Mercoledì
di
Margie
genere
dominazione
Non torno a casa, stasera. È in previsione di questa scelta che mi sono portata dietro uno zainetto con calze e camicia di ricambio e quel poco per truccarmi. Nonostante il momentaccio che non passa ho voglia di sesso. Io ho voglia di sesso e mio marito è assente per lavoro e tornerà venerdì. Altrimenti, col cavolo che mi fermerei qui in città. È una situazione che griderebbe vendetta al cospetto di Dio. Oh, lo so benissimo: se lui ha voglia si prende su una qualsiasi zoccola e se la sbatte. Lo farebbe senza quella mancanza di rispetto che pratica con me, che rende inimitabili le sue chiavate. Come spesso succede, quella che si troverà sarà una che non capirà un cazzo del cazzo di mio marito. Comunque, contento lui... sarò gratificata di più quando tornerà. Avrà più voglia di scoparmi con irruenza e irrispettosamente. Come mi è indispensabile.
Ho una voglia irrefrenabile, sconfinata. È cresciuta continuamente, quest'anno. Lo ammetto: sono con la mente sballata. Oh, niente pastiglie o altre porcherie: queste sono fuori da ogni mia concezione. Mi basta la voglia che sento, per sbarellare. Ho preso alloggio in questo albergo per disperati, coppiette in cerca d'intimità a basso costo e prostitute. Non che sia in cerca di risparmi esasperati: preferisco così. I posti asettici non fanno per me, quando la voglia s'impossessa di me in un certo modo.
Prima di cena sono passata per un sex shop. Ero piena di voglia e senza nulla da sbattermi in corpo. In albergo mi ero masturbata appena giunta in camera, ma senza riuscire a calmarmi, neppure dopo che avevo schizzato sul cuscino. Anzi, questo mi aveva eccitata ancora di più. Mi sono comprata un plug. Grossetto, eh!
Conosco questa trattoria in cui ceno: un antipasto misto di pesce o una pasta sarebbero sufficienti per una cena, ma poi non si può evitare un dolce. Io, almeno, non posso. Sono tutti fatti da artigiani maestri pasticceri. Ne mangio tre, sperando di trovare nell'abbuffata una strada più breve per il sonno. Appena entrata ero passata alla toilette. Avevo leccato bene il plug e me l'ero infilato nel culo. Prima di prender posto al tavolo. Mi sentivo meglio, così. Mi sentivo, e mi sento, più me stessa.
Rientro in albergo. Incrocio due prostitute sulla soglia: immagino che andranno a battere sul viale qui sul retro dell'albergo o, peggio, sulla strada che porta alla città vicina. Le invidio, nonostante sappia bene che razza di amore troveranno; o forse proprio per quello. Sento il plug più intensamente dentro di me. Mi urge tornarmene nella mia cameretta, entusiasticamente squallida. Si capisce subito quale sia la sua destinazione principale, che cosa avvenga per la maggior parte dei giorni tra quelle quattro mura.
Via la giacca, la camicia, le scarpe e la gonna. Sono nuda. Mi sdraio e mi masturbo: una mano per la figa e l'altra per giocare coi piercing. Vengo quasi subito, come al solito, e continuo, come al solito. Voglio portarmi molto in là. Cerco quella specie di pace che resta quando la dissolutezza si dissolve, quando la libidine è logorata, consumata.
Mi sono appisolata. Sono ancora nuda sul letto, col plug nel culo e circondata, assediata da una voglia brutale. Una rapida sgrillettata mi rende più lucida. Guardo l'orologio: sono soltanto le dieci. Sento passi, poi chiudersi la porta della stanza accanto. Le pareti sono sottili. Si capisce benissimo che cosa avvenga. L'intercorso è breve: lui viene con un grugnito, lei ha simulato per tutta la breve durata. Non ne ho alcuna prova, che abbia simulato, ma ne sono certa. Ha finto bene. Chissà se viene pagata per l'atto o per la recita. Magari lui le darà anche una mancia, dopo aver saldato in anticipo la parcella. La porta della stanza si chiude di nuovo. Dai passi sul pavimento capisco che lei è rimasta nella camera. Forse rassetterà un poco.
