Surfin' - 11
di
Browserfast
genere
etero
Ding! Il suono del WhatsApp dalla borsa, mentre sto infilando la chiave nella toppa. Ma forse ho sentito male, forse era solo il tintinnio. Ding! No, era proprio un messaggio. E questo è il secondo. Chi cazzo...? Tiro fuori il telefono e la preview mi dice che è Veronica. Uno di quei messaggi che sembrano fatti apposta per farti incazzare. Cioè, ti fanno incazzare se ti svegliano: "Dormi?". Guardo l'ora sul telefono, sono le tre e cinquantadue. Abbiamo perso, tutte, la cognizione del tempo stanotte. Penso però che se lei mi cerca ora significa che la serata con Felipe magari è andata strabene, ma lui non si è fermato. Chissà…
Respingo il senso di stanchezza che mi opprime e rispondo. "No, come è andata?". "Dio santo!". Ridacchio, è proprio lei. O almeno Felipe deve farle questo effetto. "Dio santo" l’ha detto quando mi ha raccontato cosa ha provato la prima volta che Felipe l'ha stretta e baciata. Me la figuro devastata, anche dolorante. Le forze ridotte al minimo e la testa svuotata. Come in definitiva mi sento io in questo momento, l'aria della notte non ha avuto nessun effetto benefico. "L'abbiamo voluto, l'abbiamo cercato, l'abbiamo avuto", dico a me stessa, ma è come se lo dicessi a lei.
Tutto era cominciato qualche ora prima. Avevo accolto Gretchen all'ostello... ok, lo ammetto, dormendo. Non mi ero nemmeno accorta che fosse tornata dalla sua lezione di surf. Mi aveva svegliata rientrando in camera dopo la doccia. Vedendola, i più sconci tra i miei progetti mi erano tornati in mente. Ancor di più quando aveva lasciato cadere sul letto il telo di spugna. Mi sono alzata e avvicinata a lei. Le ho detto celiando "stai molto bene con quell'asciugamano sulla testa". Ha sorriso complice, ma probabilmente non si aspettava che mi alzassi e la baciassi. Il calore del suo corpo e il profumo lasciato dal sapone sono stati la botta finale. L'ho cercata in mezzo alle gambe mentre la stringevo nel bacio, non l'ho mollata finché non ho ottenuto il suo piccolo gemito. Si è sottratta piano, gentilmente, con l'ironia di chi non vuole alzare un muro ma chiede solo un po' di tempo: "Cosa sognavi?", ha sorriso. Ho risposto che lo sapevo che era stanca, che ero stanca anch’io, che il mio era un semplice welcome back. Era vero, la volevo solo provocare. E le volevo anche raccontare di Patrick. Ma prendendo il mio tempo.
- Ti ho pensata,sai? – ho aggiunto mentendo un po' - ma ho anche pensato ad altro...
- E sarebbe? - ha domandato.
Non ho soddisfatto la sua curiosità, era troppo presto per farlo. Le ho solo sussurrato sulle labbra, quando ancora la stringevo, "ora ci riposiamo e poi andiamo a cena, presto, ché avrò molta fame". Nulla di più. Ci siamo distese sul mio letto a scambiarci baci e carezze, davvero nulla di più.
Più tardi, mentre eravamo sedute a tavola, ho atteso a lungo il momento giusto per esporle il mio piano osceno, quello che mi ero fatta a casa di Veronica mentre ero ancora sotto la doccia e non avevo ancora idea di cosa sarebbe successo di lì a qualche secondo, non avevo idea che ci saremmo scopate. Facciamoci un giro, Gretchen, questo era il piano, facciamo le zoccole stasera, facciamoci ammirare, desiderare, sbavare dietro. Facciamo le oche, facciamoci offrire da bere. Limoniamo qualcuno, se troviamo qualcuno che ne vale la pena, facciamoci baciare, sfiorare, toccare, persino scopare se ci va, poi ci ritroviamo all'ostello e ci raccontiamo ogni cosa mentre stiamo l'una sopra l'altra. Una parla e eccita, l'altra domanda, bacia, lecca, morde, penetra. Vietato mentire, è concesso solo esagerare.
