Nemesi

di
genere
tradimenti

Da sempre Tatiana sa di esser soggetta a due tipi di rabbia. La prima è rapida a scoppiare, rovente ed improvvisa come l'eruzione di un vulcano, è la più facile da gestire, quella che veloce come è esplosa svanisce, è spesso emotiva ed irrazionale. La seconda, ecco, quella è preoccupante. Lenta a montare, fredda e costante nell'aumentare, stilla dopo stilla si accumula fino a non lasciar più spazio per null'altro. Questa furia gelida fa molta fatica a scomparire, per liberarsene spesso è necessario pagarne il dazio in vendetta. Questa rabbia razionale richiama la parte istintiva, risveglia la parte di lei fatta di quei piccoli difetti, che come in un colorato mosaico, creano la sua versione dominante. Non è facile scatenarla, ha bisogno di tempo per maturare, chi prova suscitarla deve essere bravo a indisporla con perversa perseveranza, deve superare i limiti della sua tolleranza, che solitamente sono alti. Mirco ce l'ha fatta, è riuscito nell'impresa. Ha impiegato anni, è vero, ma con il tempo ha evocato quel furore algido che preme per aver soddisfazione, come un antico guerriero che offeso lancia il guanto di sfida all'avversario.

Lui non ha idea di cosa lo attenda.

Si dice che la vendetta non sia un piatto da gustare a caldo, ma vada preparata con calma e sangue freddo, lasciata a sobbollire, a lungo, ma non troppo, come un ottimo ragù.

Tatiana ha esaminato i suoi desideri, le sue voglie, le sue fantasie, per realizzarle e rivoltargliele contro. Ha preparato ogni dettaglio con la stessa cura con cui un generale dispone le truppe prima dell'assalto finale. Non ha fissato un giorno, ma nella sua testa ogni particolare è stato sistemato con lucidità, ogni oggetto necessario già mentalmente pronto, quando sussisteranno le condizioni ideali, in pochi minuti sarà pronta.

Venerdì.

Non hanno impegni per il fine settimana, ciò significa casa vuota e campo libero. Mirco decide di portarla fuori a cena, ancora ignaro di ciò che è in programma per il dopo; tornati a casa, Tatiana gli suggerisce di darsi una sistemata, e Mirco in autonomia decide di rasarsi completamente la barba. Lei nel frattempo dispone il campo di battaglia. Alcune candeline, accese in punti strategici del salotto, creano una leggera penombra, una coperta stesa sul pavimento tra il divano e il pouf perfeziona l'ambiente, un'atmosfera all'apparenza romantica.
Lentamente inizia a togliersi i vestiti, tenendo un occhio su di lui, controllandolo. Appena finisce di rasarsi e sistemare il bagno, vien intercettato nel corridoio, un accenno al salotto, lei lo accompagna reggendo una benda.

"Nudo, in ginocchio. Quando torno dovrai esser duro, ti voglio pronto"

Lo benda e lo lascia così, inginocchiato a lume di candela a menarsi il cazzo.

Con tutta la calma del mondo, torna in camera e finisce di spogliarsi, per poi indossare la corazza scelta per questa battaglia. Gesti calmi, di chi si gode il momento, le mani lente accarezzano la pelle accompagnando quelle impalpabili autoreggenti color fumo che scivolano sulle sue lisce gambe, la fascia di pizzo a decorare le cosce; gli slip in cotone di tutti i giorni sostituiti da uno striminzito perizoma nero come il balconcino che già contiene la sua abbondanza. Una vestaglia in morbido velo e trasparente pizzo, la avvolge, gioca a vedo non vedo, svelando più di ciò che cela, nera, come la suola delle décolleté rosse dal cinturino scuro e tacco 12 che indossa; ricontrolla il trucco, gli occhi bistrati di nero e le labbra tinte di rosso. Si rende conto che è quasi un cliché ma le piace come il nero contrasta con il chiaro delle sue iridi.

Prima di abbandonare la luce della camera prende la catena, quella con il cordino di pelle, una cintura artigianale realizzata per una festa di carnevale qualche decennio prima, il lucchetto che usa per l'armadietto della palestra e il frustino da equitazione.

