Tempus Reconciliatio
di
Shikari
genere
sentimentali
Soundtrack: Fantasy Medieval Music - Wolfborn
La notte copriva con il suo manto oscuro tutta la foresta, solamente qualche sporadico raggio di luce riusciva a perforare il folto selvatico della natura, il lupo non aveva bisogno di luce a guidare il suo cammino, sicuro il passo, senza esitazioni procedeva verso la radura, dove sapeva l’avrebbe trovata.
“Elijah, non interferire” gli aveva chiesto con un rapido bacio prima di inoltrarsi nel bosco, zaino in spalla, tuta scura e tennis ai piedi. Si sa che la strada per l’inferno è lastricata di buone intenzioni, non esiste possibilità che lui la lasci sola, senza protezione nella foresta a fare chissà quale incanto. Assurdo volerla proteggere, razionalmente se ne rende conto, ma non è possibile tacitare l’istinto della sua bestia. Decise di darle dieci minuti di vantaggio prima di seguirla senza tradire il minimo rumore, silente predatore, a suo agio tanto quanto lei in quell’ambiente. Giunto alla radura, immerso nelle tenebre, poggiato contro il tronco scuro di un vecchio faggio, rimane di guardia, la osserva deporre lo zaino e lentamente spogliarsi, fino a rimaner nuda, solo un ciondolo a decorarle lo sterno, la pelle dolcemente accarezzata dalla luce della luna.
Lenta la gestualità, sicura di antichi rituali, dapprima traccia un chiaro cerchio di sale, per poi replicarne un altro a qualche metro di distanza, questo secondo più grande del primo. Un metallico odore aggredisce il sopraffino olfatto del lupo, freme, scalpita ma riesce a trattenersi, giusto il tempo di vederle in mano un acuminato punteruolo dal quale stilla qualche goccia di sangue prelevata dalla mano sinistra. Lentamente la donna lascia cadere una goccia di sangue su un cristallo, accompagnandone la caduta con un sussurro, posizionando poi la pietra sul bordo del cerchio più grande, senza fretta ripete quest’operazione cinque volte.
Quattro ciotole di vecchio e levigato legno compaiono ora tra le mani della nuda strega che le posiziona sul cerchio più piccolo, equidistanti tra loro, ognuna rivolta ad un punto cardinale, leggiadramente inizia a percorrere la circonferenza intonando una delicatissima nenia, ogni giro completo si arresta di fronte ad una ciotola e di volta in volta la riempie, ora con acqua pura, ora con un pugnetto di terra, una candela che al suo volere s’infiamma, un sottile filo di profumato fumo che pervade l’aria della radura fuori uscendo dall’ultima ciotola. Cura e amore per ogni elemento traspaiono dai delicati gesti della strega, la venerazione con cui tratta i simboli e la competenza che dimostra nella preparazione del rituale colpiscono il lupo. Come la prima volta in cui la vide, si lascia colmare dall’emozione, dal senso di possesso che non può soffocare; la consapevolezza di averla non è sufficiente, non può fare a meno di preoccuparsi per lei, per la sua incolumità, non capisce a fondo la sua magia e ciò lo disturba.
Il delicato effluvio dell’incenso ha ormai cancellato gli ultimi residui dell’odore di sangue, un sospiro gli sfugge mentre senza staccarle gli occhi di dosso, la guarda entrare nel cerchio più piccolo. Attento il passo con cui la strega accede al circolo, non sfiora nemmeno per sbaglio il disegno precisamente tracciato nell’erba, incrocia le nude gambe aprendo il sesso umido, le mani posate sulle ginocchia, la schiena portata diritta spinge leggermente il florido seno in fuori, il volto alzato verso quella luna che l’avvolge, la abbraccia e la illumina.
Appena la donna inizia il suo rituale una leggera brezza si alza a danzarle tra la rossa chioma sciolta, Elijah sente la pelle accapponarsi, la voce soprana di lei tenuta bassa e roca lentamente riempie il silenzio di arcaiche parole in una lingua ormai da lustri dimenticata e per lui incomprensibile. Istintivamente, porta la mano dentro la tasca in cui conserva il sacchetto con le erbe. Lei gli ha imposto di portarlo sempre addosso, ha talmente insistito sulla necessità di avere quella protezione che lui non ha potuto far altro che cedere. Era scettico, ma più volte ha dovuto ricredersi, e anche ora, ne avverte subito l’effetto calmante che gli consente di notare la condizione di stasi in cui si trova la foresta, nessun rumore se non la cantilena della donna, nessun movimento, nemmeno una foglia smossa. La brezza confinata alla radura principia a vorticare intorno ai due cerchi, deboli lampi oscuri ne spezzano, ogni tanto, la trasparenza che piano piano si offusca. Qualcosa inizia a comparire nel cerchio rafforzato dalle pietre, un’ombra, sempre più scura, quasi densa ma ancora non solida; è allerta ora il lupo, osserva come quest’entità prenda sostanza, la voce con cui si rivolge alla sua compagna è roca e fumosa, talmente cavernosa che par provenire dagli abissi più profondi.
