Surfin' - 7

di
genere
etero

“Ciao, non dormi neanche tu?”. E' una voce maschile alle mie spalle, e con una pronuncia inglese più ortodossa di quella di Gretchen. Mi volto ed eccolo lì. E’ il ragazzo con il quale, proprio ieri sera durante il piccolo aperitivo qui sul terrazzo, ho flirtato in modo clandestino e silenzioso. Un gioco di sguardi via via più lunghi, insistiti, espliciti. Mi sono piaciuti sin da subito i suoi occhi, il suo modo di guardarmi. Non troppo macho, non troppo piacione. Ironico, a tratti, sornione. Anche un po’ sfrontato. E una barbetta davvero molto sexy. Uno con cui mi sarebbe davvero piaciuto passare il capodanno, stordimento compreso.

Gli sorrido. Mi stringo nelle spalle come a dirgli “beh, lo vedi da solo”. Faccio il gesto di offrirgli una sigaretta prima di accendermene una. Fa cenno di no con la testa ma ricambia il sorriso. E’ seduto su una sedia di legno bianco, con il telefono in mano, display spento. Devo avvicinarmi un po’, se vogliamo continuare a parlare a bassa voce.

Erik, danese di Copenaghen, trentun anni. L'unica cosa che sapevo di lui, prima di adesso, è che è qui con la fidanzata. E' per questo che il flirt non era andato avanti. Ma, come dire, finché era durato aveva funzionato. Non è stato lui a coglierne i frutti, d’accordo, ma mi sarebbe piaciuto. Poi però è andata in tutt'altro modo - e nemmeno tanto male, da un certo punto di vista - ora è inutile rimuginarci sopra. In fondo non era molto più di un gioco.

Una cosa tuttavia la invidio alla sua ragazza. E no, non è il fatto che Erik sia un bel manzo e nemmeno che ci si possa divertire ogni volta che le tira. In questo momento le invidio il fatto che la mattina si svegli con qualcuno nel letto. Strano, lo ammetto. Sono una che quando tutto è detto e fatto preferisce squagliarsi, oppure sono quella che resto-a-dormire-solo-perché-domattina-ci-diamo-da-fare-ancora. Non sono esattamente la tipa da coccole, ecco. Forse l'unico per cui lo sono stata è Tommy, ma mi sembra passato un secolo. Però è come se quella vaga sensazione di solitudine che mi aveva attanagliata la scorsa notte per qualche istante si rifacesse sotto. Lo so, lo so, ogni tanto mi piglia e poi passa. Intanto però mi ha pigliata e vorrei essere altrove. Non è che non stia bene qui, non è che mi sono pentita di essere partita con Gretchen, no. E poi ho conosciuto Veronica e sono molto contenta di questo. Ma mi sento lo stesso un po' spaesata, come se mi chiedessi cosa ci faccio io qui. Magari domani andrà meglio, me lo dico sempre quando capitano momenti così.

Il primo dell'anno è un giorno che non mi ha mai fatta impazzire. Troppo after e, in genere, anche un po' troppa noia. Ho dormito fino a un'ora vergognosa, metà pomeriggio. Quando mi sono svegliata ero sola, Gretchen era andata a farsi un giro, si è ripresentata giusto in tempo per la cena. Abbiamo evitato il risto-bar di Veronica, su mia richiesta: l'avevo lasciata raggiante per aver visto Felipe ma, dopo che Gretchen mi aveva confessato quello che aveva combinato mi sarei sentita molto in imbarazzo. L’aussie no, per nulla, anche se in qualcosa sembrava cambiata. Sarà stata anche lei in after, certamente, ma era più tranquilla, meno febbrile di come l'avevo vista nei giorni precedenti. Mi ha raccontato della lunga passeggiata fatta e di luoghi che finora non abbiamo visto, si è lamentata che qui a Corralejo non ci sia molto shopping, oltre al surf, mi ha detto che per i giorni che ci restano vorrebbe provare con un livello più avanzato perché il nostro corso è per lei un po' troppo basic. Mi ha chiesto se mi dispiaceva, le ho detto di no. In effetti per quello che riesco a combinare potrebbe tranquillamente essere lei a darmi lezioni. Non ha minimamente accennato a ciò che era successo la notte prima con Felipe e Patrick ed è stata un po' una sorpresa, conoscendola. Le piace vantarsi o, meno malignamente, si può dire che le piace condividere la sua euforia di certi momenti. E invece no. Anzi sono stata io a introdurre l'argomento "sesso" quando le ho chiesto in che modo era rimasta con quel tedesco, il German daddy come lo abbiamo soprannominato. Ha fatto spallucce, come se quella cosa per cui fino a due giorni fa era in fissa non le interessasse più tanto. Poi per un bel po' abbiamo dirottato la conversazione su altro.

