Spiando quella troia della mia mamma sono rimasta scioccata!

di
genere
incesti

Tra poco è mezzanotte e domani ho scuola. Vorrei solo dormire e invece me ne sto con gli occhi spalancati nel buio a sentire i gemiti di mia madre, o forse è meglio dire le sue strilla disperate, che accompagnate dal cigolio straziato delle povere molle di un materasso, echeggiano senza alcun rispetto per il silenzio, legittimo sovrano della notte. Queste cose succedevano anche prima, di tanto in tanto, ma mai così! Da quando ha conosciuto questo nuovo fidanzato gli amplessi che posso udire si sono fatti più frequenti e più forti. Un po’ sono felice per lei. Nessuno l'aveva mai fatta gemere così. O almeno nessuno che abbia conosciuto. Però una parte di me è anche un po’ gelosa, perché nessuno ha mai fatto godere me in questo modo. Ascoltando quel trambusto non posso fare a meno di fantasticare, e immaginarmi al posto di lei. Con gli occhi chiusi nell'oscurità accarezzo il mio corpo nudo sotto le lenzuola. Mi carezzo energicamente i seni, percepisco un leggero fremito che dai miei fianchi mi scorre fino alle spalle; e mentre il mio pensiero si concentra su quell'ansimare impetuoso e sul bel cazzo che lo sta causando, involontariamente mordicchio il mio labbro inferiore. Penso al farmi scopare forte da un vero uomo, che mi stringe a sé con nerborute braccia solcate da vene prominenti. Sdraiata di fianco, con una mano tra le mie cosce serrate passo dal lisciarmi il clitoride all' infilare 2 dita all'interno della mia umida fessurina. Con le dita arcuate cerco il punto giusto. Quando lo trovo una scarica come d'alta tensione mi rizza la schiena e un sospiro mi sfugge. Sotto le lenzuola che carezzano la mia liscia pelle, mi regalo piacere per un tempo di cui non conosco la durata, con gli occhi chiusi, la bocca aperta in respiri muti, e la mente in un'altra stanza. Eccolo! In concomitanza con l'espandersi delle urla di mia madre da oltre il muro, percepisco in me il rombo che si fa sempre più forte, una slavina distaccatasi da qualche parte dentro di me che ormai in una folle corsa non può essere fermata. L'impatto è incredibile. Non importa quante volte lo provi, ogni volta è a suo modo incredibile. Le gambe si stendono di colpo lungo il letto, le cosce si stringono attorno alla mia mano ancora in mezzo, mentre riesco a percepire le pulsazioni all'interno del mio ventre, ritmiche e spasmodiche allo stesso tempo. Una manciata di secondi di totale annullamento di coscienza, poi un lento decrescere del piacere mentre tutto il mondo intorno a me lentamente torna ad esistere. Per qualche altro attimo me ne resto distesa immobile, con la faccia mezza affossata nel cuscino e le due dita che continuano a lambire la mia rosa appena sbocciata. Poi mi decido; sollevo il lenzuolo e mi sporgo a sfilare un fazzoletto dal pacchetto posto nel primo cassetto del comodino. Lo passo intorno alle magiche dita che stasera hanno lavorato così bene, poi ci asciugo l'odorosa rugiada tra le mie gambe. Senza che me ne rendessi conto, il concerto affianco alla mia camera nel frattempo si era concluso. Ora la notte era finalmente la notte. Stanca morta mi sono assopita con un leggero sorriso sulle labbra.


Un’esplosione disintegra i miei sogni d'amore e di successo. Quest'esplosione prolungata e intermittente è la mia sveglia. La odio. Allungo il braccio e la neutralizzo a colpo sicuro. Non ho voglia di aprire gli occhi. Pagherei per rimanermene ancora sdraiata. Per ritornare nel mondo del successo facile e dell'amore sincero. Ma so che tanto se non mi alzo verrò destata più bruscamente da mia madre. Dischiudo gli occhi nella penombra. Mi sollevo a sedere e con le braccia levate al soffitto mi stiracchio, mentre il lenzuolo scivola dai seni fino ai miei fianchi. Faccio uno sbadiglio così vigoroso da farmi temere uno slogamento della mascella. Poi scosto le gambe mettendomi a sedere sul bordo del letto. Intorno a me vedo solo ombre e contorni. Poggio la mano sul comodino, ma tocco solo legno levigato e fresco. Sono certa che i vestiti li avevo messi qui. Strano. Mi alzo in piedi. Completamente nuda attraverso la stanza. Giunta davanti alla finestra sollevo la serranda e inondandomi di luce, costringendomi a strizzare gli occhi. Voltandomi mi ritrovo incorniciata dal grande specchio a parete. Mi ci avvicino e resto un po’ ad ammirarmici.
I capelli sono un disastro, come è logico che siano da appena svegli. Ma in compenso il mio corpo è favoloso. Mi metto in varie pose, facendo risaltare le mie curve suadenti. È una cosa stupida, ma che a volte faccio. Non c'è niente di male in po’ di sana vanità. E non c'è cosa più importante del piacere a sé stessi. Date le spalle al mio riflesso, ritorno davanti al mio letto. Lì, ai piedi del comodino, trovo un ammasso di stoffa, perlopiù bianca ma con un po’ di rosa. Erano gli indumenti da casa che mi ero tolta per andare a dormire, ma che evidentemente avevo fatto cadere frugando nel cassetto stanotte in cerca dei fazzoletti. Inizio tirando su il fazzoletto di pizzo rosa. Sono proprio le mie mutandine. Alzando prima una gamba e poi l'altra me le infilo e le faccio scorrere lungo le mie cosce fino a che la mia forcella non si ritrova avvolta in un comodo abbraccio. Poi passo a infilarmi la larga maglietta bianca che utilizzo per casa. La adoro. Ha un tessuto troppo comodo! Quando sono in piedi la maglietta arriva appena sotto i miei fianchi, e solo da seduta lascia intravedere le mutandine al di sotto. Per ora va bene così, il reggiseno lo indosso solo per uscire di casa. Seduta sul letto mi infilo i calzini dell'uniforme scolastica: bianchi, alti fino a metà polpaccio. Afferro dal comodino il mio inseparabile iphone e tenendo il telefono in mano, non avendo tasche dove metterlo, esco di camera per andare al piano terra a fare colazione. Noto subito che la porta della camera di mia madre, quella proprio accanto alla mia, è aperta; e che nella stanza il letto è vuoto ma ancora sfatto. Mia madre deve stare già giù. E probabilmente ci starà anche il suo tipo.