Non ne comprende il dire, ma le parole che rivolge alla sua amante sono chiaramente intimidatorie, forte la tentazione di irrompere nella radura e affrontare quella presenza che la sta minacciando. Secca la replica della strega nella stessa lingua parlata dall’ombra che, all’istante, si quieta e attende, ora l’atteggiamento completamente diverso.
Elijah osserva come la strega non distolga lo sguardo dalla creatura che ha evocato, gli sembra quasi che stiano comunicando in un modo tutto loro, improvviso il cenno di assenso della donna, e un nuovo canto prorompe dalle sue labbra.
Un’altra lingua vien ora dalla bocca della strega, una melodia alta e brillante che allude a luce e purezza. Il lupo è perplesso, non riesce a capire perché la sua compagna abbia evocato prima una creatura dell’oscurità per poi chiamarne una di luce; per il poco che ne sa lui, non gli pare una buona idea richiamare due entità opposte nello stesso cerchio. Piccole perle di sudore compaiono sulla pelle della donna, unico segnale della fatica e della concentrazione che le serve per terminare il rito. Una luce fulgida, quasi più accecante del sole, illumina ora la radura dall’interno del cerchio; fatica Elijah a mantenere lo sguardo sulla scena, fino a che la creatura d’ombra avvolge la luce e ne smorza la luminosità. Un angelo, pura luce incorporea e vagamente definita, lunghi capelli quasi bianchi, pelle alabastrina, occhi limpidi e freddi come un lago di montagna.
Sotto lo sguardo incredulo del lupo prende consistenza un abbraccio sofferto, un bacio atteso da secoli, le due creature, si stringono quasi volessero fondersi. La strega ondeggia leggermente nel cerchio, è stremata, solo la forza di volontà ne mantiene attiva la concentrazione, la creatura di luce, voltandosi nell’abbraccio del suo compagno se ne accorge.
Dolcemente si rivolge alla strega: “Cosa vuoi da noi? Perché ci hai riuniti?” la voce, come di mille campanellini di vetro, risuona limpida e cristallina, ultraterrena.
“Nulla. Raddrizzo un torto commesso dai miei avi.”
“Quale inganno nascondi? Perché farlo ora?”
“Guarda nel mio animo, so che sei in grado di farlo. Non nascondo nessun inganno. Non potevo farlo prima. Non ne ero a conoscenza.”
“Ci hai evocato. Siamo tuoi. Cosa ne sarà di noi?” non riesce a staccarsi dall’ombra la luce, quasi tema di esserne strappata nuovamente via.
“Siete miei è vero, vi vincolerò a far del bene, ma sarete liberi.” Inizia a cedere la voce dell’incantatrice, lo sforzo di mantenere attiva quella magia sta iniziando a chiedere il conto al corpo e alla mente.
“Accettiamo. Qualsiasi vincolo. Pur di poter stare nuovamente insieme” la luce non esita, l’ombra nemmeno: “Per sempre.”
Lentamente si chiudono gli occhi della donna mentre dalle labbra un nuovo incanto prorompe dolce e intenso, come spire si avvolge intorno alle creature, un sottile filo argentato che dapprima s’intreccia in volute e ghirigori, poi li lega a sé e tra di loro. Lo sfiorano incredule le due entità, ombra e luce, lo assorbono e lo fanno proprio, mentre la strega ondeggia sempre di più, i movimenti ormai convulsi. Con una nota acuta si conclude la magia, al contempo, un’esplosione, luce e ombra si confondono, le creature acquistano consistenza e solidità, i cerchi disintegrati, la strega collassata. Scatta il lupo, irrompe nella radura ma si blocca, teme di interferire nell’incantesimo, avverte ancora nell’aria stralci di magia, osserva le due figure comparse di fronte a lui. La luce ha preso forma di donna, eterea, angelica; l’ombra si è solidificata in uomo, alto e possente, sovrasta amorevolmente la compagna, insieme avanzano stringendosi ancora per mano, con gratitudine e timore osservano l’incosciente maliarda.