C'è tornata su solo più tardi, stavamo finendo di cenare. Di colpo si è fatta seria e mi ha detto "una cosa come quella di stanotte non l'avevo mai fatta, giuro, sono un po' sconvolta". L'ho guardata un po' stupita. "Sei pentita?", le ho domandato. "Io pentita? No, no... tu hai mai... cioè, hai mai fatto una cosa a tre?". Anche a quattro, ho pensato, e ce ne sarebbe più di una. Ma in realtà il mio ricordo è andato dritto a quella notte con Debbie e i due tipi a Haarlem. Non gliel'ho raccontato, le ho detto invece "sì, una volta" pensando ancora a Debbie e a quell'altra ragazza olandese, Frederieke. "E come è stato?", ha domandato Gretchen. "Credo che tra ragazze sia diverso", le ho risposto senza aggiungere altro. Era tutto abbastanza implicito, non ho chiesto dettagli. Ne ha aggiunto uno lei, dopo avermi confessato che con Felipe e Patrick aveva ben presto perso la testa e non aveva capito nulla. Un dettaglio che mi aveva già raccontato: "ti assicuro, Felipe ce l'ha così, mai visto niente del genere", mi ha detto distanziando sul bordo del tavolo gli indici della mano sinistra e di quella destra. In modo più credibile, debbo dire, di quanto aveva fatto la notte precedente. Poi mi ha confessato che nel pomeriggio, dopo che si era svegliata, non era andata a farsi un giro tanto per fare, ma con la segreta e abbastanza ingenua speranza di incontrare "per caso" uno dei due. "Che avresti fatto?", ho chiesto. "Non lo so...", ha risposto. E' restata un po' in silenzio, come riflettendoci sopra, e ha aggiunto (qui sì in perfetto stile Gretchen) "Dio, se non ci fosse stato Patrick mi avreste sentita ululare come una lupa in tutta Corralejo". "Cioè?", ho domandato, ma potevo arrivarci da sola. "Beh... spit roast...". Siamo scoppiate a ridere, la sua vena esibizionistica era finalmente saltata fuori.

Le ho detto che sarei passata a salutare Veronica, lei aveva sonno ed è filata subito all'ostello, in camera. Dormiva quando sono rientrata. Mi sono messa a letto pure io, ma sono rimasta a lungo senza prendere sonno pensando a Veronica. L'avevo trovata leggera leggera e la ragione era molto semplice: aveva finalmente combinato con Felipe per la sua sera di libertà. Ero contenta per lei, ma confesso che, una volta sotto le coperte, non pensavo soltanto a questo. Sin dal primo momento in cui l'ho vista, qualcosa mi ha detto che Veronica deve essere molto passionale. Mi sarebbe piaciuto scoprirla, quella passionalità, devo dire che invidiavo molto Felipe. Il lato un po' malinconico di questi pensieri è che almeno lei ha una prospettiva davanti, giusta o sbagliata che sia, e questo rende le cose se non altro più emozionanti. Almeno ci fosse Debbie, ho pensato per l'ennesima volta. Sarei dovuta andare ad Amsterdam. Invece mi trovo qui a condividere la stanza con questa simpatica australiana fuori di testa.