Guardo il mio tailleur. Non va bene: non posso andare in cerca di sesso vestita con quello: un abito da suora andrebbe meglio per raccattare qualche pervertito in giro. Quasi quasi cerco di capire quando esce e le chiedo se mi può prestare una delle sue gonnelline succinte. Andrei a farle concorrenza? Sento dei passi e delle voci. Socchiudo la porta e sbircio. È un'altra, con cliente. Ha l'aria rozza, questo. Lei invece è molto carina, bionda, coi capelli lunghi e lisci, abbastanza alta. Il viso è solcato da un sorriso triste, inespressivo, stereotipato. Un sorriso pianto. Pochi attimi e la coppia sparisce dal mio ristretto campo visivo. Non posso evitare d'immaginare una lacrima scorrere sul viso della ragazza. Me la vedo seminuda che si fa usare, magari anche nasconde l'indifferenza o il ribrezzo con qualche sospiro male imitato. Gioco col plug. I miei di sospiri invece sono reali, di piacere. Ma questo piacere non assomiglia neanche un po' a ciò di cui ho bisogno. Gioco con la mia figa, gioco con le tette, coi capezzoli, mi accarezzo il buco ripieno; manovro i piercing, bruscamente. Ogni volta sono trafitta da una scossa di dolore e da una scarica violenta di piacere. Serro la bocca per evitare di disturbare le puttane che lavorano nelle camere vicine. Cedo. Grido. Pochi attimi e mi bussano alla porta. La ragazza che avevo visto prima e un'altra. Apro, nuda ma imbarazzata. Io imbarazzata! Se non fossi in questo stato mentale scoppierei a ridere all'idea. Sono straniere. Ammiccano vedendo le macchie sul letto. L'incidente è spiegato, concluso. L'altra prostituta nel salutarmi mi invita a un po' di moderazione. Qualcuno potrebbe pensare che stia succedendomi qualcosa di brutto. Visto l'ambiente...
Non ho avuto il coraggio di chiedere in prestito o in affitto un loro vestito. Però poi schiaccerò la bocca sul cuscino. Mi corico, mi copro. Mi sono appisolata; mi risveglio. È l'una. Penso che alle nove dovrò essere in ufficio. Mi sento triste, sempre di più; non riesco a prender sonno e ho voglia di fare sesso. Se fosse almeno giovedì... perché di giovedì potrei chiamare un taxi e farmi portare a un sex club. Ma è mercoledì e anche se i taxi circolano i sex club qui sono chiusi, tutti. Mi chiedo se le prostitute stiano ancora lavorando. Immagino di domandare a una che rientra accompagnata da un cliente se mi permetta di sostituirla. “Mi faccio fottere io al tuo posto, se lui è d'accordo. I soldi restano tuoi, intanto ti riposi un po', recuperi”, immagino di dirle. Corro con la fantasia: io che vengo sbattuta dal cliente, lei che guarda. Io che lo invito a darmi dentro più forte, a concedersi libertà extra. Lui che finisce, si riveste e se ne va. Lei che mi si avvicina e mi chiede preoccupata come mi senta. Mi accarezza dolcemente una gota, mi bacia sulla fronte. Ricambio, sulle labbra. Ci abbracciamo. La dolcezza si estende accompagnata da carezze sempre più coinvolgenti. Le domando se debba tornare sul marciapiedi. Può stare con me, ha finito. La sua lingua s'insinua nella mia bocca. Ci strusciamo l'una con l'altra. Mentre si spoglia vuol sapere dei piercing. La invito a giocarci. Godiamo con intensità, con abbondante passione. Molto a lungo. Queste le fantasie. La realtà è che mi sono masturbata un'altra volta, forte, che mi dolgono un po' i punti in cui i piercing mi trapassano la carne. Ci ho messo troppa energia, ma ho goduto ancora di più.
Mi coglie la sveglia del telefono. Sono le sette e mezza. Sento ancora il plug nel culo. Ho ancora voglia, forse anche più di ieri. Ho tutto il tempo per agire con calma. Arriverò al lavoro più rilassata? Ripenso alla notte trascorsa. Cerco di darmi forza accarezzandomi la passera. Affondo il viso nel cuscino. Le mie grida si perdono in pochi centimetri. Vado nel ridotto bagno e mi preparo. Sì, è un bagno sacrificato, squallido. Muovercisi non è il massimo dell'agio e lavarsi significa bagnare dappertutto. Torno a casa, stasera, o blocco questa stanza? Se ci saranno voglie da sedare posso trovare gli indumenti adatti al sex shop. Non è lontano. Non mi è neppure difficile pensare che le voglie ci sono già, la prima è quella di farlo con la prima persona che mi capita a tiro. Stasera il primo taxi di passaggio mi accompagnerà in qualche club. Un pompino al tassista? Certo. Non per sostituire il pagamento del trasporto, bensì per ringraziamento per il consiglio e le spiegazioni per giungere a una scelta conforme ai miei gusti e alle mie larghe esigenze. Così entrerò con le tracce saporose del suo sperma in bocca. Forse pure addosso, una sorta di vestito mimetico. Oppure dentro. Potrei dargli il culo e, dopo che lui me l'ha irrorato per bene, tapparlo col plug, per evitare dispersioni fastidiose, per qualcun altro. Non per me: adoro sentire il seme virile scorrermi fuori e striarmi di luccichii l'interno delle cosce, ma per chi mi vedesse, che potrebbe scandalizzarsi o almeno ritenere che mi comporti da scostumata. Scostumata io? Troia come sono, chissà, forse mi troverei a dovergli spiegare che quello è il minimo sindacale. Il massimo, per l'occasione, lo può decidere lui, a suo piacimento. O secondo i gusti degli astanti. Per i miei gusti andrebbe meglio il peggio.