“Chi sei? Aiutala!” La donna indica la strega, la celestiale voce intrisa di preoccupazione.
“Lei è mia” con queste parole Elijah annuisce e prende tra le braccia la sua amata, le mani che accarezzano quella pelle umida che si sta rapidamente raffreddando.
“Devi scaldarla, Lupo, non lasciare che il soffio della vita la abbandoni. Ha spremuto fino all’ultima stilla della sua magia per poterci riunire e liberare. Siamo desolati di non poterla aiutare noi stessi” lentamente svaniscono nell’etere, ancora abbracciati.
Agile raccoglie la felpa abbandonata, la drappeggia addosso alla donna e se la porta al petto, stretta tra le sue braccia cerca di donarle parte del suo calore, ma non è sufficiente, l’istinto urla di alzarle la temperatura e di fare in fretta. Veloce ripercorre a ritroso la strada verso casa, quella baita nel bosco che lei tanto ama, appena arrivato accumula strati di pellicce e coperte, ve la avvolge, giusto il tempo di finir di spogliarsi e raggiungerla. Inizia una frenetica danza di mani che cercano di frizionare pelle e muscoli, di indurre il calore a scaldarle il sangue, un bacio a quelle pallide labbra e un implorazione “Svegliati” sussurrata al suo orecchio. Fugaci brividi iniziano a scuotere la donna, segno che il calore sta lentamente riconquistando il suo corpo, con un fremito leggero le pesanti palpebre si aprono su due pozze verdi ed esauste “Grazie” un roco sussurro e un incerto sorriso ripagano il lupo dei suoi sforzi, e ne allietano l’animo. Le carezze cambiano, smorzano la loro intensità, acquistano sensualità, delicatezza, le maschili dita percorrono ogni curva e ogni avvallamento di quella adorata pelle, come volessero registrar memoria di ogni forma. Come un lampo un’idea lo colpisce, l’energia sessuale potrebbe aiutarla a riprendersi, è una delle prime cose che lei gli ha insegnato: il sesso ha una sua magia, tra le più potenti, facilmente a disposizione sia di chi pratica quotidianamente sia di chi è refrattario a tutto ciò che riguarda la materia. Lentamente inizia a far seguire le labbra alle dita, con lievi baci ripercorre le sue curve, ne assapora il gusto leggermente salato, un misto di leggero sudore, bosco, fumo e quel qualcosa di indefinibile ma che le appartiene. Dolcemente chiede accesso al suo io più recondito, delicatamente le apre le gambe, vi si infila, come a voler tornare a casa, avverte la sua mano ancora debole sul capo, una carezza lenta, che lo invita, a continuare ad esplorare. Non aspettava altro il lupo, alternando deboli morsi, lunghe leccate, piccoli baci, s’avvicina sempre di più alla sua destinazione, a quel paradiso che inizia ad inumidirsi, a prepararsi ad accoglierlo. La lambisce, con calma e metodo, variandone l’intensità, ora lecca ora penetra, s’imbibisce la bocca dei suoi umori, di quel gusto che ama; riconoscerebbe quel sapore in qualsiasi circostanza, è lei, la sua essenza, il suo essere. Hanno acquistato forza ora le piccole mani della sua strega, impazienti e voraci navigano tra i suoi capelli e il collo, profondi gemiti iniziano a risuonare per la stanza, musica per le sue orecchie, con la bocca la guida fino all’apice, fino a dover trattenere la bestia dal divorarla.
Le scivola addosso, toccando, leccando e baciando tutto ciò che incontra nel viaggio verso la sua bocca, “Meglio?” una domanda, un soffio, un respiro sottratto, un bacio condiviso.
“Molto meglio” languida la strega, si scioglie tra le sue braccia, lo stringe a sé, le gambe ancora aperte a lui, gli si avvolgono sui fianchi, la vulva umida che struscia contro il suo pene, un chiaro invito ad entrare: “Ma potrebbe migliorare...non credi?”.
Non si fa ripetere l’invito, deciso, entra e affonda, ogni spinta suscita un sospiro, ogni gemito reclama uno slancio, un’antica danza sempre attuale, un rito magico e potente, fatto di movenze sinuose come quelle delle serpi. Fino alla fine, fino a non aver più dimensione fisica, fino a non distinguere più i confini, fino a non poter più separare i fluidi e le coscienze, fino alla condivisione della soddisfazione ultima.