E' chiaro che con questi pensieri che mi affollavano la mente la mia masturbazione fosse poco più che un languido intrattenimento. Mi ci sono trovata quasi senza accorgermene, con una mano tra le gambe e l'altra sul seno, e sono andata avanti lentamente. Chiudendo gli occhi e lasciando che mi scorresse davanti una intera galleria di immagini, a volte erotiche e a volte tenere. Come se qualcuno avesse montato insieme un film porno e una commedia sentimentale. Debbie, Veronica, Felipe, Lapo la stessa Gretchen. Avevo le dita impiastricciate di me, ma a un certo punto ho capito che non sarei arrivata in fondo. E che non sarei riuscita a prendere sonno tanto presto. Mi sono messa una felpa lunga a sufficienza per coprirmi, ho preso pacchetto e accendino per andare a fumarmi una sigaretta. Ne avevo messo in conto anche due, se il freddo me l'avesse consentito. La nostra camera da questo punto di vista è comoda, è una delle tre che ha anche una porta finestra che dà direttamente sul terrazzo. L'ho aperta badando a non fare rumore e sono uscita.

E' lì che ho incontrato Erik, è lì che mi ha chiesto se anche io non riuscivo a dormire ed è sempre lì che abbiamo iniziato a parlare.

Ora siamo qui, con lui che mi dice che è danese e io che gli rispondo che conosco una ragazza di Copenaghen che sta con un mio amico. A differenza di ieri sera, quando non ci siamo detti una parola, chiacchieriamo, ci scambiamo banalità. Esattamente come ieri sera, invece, ci fissiamo a lungo negli occhi. Sposto lo sguardo solo un attimo sulle sue spalle, a guardarlo dall'alto in basso e in modo così ravvicinato mi sembrano impressionanti. Per un momento penso chissà cosa sarebbe potuto succedere. Forse niente o forse tutto, vallo a sapere. Forse il gioco era eccitante proprio perché clandestino. Forse avrei ugualmente soddisfatto con altri la voglia che lui mi aveva messo addosso, forse quella voglia era già tanta anche prima del nostro flirt e gli sfizi me li sarei tolti comunque.

La sua attrazione nei miei confronti la percepisco bene anche ora e, probabilmente, lo stesso vale per lui. Ma sappiamo entrambi che la scintilla non può scoccare ancora una volta. Me ne rendo conto con un po' di rammarico e, al tempo stesso, con un po' di sollievo. E poi è vero che ho freddo, soprattutto alle gambe. E’ una serata molto più rigida di ieri. Al secondo brivido se ne accorge anche Erik. Gli dico "ho troppo freddo, rientro". Annuisce con una smorfia, io gli sorrido di nuovo. Sfiga, ieri sera sarebbe stato perfetto e adesso non lo è più. Sarei stata molto peccatrice con te, bel manzo, ma è andata così. Capita. Non so se un sorriso possa esprimere tutto ciò ma il significato è questo.

Lo saluto chiedendogli "non ti lascio una sigaretta? sicuro?". Risponde "no grazie" con il tono di uno che solo per educazione non ti dice "mi fa schifo". Ok, sarà della lega antifumo. Gli auguro la buonanotte con il sorriso che non mi è ancora scomparso del tutto e giro i tacchi. Di colpo mi sento afferrare, bloccare per una mano. Ci vorrebbe un racconto a parte solo per descrivere le sensazioni di quell'attimo. Ma è, appunto, un attimo. Mi volto e lo vedo che incombe su di me. E' alto e c'è da dire che pure in piedi le spalle fanno una certa impressione. Duello di sguardi: il mio di sorpresa, il suo di incertezza. Ma anche questo dura poco. Subito dopo mi tira a sé e mi bacia. In realtà più che tirarmi a sé mi ci spiaccica, e la lingua che penetra la mia bocca esprime il desiderio di ben altre penetrazioni. Mi tiene spiaccicata a sé anche quando smette di baciarmi, non è facile prendere fiato.