Ho una voglia irrefrenabile, sconfinata. È cresciuta continuamente, quest'anno. Lo ammetto: sono con la mente sballata. Oh, niente pastiglie o altre porcherie: queste sono fuori da ogni mia concezione. Mi basta la voglia che sento, per sbarellare. Ho preso alloggio in questo albergo per disperati, coppiette in cerca d'intimità a basso costo e prostitute. Non che sia in cerca di risparmi esasperati: preferisco così. I posti asettici non fanno per me, quando la voglia s'impossessa di me in un certo modo.
Prima di cena sono passata per un sex shop. Ero piena di voglia e senza nulla da sbattermi in corpo. In albergo mi ero masturbata appena giunta in camera, ma senza riuscire a calmarmi, neppure dopo che avevo schizzato sul cuscino. Anzi, questo mi aveva eccitata ancora di più. Mi sono comprata un plug. Grossetto, eh!
Conosco questa trattoria in cui ceno: un antipasto misto di pesce o una pasta sarebbero sufficienti per una cena, ma poi non si può evitare un dolce. Io, almeno, non posso. Sono tutti fatti da artigiani maestri pasticceri. Ne mangio tre, sperando di trovare nell'abbuffata una strada più breve per il sonno. Appena entrata ero passata alla toilette. Avevo leccato bene il plug e me l'ero infilato nel culo. Prima di prender posto al tavolo. Mi sentivo meglio, così. Mi sentivo, e mi sento, più me stessa.
Rientro in albergo. Incrocio due prostitute sulla soglia: immagino che andranno a battere sul viale qui sul retro dell'albergo o, peggio, sulla strada che porta alla città vicina. Le invidio, nonostante sappia bene che razza di amore troveranno; o forse proprio per quello. Sento il plug più intensamente dentro di me. Mi urge tornarmene nella mia cameretta, entusiasticamente squallida. Si capisce subito quale sia la sua destinazione principale, che cosa avvenga per la maggior parte dei giorni tra quelle quattro mura.
Via la giacca, la camicia, le scarpe e la gonna. Sono nuda. Mi sdraio e mi masturbo: una mano per la figa e l'altra per giocare coi piercing. Vengo quasi subito, come al solito, e continuo, come al solito. Voglio portarmi molto in là. Cerco quella specie di pace che resta quando la dissolutezza si dissolve, quando la libidine è logorata, consumata.
Mi sono appisolata. Sono ancora nuda sul letto, col plug nel culo e circondata, assediata da una voglia brutale. Una rapida sgrillettata mi rende più lucida. Guardo l'orologio: sono soltanto le dieci. Sento passi, poi chiudersi la porta della stanza accanto. Le pareti sono sottili. Si capisce benissimo che cosa avvenga. L'intercorso è breve: lui viene con un grugnito, lei ha simulato per tutta la breve durata. Non ne ho alcuna prova, che abbia simulato, ma ne sono certa. Ha finto bene. Chissà se viene pagata per l'atto o per la recita. Magari lui le darà anche una mancia, dopo aver saldato in anticipo la parcella. La porta della stanza si chiude di nuovo. Dai passi sul pavimento capisco che lei è rimasta nella camera. Forse rassetterà un poco.
Guardo il mio tailleur. Non va bene: non posso andare in cerca di sesso vestita con quello: un abito da suora andrebbe meglio per raccattare qualche pervertito in giro. Quasi quasi cerco di capire quando esce e le chiedo se mi può prestare una delle sue gonnelline succinte. Andrei a farle concorrenza? Sento dei passi e delle voci. Socchiudo la porta e sbircio. È un'altra, con cliente. Ha l'aria rozza, questo. Lei invece è molto carina, bionda, coi capelli lunghi e lisci, abbastanza alta. Il viso è solcato da un sorriso triste, inespressivo, stereotipato. Un sorriso pianto. Pochi attimi e la coppia sparisce dal mio ristretto campo visivo. Non posso evitare d'immaginare una lacrima scorrere sul viso della ragazza. Me la vedo seminuda che si fa usare, magari anche nasconde l'indifferenza o il ribrezzo con qualche sospiro male imitato. Gioco col plug. I miei di sospiri invece sono reali, di piacere. Ma questo piacere non assomiglia neanche un po' a ciò di cui ho bisogno. Gioco con la mia figa, gioco con le tette, coi capezzoli, mi accarezzo il buco ripieno; manovro i piercing, bruscamente. Ogni volta sono trafitta da una scossa di dolore e da una scarica violenta di piacere. Serro la bocca per evitare di disturbare le puttane che lavorano nelle camere vicine. Cedo. Grido. Pochi attimi e mi bussano alla porta. La ragazza che avevo visto prima e un'altra. Apro, nuda ma imbarazzata. Io imbarazzata! Se non fossi in questo stato mentale scoppierei a ridere all'idea. Sono straniere. Ammiccano vedendo le macchie sul letto. L'incidente è spiegato, concluso. L'altra prostituta nel salutarmi mi invita a un po' di moderazione. Qualcuno potrebbe pensare che stia succedendomi qualcosa di brutto. Visto l'ambiente...