Ho una fame da lupi. Sfreccio lungo il parquet con i miei calzini candidi e giunta di fronte alle scale, inizio a scendere gli scalini a due a due, facendo sobbalzare i miei seni sotto la maglietta. Ma giunta al ripiano intermedio mi blocco di colpo. Oltre le ringhiere del corrimano avevo una completa visuale sul soggiorno e la cucina. Casa nostra è spaziosa ma con poche pareti divisorie; il che, unito alla presenza di ampie vetrate, la rende molto luminosa. E proprio lì, immersi nel chiarore abbacinante della mattina, se ne stanno mia madre ed il suo ragazzo. Sono seduti al tavolo della moderna cucina. Sembra stiano facendo colazione. Ghiacceranno con aria divertita. Mia madre indossa solo l'intimo: mutande e reggiseno bianchi. È ancora una bella donna, e il bianco sul suo corpo abbronzato gli sta da favola. Però di solito non va in giro per casa così svestita. Anzi! È lei la prima a sgridarmi se giro per casa in maniera "poco presentabile". Comunque sia la vera cosa sconcertante è che anche Lui se ne sta seduto beato in mutande. Boxer neri se non vedo male. Vabbè. Sarà una colazione imbarazzante... Scrollo le spalle rassegnata e riprendo a il cammino. Li saluto con la mano quando mi vedono a metà della scalinata. I due piccioncini si stavano bisbigliando qualcosa sghignazzando ma si sono interrotti non appena mi hanno vista. Mi siedo al posto di capo tavola mentre loro due sono dallo stesso lato del tavolo sulla mia sinistra. Scambiamo alcune terribili chiacchere di cortesia. Non c'è bisogno di presentazioni poiché Antonio, questo è il suo nome, bazzicava ormai da qualche tempo casa nostra. Tra qualche parola sbiascicata a bocca piena e l'altra, io cerco di ingurgitare il caffè bollente il più velocemente possibile per mettere fine al più presto a questa situazione imbarazzante. Nel mentre di tutto ciò vedo mia madre mangiare con una mano sola, con il suo braccio destro che è rimasto per tutto il tempo sotto il tavolo, fuori dal mio campo visivo. Sulle prime ho immaginato che stesse tenendo la sua mano sulla nuda coscia del suo boyfriend; tuttavia inorridisco e quasi non mi strozzo con un boccone nel momento in cui realizzo l'inquietantissima verità. Infatti osservando con più attenzione, seppur sempre in modo discreto, i tenui muscoli del braccio di mia madre, noto che questi si stanno muovendo ritmicamente seppur lentamente. Dopo essermi ripresa mi dico tra me e me che non è possibile... Che, certo mia madre non è una santa, ma non sarebbe mai capace di fare una cosa del genere in presenza di sua figlia! Si, mi ripeto, non sarà di certo una santa ed è di certo una donna passionale, ma non è stupida e non farebbe mai qualcosa di così rischioso! Voglio comunque esserne certa, e decido di impugnare il mio fedele telefono che avevo riposto sul tavolo proprio a fianco alla tazzina e mentre continuo a parlare come se nulla fosse, attivo la fotocamera, abbasso il telefono sotto il tavolo e scatto a ripetizione una serie di foto alla cieca per essere sicura di inquadrare quello che mi interessa. Dopo di che lo tiro su, me lo porto davanti al viso come se dovessi rispondere ad un messaggio e invece apro la galleria immagini. Non ho bisogno di sfogliarle: appena cliccato sull'icona la prima cosa che mi si materializza davanti è il cazzo dell'uomo che mi sedeva a fianco. Anche se l'immagine non rendeva molto il cazzo sembrava comunque piuttosto grosso ed era completamente eretto e scappellato; Solo l'asta spuntava dai boxer neri leggermente abbassati ed intorno ad essa erano avvolte le dita affusolate di mia madre. Che orrore! Non appena realizzai cosa avevo di fronte sgranai gli occhi con un’ampiezza che non credevo fosse possibile se non nei cartoni animati, mi alzai di scatto e voltandomi corsi via lanciandomi dietro solo un rapido "devo andare!". Ero praticamente già volata fino ai piedi delle scale quando sentii mia madre chiedermi se ci fosse qualcosa che non andava. Continuai a salire le scale due alla volta senza badarle.