Inconsapevolmente, volevo riprodurre con lei ciò che ho sempre fatto con Serena. Ero determinata a sottoporle le mie intenzioni con una semplicità quasi brutale, per sorprenderla. Se fosse stato necessario avrei anche aggiunto "io lo farò comunque, ho troppa voglia". Con un sottotesto abbastanza evidente: amica mia, se vuoi giocare con me questo è il gioco.
Non sapevo quale sarebbe stata la reazione di Gretchen. Se mi avrebbe assecondata o meno. Non le avevo neanche ancora detto di Patrick e della mia segreta speranza di incrociarlo. Non le avevo ancora detto che gli avevo fatto un pompino dopo pranzo, chiusi nel capanno dei surf. E non le avevo nemmeno detto di Veronica, naturalmente. Di quest'ultima non le avrei comunque confidato nulla, ma del mio istruttore sì. Pensavo che sarebbe stato il modo giusto per scaldarla, per scaldarmi.
Ma farlo si era rivelato più complicato del previsto. A cena Gretchen era sintonizzata su tutt’altri argomenti. Anzi, un argomento, il surf. Adesso che si era finalmente liberato un posto nel corso più avanzato e poteva finalmente divertirsi, si dimostrava sin troppo entusiasta. Parlava solo di quello, travolgente nelle sue chiacchiere, come sa esserlo lei quando una cosa la prende.
Cercavo il modo di cambiare discorso, farla scivolare lentamente nella mia dimensione, nel delirio erotico di cui mi sentivo felicemente prigioniera. E in realtà, alla fine, il modo l'avevo anche trovato, che scema. Ce l'avevo lì a portata di mano. Mi sarebbe bastato dirle "hai notato che stasera Veronica non c'è?". Raccontarle che era il suo giorno libero, che aveva un appuntamento con Felipe, che la sera prima si erano baciati, che il suo letto stanotte sarebbe stato messo a dura prova. E poi parlarle di Patrick. Capito Gretchen? Felipe e Patrick, gli stessi con cui hai fatto la troia la notte di capodanno. Oggi, dopo la lezione, ho succhiato lo stesso cazzo che ti impediva di urlare mentre Felipe ti prendeva con il suo affare spropositato. Sei stata tu a raccontarmelo, ricordi? A proposito, anche se si sono solo baciati, lo sai che pure Veronica se ne è accorta? Sissignore, se n'è accorta e da ieri sera non pensa ad altro.
Ero pronta con questo discorsetto, mi sarebbe bastato trovare la pausa giusta nelle sue parole e il resto sarebbe venuto da sé, in modo anche esageratamente facile. Mi sentivo umida già solo a pensarci. Ma... siamo state interrotte. Dall'ultima persona che avrei voluto trovarmi tra le palle.
L'avevo già notata nel locale, era entrata guardandosi intorno come se cercasse qualcuno. Lo stesso carrè nerissimo, le stesse labbra rossissime, gli stessi pantaloni di tela al polpaccio. Rispetto alla festa di fine anno di diverso aveva una maglietta diversa e una giacca verde militare sopra. Immutabile, invece, l'espressione semi-imbronciata. Deve essere nata incazzata con il mondo, ho pensato, bella ma incazzata. D'altra parte, ho pensato anche, non è appiccicata al suo ragazzo, e questa potrebbe anche essere un'ottima notizia. Sì perché quella che era entrata nel locale era la stessa che, poche ore prima, Veronica mi aveva rivelato essere la fidanzata di Patrick. Si è avvicinata a noi, per meglio dire a Gretchen, posandole non vista una mano sulla spalla.
- Ciao Gretchen, come stai? - le ha fatto con un sorriso.
La mia amica ha avuto un piccolo sobbalzo e ha ricambiato il saluto. La ragazza si è voltata verso di me tendendomi la mano con il suo accento quasi comico: "Ciao, io sono Adèle". Due sorrisi consecutivi da lei proprio non me li aspettavo. "Annalisa", ho detto stringendole la mano. "Sei italiana, vero?". "Sì, tu un po' francese, direi". Mi è scappata, voleva essere una spiritosaggine ma è suonata quasi come una gaffe, me ne sono accorta quando era troppo tardi e mi sono pure detta stai a vedere che adesso questa si incazza perché l'ho irrisa per il suo accento. Ma la preoccupazione maggiore era che sapesse di Patrick e di noi due, che volesse farci il culo. No, nada, nulla di tutto questo. Ha riso alla mia battuta rispondendo "sì, solo un poco" e stringendo gli occhi. Deliziosa. Per quanto non vedessi l'ora che se ne andasse, mi sono chiesta se il mio giudizio su di lei non fosse stato troppo affrettato: forse non è così stronza e antipatica come appare, forse sono stata io troppo superficiale. In fondo quella sera ero semplicemente indispettita dal fatto che non ricambiasse nemmeno per sbaglio le mie occhiate. Il problema era però che in quel momento non volevo più mettere le mani addosso a lei, ma al suo ragazzo. E la sua presenza complicava non poco le cose.
