La passera fredda
di
Margie
genere
esibizionismo
La brezza mattutina ha reso indispensabile un po' di calore. Come al solito mi ha scopata “soddisfacentemente” (parola sua). Colazione; tunichetta e scalza io, sandali, polo e braghette corte lui. Via in macchina, con la pelle d'oca. Con la sua destra fra le mie cosce, ovviamente; indecentemente. Mica per nulla abbiamo acquistato un'auto col cambio automatico. Vedano pure, qui in autostrada. Mi fa piacere, quasi come il movimento lento della sua mano.
Dove ci siamo sdraiati non c'è nessuno. Le previsioni del tempo hanno sbagliato del tutto: questa sarebbe pioggia? E allora che ci fa sopra di noi questo sole radioso? Si sente soltanto il biascicare ritmico della risacca nascosta dai cespi di erbe pioniere, accompagnato da una brezza che lascia tacere le fronde della pineta alle nostre spalle. La pelle si scalda. Siamo nudi e il crescente calore mi fa appisolare. Mi risveglio. Da una parte, a una ventina di metri da noi, due gay; dall'altra, ma più lontane, tre coppie, in piedi. Passa qualche curioso che con timida arroganza contrasta con la nostra indifferenza.
Il sole quasi meridiano mi ha scaldata a puntino. La mia pelle è asciutta, tranne all'inguine, dove l'aria mi fa percepire l'effetto della mia umidità. Mio marito ritorna col frigorifero portatile, si toglie i pantaloncini e si sdraia di nuovo accanto a me. Mi beo di questo primo sole d'aprile sentendo più caldi i piercing. Mi beo anche della piacevole visione del suo cazzo barzotto. Mi dice che la mia passera luccica. “Come può non farlo, coi piercing di metallo lucido?” E lui ride, proprio divertito. No, io non sono capace di trattenermi. Imbocco il suo uccello, m'inebrio del suo sapore che mi rimbalza in bocca, che dal palato scivola nel naso e si diffonde in tutto il mio corpo. Lui si mette comodo, mentre io mi concentro nello sforzo di non graffiarlo coi denti. Ma che credete: ce l'ha grosso davvero; soprattutto largo. Vedo soltanto un lembo del suo corpo; mi accorgo che si muove. Alzo gli occhi: apre il frigorifero, estrae una delle mattonelle di ghiaccio e dalla mia bocca toglie preventivamente il cazzo. Improvviso, letale, il movimento: me la struscia, gelida sulla figa bollente, me l'appoggia sulla pelle calda di sole. Mi contraggo tutta; credo aderiscano all'azione anche le palpebre. Mi esce dalla bocca uno strillo. Implodo, mi decontraggo. Una lacrima rovente sgorga dalla mia passera che pare chiusa per trattenere il proprio calore, per escludere da sé il gelido contatto. La mattonella mi sfiora qua e là: brevi tocchi, strisciate lente o rapide. Appena una finisce ne attendo un'altra. Di attimo in attimo il trattamento mi trasforma in carne eccitata, in desiderio profondo. Quanto dura? Il mio calore si trasforma in voglia feroce. Mi sembra di essere cosparsa di macchie gelide che svaniscono lente ai raggi del sole. Ma lui continua. La mia bocca l'aveva preparato bene, il suo cazzo. Era quasi pronto per scoparmi. Com'è adesso? Lo tocco: la sua temperatura dice tutto sulla sua erezione. La mia voglia è alle stelle. Però lui si nega. Invece di fottermi continua a strusciare la mattonella sulla mia passera aperta. Sento contrazioni intense come crampi. Ho l'orgasmo pronto. Lui lo sa e rallenta. Intanto la mia pelle è tornata ad essere bollente, eccezion fatta per la figa che risulta ghiacciata. Insiste. Non ce la faccio più: lo spingo sulla rena e gli salto addosso, infilandomi agevolmente (come agevolmente? Mi pareva di avere la figa chiusa e stretta che neanche fossi vergine!) il suo cazzo che percepisco come un tronco di baobab. Grido subito. Graffio. Godo. Muoio. Sono morta. No, non sono morta: adesso sono con lui sopra che mi scopa a mille e mi strizza forte i capezzoli. Capisco soltanto che il mio corpo è travolto; è sconvolto da irruenza sua, mia, nostra. Credo che il mio piacere sia tanto da coinvolgere anche le erbe presso di noi. Qualcuno ci guarda. O è un'immagine creata dal mio sconvolgimento? Lui mi tira il piercing di un capezzolo. Reagisco con una forte contrazione della figa. Gliel'ho spezzato? No, l'urlo è mio. Di piacere di orgasmo. Numero uno o mille? Viene. Esplodo. Tracollo totalmente. Sono priva di forze. Nemmeno mi resta l'energia per pensare. È uscito da me. Non me ne sono accorta. Il suo cazzo luccica di me. La mia figa gronda di me, di noi. Porto alla bocca la nostra essenza caldissima e mi beo degli aromi che m'invadono naso e bocca. La mia figa mi sembra un cratere di vulcano eruttante. Lentamente ci passo sopra due dita: è bella aperta. Lui ce l'ha ancora duro; mi guarda beffardo. “Non te l'avevo mai trovata così fredda. Di solito sei bollente. Sono riuscito a scaldartela un po? Io però pensavo di metterti a novanta...” Se questo non è un colpo basso io sono illibata. La mia conseguente contrazione fa sgorgare un fiotto di noi dalla figa. Fra le altre mie reazioni c'è un'esclamazione di gioiosa approvazione. Se gli pare, prenda pure un'altra mattonella di ghiaccio. Però mi renda brucianti di schiaffi le chiappe. Però mi sfondi intensamente. Che crede, che sia una sciacquetta da una botta e via, che dopo pochi orgasmi è sfiancata? Lo sa benissimo, e se ne approfitta. Anch'io.
Mi rivesto soltanto quando arriviamo alla macchina. Ho le chiappe arrossate, ma non dalla giornata sotto il sole. Mi dolgono i capezzoli, figa e buco del culo, ma neanche per questo il sole ha qualche responsabilità: avete mai visto che il sole lasci lividi? Eventualmente eritemi, o bolle. Per fortuna c'è il viaggio di ritorno e poi, finalmente, a casa. Vedo bene che anche lui ha ancora voglia di sesso. E io, perché dovrei tirarmi indietro?
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