Nei seguenti 10 minuti mi lavai, indossai la mia divisa scolastica e scesi di nuovo con lo zaino in spalla. Qualunque cosa stessero facendo prima, sono felice che nel frattempo avessero finito. Antonio era sparito e mia madre stava lavando i piatti da dietro il bancone. Senza muoversi da lì dietro mi intercettò con lo sguardo e mi chiese nuovamente se c'era qualche problema. Mi voltai giusto un attimo per sforzarmi di farle un sorriso e dirle "no, tranquilla. È solo che rischio di far tardi". Era una palese bugia, lo so... era anche più presto del solito.

Fortunatamente le pesanti ore di lezione mi fecero passare di mente l'inquietante dinamica che giorno dopo giorno si stava delineando in casa mia.

Inevitabilmente però arrivò infine quel momento del giorno in cui il bus 545 inchioda bruscamente davanti casa mia e con un lamento cigolante spalanca le sue porte dai vetri sozzi. Quel giorno però non fu come tutti gli altri, nella stessa misura in cui quella mattina non lo era stata. Infatti appena varcata la soglia di casa mi ritrovai con il salotto deserto, ma con forti... emm... chiamiamoli "Rumori", che mi suggerivano forse con troppa enfasi dove fossero i due che avevo salutato la mattina. La baraonda arrivava dal piano superiore, dove stavano entrambe le camere da letto. Era una situazione assurda; ma cosa potevo fare? Dopo averci pensato un po' su mi decisi che sarebbe stato inutile e anche molto strano restare di sotto, magari sul divano, a rigirarmi i pollici in attesa che quei due la smettessero. Quindi la cosa più salutare per la mia psiche sarebbe stata andare su a barricarmi in camera mia e passare il resto del pomeriggio ascoltando musica a tutto spiano con le cuffiette. Mi avviai verso le scale sforzandomi di non pensare a ciò che le mie orecchie captavano; ma quasi subito si rivelò impossibile. Non credevo che solo due persone potessero produrre un trambusto del genere; non mi sarei sorpresa se avessi scoperto che sopra di me era in corso un'orgia. Col senno di poi quella baraonda altro non era che un miscuglio di diversi suoni che si intrecciavano tra loro allo stesso modo dei corpi che li producevano. Arrivata ai piedi delle scale riuscivo a distinguere i gemiti intermittenti di mia madre dal frastuono quasi roboante che la testata del letto produceva colpendo la parete. Mentre salivo le scale le mie orecchie tese iniziarono a cogliere una sempre maggiore varietà di suoni, come il cigolio delle molle del materasso che sembravano quasi lamentarsi straziate ed anche sporadici grugniti o altri versi animaleschi emanati da quella bestia di Antonio che ero sicura si stesse montando mia madre. Giunsi finalmente alla fine di quella rampa di scale, ed ero molto confusa dalle contrastanti emozioni che erano proliferate nel mio petto durante quella scalata di 20-25 scalini, ma che mi era sembrata durare un'eternità. Lo so, sarei dovuta correre in camera mia. Ma nel bel mezzo del corridoio del piano superiore rivolsi per un attimo lo sguardo alla porta socchiusa della camera di mia madre e in quel preciso istante, per la prima volta da quando ero entrata in quella casa ormai un'eternità fa, sentì delle vere parole, chiare parole dotate di senso pronunciate dalla voce di mia madre, seppur in un tono lascivo che fino ad allora non avevo mai udito.
"Ti piace così eh? Fino in fondo!" E prontamente seguì la risposta di lui "Si Troia, Mi fai impazzire!"

Io ero impietrita come un'idiota in mezzo al corridoio, mentre sudore freddo iniziava a inumidirmi la fronte. Nei seguenti 1 o 2 minuti che rimasi lì come una statua sentii altri osceni scambi di battute a cui mai avrei pensato mia madre potesse prender parte. Non so ben dire perché ad un tratto ruppi il mio stato di ibernazione e mi incamminai in direzione di quella porta socchiusa... Ipotizzo solo che a quel punto una morbosa curiosità si fosse impossessata delle mie membra. Si, esatto... Non della mia mente o del mio corpo in generale, ma proprio del lato più viscerale di me, poiché l'unica cosa che riesco nitidamente a ricordare di quel pomeriggio è lo sciame di farfalle che turbinava nel mio stomaco. La strana sensazione peggiorò ulteriormente quando giunta davanti alla porta immersi un lato della mia faccia nel fascio di tenue luce che filtrava dalla porta lasciata con non curanza accostata.