Si è seduta con noi, invitata mio malgrado da Gretchen. Ho iniziato davvero a smadonnare tra me e me, ma mi sono sentita in obbligo di chiederle se volesse bere qualcosa. Ha rifiutato, mostrando ancora una volta il suo sorriso e la busta che teneva in mano.
- Domani è il compleanno di Patrick, ero uscita a comprargli il regalo - ha detto - ma perché non venite voi a bere qualcosa a casa nostra? Mi farebbe piacere, e anche a lui.
Gretchen ha accettato subito, sta scema, cercando con lo sguardo la mia approvazione solo dopo averle detto di sì. Avrei voluto fulminarla, ma Adèle mi guardava. Ho provato a farfugliare un "veramente, noi..." però non sapevo che aggiungere. Non potevo certo dire alla francese ciò che ancora non avevo detto a Gretchen, che la mia intenzione era quella di andare a fare le troie in giro.
- Io avevo in mente di farmi una passeggiata per il paese - ho detto infine, timidamente.
Vedevo i miei progetti naufragare, soprattutto quello di incontrare Patrick da sola.
- Possiamo anche stare un po' e poi uscire - mi ha stroncata Gretchen - vero Adèle?
- Ma certo, quello che volete - ha sorriso la francese - facciamo un brindisi a sorpresa per Patrick, ahahahah...
La sorpresa Patrick l'ha avuta davvero, la sua espressione quando ci siamo presentate da lui tutte e tre a casa. L'ombra della preoccupazione intravista sul suo viso ha persino stemperato il mio disappunto. Sotto sotto, un po' di timore che Adèle sapesse tutto e volesse farci una scenata mi era rimasto, fino a quel momento. Ma vedere i due fidanzati insieme ha dissipato ogni dubbio.
Rimasta sola nel salottino - con Gretchen che aveva chiesto di usare il bagno e i padroni di casa in cucina a preparare le tapas - pensavo proprio a quanto fosse buffo l'imbarazzo di Patrick. Ma altrettanto buffo, forse anche di più, era sapere che l'ignara Adèle stava facendo gli onori di casa a due tipe che con il suo ragazzo se l'erano abbastanza spassata. Mi chiedevo cosa ne pensasse la mia amica australiana. Probabilmente nulla, vista la naturalezza con cui aveva accettato l'invito di Adèle. E in fondo trovavo divertente anche questo.
- Tra un po' tre sarà una folla qui dentro - mi ha sussurrato sorridendo Gretchen tornando dal bagno.
Alla mia espressione interrogativa ha risposto che i due, in cucina, si baciavano e bisbigliavano tra di loro. Lasciarli soli ad anticipare i festeggiamenti per il compleanno? Non chiedevo di meglio.
- Ma perché hai accettato di venire? - le ho domandato.
- Perché no?
- Perché te lo sei scopato! Non ti imbarazza un po'? - ho domandato conoscendo già la risposta.
- Ma figurati se Adèle lo sa! - mi ha risposto - anzi, trovo la cosa anche eccitante...
- Sei come me, allora... - le ho detto cogliendo la palla al balzo - io oggi pomeriggio gli ho fatto un pompino...
- Davvero? Dove? - ha chiesto Gretchen stupita. Sinceramente stupita, direi.
- Sulla spiaggia, in un capanno dove tengono i surf, peccato che avesse fretta perché volentieri non mi sarei limitata a quello.