La notte copriva con il suo manto oscuro tutta la foresta, solamente qualche sporadico raggio di luce riusciva a perforare il folto selvatico della natura, il lupo non aveva bisogno di luce a guidare il suo cammino, sicuro il passo, senza esitazioni procedeva verso la radura, dove sapeva l’avrebbe trovata.
“Elijah, non interferire” gli aveva chiesto con un rapido bacio prima di inoltrarsi nel bosco, zaino in spalla, tuta scura e tennis ai piedi. Si sa che la strada per l’inferno è lastricata di buone intenzioni, non esiste possibilità che lui la lasci sola, senza protezione nella foresta a fare chissà quale incanto. Assurdo volerla proteggere, razionalmente se ne rende conto, ma non è possibile tacitare l’istinto della sua bestia. Decise di darle dieci minuti di vantaggio prima di seguirla senza tradire il minimo rumore, silente predatore, a suo agio tanto quanto lei in quell’ambiente. Giunto alla radura, immerso nelle tenebre, poggiato contro il tronco scuro di un vecchio faggio, rimane di guardia, la osserva deporre lo zaino e lentamente spogliarsi, fino a rimaner nuda, solo un ciondolo a decorarle lo sterno, la pelle dolcemente accarezzata dalla luce della luna.
Lenta la gestualità, sicura di antichi rituali, dapprima traccia un chiaro cerchio di sale, per poi replicarne un altro a qualche metro di distanza, questo secondo più grande del primo. Un metallico odore aggredisce il sopraffino olfatto del lupo, freme, scalpita ma riesce a trattenersi, giusto il tempo di vederle in mano un acuminato punteruolo dal quale stilla qualche goccia di sangue prelevata dalla mano sinistra. Lentamente la donna lascia cadere una goccia di sangue su un cristallo, accompagnandone la caduta con un sussurro, posizionando poi la pietra sul bordo del cerchio più grande, senza fretta ripete quest’operazione cinque volte.
Quattro ciotole di vecchio e levigato legno compaiono ora tra le mani della nuda strega che le posiziona sul cerchio più piccolo, equidistanti tra loro, ognuna rivolta ad un punto cardinale, leggiadramente inizia a percorrere la circonferenza intonando una delicatissima nenia, ogni giro completo si arresta di fronte ad una ciotola e di volta in volta la riempie, ora con acqua pura, ora con un pugnetto di terra, una candela che al suo volere s’infiamma, un sottile filo di profumato fumo che pervade l’aria della radura fuori uscendo dall’ultima ciotola. Cura e amore per ogni elemento traspaiono dai delicati gesti della strega, la venerazione con cui tratta i simboli e la competenza che dimostra nella preparazione del rituale colpiscono il lupo. Come la prima volta in cui la vide, si lascia colmare dall’emozione, dal senso di possesso che non può soffocare; la consapevolezza di averla non è sufficiente, non può fare a meno di preoccuparsi per lei, per la sua incolumità, non capisce a fondo la sua magia e ciò lo disturba.
Il delicato effluvio dell’incenso ha ormai cancellato gli ultimi residui dell’odore di sangue, un sospiro gli sfugge mentre senza staccarle gli occhi di dosso, la guarda entrare nel cerchio più piccolo. Attento il passo con cui la strega accede al circolo, non sfiora nemmeno per sbaglio il disegno precisamente tracciato nell’erba, incrocia le nude gambe aprendo il sesso umido, le mani posate sulle ginocchia, la schiena portata diritta spinge leggermente il florido seno in fuori, il volto alzato verso quella luna che l’avvolge, la abbraccia e la illumina.
Appena la donna inizia il suo rituale una leggera brezza si alza a danzarle tra la rossa chioma sciolta, Elijah sente la pelle accapponarsi, la voce soprana di lei tenuta bassa e roca lentamente riempie il silenzio di arcaiche parole in una lingua ormai da lustri dimenticata e per lui incomprensibile. Istintivamente, porta la mano dentro la tasca in cui conserva il sacchetto con le erbe. Lei gli ha imposto di portarlo sempre addosso, ha talmente insistito sulla necessità di avere quella protezione che lui non ha potuto far altro che cedere. Era scettico, ma più volte ha dovuto ricredersi, e anche ora, ne avverte subito l’effetto calmante che gli consente di notare la condizione di stasi in cui si trova la foresta, nessun rumore se non la cantilena della donna, nessun movimento, nemmeno una foglia smossa. La brezza confinata alla radura principia a vorticare intorno ai due cerchi, deboli lampi oscuri ne spezzano, ogni tanto, la trasparenza che piano piano si offusca. Qualcosa inizia a comparire nel cerchio rafforzato dalle pietre, un’ombra, sempre più scura, quasi densa ma ancora non solida; è allerta ora il lupo, osserva come quest’entità prenda sostanza, la voce con cui si rivolge alla sua compagna è roca e fumosa, talmente cavernosa che par provenire dagli abissi più profondi.
