Rocco il mandingo -13-
di
LanA
genere
trio
Carmela.
Mi è rimasto sempre il dubbio se Rocco mi avesse sodomizzata solo con il cazzo.
Un cazzo che comunque era stupefacente.
Non tanto perché dietro di me aveva infilato una mano tra le gambe e mi tintillava la clitoride, mentre mi fotteva con mazzate incredibili.
Era magnifico, mi faceva sentire totalmente sua, completamente dedica al suo piacere.
Mi sentivo orgogliosa di essere la sua troia del momento, volevo che sapesse che gradivo davvero che lui mi si stesse facendo così.
Ero disposta a tutto per lui, persino a farmi fare a sandwich dal suo amico, ad averlo insieme ad un altro nella mia natura, a prostituirmi per lui.
Dio come mi cavalcava bene.
Sospettavo che con me stesse solo giocando, forse non gli piacevo neanche davvero.
Forse voleva solo che mi sottomettessi a lui, lasciare il suo marchio indelebile nelle carni, dilatare il mio anello in un buco oscenamente aperto per sempre.
Sono quasi certa di questo, che mi ha adoperata non tanto per godere del sesso ma per una qualche sorta di piacere di rendermi sua schiava, per annullare il mio puritanesimo, sviluppare le mie tendenze, le mie pulsioni di... di troia.
È inutile, non c’è un altro termine più adatto.
E per essere certo che avesse funzionato, ha preteso quel credito di cinque ore, e quando lo ha riscosso gliene ho offerto un altro: gli ho ceduto la mia dignità, la mia virtù.
Forse dipende solo dalle misure di un cazzo, da come mi sa massaggiare, dalla determinazione con cui mi sa imporre il trattamento...
Da allora quanto incontro un negro, non posso fare a meno di pensare come sarebbe se mi ribaltasse sul ventre per guardarmi il culo, passarmi la sua verga nel solco fra le chiappe.
Immagino, sogno, che mi metta in posizione e accosti il glande contro l’ano, sul mio buco del culo.
In queste occasioni sfuggo lo sguardo, mi allontano velocemente, mi nascondo anche a me stessa.
Ma vorrei solo nascondere la testa fra le braccia come facevo mentre Rocco mi inculava.
Sento che lo voglio. Lo voglio tutto.
Lo voglio fino alle palle! Come una matta.
FINE
Mi è rimasto sempre il dubbio se Rocco mi avesse sodomizzata solo con il cazzo.
Un cazzo che comunque era stupefacente.
Non tanto perché dietro di me aveva infilato una mano tra le gambe e mi tintillava la clitoride, mentre mi fotteva con mazzate incredibili.
Era magnifico, mi faceva sentire totalmente sua, completamente dedica al suo piacere.
Mi sentivo orgogliosa di essere la sua troia del momento, volevo che sapesse che gradivo davvero che lui mi si stesse facendo così.
Ero disposta a tutto per lui, persino a farmi fare a sandwich dal suo amico, ad averlo insieme ad un altro nella mia natura, a prostituirmi per lui.
Dio come mi cavalcava bene.
Sospettavo che con me stesse solo giocando, forse non gli piacevo neanche davvero.
Forse voleva solo che mi sottomettessi a lui, lasciare il suo marchio indelebile nelle carni, dilatare il mio anello in un buco oscenamente aperto per sempre.
Sono quasi certa di questo, che mi ha adoperata non tanto per godere del sesso ma per una qualche sorta di piacere di rendermi sua schiava, per annullare il mio puritanesimo, sviluppare le mie tendenze, le mie pulsioni di... di troia.
È inutile, non c’è un altro termine più adatto.
E per essere certo che avesse funzionato, ha preteso quel credito di cinque ore, e quando lo ha riscosso gliene ho offerto un altro: gli ho ceduto la mia dignità, la mia virtù.
Forse dipende solo dalle misure di un cazzo, da come mi sa massaggiare, dalla determinazione con cui mi sa imporre il trattamento...
Da allora quanto incontro un negro, non posso fare a meno di pensare come sarebbe se mi ribaltasse sul ventre per guardarmi il culo, passarmi la sua verga nel solco fra le chiappe.
Immagino, sogno, che mi metta in posizione e accosti il glande contro l’ano, sul mio buco del culo.
In queste occasioni sfuggo lo sguardo, mi allontano velocemente, mi nascondo anche a me stessa.
Ma vorrei solo nascondere la testa fra le braccia come facevo mentre Rocco mi inculava.
Sento che lo voglio. Lo voglio tutto.
Lo voglio fino alle palle! Come una matta.
FINE
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