Il momento di confidarle che non mi era bastato era finalmente arrivato, stavo per dirle usciamo, andiamo a divertirci e... a vedere cosa troviamo. Ma il ritorno di Patrick e Adèle sorridenti mi ha inibita. Sono rimasta lì, a reprimermi su una poltroncina, poi poco a poco mi è passata. Poco a poco mi sono addirittura interessata ai racconti della nostra ospite, che ha lasciato la Francia perché non sopportava più famiglia né paesino, che fa la commessa in uno dei millanta negozi che vendono roba per il surf. Con Patrick si sono conosciuti qui.
L'ultimo drink è stato sul loro terrazzo. Vista mare, con la luce deve essere stupendo. Freddo, anche. Il vento pungeva, mi sono dovuta tirare su la zip del mio chiodino. Sotto non avevo che una camicetta e pure senza reggiseno, sentivo i capezzoli intirizzirsi.
- Così siete delle studentesse in vacanza, eh? - ci ha sorriso Adèle porgendoci i gin tonic preparati dal suo ragazzo - quando ero al liceo, con le mie amiche, le ragazze così le chiamavamo "mademoiselle P".
"P è per putain...", ha aggiunto improvvisamente, abbassando un po' la voce e cambiando tono, di fronte al mio sguardo interrogativo.
Sorpresa? Sorpresa è poco, diciamo choc che è meglio. Gretchen invece non capiva. Eppure, bella mia, studi a Roma, è vero che parli un italiano di merda ma la parola put-ta-na l’avrai sentita, no? Non è che ci sia tutta sta differenza col francese.
Che faccia avessi non lo so, ma lo posso immaginare. I ruoli di colpo si erano invertiti, era Adèle a divertirsi con noi, era lei a sorridere in quel momento, ma con una malizia che prima non aveva. "Non?", mi ha chiesto retoricamente, sfidandomi con lo sguardo. Per poi aggiungere in inglese, così che finalmente anche Gretchen capisse, “ah no? e allora perché sei senza slip?”.
Per un momento mi sono sentita come quella sera che un uomo, Giancarlo, mi fece più o meno la stessa domanda davanti al bancone di un locale. Azzeccandoci, come ci ha azzeccato Adèle. Sono restata di sasso, a bocca aperta. Perché sì, perché come a capodanno sotto la mini LV-Chiara Ferragni avevo i collant aperti, quelli che ti danno l’effetto-reggicalze. Ma stavolta, era vero, senza perizoma.
Dietro di lei, vedevo lo sguardo divertito e stupefatto di Gretchen. Non sapevo cosa stesse pensando ma non era di lei che dovevo occuparmi. Dovevo occuparmi di Adèle, che si faceva vicina, sempre più vicina. Mi ha braccata, mi ha baciata, mi ha limonata per un tempo che mi è sembrato infinitamente lungo. E infine ha fatto scendere la mano sotto la mia gonna, tra le mie gambe. Non ho potuto trattenere uno spasmo e lei, staccandosi dal bacio, non ha potuto trattenere un compiaciuto “mmm…”. Sorridendo, come se fosse la cosa più normale del mondo, ha aggiunto “visto che avevo ragione?”.
- Corralejo è un posto piccolo, ci conosciamo tutti, e Thiago è un mio buon amico, ho avuto anche una storiella con lui, prima di Patrick – mi ha detto per poi puntare Gretchen con la coda dell’occhio – e conosco bene anche il portiere dell’albergo dove sei stata con quel tedesco, amica mia, ti piacciono les hommes de famille, uh?”.
Sul volto dell’australiana si è dipinto un sorrisetto. Era evidente che cercava di dissimulare la sorpresa, era altrettanto evidente che fosse brilla. Ma la situazione sembrava divertirla. Dietro di lei, con un bicchiere in mano e con un sorriso altrettanto divertito, era apparso il mio istruttore. Per qualche secondo l’unico suono che si è sentito è stato quello del mare.
- Non ve la prendete - ha detto infine Adèle rompendo il silenzio - ogni tanto ci piace spettegolare sui turisti, per rompere la noia... soprattutto sulle turiste. Così, quando ho pensato a un vero regalo per Patrick ho pensato a voi due, spero non vi dispiaccia. Che ne dite?
Ho visto Patrick posare una mano sul fianco di Gretchen, serrarle con l’altra un seno. Ho visto Gretchen pensarci su, fare una smorfia ironica e sbottonarsi i jeans senza staccare lo sguardo da Adèle. Ho visto le mutandine color prugna di Gretchen dopo che i pantaloni le erano scivolati alle caviglie.
