Ricordo materno
di
Margie
genere
bisex
Perché mio marito è stato chiamato proprio oggi? Il peggio è che tornerà domani. La giornata era cominciata proprio bene. L'antipasto di scopata con eiaculazione in bocca mi avevano lasciato distesa e disponibile. Doveva essere un'intera settimana fra di noi, magari con qualche evasione, qui al mare. E invece adesso sono qui sola, stesa sui ciottoli, nuda, ad abbronzarmi. Ad essere bagnata per nulla. Il sole picchia e la mia pelle è infocata. Guardo l'ora: le undici e un quarto. Vorrei compagnia, ma qui attorno c'è poca gente. Le presenze s'infittiscono a una cinquantina di metri. Potrei andare al chiosco a bere qualcosa, a mangiare un po' di frutta. Magari ci scappa una sveltina con uno dei due camerieri, quello biondo. Ha l'aria porca, l'altro mi sembra meno adatto a me. Ci fantastico un po', su quel biondino con la faccia da schiaffi. Mi spiego: di uno che se ti sculaccia te lo ricordi bene quando poi ti siedi. Quasi quasi vado ad abbordarlo. Mentre mi sto avvicinando arriva da lui una fanciulla dalle movenze eleganti. Bellezza da concorso. I due si baciano. Io cerco di spegnere i miei bollori. Comunque c'è pur sempre l'altro. Non mi sforzo, quindi, a spegnere il fuoco. Intanto però lo vedo inforcare una bicicletta e andarsene. Ma oggi non si raccatta proprio niente? Torno dov'ero prima e mi sdraio di nuovo. Mi appisolo.
Deposita la borsa e stende l'asciugamano a poca distanza da me. Mi volta le spalle e si denuda. Non le ci vuole tanto: come faccio io, non indossa altro che il vestito. Forse definirlo vestito è ottimistico, comunque se ne libera. Con tutto lo spazio che c'è poteva anche evitare questa vicinanza: poco più di un metro. Immobile scruto il suo corpo seduto mentre si spruzza l'olio solare. Le mani denotano un'età decisamente superiore alla mia. È ridicola la vista delle sue tette. Ora che è distesa e svettano diritte con la pelle liscia, sembra quasi trasparente. Tette sintetiche, coi capezzoli trapassati da due barrette ciascuno, a croce. Potrebbe esser coetanea di mia madre. Chissà come saranno adesso le sue mani. Sono circa quindici anni che non le vedo. È lontana, nel tempo come nello spazio. È presto perché la ricordi sfumata. Mi hanno cacciata dalla loro vita, i miei genitori... mi hanno cacciata dalla famiglia. Sbagliato: mi hanno cancellata. Non esiste più nessun rapporto.
Mi scuoto. Riprendo ad osservare la donna accanto a me. Penso che ci possono scambiare per zia e nipote. Madre e figlia no, non ho più una madre, da quel giorno. E oggi è uno di quei giorni in cui mi torna in mente. Non come affetto, no: mi chiedo se ce ne sia più stato dopo che siamo venuti in Italia. Già prima aveva più spazio la rigida freddezza di quanto non avesse la tenerezza. Quando poi mi ha scoperto abbracciata a un ragazzo... sia chiaro: vestita. Piuttosto la ricordo come immanente condanna.
Osservo la donna al mio fianco cercando di togliermi dalla mente colei che è stata mia madre. Capisco che è l'esatto opposto di lei. Non proprio come avrei voluto che fosse mia madre. È per questo che la guardo, non sfacciatamente. Un po' di rispetto per una sconosciuta. Mi sembra d'averla vista ieri in un negozio, ma da questo è difficile ipotizzare non soltanto una conoscenza, ma anche un cenno di saluto. Allarga le gambe e guardo il ciuffetto di peli inguinali. Già ero bagnata quand'è arrivata, ma ora ho l'impressione che ci sia del metallo e percepisco nitidamente l'umidità sbocciare sulla mia passera. Ho voglia di spalancare le cosce e masturbarmi, ma cerco di resistere. Chiudo gli occhi e cerco di evitare i pensieri da troia. Però la troia ha già cominciato ad impossessarsi di me. Cerco di concentrarmi su altro. Ma le immagini che ho negli occhi della mente sono quella dei suoi piercing e quella delle sue unghie laccate di verde chimico che mi graffiano. Mio marito, mi sono accorta, è attratto dai piercing. È per questo che anch'io mi sono fatta trapassare un capezzolo. Mi ha fatto male, molto, ma ne sono entusiasta e l'altro riceverà lo stesso trattamento fra qualche giorno, quando saremo di ritorno. Dice che fa troia e questo mi stimola. Tanto più che l'effetto che ho riscontrato può essere decisamente positivo. Mi pare intanto di sentire sulla pelle il bruciore dei graffi, con quelle unghie arcuate. Ma sento il suo sguardo che mi percorre impudico, infame ed insinuante. Sento che si alza e socchiudo gli occhi per controllare l'azione senza che lei se ne accorga più di tanto. È accovacciata con le cosce aperte, fruga nella borsa. Ha le labbra della passera meno prominenti delle mie, ma i piercing che le forano sono quattro su ciascun labbro. Nel clitoride un anello infilato in un foro dilatato da un cilindretto. Mi sembra che il clitoride mi si muova, si agiti. Di certo s'è gonfiato. Sono sicura che la figa sta pulsando e, che io voglia o no, lascia sgorgare succo di desiderio. Lo sento: sembra un piccolo mollusco liquido che sporge il capo dal suo guscio. Quanto poco ci vuole perché i pensieri mutino in desideri? Lei si mette di fianco, il volto a guardarmi. Le sue tette non si muovono, restano tonde esattamente come quand'era supina. Mi sorride. Ha l'aria libidinosa. Sono io che mi alzo e con un cenno la invito a immergersi con me nell'acqua tiepida. Sorride e mi segue.