I due erano sul letto, con mia madre che cavalcava un corpo disteso a quattro di bastoni che evidentemente apparteneva ad Antonio. I due infatti erano disposti in modo tale che mia madre rivolgesse la schiena all'ingresso e che io non potessi vedere nulla di quello che accadeva dietro l'ondeggiante corpo di mia madre. Dalla mia prospettiva potevo solo osservare solo poche cose: la schiena sudata di mia madre, la cui pelle di porcellana scintillava al tenue chiarore di cui era infusa la stanza, il suo culo grassoccio, con i glutei simili a guanciali che si scuotevano copiosamente durante quella danza forsennata; a tratti potevo anche intravedere la base di quell'asta così solida, che già questa mattina avevo avuto modo di osservare e la cui immagine "freudianamente" mi ero dimenticata di cancellare dal mio telefono. Quel cazzo che mi era sembrato tanto imponente era in quel momento quasi interamente divorato dall'affamata vulva di mia madre. Lo scroto era invece ben visibile. Quella sacca quasi bronzea che racchiudeva la fonte ed i frutti stessi della virilità, ma che ora giaceva inerme poggiata sul bianco lenzuolo, completamente immobile se non per gli scossoni che subiva assieme a tutto il materasso ad ogni nuovo impatto del florido corpo sovrastante in caduta. I loro genitali infuocati ma al contempo fradici erano l'epicentro di un terremoto che sembrava ripercuotersi anche lungo tutte le gambe di Antonio. Queste, increspate di peli bruni che gli conferivano un aspetto non so perché "paterno", puntavano in maniera sghemba verso di me, rivolgendomi i palmi dei piedi. Le dita... È quando vidi le dita tozze di quell'uomo che capii quanto il piacere che stava consumando quei due corpi proprio davanti a me mi fosse in realtà ignoto. Le dita dei piedi di Antonio si muovevano in modo spasmodico, alcune si distendevano in tutta la loro (risibile) lunghezza mentre altre si rattrappivano su sé stesse, per poi darsi il cambio in modo discontinuo. Sembrava di assistere ad una colonia di larve che va nel panico quando si solleva il sasso sotto il quale vivevano. È un paragone disgustoso, lo so... Ma non mi viene in mente altro che possa descrivere quello strano spettacolo. Fatto sta che fu proprio quel particolare a farmi capire che quello che fino ad allora avevo fatto con il mio ragazzo, ormai ex-ragazzo, non era sesso. Cioè, forse sarà stato tecnicamente un rapporto sessuale; forse sarà stato piacevole... Ma guardando il ritmo forsennato con cui i fianchi di mia madre macinavano il suo uomo; sentendo le gravissime oscenità ed i versi inumani che fuoriuscivano dalle bocche spalancate dei due amanti mentre si guardavano, almeno così ipotizzo, dritti negli occhi... Davanti a tutto ciò pensai: Questo è il vero sesso crudo!

Le mie gambe avevano iniziato a tremare leggermente, mentre un formicolio andava crescendo dentro le mie mutandine. Ad un tratto, senza alcun preavviso, vidi la figura di Antonio issarsi a sedere unendo il proprio petto ai grandi seni che ballonzolavano su quello di mia madre. Lui le pose saldamente le mani ai lati, all'altezza delle costole. e con quella che a sarebbe potuta essere una mossa di judo la disarciona scaraventandola di lato; sfilandosi il cazzo da quel fradicio foro e troncando così a metà uno dei rantoli di piacere di mia madre. Ero sorpresa; come spettatrice ero stata presa alla sprovvista. Per un attimo ho pensato che mi sarei dovuta voltare e fuggire. Ma tutto si spiegò entro breve. Infatti a quanto pare c'era una certa intesa tra i due amanti, e mia madre non appena spodestata si piazzò senza proferir parola in posizione prona, con il volto fortunatamente rivolto nella direzione opposta alla mia, con i seni schiacciati contro il materasso, il culo leggermente rialzato e le mani che saldamente posizionate sulle sue natiche ne allargavano con forza i due globi pingui, facendo affondare le lunghe dita affusolate nella tenera carne come a volerci lasciare lo stampo, il tutto per dare al proprio uomo la più appetibile immagine possibile di quei luoghi di piacere. Avrei giurato che Antonio si sarebbe chinato per immergere il volto in quel dirupo di sapori; e invece l'ho visto solo posizionarsi in ginocchio dietro di lei e fissare quella fessura mentre si sollazzava la verga con lenti movimenti di polso, diffondendo nell'aria il rumore di sciacquettio man mano che il suo palmo impastava quel cazzo unto smuovendo i succhi che lo ricoprivano su e giù, dalla base al glande. "Ora ti sfondo..."
Si chinò su di lei e iniziò a muovere il suo cazzo su e giù per quella spaccatura calda e liscia, facendo sfregare la sua grossa cappella su e giù; dal clitoride all'ano e viceversa, passando sempre lungo le labbra dischiuse ed il perineo pallido. Su e giù, e ancora su e giù, come a voler tracciare un solco con la sua cappella in quel terreno così sensibile. Dalla mia posizione non so dire quanta pressione Antonio stesse esercitando, ma mi piace immaginare che fosse un crescendo, frutto di una voglia di penetrarla sempre più difficile da contenere. Ma a quanto pare questo suo gioco; questa sua crudele provocazione, aveva sortito l'effetto desiderato: Mia madre aveva iniziato letteralmente ad implorare.
Diceva con tono sofferente cose come "Dai basta! Ti prego ora mettilo dentro!" oppure "Che aspetti!? Ficcamelo fino in fondo!?" Nel mentre il sadico Antonio, stava continuando ad incitarla e a nutrire questa sua disperazione: "Lo vuoi? Dimmi quanto lo vuoi. Dillo Cagna che vuoi essere montata!". La risposta di lei non tardò ad arrivare: "Si! Voglio essere montata! Ti prego scopami!". Ma lui finge con aria beffarda "Non ho capito... Cosa vuoi cagna??".

Wow... vi assicuro che sentir chiamare cagna vostra madre fà uno strano effetto, soprattutto se ciò avviene con il suo consenso.
Finalmente il "gioco" arrivò alla sua conclusione. Mia madre si piegò in maniera accondiscendente alla brutale umiliazione.
"Sono una Lurida Cagna e voglio che tu mi monti! Ti prego fottimi senza pietà! Ne ho bisogno!!".
Ora Antonio era finalmente soddisfatto. La parte più malata di lui era stata saziata ed ora non restava che assecondare il suo corpo. Dallo scattare fulmineo dei suoi fianchi e dalla contrazione delle sue natiche, e soprattutto dal grido scagliato da mia madre ho intuito che Antonio glie lo avesse infilato con forza tutto in un colpo; un’azione spietata a cui sicuramente si era già preparato, come la morsa metallica di una trappola per orsi, immobile in attesa del momento di scattare impietosamente.