Ho accolto di nuovo la lingua di Adèle nella mia bocca, la sua mano tra le gambe. Il suo dito che stavolta mi penetrava.
- Tu la risposta me l’hai già data… - mi ha sussurrato mentre sentivo le gambe sempre più deboli.
CONTINUA
Respingo il senso di stanchezza che mi opprime e rispondo. "No, come è andata?". "Dio santo!". Ridacchio, è proprio lei. O almeno Felipe deve farle questo effetto. "Dio santo" l’ha detto quando mi ha raccontato cosa ha provato la prima volta che Felipe l'ha stretta e baciata. Me la figuro devastata, anche dolorante. Le forze ridotte al minimo e la testa svuotata. Come in definitiva mi sento io in questo momento, l'aria della notte non ha avuto nessun effetto benefico. "L'abbiamo voluto, l'abbiamo cercato, l'abbiamo avuto", dico a me stessa, ma è come se lo dicessi a lei.
Tutto era cominciato qualche ora prima. Avevo accolto Gretchen all'ostello... ok, lo ammetto, dormendo. Non mi ero nemmeno accorta che fosse tornata dalla sua lezione di surf. Mi aveva svegliata rientrando in camera dopo la doccia. Vedendola, i più sconci tra i miei progetti mi erano tornati in mente. Ancor di più quando aveva lasciato cadere sul letto il telo di spugna. Mi sono alzata e avvicinata a lei. Le ho detto celiando "stai molto bene con quell'asciugamano sulla testa". Ha sorriso complice, ma probabilmente non si aspettava che mi alzassi e la baciassi. Il calore del suo corpo e il profumo lasciato dal sapone sono stati la botta finale. L'ho cercata in mezzo alle gambe mentre la stringevo nel bacio, non l'ho mollata finché non ho ottenuto il suo piccolo gemito. Si è sottratta piano, gentilmente, con l'ironia di chi non vuole alzare un muro ma chiede solo un po' di tempo: "Cosa sognavi?", ha sorriso. Ho risposto che lo sapevo che era stanca, che ero stanca anch’io, che il mio era un semplice welcome back. Era vero, la volevo solo provocare. E le volevo anche raccontare di Patrick. Ma prendendo il mio tempo.
- Ti ho pensata,sai? – ho aggiunto mentendo un po' - ma ho anche pensato ad altro...
- E sarebbe? - ha domandato.
Non ho soddisfatto la sua curiosità, era troppo presto per farlo. Le ho solo sussurrato sulle labbra, quando ancora la stringevo, "ora ci riposiamo e poi andiamo a cena, presto, ché avrò molta fame". Nulla di più. Ci siamo distese sul mio letto a scambiarci baci e carezze, davvero nulla di più.
Più tardi, mentre eravamo sedute a tavola, ho atteso a lungo il momento giusto per esporle il mio piano osceno, quello che mi ero fatta a casa di Veronica mentre ero ancora sotto la doccia e non avevo ancora idea di cosa sarebbe successo di lì a qualche secondo, non avevo idea che ci saremmo scopate. Facciamoci un giro, Gretchen, questo era il piano, facciamo le zoccole stasera, facciamoci ammirare, desiderare, sbavare dietro. Facciamo le oche, facciamoci offrire da bere. Limoniamo qualcuno, se troviamo qualcuno che ne vale la pena, facciamoci baciare, sfiorare, toccare, persino scopare se ci va, poi ci ritroviamo all'ostello e ci raccontiamo ogni cosa mentre stiamo l'una sopra l'altra. Una parla e eccita, l'altra domanda, bacia, lecca, morde, penetra. Vietato mentire, è concesso solo esagerare.
Inconsapevolmente, volevo riprodurre con lei ciò che ho sempre fatto con Serena. Ero determinata a sottoporle le mie intenzioni con una semplicità quasi brutale, per sorprenderla. Se fosse stato necessario avrei anche aggiunto "io lo farò comunque, ho troppa voglia". Con un sottotesto abbastanza evidente: amica mia, se vuoi giocare con me questo è il gioco.