Ha agito d'impulso e di imperio. E quel suo imperio si è impossessato di me, spiazzandomi. Provo a dissimulare il turbamento con l'ironia, come se volessi innalzare un'ultima difesa di cui non sono nemmeno troppo convinta. "Non ho la bocca che sa di posacenere?", gli domando. Neanche risponde. Si rimette a sedere, fa accomodare me sulle sue ginocchia e mi ribacia. Non accenno reazioni di alcun tipo, positive o negative che siano, lo assecondo quasi senza realizzare cosa stia accadendo. Mi risveglio, per così dire, solo quando mi rendo conto che stavolta la sua mano prende a correre lungo tutta la schiena, fino al sedere. Che facciamo, che facciamo, che facciamo? Mi sembra impossibile, improbabile, persino pericoloso. Può arrivare chiunque da un momento all'altro, qui sopra, e non so nemmeno se faremmo in tempo a staccarci. E se la sua chica si sveglia? Sono domande che ci poniamo tutti e due senza dircelo, è evidente e leggibile nei nostri sguardi quando ci stacchiamo ansimando leggermente. Ok, in fondo ci siamo dati solo un bacio, call it a night, lasciamo perdere. Gli prendo la testa tra le mani e lo bacio a mia volta pensando "lasciamo perdere".

Trattiene una delle mie mani tra le sue, la destra. La porta vicino al naso come se volesse annusarla. No, la annusa proprio. "Mi stavo masturbando...", sussurro di fronte alla sua occhiata interrogativa e maliziosa. "A cosa pensavi?", domanda. Sarebbe fico mentire rispondendo "a te", ma non ne ho la prontezza e poi non ci crederebbe nemmeno. E poi a cosa vuoi che pensi mentre mi metto le dita dentro e sono così zuppa che l'odore persiste così tanto tempo? Si infila sotto la felpa e scopre che non ho nulla a difendermi in mezzo alle gambe. E scopre anche che sono pronta. Se da prima o da quando ci siamo baciati non saprei. Chissà se si sta dicendo "ma guarda sta troia". Se lo fa, meglio. Se in questo momento sapessi che la sua troia sono io e vaffanculo a quella che dorme nella sua stanza potrei pure impazzire. "Ti aiuto io", risponde. E senza attendere altro mi infilza con un dito, mi fa sobbalzare. Gemo nella sua bocca e mi accascio su di lui, lo lascio fare. Vorrei non farlo ma mi agito, lui mi tiene bloccata. Lo bacio per non far rumore, mi infila un secondo dito e per la terza volta in una giornata vengo per merito del ditalino di qualcuno, ma che differenza con il "ragazzino" di stanotte. Erik mi si fa con una strafottenza alla quale non è nemmeno immaginabile di potere sfuggire. Non capisco più un cazzo e me ne frego di qualsiasi prudenza, mi lascio scivolare per terra ed è il primo gesto che, anche se sto ancora tremando, faccio di mia piena volontà da qualche minuto a questa parte. Non so se lui se lo aspetti, probabilmente sì ma non è ciò che conta. Ciò che conta è che ho una voglia irreprimibile di prenderglielo in bocca. Sbrocco letteralmente di fronte al pacco gonfio a meno di dieci centimetri dai miei occhi, lo accarezzo a mano aperta. Mi aiuta a sbottonargli i calzoni e a tirarglielo fuori. Mi stordisco al tatto, alla vista, al profumo e al sapore del cazzo, altro che "lasciamo perdere". Gli succhio e gli slinguazzo la cappella, gli lecco l'asta e le palle, "lasciando perdere". Colo tutta la saliva che ho sulla punta mentre gli metto le mani sotto la camicia e accarezzo i suoi pettorali. Lo imbocco pensando soffocami, usami, svuotati. Ora come ora servo solo a questo. Chissenefrega se arriva qualcuno.

Però qualcuno è in arrivo, purtroppo, e le voci non sono nemmeno così lontane. Scatto in piedi e faccio un passo indietro sperando che lui riesca a ricomporsi. Non è proprio così ma i nuovi arrivati non se ne accorgono. Sono due ragazzi e una ragazza: non hanno visto nulla ma sono certa che abbiano capito di avere interrotto qualcosa.