Io dal canto mio avevo appena assistito all'umiliazione di mia madre e la cosa non so perché aveva fatto inturgidire i miei capezzoli, che ora quasi soffrivano ad esser premuti contro il reggiseno, ed aveva fatto esplodere il formicolio delle mie parti intime, che ormai non era più possibile ignorare. Non servono altri giri di parole: ero eccitata. Molto eccitata. Stavo guardando un uomo chino su mia madre fottersela senza freni; e considerando che fino ad allora non ero mai stata una grande fruitrice di video pornografici, tutto questo autentico sesso duro di fronte ai miei teneri occhietti da liceale aveva un effetto a dir poco devastante. Con un sottofondo di gemiti e grugniti ferali, la mia mano destra si era insinuata nelle mie mutandine inumidite. Due delle mie sottili dita avevano scavallato con fare sicuro il monte di Venere e avevano raggiunto l'epicentro dei miei fremiti. Mi accarezzo il clitoride mentre osservo la situazione davanti a me mutare.

Mia madre si era issata su a carponi, mentre Antonio la sovrastava reggendosi sulle salde braccia piantate vicino a quelle di lei. Ora era veramente come assistere all'accoppiamento di due cani in calore. Gli sarebbero mancate solo le lingue di fuori e le code svolazzanti. Anche se per quanto riguarda la lingua, in effetti non so dire che volto avesse quella cagna di mia madre in quel momento. Le cose andarono avanti così per non so dire quanto... con io che mi davo piacere con sempre maggiore impegno mentre osservavo le natiche ferree di Antonio strizzarsi ritmicamente e le grosse mammelle di mia madre pendere e ballonzolare sotto di lei come bizzarri pendoli di carne.

Ormai anche il mio corpo era bollente; potevo percepire la mia camicetta bianca iniziare ad incresparsi di sudore sotto le ascelle, e il calore che sprigionava la mia patatina mi scottava quasi la mano che era sepolta nel mio intimo, sotto la gonna a scacchi. Non ho scelta! Giunta a questo punto la semplice stimolazione clitoridea ormai non è più sufficiente. Avevo bisogno di godere di più se volevo avere qualche speranza di saziare quella fame che si era risvegliata dentro di me. Estraggo la mano destra e con entrambe le mani mi abbasso quelle innocenti mutandine rosa che poco avevano a che fare con il tipo di pensieri che in quel momento mi stavano dominando, nel corpo e nella mente. Scelgo le stesse dolci dita che mi avevano massaggiato fino a quel momento e le sollevo fino alla mia bocca. Le succhio e le impasto con la lingua avvolgendole in una vischiosa pellicola di saliva, come un ragno avvolge in modo sapiente una preda con la sua bava. E mentre faccio ciò, mentre assaporo il gusto penetrante dei miei succhi sbavando su quelle dita odorose, guardo quel bastardo di Antonio aumentare il ritmo dei suoi colpi, schioccare le sue palle contro le cosce di mia madre, che urla e geme in una terribile estasi isterica. Accosto le mie dita grondanti al tenero taglio rosato che ho tra le cosce e esercitando una leggera pressione le faccio scivolare tra le due labbra carnose. Le pareti si spostano delicatamente ad ogni passaggio; in avanti e indietro; dentro e fuori dal mio corpo implorante. Il mio respiro si fa affannoso in un crescendo di sospiri. Le mie gambe irrequiete fremono sghembe e così le mie mutandine scivolano via dalle mie cosce e crollano rovinosamente fino ad accasciarsi ai miei piedi.

Vorrei tanto poter gemere anche io come la mamma, ma il soffocamento del mio piacere è il prezzo da pagare per questo posto in prima fila davanti ad un tale osceno spettacolo. Per controllarmi mi mordicchio il labbro inferiore, imponendoci il segno dei miei incisivi fino quasi al sanguinamento. Vedo Antonio, sempre in posizione da toro da monta, ergersi per sovrastare con ancora maggiore slancio il corpo di mia madre, quasi a coprirla interamente con il proprio imponente fisico. Mia madre non è una donna minuta, ma nonostante ciò in questa posizione la differenza di dimensione tra i due appare schiacciante. E mentre Antonio è sporto in avanti ed eclissa la bianca schiena di mia madre, gli vedo staccare dal materasso una delle due mani su cui si reggeva, sollevarla ed usarla per avvolgere il collo della vacca che stava montando. Le ha stretto il collo con passione all'altezza della trachea; e questo ha fatto sì che uno dei gridi che nel frattempo aveva continuato a lanciare ne riuscì strozzato a metà, poi seguirono uno o due colpi di tosse mentre il suo uomo continuava a scoparla a fondo da dietro, e in fine mia madre riprese a gemere, ma stavolta con versi gorgoglianti. Antonio ha accostato il suo viso a quello di mia madre e le deve aver sussurrato qualcosa che purtroppo non ho potuto udire. Cazzo se avrei voluto sapere di che porcheria si trattava! La mia mamma annaspava impotente nel piacere, priva di aria come di inibizioni; e io la invidiavo... Lo so, è folle da dire!

