Piume blu e cioccolato fondente

di
genere
sentimentali

Hotel La Tavola Rotonda, stanza 13


Sono esattamente come e dove Tu mi volevi, stesa su quel letto sfatto che abbiamo inaugurato ore fa, i polsi di nuovo legati alla testiera, la tua cravatta a coprirmi gli occhi. "Ti fidi?" Mi hai chiesto prima di legarmi e bendarmi, un sì, convinto, supportato da quell'umidità che non può esser simulata. Si sa che senza un senso gli altri si acuiscono, i rumori sembrano più forti e le percezioni aumentano, il tuo leggero trafficare nella stanza la riempie di erotica aspettativa, immobile attendo. Hai ideato questo gioco, un'altra sfida tra noi, hai bisogno di sentirmi implorare, hai bisogno che io ammetta la fame che ho di te. E, tanto per cambiare, io ti ho sfidato, "Fammi supplicare".

Una scommessa perversamente piacevole.

Inizi dai piedi, una leggera sfiorata qui, una là, prima le piume, delicate e impalpabili, poi le dita leggere e lievi, infine la lingua umida ma decisa. Ad ogni segmento di corpo che percorri, ti fermi, osservi il mio corpo e le mie reazioni, il sussulto da solletico come il brivido di piacere; poi riprendi la tortura. Sfiori, accarezzi, il tuo tocco ora lieve, ora pressante, assapori, baci, quasi veneri quella pelle che cede alle tue lusinghe. Un piede, l'altro; una gamba, poi l'altra; arrivi al cuore della mia femminilità e ti fermi, ti concedi di ammirarla nella sua rorida lucentezza, di goderne con la consapevolezza di esserne l'artefice, un dito birichino ne sfiora la corolla, percorre i petali dall'esterno all'interno in una carezza morbida che culmina in un rapido tuffo. Un gemito sfugge alle mie labbra e rompe il silenzio della stanza, sai che sto lentamente cedendo, avverto il rumore di un piccolo risucchio, al momento non ho idea di cosa sia, ma poi la carezza ed il tuffo si ripetono strappandomi un altro sussulto, quel dito si presenta sulle mie labbra, chiede silenziosamente di entrare e io lo avvolgo nel mio bacio, assaporo il gusto della mia stessa eccitazione e ciò ti compiace. Il dolce supplizio riprende, esplori il mio ventre con piccoli ghirigori ripetuti dapprima con le piume e poi con le dita, arrivi a sfiorarmi i seni, ma senza mai giungervi davvero. "Per favore..." le mie difese stanno crollando, ma ancora non sono rase al suolo. "Per favore cosa? Sai cosa voglio sentirti dire" quasi dura la tua replica, ma io avverto il sorriso che si cela nel tuo tono, questa partita ti piace tanto quanto a me. Si contrae il mio centro nevralgico, desidero di più e tu lo sai, avverti tutte le risposte del mio corpo alle tue metodiche provocazioni, volutamente lasci che il Tuo sesso mi sfiori, con la tua solidità mi lasci intuire che saresti pronto a soddisfarmi, se io cedessi.

Ma ancora non cedo, non voglio dartela vinta troppo presto, adoro esser come creta tra le Tue mani.

Immagino il ghigno silenzioso di soddisfazione che ti attraversa, provi piacere a spingermi al limite, arrivarci e superarlo insieme è lussurioso, comporta uno sforzo che sei ben disposto a fare. Nuovamente ti appropri delle piume, che ora vagano da un capezzolo all'altro, e rapito osservi come questi si increspano, si gonfiano e si irrigidiscono. Non resisti alla tentazione e le Tue dita iniziano una lenta danza su di essi, li rotolano, li sfiorano, li colpiscono delicatamente, li strofinano e li stringono. I miei gemiti ora riempiono la stanza come potrebbe farlo una sinfonia suonata da un unico strumento.

"Milord, per favore..." sofferte le parole che pronuncio tra un mugolio e l'altro, il torace che sussulta sospinto dal mio respiro spezzato. La Tua mano mi sfiora il viso, una carezza e un dolce bacio a replica di quella richiesta, "Ancora non ci siamo" mi sussurri quando il bacio segue la scia della carezza e mi sfiora l'orecchio.

All'improvviso avverto qualcosa di fresco gocciolarmi sul petto, un sottile nastro umido mi disegna cerchi concentrici sul seno dall'esterno verso il capezzolo, prima il sinistro poi il destro, il freddo rivolo sulla mia pelle accaldata mi regala un brivido di anticipazione. La Tua bocca su di me decreta la mia condanna. Cerco di resistere a quella malìa, ma mentre la tua lingua ripercorre il sentiero tracciato in precedenza, una mano scivola verso il basso, si insinua tra le mie gambe e ne reclama il dominio.
"Dio quanto stai grondando!" Ora sei tu in leggera difficoltà, ma vuoi sentire quelle parole, le esigi, ti spettano quasi di diritto, e te le prendi. La tua bocca si fa più audace, la lingua raggiunge il capezzolo e lo rigira piano tra i denti, vi si attacca e con prepotenza inizia a suggerlo, la tue dita s'immergono nel mio lago, il tuo pollice mi preme il clitoride. Avverto il calore crescere insieme alla mia voglia, il sangue inizia a ruggirmi nelle vene, sublima i miei pensieri, disintegra la mia volontà.

Per me è la fine.

"Oh! 'Fanculo, Milord!" Quasi un grido tra i gemiti "Ti imploro, ti prego, ti voglio. Adesso! Fottimi!" Mi arrendo a te e mentre il mio corpo si contrae, vicino all'orgasmo, ma non a sufficienza, tu, finalmente, ti concedi. Con soddisfazione di entrambi reclami il possesso del mio essere, entri in me come un conquistatore, levi la benda e mi sleghi i polsi, vuoi guardare attraverso i miei occhi nel pozzo peccaminoso che hai spalancato, sentire le mie unghie artigliarti la schiena. Ti lasci abbracciare e non puoi far a meno di cogliere con le labbra quella piccola infida lacrima salata che mi rotola dagli occhi ora foschi di desiderio.


Ti dono l'anima e il mio corpo, se dovremo esser dannati, lo saremo insieme, perchè io sono Tua, ma tu, tu sei Mio.
scritto il
2022-08-14
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