Io e Erik ci guardiamo a lungo, quando per la seconda volta lo saluto dicendo che ho freddo ci guardiamo ancora. Rientro, chiudo la porta finestra e vado ad aprire quella della camera che dà sul corridoio. Mi metto in attesa: non ho idea se per tornare dalla sua ragazza debba passare di qui, non ho idea se mi verrà a cercare apposta o se considera chiusa la partita. Insomma, non ho alcuna idea se verrà o meno. Io invece non è che lo desideri, di più. Sono partita, si può dire che ne ho bisogno. Ma forse ne ha bisogno anche lui, oppure vuole mettersi semplicemente un'altra tacca sul cazzo. Non lo so, non me ne frega nulla in realtà. Spunta nel corridoio mettendo fine alla mia attesa, mi vede dallo spiraglio della porta. Ha un attimo di esitazione quando, dalla soglia, vede il letto occupato da Gretchen che dorme. Si blocca, devo tirarlo dentro di forza e chiudere la porta facendogli segno di stare zitto con il dito. Soffoco una risatina che ha un po' del divertito e un po' dell'isterico, lo ammetto. Lo bacio, sono io che mi proietto su di lui, e lui torna a stringermi. Prima una mano, poi l'altra, mi cercano le chiappe sotto l'orlo della felpa, le stringono, mi tengono bloccata contro di lui e contro il suo pacco che sta riprendendo consistenza. Se capisco bene la sua pressione, vorrebbe che ricominciassi da dove ho interrotto, ma io no. Faccio due passi indietro e mi tolgo la felpa, la butto per terra. Guardami, desiderami, eccitati e poi dammi una lezione. Mi stendo sul letto e allargo le gambe, le tiro su, mi offro. Mi sento oscena come poche altre volte, mi dispiace per la penombra perché sono certa che, tra le cosce, luccico. Si toglie i pantaloni e l'intimo. Sì, è vero. Non mi dispiacerebbe per nulla riprendere da dove avevo interrotto, succhiare quel glande che sbuca sfacciato e forse di nuovo un po' umido. Ma voglio di più un'altra cosa e la voglio subito. Sarebbe bello se capisse al volo, e invece no: si accomoda con la testa tra le mie gambe e ricambia ciò che gli stavo facendo prima sul terrazzo. Non è un fenomeno ma non è nemmeno male e comunque sono già enormemente eccitata di mio. Senza contare che quella barbetta che mi graffia le cosce è una cosa che, anche in assenza di altro, mi farebbe decollare. Lo fa sempre. Da come reagisco, probabilmente penserà che sono ninfomane, o che lui è l'imperatore del cunnilingio. O forse entrambe le cose. In ogni caso non importa ciò che pensa, ormai sono troppo impegnata nello sforzo sovrumano di non fare rumore.

E' lui a decidere quando basta, quando stendersi su di me dopo essersi messo le mie gambe sulle spalle. Me le sento piegate, intrappolate tra il suo petto e il mio corpo. Io stessa mi sento intrappolata. Dalla sua mole sopra, dal materasso sotto, dalla mia voglia dentro. Ma essere intrappolata mi piace, mi piace non avere altra chance che attendere il suo affondo, faccia quello che vuole, non capisco più niente e voglio tutto. Come se fino a quel momento non si fosse capito, mi sussurra "I want you". Rispondo solo "yes" e poi mi fiocina, letteralmente. Questa scopata se non altro me la ricorderò per la velocità con cui in un istante me lo sono sentito tutto dentro. Devo mordermi a sangue per non urlare ma il sussulto è forte e fa cigolare pericolosamente il letto. Si ferma, mi guarda e poi comincia a muoversi lentamente. Mi chiede "d'you feel me?". Domanda assolutamente ridondante, ma mi piace moltissimo che me la faccia, mi eccita anche di più, se possibile. Sospiro "you have such a dick" non perché sia speciale, ha un cazzo discreto e niente di più, ma lo faccio perché so che questo ecciterà di più anche lui. Resteranno le ultime parole che ci scambieremo in questa stanza, ma non importa. E' arrivato quel momento in cui ci si congiunge nella carne e nel cervello sul filo della foia animale. Nient'altro, non voglio nient'altro. Missione compiuta: inizia a martellare e il letto cigola sempre di più. Sbrocco, perdo la testa. Nel senso che sono incastrata e non posso muovere null'altro che la testa da una parte all'altra e continuare a mordermi le labbra. Eseguo quasi inconsapevolmente il suo ordine quando mi dice di voltarmi e immediatamente dopo sono assalita dal panico. Dopo ieri notte, dopo Thiago, ora non lo potrei davvero sopportare. Ma non lo fa, rientra dove stava e anzi, mentre mi scopa, mette una mano sotto e inizia a sgrillettarmi. Mi abbandono, ma per poco: all'improvviso devo mordere il cuscino per soffocare il mio grido. E' un orgasmo che, più che salire, mi fulmina. Lui al contrario, non si cura di essere così silenzioso nei suoi gemiti. Mi viene dentro come se non contasse nulla, ma divento quasi scema dal piacere a sentire come si svuota a scatti, a spruzzi. Mi dà un rapido bacio, si riveste e se ne va con la fretta di chi, forse, avverte un senso di colpa o teme di essere restato troppo tempo in giro. L'epilogo è stato così veloce da essere quasi un insulto. Non me ne frega un cazzo, penso che sia pure giusto così. Non ho nemmeno più freddo, tutt'altro. Se mi infilo sotto le coperte è solo perché è meglio sporcare il lenzuolo con il suo seme che tra un po’ comincerà a colare che sporcare il sovracoperta. Sono esausta nel corpo, soddisfatta anche di più, ma nella mente. Mi sento pronta per il sonno e felice di essere stata trattata da puttana. Del resto sono una puttana e finalmente mi riconosco. E’ da prima di andare con quella psicopatica di Olivia che non mi sento così. E mi dico pure che non c’è nulla come una buona dose di endorfine per farsi passare le tristezze e il mood della solitudine.