Solitamente le piace il ticchettio dei tacchi sul parquet, ma se necessario riesce ad esser silenziosa nel muoversi, vuole coglierlo di sorpresa, esser sicura che stia rispettando le sue indicazioni. Cautamente lo circumnaviga senza far rumore, fino a portarsi alle sue spalle, ora Mirco può avvertire il suono dei tacchi che si avvicinano, è spaesato, incuriosito.

"Noto che ti sei dato da fare. Mani dietro la schiena. Adesso."

Lapidaria e tranquilla, nessuno, osservandola, potrebbe comprendere l'entità della furia che la pervade. Con calma accomoda la catena a formare due strette manette, chiuse dal lucchetto, nemmeno volendo può liberarsi senza la chiave appesa al suo polso.
La coperta su cui si trovano, ne soffoca i passi e Mirco non si aspetta la mano che sale a togliergli la benda di fronte a lui; Tatiana arretrando di un passo, si concede al suo sguardo, mentre quello di lei scivola verso l'inguine maschile, a cogliere quel guizzo incontrollato che le conferma di aver scelto l'abbigliamento adeguato.

"Non te lo aspettavi vero? Adesso che ho la tua attenzione, parliamo."

È incerto, lo sguardo fosco e confuso al contempo, lei si lascia ammirare mentre si accomoda sul divano e accavalla le gambe facendogli "casualmente" finire il piede sotto il viso.

Lentamente lui si piega e posa il viso su quel piccolo lembo di pelle velata ma lasciata scoperta dalle scarpe, si sente magnanima, lascia che le sue labbra accarezzino l'oggetto del loro desiderio, prima di scioglier le gambe e accavallarle nell'altro senso, il piede ora lontano da lui. Dalle labbra di Mirco sfugge un gemito di disappunto, e Tatiana ne approfitta:

"Allora dimmi, quel preservativo nella tua auto... cosa ci faceva?"

Tentenna l'uomo, chiaramente indeciso se ritentare di rifilarle la balla dell'altra volta, inventarne una nuova o cedere alla verità.

"Te l'ho detto, mi era rimasto in tasca mesi fa..."

"Si come no, e in tutti i mesi che io ho usato la tua macchina non l'avrei mai trovato vero? Come no! Riprova."

A suo credito va detto che ci prova a tenere il punto, ma non è credibile, per nulla, basta un leggero dondolio di piedi per farlo capitolare.

"Posso toglierti la scarpa?" Mugola, in affanno.

"Prima la verità."

"Va bene. Avevo pensato di andare con un altra."

"E..."

"E niente. Non ci sono riuscito."

"Bene."

Lei riavvicina il piede calzato al suo viso, lascia che odori la pelle conciata della scarpa.

"Perché mi hai mentito?" Domanda forse sciocca, ma non riesce a non porgergliela.

Tace, evidentemente ha capito che è bene riflettere prima di aprire la bocca, "mi vergognavo, e sapevo ti saresti arrabbiata."

"Finalmente qualcosa di vero"

Le sue labbra percorrono la scarpa con piccoli bacini, non fosse così arrabbiata le verrebbe da ridere.

"Hai il mio permesso, puoi togliermi la scarpa. Ma non potrai usare le mani. Non abbiamo ancora finito."

Dita femminili scivolano sul cinturino e ne allentano la stretta, facilitandogli il compito.
Riesce a sfilarle il tacco senza rovinarle la calzatura, pena un colpo di frustino, anche se le mani prudono riesce a trattenersi, è contraria ai colpi in violenza, ed in questo momento sarebbe puro sfogo rabbioso.

Solo le calze velate ricoprono il suo piede, ricomincia la venerazione a suon di baci, e lei prepara la prossima stoccata.

"Non sono felice. Te ne sarai accorto, spero"

Mugugna, interrompe la scia che sta inumidendo le calze e quasi sofferente annuisce, ammettendo anche lui l'ovvio.