L'acme di quel climax malato lo si raggiunse poco dopo, quando liberando mia madre dalla morsa asfissiante Antonio le afferrò con un'apparente delicatezza il mento e le fece sollevare con grazia il volto arrossato; fece capolino con la propria testa china sulla sua e i due si scambiarono di fronte ai miei occhi lucidi e sbigottiti un bacio di un'eleganza e di un romanticismo unici. Questo bacio così pulito e puro durò per qualche secondo, dove le loro labbra si strusciavano quasi danzando ed i rumori appiccicaticci che producevano sovrastavano quello monotono dei loro genitali che impattavano, ormai divenuto flebile. Infatti le penetrazioni si erano fatte momentaneamente più lente e più concise; quasi premurose. Il culo di Antonio si muoveva assieme ai suoi fianchi con moto oscillatorio circolare, come se con il suo organo di riproduzione stesse cercando di impastare ed amalgamare qualcosa dentro mia madre. Ho detto che questo inaspettato momento di tenerezza fu l'apice della passione che i due vissero quell'anomalo pomeriggio; tuttavia non so ben dire come sarebbero continuate le cose se io non li avessi interrotti. Avrebbero proseguito e concluso facendo l'Amore, o si trattava solo di una breve parentesi in un’orgia di sesso schizofrenico? Fatto sta che si videro costretti ad interrompersi per colpa mia; e la cosa non andò di certo meglio a me. Giuro che ormai ero sul baratro del precipizio: non riuscivo a vedere il fondo ma ero certa che lo avrei raggiunto a momenti. Il sangue mi ribolliva nelle vene e trasportava ormoni elettrizzati in giro per tutto il mio corpo. Pochi attimi e sarei stata soddisfatta. Anche se non so come avrei fatto a trattenermi dall'urlare qualora avessi raggiunto l'orgasmo lì, in piedi davanti all'uscio di una porta, con la gonna alzata e le mutande riverse sulla moquette; ma non me ne preoccupavo! La mia mente stava per lasciare momentaneamente il mio inutile corpo ed ascendere in una dimensione altra, lì, nel Nirvana, sarebbe rimasta per 10 o 15 secondi, per poi fare ritorno nel mio corpo e conservare una scia di quel piacere per i successivi minuti.
Purtroppo in fase “elevatoria” la mia anima fu afferrata per i piedi e ritrascinata in dietro da un suono terribilmente familiare e terribilmente fastidioso. Era la suoneria del mio cellulare.
Che rabbia! Tutto si fermò per un istante.

Io mi fermai impietrita, le due bestie in calore si immobilizzarono, l'unico che continuò a fare quello che faceva era proprio il mio cazzo di telefono. Appena ripreso il controllo mi voltai disperata alla ricerca del telefono che era nella tasca dello zaino. In una delle tasche dello zaino. E non sapevo quale. Mentre lo perquisivo in ogni pertugio non avevo idea di quello che stesse succedendo nella stanza, ma era immaginabile. Infatti non appena fui riuscita ad estrarre l'infame disgraziato vidi il flebile fascio di luce alle mie spalle tramutarsi in una mareggiata gialla. La porta era stata spalancata.

Mi voltai e il mio sguardo si schiantò contro un ampio petto maschile, che come un muro dalla superficie irregolare mi si ergeva davanti immobile, come in sostituzione della porta. Rapidamente alzai lo sguardo ben al di sopra del mio viso solo per essere folgorata da due occhi minacciosi, che per un attimo mi scrutarono fin nel profondo del mio animo scosso e terrorizzato. Quei due globi sfavillanti erano incastonati, quasi strizzati, in un volto austero con zigomi profondamente marcati. Sotto un sottile velo di ispida barba, le mascelle prominenti erano serrate, e rimarcavano quanto già la bocca corrucciata era sufficiente a comunicare. Nel complesso era un viso affascinante (questo lo avevo sempre pensato fin dal primo giorno che lo vidi), ma in quel momento, in quella smorfia, ancor più che bello era per me molto spaventoso; e non so ben dire come facessero le due cose a non annullarsi a vicenda. Ricordo bene quell'espressione, sebbene non la potei osservare che per pochi istanti. Forse anche uno solo. Infatti quando alzai lo sguardo e lo vidi in viso, i nostri occhi si incrociarono come due lame che impattano su un campo di battaglia, e come tali all'impatto produssero scintille incandescenti. Dopo quell'unica sciabolata il mio sguardo si ritirò intimorito, giù. Quelli che seguirono furono istanti, secondi, o forse per quel che mi riguarda anche ore, di silenziosa "suspance". Io, in completo stato di freezing come un roditore messo al muro dal gatto, osservavo con sguardo immobile il tronco di quell'uomo nudo davanti a me. I suoi ampi pettorali scolpiti da ore di pesi in palestra e un addome dalle forme snelle e la pelle tirata come quella di un tamburo, che rivestiva in maniera attillata fasce muscolari dalle forme più variegate. Non ho mai saputo che lavoro facesse Antonio, né tantomeno quanti anni avesse. Ipotizzo almeno 40, ma credo anche che avesse molto tempo libero da ripartire equamente tra la cura del suo corpo e il soddisfacimento di quello di mia madre. Per quanto riguarda il suo pene, beh, non è che in quel momento ci prestai particolare attenzione, ma tanto già mi sono soffermata sufficientemente a cantare lodi su quell'arnese. Tuttavia se mi sforzo di rivivere nella mente quei momenti, ecco che mi appare davanti un’immagine, quasi una vecchia fotografia, scarna di dettagli come solo i flashback sanno essere. In questa immagine, se ci si concentra sull'estrema periferia sud del busto che vi è ritratto, si può osservare un glande tumido. Questo punta dritto nella mia direzione, fissandomi come fosse un ciclope minaccioso. Eh già! Mentre noi due eravamo l'una di fronte all'altro (io con la mia mano profumata appena ripescata dalla mia patatina e lui completamente nudo), il suo cazzo pregno degli aromi di mia madre mi puntava dritto in faccia come un pezzo d'artiglieria.