Non ne comprende il dire, ma le parole che rivolge alla sua amante sono chiaramente intimidatorie, forte la tentazione di irrompere nella radura e affrontare quella presenza che la sta minacciando. Secca la replica della strega nella stessa lingua parlata dall’ombra che, all’istante, si quieta e attende, ora l’atteggiamento completamente diverso.
Elijah osserva come la strega non distolga lo sguardo dalla creatura che ha evocato, gli sembra quasi che stiano comunicando in un modo tutto loro, improvviso il cenno di assenso della donna, e un nuovo canto prorompe dalle sue labbra.
Un’altra lingua vien ora dalla bocca della strega, una melodia alta e brillante che allude a luce e purezza. Il lupo è perplesso, non riesce a capire perché la sua compagna abbia evocato prima una creatura dell’oscurità per poi chiamarne una di luce; per il poco che ne sa lui, non gli pare una buona idea richiamare due entità opposte nello stesso cerchio. Piccole perle di sudore compaiono sulla pelle della donna, unico segnale della fatica e della concentrazione che le serve per terminare il rito. Una luce fulgida, quasi più accecante del sole, illumina ora la radura dall’interno del cerchio; fatica Elijah a mantenere lo sguardo sulla scena, fino a che la creatura d’ombra avvolge la luce e ne smorza la luminosità. Un angelo, pura luce incorporea e vagamente definita, lunghi capelli quasi bianchi, pelle alabastrina, occhi limpidi e freddi come un lago di montagna.
Sotto lo sguardo incredulo del lupo prende consistenza un abbraccio sofferto, un bacio atteso da secoli, le due creature, si stringono quasi volessero fondersi. La strega ondeggia leggermente nel cerchio, è stremata, solo la forza di volontà ne mantiene attiva la concentrazione, la creatura di luce, voltandosi nell’abbraccio del suo compagno se ne accorge.
Dolcemente si rivolge alla strega: “Cosa vuoi da noi? Perché ci hai riuniti?” la voce, come di mille campanellini di vetro, risuona limpida e cristallina, ultraterrena.
“Nulla. Raddrizzo un torto commesso dai miei avi.”
“Quale inganno nascondi? Perché farlo ora?”
“Guarda nel mio animo, so che sei in grado di farlo. Non nascondo nessun inganno. Non potevo farlo prima. Non ne ero a conoscenza.”
“Ci hai evocato. Siamo tuoi. Cosa ne sarà di noi?” non riesce a staccarsi dall’ombra la luce, quasi tema di esserne strappata nuovamente via.
“Siete miei è vero, vi vincolerò a far del bene, ma sarete liberi.” Inizia a cedere la voce dell’incantatrice, lo sforzo di mantenere attiva quella magia sta iniziando a chiedere il conto al corpo e alla mente.
“Accettiamo. Qualsiasi vincolo. Pur di poter stare nuovamente insieme” la luce non esita, l’ombra nemmeno: “Per sempre.”
Lentamente si chiudono gli occhi della donna mentre dalle labbra un nuovo incanto prorompe dolce e intenso, come spire si avvolge intorno alle creature, un sottile filo argentato che dapprima s’intreccia in volute e ghirigori, poi li lega a sé e tra di loro. Lo sfiorano incredule le due entità, ombra e luce, lo assorbono e lo fanno proprio, mentre la strega ondeggia sempre di più, i movimenti ormai convulsi. Con una nota acuta si conclude la magia, al contempo, un’esplosione, luce e ombra si confondono, le creature acquistano consistenza e solidità, i cerchi disintegrati, la strega collassata. Scatta il lupo, irrompe nella radura ma si blocca, teme di interferire nell’incantesimo, avverte ancora nell’aria stralci di magia, osserva le due figure comparse di fronte a lui. La luce ha preso forma di donna, eterea, angelica; l’ombra si è solidificata in uomo, alto e possente, sovrasta amorevolmente la compagna, insieme avanzano stringendosi ancora per mano, con gratitudine e timore osservano l’incosciente maliarda.