“Sono nervosa, tanto. E ciò va a discapito di tutti. E non è giusto. Sei d'accordo?" È evidente come ancora non capisca dove lei voglia andare a parare, non riesce a far altro che continuare ad annusarne il piede.

“Posso, per favore, toglierti la calza?”

“Non ancora. Perché dovrei darti un premio? Forse lo meriti? Non mi par di averti concesso di parlare.”

Non riesce a non osservarlo, a non vedere quanto si stia spingendo in basso, i presupposti c’erano tutti, era lei a non volerli vedere. Ora si è stancata, non al punto di chiudere tutte le porte, ma di aprirne di nuove, di permettere al destino di fare il suo corso, o di modificarlo a suo piacimento, le teorie sono diverse e tutte accettabili. I giochini porno scaricati sul computer da gaming, gli hentai visualizzati, le pagine porno visitate in chiaro.

Ma Santa Navigazione in Incognito, possibile che ancora qualcuno ti ignori?

Non che lei sia uno stinco di santa, conosce i siti dove guardare video pornografici, ma la ritiene un’attività personale, non necessariamente da condividere, soprattutto con chi non si è mai dimostrato disponibile verso questo genere di passatempo. Un parte di lei lo trova assurdo. Assurdo non condividere certe cose con il proprio compagno, assurdo che a volte, l’amore non sia sufficiente. Potreste chiedervi a cosa, la risposta sarebbe una: a fidarsi. Perché condividere un porno, che sia video o racconto, è qualcosa di più che guardare un film o leggere una storia, è affidare all’altro le nostre fantasie, i nostri desideri più segreti e oscuri. Fidarsi del suo giudizio, se metter in pratica quella fantasia o lasciarla tale, il potere dell’immaginario è proprio nell’esser qualcosa di effimero, che magari una volta realizzato non rispetta la promessa di piacere. Qualcuno disse “l’attesa del piacere è piacere stesso”, si potrebbe aggiungere: “Immaginare il piacere, è piacere stesso”, a volte più grande persino della sua realizzazione.

“Spiegami quei pagamenti sul tuo PayPal a quel sito. Hai pagato una?”

Sembra sorpreso. Con un gesto della mano lei fa segno di andare avanti.

“Ricordi qualche settimana fa? Ti ho aperto quella procedura di reclamo su PayPal, non ho potuto far a meno di vederli. Ora spiegami.”

Lo libera dalla tentazione, gli leva il piede da vicino, non ha più l’oggetto della sua venerazione davanti, lo invita a parlare.

“Non l’ho propriamente pagata. Erano più delle mance.”

“Mance?”

“Sì, tu paghi una piccola quota e la ragazza della chat fa delle cose.”

“Ah. Capisco.”

Sì, capisce, e se lui non fosse così ottuso e preso da sé stesso, sempre e comunque, capirebbe la sua delusione.

“Se vuoi ti faccio vedere.”

“Magari un’altra volta. Mi potrebbe interessare la cosa. Ma dimmi, lo fai spesso?”

“No, solo ogni tanto.”

Non vuole più sapere, fa male, ma non quanto si aspettava. L’amore si può uccidere, o trasformare, il difficile è tornare indietro, spesso è impossibile.

“Sai, pensavo. Probabilmente il mio nervosismo dipende dal fatto che non sono soddisfatta. Non riesco ad avere da te quello che mi serve. Penso tu possa provare a togliermi la calza ora, delicatamente, senza romperla, senza le mani.”

Osserva come il suo naso risalga piano dal suo piede alla sua coscia, come i denti afferrino delicatamente la fascia siliconata delle autoreggenti, e come piano la abbassino un poco, prima di rifare la stessa cosa dall’altro lato. Lei si muove per agevolarlo, per salvaguardare la calza più che per aiutare lui. Con un po' di pazienza e di contorsioni riesce a sfilarle la calza e avere il suo piede nuovamente tra le labbra. Tatiana è ancora troppo incazzata per godere della cosa, non prova gusto ad avere lui ai suoi piedi, ci sta fin troppo volentieri.

“Sai, ne ho un altro di piede.”

