Dice roll
di
Shikari
genere
sentimentali
Soundtrack: VIZE x LEONY - Dolly Song (Devil's Cup)
Sono gli ultimi momenti di una notte buia e silenziosa, il sole non è ancora sorto a illuminare i primi giorni di questo autunno e io, facendo attenzione a non svegliare nessuno, esco di casa. Impaziente. Quasi palpitante mi adagio sul sedile in pelle chiara che mi accoglie nel suo tiepido abbraccio. Silente il motore che s'avvia, mentre le vie scivolano tra i paesini, fino all'imbocco dell'autostrada. La dolce curva d'ingresso chiede velocità, la mano destra abbandona leggiadra il cambio automatico su cui riposava per lasciar sfiorare all'indice la piccola levetta, un tocco, due, e il motore, passando da eco a sport, ora rugge, il piede si appesantisce sull'acceleratore e l'auto scatta; veloci i numeri del tachimetro proiettato sul vetro si moltiplicano, fino ad assestarsi ad un numero a tre cifre. Nessun autovelox in questo tratto, posso sfogare un po' di iperattività nella velocità, non saprai mai fino a che valore è arrivato quel contatore.
Avverto il bisogno di aver un contraltare alla mia effervescenza, le dita lentamente aumentano il volume di quella canzone che ora riempie l'abitacolo, le vibrazioni dei bassi mi rimescolano il sangue che già sobbolle di aspettativa.
L'autostrada, fortunatamente poco trafficata, scorre rapida sotto le ruote della mia auto, rapidi sorpassi, e un po' di zig zag, la velocità ora adeguata al volume di auto che la tangenziale di Milano inevitabilmente contiene.
Fremo, sono eccitata, ogni tanto la mano abbandona il suo sostegno per raggiungere il caldo incrocio delle gambe, vuol controllare che il fuoco liquido che avverto si limiti al perizoma e non bagni il jeans nero che ho scelto di indossare, lo sai come mi riduci, come mi riduce la sola idea di raggiungerti ed esser finalmente tua. Il pensiero inevitabilmente corre alle mail che negli ultimi mesi hanno rimbalzato nell'etere, brevi messaggi intensi, alcuni pregni di malcelati desideri e spinta lussuria, altri più frivoli e mondani.
Ricordo cosa mi chiedesti in uno di quei messaggi:
"Dovrai tagliare i capelli, molto, togliere il blu, lunghi, al massimo, appena oltre le spalle.
Dovrai mettere matita nera gli occhi.
Dovrai indossare autoreggenti."
Inevitabilmente ho cercato di soddisfare quelle richieste, il blu è sparito davvero, forse non sono corti come avresti voluto tu, ma se li tagliassi troppo non riuscirei a gestirli quando lavoro. Avverto la testa leggerissima, erano anni che non avevo i capelli così corti, la sensazione di esser quasi nuda è svanita dopo diversi giorni. Sai che alla matita preferisco l'eyeliner, sbava meno ed è waterproof, non ci tengo particolarmente a trasformarmi in un panda davanti a te.
Chissà se scoprirai che sotto i jeans ci sono le autoreggenti. Non amando particolarmente i collant, se devo indossare le calze velate, le preferisco di questo tipo, che sia sotto i pantaloni o, più raramente, un vestito. Il dubbio che il tuo desiderio di vedermele addosso prescinda dal tipo di abbigliamento che le accompagna, si fa certezza al solo rifletterci: sei uno sporcaccione, definizione mia, un porco, come dici tu. A seguito di quella mail, ne scambiammo alcune davvero piccanti, terminate con le mie cento parole di "Se fossi qui", novantanove mie e una tua, l'ultima. Riordinare ciò che ti avevo scritto in quei momenti me li ha fatti rivivere, l'eccitazione di comunicare senza filtri, lasciando libero sfogo alla passione e al desiderio che ci consuma, l'ansia dell'attesa, l'emozione alle tue risposte.
Decido di fermarmi all'ultimo autogrill prima dell'uscita che mi condurrà da te, breve sosta in bagno, ultimo controllo all'outfit e leggero ritocco del trucco; non amo gli specchi e mi fa un certo effetto vedere la mia immagine in quella luce impietosa, nonostante tutto non mi vedo così male: camicia candida, alcuni bottoni sono piccole perle che richiamano quelle sul cardigan nero come i jeans, eyeliner e matita nera a sottolineare il verde degli occhi. Forse sono fin troppo truccata per esser mattina, ma so che a te piace, e a me non costa niente, mi sono sempre curata poco del trucco, ora mi importa di più piacerti, quasi compiacerti direi. C'è una sottile soddisfazione nel riuscirci. Mi assale il desiderio di potermi osservare con i tuoi occhi, poter leggere nella tua mente quello che pensi e quello che provi al vedermi. Vorrei poter aprire quello scrigno che contiene il tuo intelletto e sviscerarne il contenuto, analizzare ogni pensiero e sensazione, mi spaventano quasi questi desideri, non ho mai trovato una mente tanto affine alla mia, forse il desiderio di capire e vedere quanto sia profonda la connessione è normale, chi lo sa, e chissà se tu provi lo stesso nei miei confronti.