"Ah, sei tu...". Finalmente è lui che ha rotto il silenzio.
Io però non rispondo. Sapevo che dovevo inventarmi qualche scusa, o quantomeno fare la vaga. Ma non mi veniva nulla in mente. Ero troppo nel pallone per poter pensare.
"Chi è??" Chiede la voce preoccupata di mia madre. Quella voce a me così cara mi ha dato la forza di uscire dalla mia crisalide di sudore freddissimo e sporgere la testa oltre quel muro di carne e muscoli, per guardare dentro la stanza, dove mia madre fissava con sguardo angosciato l'uscio della porta. Era nuda ma si era riparata coprendosi almeno parzialmente il corpo con
il lenzuolo candido che si era stretta al petto.
"Ciao mamma" Le dissi semplicemente; sforzandomi di imitare il più possibile quello che mi ricordavo essere il mio tono usuale.
"Ah, sei tu Tesoro! Accidenti, sono già le 15:00?!" Mi rispose lei con gli occhi strizzati in una smorfia indecifrabile. Forse era semplice imbarazzo. O forse una mal celata seccatura.
Io ritiro lentamente la testa dietro la montagna nuda.
"Si, il bus ha fatto prima del solito. Scusate, avevo sentito dei rumori e stavo venendo a controllare"
Beh, almeno ci ho provato a giustificare la mia posizione. Chissà, magari in quel momento mi avevano veramente creduto. Fatto sta che quella situazione imbarazzante stava per farmi esplodere la testa. Il mio viso era rosso e sembrava che da un momento all'altro mi dovessero uscire sbuffi di vapore dalle orecchie. Quella faccia tosta di Antonio non sembrava invece accusare affatto la situazione. Era impassibile nonostante tra i due quello completamente scoperto era lui. Dovevo fuggire al più presto.
"I-i-io allora vado... Scusate il... emm, il disturbo" E mi volto e rifuggo a passo di marcia verso la mia camera con lo zaino in spalla.
Mentre solcavo la moquette del corridoio Antonio mi fa mi grida dietro "Ma quali scuse! Tranquilla, non hai interrotto mica nulla".

Chiusami la porta della stanza alle spalle cedo alle mie ginocchia tremanti per la tensione. Mollo lo zaino che cade a peso morto sul pavimento. Con la schiena poggiata sul legno della porta sospendo ogni impulso nervoso diretto alle mie gambe e lascio che il mio corpo coli a picco, fino a quando il mio culo non si sia incollato al pavimento.