Le par giusto farglielo notare, e scambiare il piede ora nudo con quello ancora calzato. Non le interessa se lui abbia freddo o se sia scomodo, l’erezione è ancora al suo posto, svettante verso il cielo, in attesa di una soddisfazione che è subordinata ai femminili capricci. Lo lascia a contemplare la scarpa, sfila leggermente il cinturino per consentirgli di levarla senza danneggiarla, ma quando si avvicina al bordo della calza per rimuoverla, un leggero colpo di frustino sul capo gli fa capire che ancora non può svelare la carne sinistra. Ricomincia il suo omaggio, scendendo lentamente verso il malleolo, circumnavigando il tallone, dalla pianta risalire lentamente fino alle dita, lentamente sta migliorando.

"Pensavo di far entrare un altro giocatore in campo."

Mirco ci mette un po' a realizzare il concetto proposto dalla sua compagna, la osserva quasi perplesso, prima di chiederle spiegazioni.

"Vedi, con te mi manca qualcosa. Io ti amo, ma non sono né felice né soddisfatta, questo lo abbiamo chiarito. Visto che, nonostante ti abbia offerto più di un'occasione per rimediare, per venirci incontro, da parte tua non c'è stato nulla. Non un segno, non un minimo accenno di buona volontà. Anzi. Hai preferito pagare una tizia che proporre a me certi giochi. Mentre mi ascolti, hai il permesso per togliere l'altra calza."

Tatiana lascia che il suo calmo sfogo venga assimilato, glielo sta dimostrando con i fatti: ciò che lui ha sempre e solo desiderato sbavando su quelle immagini hentai rubate online, è possibile. Lei ha visto le fantasie che nutre, camerierine asiatiche che sottomettono vecchi bavosi, uomini più o meno prestanti schiacciati da piedi femminili, immagini e video di footjob. Ora la sua vena vendicativa sta sfogando su di lui anni di frustrazioni, di incomprensioni, di chiusura mentale, non è feticista, non le piacciono particolarmente i piedi e non avverte la necessità di qualcuno che glieli adori, ma quando serve, ci si adatta. Dopo averle sfilato la calza Mirco passa delicatamente la lingua tra le sue dita, sa di dover prestare particolare attenzione, sa che soffre di solletico, sa che potrebbe dargli un calcio, e non crede se ne sentirebbe in colpa.

"Penso che dovrò cercare qualcuno che mi dia quello che non mi dai tu. Qualcuno al di fuori della nostra coppia."

"Io voglio rimanere con te."

"Non ho detto che voglio lasciarti, ti amo, non chiedermi come sia possibile, ma è ancora così. Ma sinceramente, così non mi va bene, ti sto offrendo la possibilità di farmi felice, anche se magari in un modo poco convenzionale."

"Ho bisogno di rifletterci"

"Mi pare giusto, non è una cosa che si possa decidere in una sera, io ci ho messo un po' di tempo per venire a patti con questa soluzione, ma non ne ho trovate altre. Ti ho dato diverse possibilità, ho cercato di parlare con te di queste cose. Ma non posso costringerti a partecipare alle conversazioni, non posso tirarti sempre fuori dalla bocca le cose che non funzionano, sei un adulto, se non ne vuoi parlare con me, peggio per te. "

Senza fretta Tatiana si alza dal divano, raccoglie scarpe e calze, va a riporle lasciandolo in salotto, ancora legato; calmi i gesti con i quali si spoglia definitivamente, mentre si sta mettendo il pigiama, lui gattonando si presenta sull'uscio della camera.

"Puoi slegarmi, per favore?"

Tatiana lo guarda, vede come prende atto che la serata è finita, che non ci sarà la scopata che si aspettava quando sono arrivati a casa.

"Ti slego, puoi rivestirti, fare una partita con la play se credi. Io andrò a letto, tu hai parecchio su cui riflettere."

Dopo esser stato slegato, le augura la buona notte e torna in salotto, sistemerà quelle due cose che lei ha lasciato in giro, probabilmente si farà una sega davanti al computer.
scritto il
2024-07-20
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