Sono consapevole di essere un bel miscuglio tra incoscienza, timidezza e audacia, il tutto condito da una bassa autostima, la mia bilancia pregi e difetti pende decisamente dal lato di questi ultimi. Con te sono sorprendentemente a mio agio, ormai abbiamo parlato di tantissime cose più o meno personali, e di alcune davvero tanto personali. Sei forse una delle persone che mi conoscono meglio, anzi, sei una delle poche persone cui ho permesso di vedere ampi scorci di me, della mia anima. Perché con le persone che mi stanno simpatiche faccio la simpatica, posso arrivare ad essere addirittura socievole e di buona compagnia, ma un conto è socializzare, un altro aprirsi e donare parti di sé, raccontarsi, svelarsi, anche solo in parte.
Un po' come i fiori della Shima Nishiki, sai che saranno variegati, sai che ci sarà del bianco e del rosso, ma fino a che il fiore non si schiude del tutto, non saprai come e in che quantità saranno distribuiti i colori.
Un leggero sentore di ansia mi accompagna nuovamente all'auto, ma il parcheggio abbastanza vuoto mi consente di cambiare le calzature senza testimoni, non avrei potuto guidare per tutti quei chilometri con tacchi così alti. Sono pronta a raggiungerti, un sorriso si insinua tra le mie labbra e non vuol saperne di scivolare via, abbiamo un appuntamento abbastanza vago data la distanza che ci separa, per cui poche centinaia di metri prima dell'uscita ti chiamo, devi indicarmi la strada. Al casello rispondi e mentre mi accodo ad un'auto, realizzo che è la tua, ridendo ti avviso. Sarà un caso? Sarà il destino? Che probabilità ci sono che due auto partite da due località opposte in due momenti diversi, si ritrovino nello stesso posto allo stesso momento? Non sarebbe stato possibile nemmeno mettendosi d'accordo. Troppe variabili.
Eppure a noi…
"Dopo il casello accosto e ti aspetto. Così puoi seguirmi" brevi e concise le tue istruzioni.
Sai che ti seguirò sempre.
Sai che sono tua.
Sono gli ultimi momenti di una notte buia e silenziosa, il sole non è ancora sorto a illuminare i primi giorni di questo autunno e io, facendo attenzione a non svegliare nessuno, esco di casa. Impaziente. Quasi palpitante mi adagio sul sedile in pelle chiara che mi accoglie nel suo tiepido abbraccio. Silente il motore che s'avvia, mentre le vie scivolano tra i paesini, fino all'imbocco dell'autostrada. La dolce curva d'ingresso chiede velocità, la mano destra abbandona leggiadra il cambio automatico su cui riposava per lasciar sfiorare all'indice la piccola levetta, un tocco, due, e il motore, passando da eco a sport, ora rugge, il piede si appesantisce sull'acceleratore e l'auto scatta; veloci i numeri del tachimetro proiettato sul vetro si moltiplicano, fino ad assestarsi ad un numero a tre cifre. Nessun autovelox in questo tratto, posso sfogare un po' di iperattività nella velocità, non saprai mai fino a che valore è arrivato quel contatore.
Avverto il bisogno di aver un contraltare alla mia effervescenza, le dita lentamente aumentano il volume di quella canzone che ora riempie l'abitacolo, le vibrazioni dei bassi mi rimescolano il sangue che già sobbolle di aspettativa.
L'autostrada, fortunatamente poco trafficata, scorre rapida sotto le ruote della mia auto, rapidi sorpassi, e un po' di zig zag, la velocità ora adeguata al volume di auto che la tangenziale di Milano inevitabilmente contiene.
Fremo, sono eccitata, ogni tanto la mano abbandona il suo sostegno per raggiungere il caldo incrocio delle gambe, vuol controllare che il fuoco liquido che avverto si limiti al perizoma e non bagni il jeans nero che ho scelto di indossare, lo sai come mi riduci, come mi riduce la sola idea di raggiungerti ed esser finalmente tua. Il pensiero inevitabilmente corre alle mail che negli ultimi mesi hanno rimbalzato nell'etere, brevi messaggi intensi, alcuni pregni di malcelati desideri e spinta lussuria, altri più frivoli e mondani.
Ricordo cosa mi chiedesti in uno di quei messaggi:
"Dovrai tagliare i capelli, molto, togliere il blu, lunghi, al massimo, appena oltre le spalle.