E anche se so che non è del tutto così è con questo pensiero che mi accuccio per addormentarmi. Una pia illusione, in realtà, visto che dietro di me sento qualcuno che solleva le lenzuola e si infila nel mio letto.

- Ti dispiace? - sussurra Gretchen.

- No, ma resto un attimo così - rispondo - ci hai sentiti?

- A volte è impossibile fare silenzio, e il letto cigola... posso dirti una cosa?

- Sì...

- Sei davvero una strana ragazza...

Rido. In crescendo. Un po' perché sto bene, l'ho detto prima. Un po' perché, progressivamente, penso a come alcune opinioni di Gretchen nei miei confronti possano essere radicalmente cambiate negli ultimi minuti. Sento dietro di me il suo corpo che si scuote, sta ridendo con me. Mi volto, la guardo ma - sapete come sono quei momenti - quasi mi vergogno di sghignazzarle in faccia. Mi copro buona parte del viso con le mani. Lei invece mi riserva proprio una risata aperta e non velata da niente.

- Hai fatto tutto tu, Gretchen - le dico parlando a fatica per il troppo ridere - sei tu che ti sei messa in testa che io sia...

- Ma non ti ho mai vista interessata a un ragazzo! - protesta - e poi con quella tua amica in Croazia, quest'estate...

- Ma che c'entra Serena? - le dico.

In effetti Serena c'entrerebbe eccome, ma sarebbe troppo lungo da spiegarglielo ora.

- Non mi hai mai detto nulla, non ti sei mai incazzata quando...

- Lo so Gretchen, scusa, ma mi divertivo troppo...

- No, scusa tu, mi divertivo anche io, però...

- Però? -domando.

- Però con la barista non mi sembrava proprio una finta, ho avuto questa sensazione.

- No, no - la blocco con la coda della risata ancora nella voce - io Veronica me la farei davvero, mi piace proprio!

- Ma allora...

- Con le ragazze però ho gusti più complicati... - la interrompo.

Mi guarda in silenzio. Siamo vicinissime e i miei occhi si sono abituati alla penombra. Sul viso ha quell'espressione e quel sorrisino che ormai conosco bene, da furbetta che riflette. Maliziosa anche, ma non sempre. Mi domando cosa stia pensando della sottoscritta.

- Sai, quando siamo partite avrei giurato che sarebbe stata una vacanza di follie - dice sempre con quel sorrisino e abbassando se possibile ancora di più la voce - ma a conti fatti non lo è neanche tanto...

- Che altro volevi fare, scusa? - le rispondo ridacchiando.

- Una follia, appunto. Per esempio, non ho mai baciato una ragazza - dice fissandomi negli occhi.