Non ho avuto il coraggio di chiedere in prestito o in affitto un loro vestito. Però poi schiaccerò la bocca sul cuscino. Mi corico, mi copro. Mi sono appisolata; mi risveglio. È l'una. Penso che alle nove dovrò essere in ufficio. Mi sento triste, sempre di più; non riesco a prender sonno e ho voglia di fare sesso. Se fosse almeno giovedì... perché di giovedì potrei chiamare un taxi e farmi portare a un sex club. Ma è mercoledì e anche se i taxi circolano i sex club qui sono chiusi, tutti. Mi chiedo se le prostitute stiano ancora lavorando. Immagino di domandare a una che rientra accompagnata da un cliente se mi permetta di sostituirla. “Mi faccio fottere io al tuo posto, se lui è d'accordo. I soldi restano tuoi, intanto ti riposi un po', recuperi”, immagino di dirle. Corro con la fantasia: io che vengo sbattuta dal cliente, lei che guarda. Io che lo invito a darmi dentro più forte, a concedersi libertà extra. Lui che finisce, si riveste e se ne va. Lei che mi si avvicina e mi chiede preoccupata come mi senta. Mi accarezza dolcemente una gota, mi bacia sulla fronte. Ricambio, sulle labbra. Ci abbracciamo. La dolcezza si estende accompagnata da carezze sempre più coinvolgenti. Le domando se debba tornare sul marciapiedi. Può stare con me, ha finito. La sua lingua s'insinua nella mia bocca. Ci strusciamo l'una con l'altra. Mentre si spoglia vuol sapere dei piercing. La invito a giocarci. Godiamo con intensità, con abbondante passione. Molto a lungo. Queste le fantasie. La realtà è che mi sono masturbata un'altra volta, forte, che mi dolgono un po' i punti in cui i piercing mi trapassano la carne. Ci ho messo troppa energia, ma ho goduto ancora di più.
Mi coglie la sveglia del telefono. Sono le sette e mezza. Sento ancora il plug nel culo. Ho ancora voglia, forse anche più di ieri. Ho tutto il tempo per agire con calma. Arriverò al lavoro più rilassata? Ripenso alla notte trascorsa. Cerco di darmi forza accarezzandomi la passera. Affondo il viso nel cuscino. Le mie grida si perdono in pochi centimetri. Vado nel ridotto bagno e mi preparo. Sì, è un bagno sacrificato, squallido. Muovercisi non è il massimo dell'agio e lavarsi significa bagnare dappertutto. Torno a casa, stasera, o blocco questa stanza? Se ci saranno voglie da sedare posso trovare gli indumenti adatti al sex shop. Non è lontano. Non mi è neppure difficile pensare che le voglie ci sono già, la prima è quella di farlo con la prima persona che mi capita a tiro. Stasera il primo taxi di passaggio mi accompagnerà in qualche club. Un pompino al tassista? Certo. Non per sostituire il pagamento del trasporto, bensì per ringraziamento per il consiglio e le spiegazioni per giungere a una scelta conforme ai miei gusti e alle mie larghe esigenze. Così entrerò con le tracce saporose del suo sperma in bocca. Forse pure addosso, una sorta di vestito mimetico. Oppure dentro. Potrei dargli il culo e, dopo che lui me l'ha irrorato per bene, tapparlo col plug, per evitare dispersioni fastidiose, per qualcun altro. Non per me: adoro sentire il seme virile scorrermi fuori e striarmi di luccichii l'interno delle cosce, ma per chi mi vedesse, che potrebbe scandalizzarsi o almeno ritenere che mi comporti da scostumata. Scostumata io? Troia come sono, chissà, forse mi troverei a dovergli spiegare che quello è il minimo sindacale. Il massimo, per l'occasione, lo può decidere lui, a suo piacimento. O secondo i gusti degli astanti. Per i miei gusti andrebbe meglio il peggio.
1
voti
voti
valutazione
8
8
Continua a leggere racconti dello stesso autore
racconto precedente
Noleggio bicicletteracconto sucessivo
Momenti piccanti
Commenti dei lettori al racconto erotico