Dovrai mettere matita nera gli occhi.
Dovrai indossare autoreggenti."
Inevitabilmente ho cercato di soddisfare quelle richieste, il blu è sparito davvero, forse non sono corti come avresti voluto tu, ma se li tagliassi troppo non riuscirei a gestirli quando lavoro. Avverto la testa leggerissima, erano anni che non avevo i capelli così corti, la sensazione di esser quasi nuda è svanita dopo diversi giorni. Sai che alla matita preferisco l'eyeliner, sbava meno ed è waterproof, non ci tengo particolarmente a trasformarmi in un panda davanti a te.
Chissà se scoprirai che sotto i jeans ci sono le autoreggenti. Non amando particolarmente i collant, se devo indossare le calze velate, le preferisco di questo tipo, che sia sotto i pantaloni o, più raramente, un vestito. Il dubbio che il tuo desiderio di vedermele addosso prescinda dal tipo di abbigliamento che le accompagna, si fa certezza al solo rifletterci: sei uno sporcaccione, definizione mia, un porco, come dici tu. A seguito di quella mail, ne scambiammo alcune davvero piccanti, terminate con le mie cento parole di "Se fossi qui", novantanove mie e una tua, l'ultima. Riordinare ciò che ti avevo scritto in quei momenti me li ha fatti rivivere, l'eccitazione di comunicare senza filtri, lasciando libero sfogo alla passione e al desiderio che ci consuma, l'ansia dell'attesa, l'emozione alle tue risposte.
Decido di fermarmi all'ultimo autogrill prima dell'uscita che mi condurrà da te, breve sosta in bagno, ultimo controllo all'outfit e leggero ritocco del trucco; non amo gli specchi e mi fa un certo effetto vedere la mia immagine in quella luce impietosa, nonostante tutto non mi vedo così male: camicia candida, alcuni bottoni sono piccole perle che richiamano quelle sul cardigan nero come i jeans, eyeliner e matita nera a sottolineare il verde degli occhi. Forse sono fin troppo truccata per esser mattina, ma so che a te piace, e a me non costa niente, mi sono sempre curata poco del trucco, ora mi importa di più piacerti, quasi compiacerti direi. C'è una sottile soddisfazione nel riuscirci. Mi assale il desiderio di potermi osservare con i tuoi occhi, poter leggere nella tua mente quello che pensi e quello che provi al vedermi. Vorrei poter aprire quello scrigno che contiene il tuo intelletto e sviscerarne il contenuto, analizzare ogni pensiero e sensazione, mi spaventano quasi questi desideri, non ho mai trovato una mente tanto affine alla mia, forse il desiderio di capire e vedere quanto sia profonda la connessione è normale, chi lo sa, e chissà se tu provi lo stesso nei miei confronti.
Sono consapevole di essere un bel miscuglio tra incoscienza, timidezza e audacia, il tutto condito da una bassa autostima, la mia bilancia pregi e difetti pende decisamente dal lato di questi ultimi. Con te sono sorprendentemente a mio agio, ormai abbiamo parlato di tantissime cose più o meno personali, e di alcune davvero tanto personali. Sei forse una delle persone che mi conoscono meglio, anzi, sei una delle poche persone cui ho permesso di vedere ampi scorci di me, della mia anima. Perché con le persone che mi stanno simpatiche faccio la simpatica, posso arrivare ad essere addirittura socievole e di buona compagnia, ma un conto è socializzare, un altro aprirsi e donare parti di sé, raccontarsi, svelarsi, anche solo in parte.
Un po' come i fiori della Shima Nishiki, sai che saranno variegati, sai che ci sarà del bianco e del rosso, ma fino a che il fiore non si schiude del tutto, non saprai come e in che quantità saranno distribuiti i colori.
Un leggero sentore di ansia mi accompagna nuovamente all'auto, ma il parcheggio abbastanza vuoto mi consente di cambiare le calzature senza testimoni, non avrei potuto guidare per tutti quei chilometri con tacchi così alti. Sono pronta a raggiungerti, un sorriso si insinua tra le mie labbra e non vuol saperne di scivolare via, abbiamo un appuntamento abbastanza vago data la distanza che ci separa, per cui poche centinaia di metri prima dell'uscita ti chiamo, devi indicarmi la strada. Al casello rispondi e mentre mi accodo ad un'auto, realizzo che è la tua, ridendo ti avviso. Sarà un caso? Sarà il destino? Che probabilità ci sono che due auto partite da due località opposte in due momenti diversi, si ritrovino nello stesso posto allo stesso momento? Non sarebbe stato possibile nemmeno mettendosi d'accordo. Troppe variabili.
Eppure a noi…
"Dopo il casello accosto e ti aspetto. Così puoi seguirmi" brevi e concise le tue istruzioni.
Sai che ti seguirò sempre.
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