Devo proprio fare da catalizzatore per queste confessioni. Veronica, Gretchen... Ha uno sguardo che non lascia dubbi sulle sue intenzioni. Sarebbe così facile. Ma non so se sarebbe una buona idea, questo è il problema. Tra un po' ci addormenteremo, e quando ci sveglieremo le cose saranno diverse. Io tornerò a essere una lesbica, magari non così integralista, che se la vuole fare e lei la etero che lancia occhiate tipo "non ci pensare proprio". Perché infrangere questo meraviglioso equilibrio?

- Dormiamo, Gretchen, non mi pare...

- Non ti piaccio? Non dirmelo, lo so che non è vero.

- Non è quello... - obietto.

- Un bacio, cosa è un bacio?

- E' che tu non vuoi solo un bacio... - rispondo.

- E' vero - ridacchia - sono eccitatissima... e tu sei supersexy così.

Nel dirlo passa la mano sul mio fianco, una carezza leggera che non si ferma e scende giù. Gluteo, coscia... E' la mia pelle, prima ancora che il mio cervello, a riconoscere il tipo di richiesta che mi sta facendo. Le sorrido, forse con troppa condiscendenza. Ma la sensazione che ho in questo momento è che sono stanca e convinta che faremmo un casino. E' vero, mi piacerebbe proprio fare sesso con una ragazza che non ha mai baciato un'altra ragazza. Ma questa semmai è Veronica, non lei. Non è questione di attrazione, anche Gretchen è attraente, molto. E' questione di carattere. Una volta tanto vorrei essere quella dom, e con lei qualcosa mi dice che non è il caso. Tuttavia avvicino il volto al suo e le do un bacio a sfioro sulle labbra. Ride: "Questo sarebbe un bacio?", domanda restando con le labbra semichiuse, in attesa. Il secondo bacio è lungo, molto molto lungo. Fatto di lingue che si sfiorano, danzano, intrecciano le punte, di labbra che si strusciano e si aggrappano a vicenda, si tirano, si danno morsi senza denti. Alla fine le chiedo "questo andava meglio?" e lei risponde come se mi avesse appena sottoposta a un test: "mica male, pensavo più... ma proprio per niente male, Annalisa". "Una cosa un po' diversa, no?", le sorrido. "Assolutamente", risponde sorridendo anche lei. E' chiaramente eccitata e, ammetto, un po' sto per tornare a esserlo anche io. Proprio per questo penso che sia meglio chiuderla qui.

Lei è di avviso diametralmente opposto. Mi afferra la mano e se la porta sotto i pantaloncini del pigiama. Reagisco con un po' di ritardo, ma reagisco. Cerco di tirarmi un po' indietro sussurrando "dai, Gretchen". Lei me la blocca lì, con la punta delle mie dita appoggiate sul pube, mi lecca le labbra con un'espressione oscena nelle pupille, mi sorride. Solo quando è sicura che non la ritirerò me la molla, alza il sedere e le ginocchia per abbassarsi i pantaloncini, scalcia sotto le coperte per sfilarseli del tutto. Riprende la mia mano e se la porta lì. Non partecipo ma la lascio fare, sento la sua voglia umida sui polpastrelli. Mi guarda, forse attendendo un mio gesto che non arriva, si morde il labbro, sorride, si sfila anche la maglietta. Davanti a me le sue belle tette, con i capezzoli bruni e grandi. Quello sinistro in particolare, è proprio alla mia portata. Lo vedevo svettare da sotto la maglietta, ora svetta davanti ai miei occhi senza che nulla lo nasconda. Lo guardo, certamente guardo molto più il suo seno che il suo viso, adesso. Non sono straordinariamente eccitata, questo no, ma il crampetto arriva lo stesso. Sotto le lenzuola la sua mano adesso sfiora la mia pancia nuda. Non mi ha mai accarezzata con questa sensualità. "Ti piaccio?", sussurra. Le rispondo "sì, lo sai" continuando a fissarle il seno. So perfettamente che sto per cedere, anzi ho già ceduto. "Dimostramelo", sussurra ancora Gretchen.

Lo sapevo, alla fine faccio ciò che vuole lei e non il contrario. E' troppo forte per giocare la parte della ragazzina sedotta da una lesbica spietata. E del resto io sono tutto tranne che una lesbica spietata.