Me ne sarei rimasta volentieri lì per tutto il resto del pomeriggio, e fore anche della mia vita; con il mento poggiato sulle ginocchia congiunte, e le braccia che abbracciavano queste ultime. La mia schiena difesa dalla pesante porta e il mio sguardo perso nel vuoto e parzialmente nascosto dietro a un frastagliato velo di capelli. Come ho detto avrei voluto farlo, ma qualcosa mi ha costretto a prendere iniziativa ed affrontare la scomodissima realtà:
In quella posizione ero molto a mio agio, eccetto che per un particolare che mi dava un po’ di disagio. Percepivo una insolita sensazione di freschezza nelle mie parti intime. Proprio in quel punto, in quel momento in buona parte sepolto dalle mie cosce serrate, l'umidità precedentemente scaturita dalle mie carezze aveva reso la mia rosellina molto più sensibile alla flebile brezza pomeridiana. Una volta preso coscienza di questa insolita sensazione mi fiondo una mano al di sotto della gonna e sbianco dall'orrore quando il mio palmo impatta disgraziatamente con quella che era la pelle indifesa del mio organo genitale.
"Dio mio! Le mutande!!" Di scatto mi alzo e apro la porta. Sporgo la testa appena fuori dal corridoio e osservo la concretizzazione dei miei timori:
Sulla soglia della camera di mia madre se ne sta ancora impalato e nudo Antonio, che fissa perplesso un fazzoletto di tessuto rosa.
> penso terrorizzata mentre lo osservo analizzare le mie mutandine.
Non posso reagire in alcuna maniera. È assolutamente fuori discussione che io ritorni indietro da lui e me le riprenda; perché questo mi obbligherebbe ad ammettere quello che stavo facendo lì di nascosto. Poi Antonio si volta e richiude la porta alle sue spalle. Io ne approfitto per correre in punta di piedi fino ad accostare l’orecchio alla porta della loro camera e origliare cosa si stavano dicendo. .
Naturalmente non ho alcuna intenzione di aprire la porta per sbirciare; fossi matta! Mi devo accontentare delle loro voci.
Antonio: Che strano… ho trovato queste…
Mia madre: Cosa sono?
Antonio: Mutande. Delle mutandine in pizzo. E direi anche carine! Per caso sono tue?
Mia madre: Non direi proprio! Saranno di Chiara. [Si, ora sapete che mi chiamo Chiara]
Antonio: Si, ma che ci facevano lì fuori?
Mia madre: Ah boh! Chiaretta lascia sempre tutto in giro. E’ una casinista… Passamele un po’!
--- Attimi di silenzio, nei quali io tiro alcuni sospiri di sollievo. Forse me la sono scampata così. Che culo! ---
Mia madre: Accidenti… sono proprio bagnate sotto. Eh, già! Belle umide! Le vuoi toccare Amore?
Antonio: Come scusa?! Che intendi cara?
Mia madre: Dai, vieni a sentire che odore hanno. Lo so che lei ti piace. La guardi sempre…
--- Io li ascolto allibita. Non posso credere che mia madre stia dicendo una cosa simile! È assurdo! E la cosa peggiore è che quel bastardo le dà pure retta! ---
Antonio: [dopo aver sniffato rumorosamente] O cazzo si! Che profumino eccitante…
Mia madre: Sei proprio un porco! Guarda il tuo cazzo come è tornato subito duro! Te la vorresti scopare eh?
Antonio: Ma che dici?! Lo sai che io amo solo te…
Mia madre: Ma sta zitto! Lo so che preferisci il suo bel corpo giovane al mio. Ti piacerebbe se ti facessi una bella sega con queste belle mutandine? Con le belle mutandine di Chiaretta…
Antonio: Oddio si! Così mi farai impazzire!
--- A questo punto ipotizzo avesse già avvolto il cazzo di Antonio con le mie mutande e che lo stia segando con esse ---
Mia madre: Si… Così, bravo orsacchiotto. Chiudi gli occhi e pensa a lei. Pensa a come starebbe bene il tuo grosso cazzo dentro la sua dolce, stretta fighettina… Pensa al suo giovane corpo. Cosa faresti se potessi averla? Come ti piacerebbe scopare quella graziosa adolescente?
Il respiro di Antonio si faceva sempre più pesante; così tanto che ora riesco a sentirlo distintamente da attraverso il legno della porta. Farfuglia qualcosa, ma non lo capisco perché era coperto dalla voce di mia madre che intanto continuava ad incitarlo con fare suadente e tentatore.
Mia madre: Si, bravo. Godi, godi come un porco. Dimmi quanto ti piacerebbe sborrare dentro quella ragazzina.
Antonio: Oh si! Si ti prego! La voglio… voglio scopare Chiara… Me la voglio fare tutta!
Mia madre: E dove vorresti sborrare?
Antonio: Non lo so... Oddio, Oddio! Che bello… Le sborrerei ovunque: Addosso, in bocca, nel culo, pure nella fregna… così la ingraviderei pure! Oddio ti prego Amò non ti fermare!
Mia madre: E pensi che le piacerebbe?? Ma si, che domande faccio?! Certo che le piacerebbe… Fidati di me, quella ragazza è proprio una piccola troia in calore. Ogni tanto la vedo che si masturba… Lei pensa che io non lo sappia, ma io so di tutte le zozzerie che combina in bagno e in camera sua… È proprio una sporcacciona. E mi chiedo se qualche volta mentre fa certe cose non pensa proprio a tè...
--- Non era vero! Mia madre mentiva! Non ho mai pensato di farmi quel maiale di Antonio… almeno non finché non l’ho visto oggi, nudo e in azione ---
Antonio ha quel punto ha emesso alcuni gemiti più forti. Era chiaro che stesse venendo.
Mia madre: Ma guarda tu! Stai insozzando tutte le mutandine di mia figlia. E ora come faccio! Mica glie le posso ridare… Guarda te che schifo che hai fatto. Sono tutte zuppe della tua sborra!

A questo punto, completamente stordita e forse anche un tantino disgustata capisco che per le mie mutande non c’è più niente da fare e me ne torno sempre in punta di piedi in camera mia. Aver assistito a quella roba è sicuramente la cosa più imbarazzante che abbia mai fatto in vita mia. Ma se non altro ho capito che loro stessi eviteranno di affrontare con me l’argomento della mia biancheria abbandonata nel corridoio; di certo non gli conviene dopo la fine che le hanno fatto fare.

Continuo a pensare a questa roba per tutto il resto del pomeriggio, incapace di scacciare dalla mente ciò che ho visto e ciò che ho immaginato ascoltando quei discorsi così volgari.

Quando arriva la sera, poco prima dell’ora di cena, vado in bagno per farmi una doccia; ne ho proprio bisogno. Tuttavia non appena apro il cesto del bucato per liberarmi di alcuni miei indumenti (come la camicia nella quale avevo sudato così tanto mentre giocavo con me stessa dietro quella fatidica porta) mi si para davanti una visione angosciante: riverse come un cadavere abbandonato incurantemente dall’assassino, ci sono le mie mutandine. Provo l’impulso di afferrarle, seppur con la punta delle dita e di sollevarle per osservare cosa ne rimaneva. Erano intatte, ma accartocciate e spiegazzate. Chiazze e grumi non ancora del tutto secchi di bianca sostanza erano cosparsi sulla soffice tela increspata. Me le avvicino lentamente al viso per osservarle meglio… non so bene perché.

[Vabbè, la faccio corta perché non vado molto fiera di quello che ho fatto e non me ne frega nulla di spezzare il “mood” della narrazione. In pratica le ho leccate. Anzi, prima le ho annusate e poi le ho leccate. Ma tutto qui; fine. Poi mi sono fatta la doccia, cambiata e sono scesa a mangiare come se nulla fosse.
Naturalmente poi è successa altra roba. Roba terribile… Però proverò a metterla per iscritto quando me la sentirò e quando avrò tempo. ]
- Chiara M. -
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2022-04-21
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