rancorosa del "ragazzino", Pepe. Vabbè, pace... Tuttavia Thiago non mi aveva adocchiata per ballare, era evidente. Ne ero consapevole e anche contenta. Per restare da soli è andato sul classico, una sigaretta fuori dal locale dopo aver preso due bottiglie di birra. Un po' di conversazione con il mio spagnolo stentato su chi sono, cosa faccio, con chi sono qui. Quando gli ho detto (non proprio con queste parole) che la mia amica australiana era scomparsa e che forse aveva trovato un principe azzurro mentre io ero rimasta accannata, ha commentato "es extrano...". "Porque extrano?". E a quel punto mi ha baciata. Ma lo ha fatto in un modo speciale, che mi ha sorpresa e mi è piaciuto proprio, lo confesso. Da una parte perché mi ha appiccicata al muro come volevo io, dall'altra perché lo ha fatto senza usare le mani, senza bloccarmi. Non potevamo usarle, del resto: in una la birra, nell'altra la sigaretta, entrambi. Che vi devo dire, sarò scema o sarò stata sbronza, ma mi è sembrato che mi dicesse "puoi accettare o rifiutare, ma secondo me accetterai".
A sentirmi il suo corpo addosso per la verità avevo già accettato. E' stato solo per rispettare un minimo le forme che, quando ho potuto parlare, gli ho fatto "wow!" e gli ho chiesto se fosse ubriaco anche lui. Poi mi sono messa a sghignazzare. Abbiamo convenuto che tutti e due avevamo bevuto un po' troppo. E anche che non ce ne fregava una mazza. Quando mi ha domandato "te gustaria probar algo?" non ho fatto la finta tonta, non era proprio il caso.
Le strisce siamo andati a farcele dietro l'angolo, su un muretto, stese sul dorso del suo iPhone e tirate su con una banconota arrotolata. Massaggiandoci i rimasugli sulle gengive. Ma non è stato per quello che mi sono appoggiata al muro per attendere e istigare il suo assalto, era troppo presto. L'ho fatto perché avevo voglia di risentirmelo addosso. Ho iniziato a sbroccare ben dopo che mi aveva infilato la mano nelle mutandine. Gli ho goduto sopra, a quella mano, bagnandola e aggrappandomi a lui, mugolandogli in bocca. E' stato a quel punto che ho cominciato a fare davvero la troia, strusciandomi e passandogli la mano sul pacco rigonfio. "Hablas ingles?", gli ho sussurrato. "Sì, porque?", "porque no me recuerdo como se dice en espanol", "cosa?", "in the next hour I'll be your bitch".
Perché nella prossima ora e non, poniamo il caso, nei prossimi dieci minuti o per tutta la notte? E che ne so, mi è venuto da dire così, e così gli ho detto. Si vede che ero molto fatta.
Tanto fatta che non mi sono nemmeno chiesta, né gli ho domandato, perché non mi portasse a casa sua. Con la mia camicetta sbracciata cominciavo ad avere freddo, ma non me ne fregava una mazza. Avrei scopato in mezzo alla strada, nel parcheggio, appoggiata ai corrimano o dentro una toilette per i bagnanti. Siamo andati sotto la veranda del suo bar, invece. Duecento metri passati a baciarci, strusciarci, toccarci. A sentire le sue mani sotto la mini e le sue dita dentro di me. Non mi domandate nemmeno perché invece di portarmi dentro siamo rimasti all'aperto, non lo so e anche di quello non me ne poteva fregare di meno. Però ho apprezzato che tirasse fuori una coperta da una specie di sgabuzzino. Organizzato, eh? Almeno avremmo evitato la sabbia sulle assi di legno del pavimento.
Dovevo proprio essere fatta. E impaziente. Altrimenti non sarei stata io a slacciargli la cintura e a tirarglielo fuori, altrimenti non mi sarei inginocchiata per prenderglielo in bocca, altrimenti non mi sarei tolta la camicetta per rimanere in reggiseno mentre glielo succhiavo. Il freddo era scomparso.
Era così carico che mi si è bombata solo due minuti dopo essermi dilagato in bocca. Praticamente appena il tempo di ingoiare e ripulire che gli è ripartito il tipico rigor vitae. Mi ha stesa e girata su un fianco mentre mi diceva, immagino, che gran troia fossi per il bocchino che gli avevo appena fatto: cazzo un po' grosso, non tanto ma sicuramente più impegnativo di quello di Pepe, finale brutale e senza sconti come lo desideravo. Ma poiché desideravo anche altro, gli ho piagnucolato "sì, follame" mentre mi scostava il peri, senza aspettare nemmeno che si infilasse il domopak.
Sì, dovevo essere molto fatta. Altrimenti dopo un po' non gliel'avrei preso in mano puntandomelo un po' più su, verso l'accesso meno violato. Una follia, mi piaceva tanto quello che mi stava facendo che avrei sicuramente goduto. Ma più che di avere un nuovo orgasmo ho avuto improvvisamente voglia di qualcosa di diverso. Magari Gretchen mi ha contagiata con la sua fantasia oscena, o ho pensato troppo a Lapo, che cazzo ne so. Sono precipitata nel delirio di essere presa in quel modo, di grugnirgli sulla mano che mi tappava la bocca per impedire che mi sentisse mezza città, di alzare una gamba per consentirgli anche di infilzarmi con le dita la vagina e tirarmi a sé botta dopo botta. Non so se alla fine sia stata con lui per più o meno di un'ora, penso meno. Ma la sua puttana lo sono stata per davvero. Ribaltata sulla pancia e sodomizzata senza neanche più la forza di gridare, ma solo quella di supplicarlo piangendo di non fermarsi, di farmi male, di sborrarmi nel culo. Dovevo essere decisamente molto fatta.
Peccato che non mi abbia trattata male, dopo. Mi sarebbe piaciuto. Invece mi ha tenuta stretta per un po' e ha pure insistito per riaccompagnarmi al ristorante di Veronica. Ho rifiutato. Ho preferito farmi quei duecento metri sentendo ancora il suo fuoco dentro, ignorando i doloretti dei miei passi, ignorando gli inviti e gli auguri dei gruppetti su di giri che passavano per strada, ignorando il freddo che ricominciavo a sentire. Chiedendomi se e come quella notte di capodanno sarebbe andata avanti o finita lì.
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