Non sapevo quale sarebbe stata la reazione di Gretchen. Se mi avrebbe assecondata o meno. Non le avevo neanche ancora detto di Patrick e della mia segreta speranza di incrociarlo. Non le avevo ancora detto che gli avevo fatto un pompino dopo pranzo, chiusi nel capanno dei surf. E non le avevo nemmeno detto di Veronica, naturalmente. Di quest'ultima non le avrei comunque confidato nulla, ma del mio istruttore sì. Pensavo che sarebbe stato il modo giusto per scaldarla, per scaldarmi.
Ma farlo si era rivelato più complicato del previsto. A cena Gretchen era sintonizzata su tutt’altri argomenti. Anzi, un argomento, il surf. Adesso che si era finalmente liberato un posto nel corso più avanzato e poteva finalmente divertirsi, si dimostrava sin troppo entusiasta. Parlava solo di quello, travolgente nelle sue chiacchiere, come sa esserlo lei quando una cosa la prende.
Cercavo il modo di cambiare discorso, farla scivolare lentamente nella mia dimensione, nel delirio erotico di cui mi sentivo felicemente prigioniera. E in realtà, alla fine, il modo l'avevo anche trovato, che scema. Ce l'avevo lì a portata di mano. Mi sarebbe bastato dirle "hai notato che stasera Veronica non c'è?". Raccontarle che era il suo giorno libero, che aveva un appuntamento con Felipe, che la sera prima si erano baciati, che il suo letto stanotte sarebbe stato messo a dura prova. E poi parlarle di Patrick. Capito Gretchen? Felipe e Patrick, gli stessi con cui hai fatto la troia la notte di capodanno. Oggi, dopo la lezione, ho succhiato lo stesso cazzo che ti impediva di urlare mentre Felipe ti prendeva con il suo affare spropositato. Sei stata tu a raccontarmelo, ricordi? A proposito, anche se si sono solo baciati, lo sai che pure Veronica se ne è accorta? Sissignore, se n'è accorta e da ieri sera non pensa ad altro.
Ero pronta con questo discorsetto, mi sarebbe bastato trovare la pausa giusta nelle sue parole e il resto sarebbe venuto da sé, in modo anche esageratamente facile. Mi sentivo umida già solo a pensarci. Ma... siamo state interrotte. Dall'ultima persona che avrei voluto trovarmi tra le palle.
L'avevo già notata nel locale, era entrata guardandosi intorno come se cercasse qualcuno. Lo stesso carrè nerissimo, le stesse labbra rossissime, gli stessi pantaloni di tela al polpaccio. Rispetto alla festa di fine anno di diverso aveva una maglietta diversa e una giacca verde militare sopra. Immutabile, invece, l'espressione semi-imbronciata. Deve essere nata incazzata con il mondo, ho pensato, bella ma incazzata. D'altra parte, ho pensato anche, non è appiccicata al suo ragazzo, e questa potrebbe anche essere un'ottima notizia. Sì perché quella che era entrata nel locale era la stessa che, poche ore prima, Veronica mi aveva rivelato essere la fidanzata di Patrick. Si è avvicinata a noi, per meglio dire a Gretchen, posandole non vista una mano sulla spalla.
- Ciao Gretchen, come stai? - le ha fatto con un sorriso.
La mia amica ha avuto un piccolo sobbalzo e ha ricambiato il saluto. La ragazza si è voltata verso di me tendendomi la mano con il suo accento quasi comico: "Ciao, io sono Adèle". Due sorrisi consecutivi da lei proprio non me li aspettavo. "Annalisa", ho detto stringendole la mano. "Sei italiana, vero?". "Sì, tu un po' francese, direi". Mi è scappata, voleva essere una spiritosaggine ma è suonata quasi come una gaffe, me ne sono accorta quando era troppo tardi e mi sono pure detta stai a vedere che adesso questa si incazza perché l'ho irrisa per il suo accento. Ma la preoccupazione maggiore era che sapesse di Patrick e di noi due, che volesse farci il culo. No, nada, nulla di tutto questo. Ha riso alla mia battuta rispondendo "sì, solo un poco" e stringendo gli occhi. Deliziosa. Per quanto non vedessi l'ora che se ne andasse, mi sono chiesta se il mio giudizio su di lei non fosse stato troppo affrettato: forse non è così stronza e antipatica come appare, forse sono stata io troppo superficiale. In fondo quella sera ero semplicemente indispettita dal fatto che non ricambiasse nemmeno per sbaglio le mie occhiate. Il problema era però che in quel momento non volevo più mettere le mani addosso a lei, ma al suo ragazzo. E la sua presenza complicava non poco le cose.