“Chi sei? Aiutala!” La donna indica la strega, la celestiale voce intrisa di preoccupazione.
“Lei è mia” con queste parole Elijah annuisce e prende tra le braccia la sua amata, le mani che accarezzano quella pelle umida che si sta rapidamente raffreddando.
“Devi scaldarla, Lupo, non lasciare che il soffio della vita la abbandoni. Ha spremuto fino all’ultima stilla della sua magia per poterci riunire e liberare. Siamo desolati di non poterla aiutare noi stessi” lentamente svaniscono nell’etere, ancora abbracciati.
Agile raccoglie la felpa abbandonata, la drappeggia addosso alla donna e se la porta al petto, stretta tra le sue braccia cerca di donarle parte del suo calore, ma non è sufficiente, l’istinto urla di alzarle la temperatura e di fare in fretta. Veloce ripercorre a ritroso la strada verso casa, quella baita nel bosco che lei tanto ama, appena arrivato accumula strati di pellicce e coperte, ve la avvolge, giusto il tempo di finir di spogliarsi e raggiungerla. Inizia una frenetica danza di mani che cercano di frizionare pelle e muscoli, di indurre il calore a scaldarle il sangue, un bacio a quelle pallide labbra e un implorazione “Svegliati” sussurrata al suo orecchio. Fugaci brividi iniziano a scuotere la donna, segno che il calore sta lentamente riconquistando il suo corpo, con un fremito leggero le pesanti palpebre si aprono su due pozze verdi ed esauste “Grazie” un roco sussurro e un incerto sorriso ripagano il lupo dei suoi sforzi, e ne allietano l’animo. Le carezze cambiano, smorzano la loro intensità, acquistano sensualità, delicatezza, le maschili dita percorrono ogni curva e ogni avvallamento di quella adorata pelle, come volessero registrar memoria di ogni forma. Come un lampo un’idea lo colpisce, l’energia sessuale potrebbe aiutarla a riprendersi, è una delle prime cose che lei gli ha insegnato: il sesso ha una sua magia, tra le più potenti, facilmente a disposizione sia di chi pratica quotidianamente sia di chi è refrattario a tutto ciò che riguarda la materia. Lentamente inizia a far seguire le labbra alle dita, con lievi baci ripercorre le sue curve, ne assapora il gusto leggermente salato, un misto di leggero sudore, bosco, fumo e quel qualcosa di indefinibile ma che le appartiene. Dolcemente chiede accesso al suo io più recondito, delicatamente le apre le gambe, vi si infila, come a voler tornare a casa, avverte la sua mano ancora debole sul capo, una carezza lenta, che lo invita, a continuare ad esplorare. Non aspettava altro il lupo, alternando deboli morsi, lunghe leccate, piccoli baci, s’avvicina sempre di più alla sua destinazione, a quel paradiso che inizia ad inumidirsi, a prepararsi ad accoglierlo. La lambisce, con calma e metodo, variandone l’intensità, ora lecca ora penetra, s’imbibisce la bocca dei suoi umori, di quel gusto che ama; riconoscerebbe quel sapore in qualsiasi circostanza, è lei, la sua essenza, il suo essere. Hanno acquistato forza ora le piccole mani della sua strega, impazienti e voraci navigano tra i suoi capelli e il collo, profondi gemiti iniziano a risuonare per la stanza, musica per le sue orecchie, con la bocca la guida fino all’apice, fino a dover trattenere la bestia dal divorarla.
Le scivola addosso, toccando, leccando e baciando tutto ciò che incontra nel viaggio verso la sua bocca, “Meglio?” una domanda, un soffio, un respiro sottratto, un bacio condiviso.
“Molto meglio” languida la strega, si scioglie tra le sue braccia, lo stringe a sé, le gambe ancora aperte a lui, gli si avvolgono sui fianchi, la vulva umida che struscia contro il suo pene, un chiaro invito ad entrare: “Ma potrebbe migliorare...non credi?”.
Non si fa ripetere l’invito, deciso, entra e affonda, ogni spinta suscita un sospiro, ogni gemito reclama uno slancio, un’antica danza sempre attuale, un rito magico e potente, fatto di movenze sinuose come quelle delle serpi. Fino alla fine, fino a non aver più dimensione fisica, fino a non distinguere più i confini, fino a non poter più separare i fluidi e le coscienze, fino alla condivisione della soddisfazione ultima.
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