"Perché non lo fai tu? Sono piena del suo sperma", le sussurro all'orecchio. "Non aveva il preservativo?", domanda prima di baciarmi. "No", le rispondo quando ho la bocca libera per farlo. Ormai ci baciamo e ci stringiamo senza ritegno, ci strusciamo e intrecciamo le gambe. Non lo vedo più, il suo seno. Me lo sento addosso. Vorrei prenderlo nella mano, baciarlo, succhiarlo, ma anche stringerle forte il sedere non è una cattiva idea. "Tu sei pazza", dice mentre mi accarezza il culo. "Sono protetta", le rispondo e le infilo la lingua in bocca. "Non è solo quello...", dice. "So riconoscere le persone", "speriamo...".

- Non vi ho solo sentiti, vi ho anche visti, un paio di volte, ma non ve ne siete accorti...

- E che hai visto? - le domando solo per farla continuare a parlare. Voglio portare bocca, denti e saliva su quel seno, lo voglio assaggiare.

- La prima volta mentre ti mangiava, lui non lo vedevo ma ho visto bene te... gambe spalancate, ripiegate, gli accarezzavi i capelli a occhi chiusi, ti mordevi le labbra, avevi tutta la testa all'indietro. Ma la seconda, wow, è durata pochissimo, mi sono voltata subito dall'altra parte, c'erano le tue mani che stringevano il lenzuolo mentre ti scopava... è stata la cosa più eccitante che abbia mai visto. Mi sono masturbata, senti?

Porta la mano sotto il mio naso, l'odore c'è ancora. Impazzisco pensando a come Erik sia impazzito quando poco fa gli ho fatto la stessa cosa. Impazzisco dalla voglia di sentirlo più forte, quell'odore, di sentirlo liquido. Di asciugarlo e di risentirlo di nuovo. Le accarezzo una coscia, la apre, mi chiama, prepara il mio prossimo alloggio, so che tra non molto sarò lì. Come sarà vederti godere, Gretchen? Come sarà ascoltarti? Sei una che dice "basta" o sei una che supplica "ancora"?

- Ho goduto quando ha goduto lui, sai? - sospira abbassando ancora di più la voce, se possibile - ho riconosciuto i suoi versi, inconfondibili... ma la cosa più perversa era sentire come cercavi di silenziare i tuoi gemiti.

- Allora? - le domando già conoscendo la risposta - sicura che non vuoi farlo tu? Che non vuoi sentire che sapore avesse?

- Ho bisogno di qualche lezione - sospira tirandomi quasi sopra di sé. Mi blocca il viso tra le mani, spalanca svergognatamente le gambe.

- Sì, però... - le sussurro passando lentamente e morbidamente il dito lungo la sua fessura

E' morbida anche lei, molto bagnata. Rabbrividisce, si morde le labbra, mi stringe il braccio. E' tesa in un fascio di nervi, a me sembra che il desiderio potrebbe farmi esplodere la testa da un momento all'altro.

- Però? - domanda impaziente.

- Però devi dirmi "fuck me, slut".

- Slut?

- I'm such a slut, you don't know me... – sospiro.

- Fuck me, slut – fa lei con gli occhi orgogliosi. Ma del resto remissiva non me la sarei aspettata.

La scopo. Con la lingua, con le dita, con i denti. Imperverso sul suo corpo a lungo, portandola al limite estremo e facendola tornare indietro tante volte. Strappo i suoi gemiti e le sue suppliche, i suoi graffi e le sue contorsioni, il suo orgasmo quasi silenzioso fatto di sobbalzi. Quando la asciugo, l'ultima passata di lingua sul grilletto è di quelle che ti fanno dire o pensare "pietà", ne so qualcosa. La bacio ed è un bacio molto più profondo di quelli che ci siamo date prima, è come se mi volesse scopare la lingua con la bocca. L'ultimo exploit prima di crollare. E' esausta, lo sono anche io, i nostri corpi pretendono il riposo. Restiamo abbracciate pelle contro pelle ad addormentarci lì, insieme, nello spazio angusto del mio letto. Happy new year, honey, it's a bisexual world and you're welcome.

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2022-02-17
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