Si è seduta con noi, invitata mio malgrado da Gretchen. Ho iniziato davvero a smadonnare tra me e me, ma mi sono sentita in obbligo di chiederle se volesse bere qualcosa. Ha rifiutato, mostrando ancora una volta il suo sorriso e la busta che teneva in mano.
- Domani è il compleanno di Patrick, ero uscita a comprargli il regalo - ha detto - ma perché non venite voi a bere qualcosa a casa nostra? Mi farebbe piacere, e anche a lui.
Gretchen ha accettato subito, sta scema, cercando con lo sguardo la mia approvazione solo dopo averle detto di sì. Avrei voluto fulminarla, ma Adèle mi guardava. Ho provato a farfugliare un "veramente, noi..." però non sapevo che aggiungere. Non potevo certo dire alla francese ciò che ancora non avevo detto a Gretchen, che la mia intenzione era quella di andare a fare le troie in giro.
- Io avevo in mente di farmi una passeggiata per il paese - ho detto infine, timidamente.
Vedevo i miei progetti naufragare, soprattutto quello di incontrare Patrick da sola.
- Possiamo anche stare un po' e poi uscire - mi ha stroncata Gretchen - vero Adèle?
- Ma certo, quello che volete - ha sorriso la francese - facciamo un brindisi a sorpresa per Patrick, ahahahah...
La sorpresa Patrick l'ha avuta davvero, la sua espressione quando ci siamo presentate da lui tutte e tre a casa. L'ombra della preoccupazione intravista sul suo viso ha persino stemperato il mio disappunto. Sotto sotto, un po' di timore che Adèle sapesse tutto e volesse farci una scenata mi era rimasto, fino a quel momento. Ma vedere i due fidanzati insieme ha dissipato ogni dubbio.
Rimasta sola nel salottino - con Gretchen che aveva chiesto di usare il bagno e i padroni di casa in cucina a preparare le tapas - pensavo proprio a quanto fosse buffo l'imbarazzo di Patrick. Ma altrettanto buffo, forse anche di più, era sapere che l'ignara Adèle stava facendo gli onori di casa a due tipe che con il suo ragazzo se l'erano abbastanza spassata. Mi chiedevo cosa ne pensasse la mia amica australiana. Probabilmente nulla, vista la naturalezza con cui aveva accettato l'invito di Adèle. E in fondo trovavo divertente anche questo.
- Tra un po' tre sarà una folla qui dentro - mi ha sussurrato sorridendo Gretchen tornando dal bagno.
Alla mia espressione interrogativa ha risposto che i due, in cucina, si baciavano e bisbigliavano tra di loro. Lasciarli soli ad anticipare i festeggiamenti per il compleanno? Non chiedevo di meglio.
- Ma perché hai accettato di venire? - le ho domandato.
- Perché no?
- Perché te lo sei scopato! Non ti imbarazza un po'? - ho domandato conoscendo già la risposta.
- Ma figurati se Adèle lo sa! - mi ha risposto - anzi, trovo la cosa anche eccitante...
- Sei come me, allora... - le ho detto cogliendo la palla al balzo - io oggi pomeriggio gli ho fatto un pompino...
- Davvero? Dove? - ha chiesto Gretchen stupita. Sinceramente stupita, direi.
- Sulla spiaggia, in un capanno dove tengono i surf, peccato che avesse fretta perché volentieri non mi sarei limitata a quello.
Il momento di confidarle che non mi era bastato era finalmente arrivato, stavo per dirle usciamo, andiamo a divertirci e... a vedere cosa troviamo. Ma il ritorno di Patrick e Adèle sorridenti mi ha inibita. Sono rimasta lì, a reprimermi su una poltroncina, poi poco a poco mi è passata. Poco a poco mi sono addirittura interessata ai racconti della nostra ospite, che ha lasciato la Francia perché non sopportava più famiglia né paesino, che fa la commessa in uno dei millanta negozi che vendono roba per il surf. Con Patrick si sono conosciuti qui.
L'ultimo drink è stato sul loro terrazzo. Vista mare, con la luce deve essere stupendo. Freddo, anche. Il vento pungeva, mi sono dovuta tirare su la zip del mio chiodino. Sotto non avevo che una camicetta e pure senza reggiseno, sentivo i capezzoli intirizzirsi.
- Così siete delle studentesse in vacanza, eh? - ci ha sorriso Adèle porgendoci i gin tonic preparati dal suo ragazzo - quando ero al liceo, con le mie amiche, le ragazze così le chiamavamo "mademoiselle P".
"P è per putain...", ha aggiunto improvvisamente, abbassando un po' la voce e cambiando tono, di fronte al mio sguardo interrogativo.
Sorpresa? Sorpresa è poco, diciamo choc che è meglio. Gretchen invece non capiva. Eppure, bella mia, studi a Roma, è vero che parli un italiano di merda ma la parola put-ta-na l’avrai sentita, no? Non è che ci sia tutta sta differenza col francese.
Che faccia avessi non lo so, ma lo posso immaginare. I ruoli di colpo si erano invertiti, era Adèle a divertirsi con noi, era lei a sorridere in quel momento, ma con una malizia che prima non aveva. "Non?", mi ha chiesto retoricamente, sfidandomi con lo sguardo. Per poi aggiungere in inglese, così che finalmente anche Gretchen capisse, “ah no? e allora perché sei senza slip?”.
Per un momento mi sono sentita come quella sera che un uomo, Giancarlo, mi fece più o meno la stessa domanda davanti al bancone di un locale. Azzeccandoci, come ci ha azzeccato Adèle. Sono restata di sasso, a bocca aperta. Perché sì, perché come a capodanno sotto la mini LV-Chiara Ferragni avevo i collant aperti, quelli che ti danno l’effetto-reggicalze. Ma stavolta, era vero, senza perizoma.
Dietro di lei, vedevo lo sguardo divertito e stupefatto di Gretchen. Non sapevo cosa stesse pensando ma non era di lei che dovevo occuparmi. Dovevo occuparmi di Adèle, che si faceva vicina, sempre più vicina. Mi ha braccata, mi ha baciata, mi ha limonata per un tempo che mi è sembrato infinitamente lungo. E infine ha fatto scendere la mano sotto la mia gonna, tra le mie gambe. Non ho potuto trattenere uno spasmo e lei, staccandosi dal bacio, non ha potuto trattenere un compiaciuto “mmm…”. Sorridendo, come se fosse la cosa più normale del mondo, ha aggiunto “visto che avevo ragione?”.
- Corralejo è un posto piccolo, ci conosciamo tutti, e Thiago è un mio buon amico, ho avuto anche una storiella con lui, prima di Patrick – mi ha detto per poi puntare Gretchen con la coda dell’occhio – e conosco bene anche il portiere dell’albergo dove sei stata con quel tedesco, amica mia, ti piacciono les hommes de famille, uh?”.
Sul volto dell’australiana si è dipinto un sorrisetto. Era evidente che cercava di dissimulare la sorpresa, era altrettanto evidente che fosse brilla. Ma la situazione sembrava divertirla. Dietro di lei, con un bicchiere in mano e con un sorriso altrettanto divertito, era apparso il mio istruttore. Per qualche secondo l’unico suono che si è sentito è stato quello del mare.
- Non ve la prendete - ha detto infine Adèle rompendo il silenzio - ogni tanto ci piace spettegolare sui turisti, per rompere la noia... soprattutto sulle turiste. Così, quando ho pensato a un vero regalo per Patrick ho pensato a voi due, spero non vi dispiaccia. Che ne dite?
Ho visto Patrick posare una mano sul fianco di Gretchen, serrarle con l’altra un seno. Ho visto Gretchen pensarci su, fare una smorfia ironica e sbottonarsi i jeans senza staccare lo sguardo da Adèle. Ho visto le mutandine color prugna di Gretchen dopo che i pantaloni le erano scivolati alle caviglie.
Ho accolto di nuovo la lingua di Adèle nella mia bocca, la sua mano tra le gambe. Il suo dito che stavolta mi penetrava.
- Tu la risposta me l’hai già data… - mi ha sussurrato mentre sentivo le gambe sempre più deboli.
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