Nell'acqua ci sfioriamo. Lo sfioramento rompe ogni barriera. La bacio. La mia lingua trova sentore di sperma. Quanto tempo sarà trascorso dal momento di quel pompino? Infila le dita nella mia passera. La trova aperta. Le muove con delicatezza, ma percepisco nitide le unghie che si muovono lente dentro di me. Troppo lente. Ne accentuo l'effetto con movimenti bruschi, convulsi. Appena le estrae strusciamo le fighe l'una contro l'altra.
Dopo l'orgasmo di entrambe torniamo a riva, lasciamo che il sole disegni col sale piccoli arabeschi sulla nostra pelle. M'invita da lei. Sarà anche ridicola, ma mi fa ancora voglia. Anzi, mi fa ancor più voglia di prima. Ci andrei subito, da lei, ma è per la notte che mi vuole. Preferirei subito, per proseguire di notte.
Quanto avvenuto sinora non è una semplice promessa: è un esplicito desiderio d'intensità. Intanto tengo vivida la mia voglia. La faccio lievitare pensando a mia madre: perché privarmi di questo? No, no intendo dire che avrei voglia di un rapporto sessuale con lei, ma semplicemente attestare che ha sempre preteso che me ne privassi. Guardo l'ora. Che cosa posso fare per tutto questo tempo? Il pensiero di stasera e la promessa, si confondono nel sole che mi scalda la pelle. La risacca si fa accompagnare da ricordi di momenti con mia madre. Poco affetto, ma quando piangevo per le umiliazioni subite a scuola le sue parole, pur secche e brusche, mi spiegavano come e perché. Non serviva a nulla, però mi hanno indotto ad imparare meglio l'italiano. Ci sarebbe voluto il nonno: lui sì che lo parlava. La sua parlata, ora, nella memoria, mi pare strana. Me li ricordo appena, i genitori di mia madre. Svanito il nonno dentro una bara, ucciso, svanita la nonna dietro una porta che si chiudeva.
Gli schiaffi delle onde che si dissolvono sulla battigia mi riportano alla donna al mio fianco. La osservo mentre messaggia. Un ragazzone passa a qualche metro da noi. Lei si alza e lo abborda. Forse no, forse lo conosceva già prima. Viene da me e mi chiede se le posso tenere d'occhio le sue cose. Sarà di ritorno nel giro di un'oretta. Rispondo di sì e me ne pento quando già è scomparsa dalla mia vista. E se qualcuno si facesse avanti con me? O se io mi volessi proporre a qualcuno? Questo no, a dispetto della mia voglia assurda. Voglio restare al sole e adesso la spiaggia si sta svuotando. Il chiosco invece s'è riempito e i due camerieri si muovono come mosche impazzite fra i tavoli. Continuo a perdere occasioni. Mi sono innervosita. In più sono perseguitata dalle apparizioni materne, con collegamenti pindarici fra lei e la realtà. Immagini fredde e dolorose. Non è la mancanza. Non mi manca. È la presenza, eterea ma invadente. La porta s'è chiusa alle mie spalle anche per me, forse più che per quella che era lamia famiglia. Niente voci, niente corrispondenza. Soltanto qualche fantasma, molto fastidioso e invadente.
La donna è tornata e apre la borsa. Ne estrae il portafogli, lo apre. Come? Temi che ti abbia fregato i soldi? Sto per chiederglielo, ma vedo che vi ripone dentro una banconota da cinquanta. A me almeno l'ha data gratis. La reciprocità mi ha salvata? E stasera? Glielo chiedo. Ride. Mi domanda se io voglia stare con lei sola o se sia meglio organizzare un'orgetta. A lei va bene lo stesso e mi darebbe anche una parte dell'introito. Le troie come me le sa riconoscere bene. Penso a mio marito che tornerà domani. Immagino la scena di lui che mi trova imbrattata di uomini e donne. Mi piega e m'incula, di colpo, senza preavviso, senza curarsi dell'urlo che lancerei, senza badare all'orgasmo squassante che mi coglierebbe rapido. Mi alzo, le salto addosso. Riprendiamo la battaglia di mezzogiorno. Più forte, intensa. Veniamo. Suggerisce di aspettare la sera, altrimenti ci arriverei stanca. Ribatto che stanca magari ci arriverà lei. Mi guarda divertita. Mi bacia e m'invita a cena. Prendiamo le nostre cose e andiamo, nude, verso la strada che conduce al paese, abbracciate. Le sue tette restano rigide mentre le braccia traballano un po' flaccide. Ci vestiremo dopo, sul bordo della strada. Basta un attimo a due come noi, per coprirci. O no? Magari, mi dice, qualcuno si ferma...
Deposita la borsa e stende l'asciugamano a poca distanza da me. Mi volta le spalle e si denuda. Non le ci vuole tanto: come faccio io, non indossa altro che il vestito. Forse definirlo vestito è ottimistico, comunque se ne libera. Con tutto lo spazio che c'è poteva anche evitare questa vicinanza: poco più di un metro. Immobile scruto il suo corpo seduto mentre si spruzza l'olio solare. Le mani denotano un'età decisamente superiore alla mia. È ridicola la vista delle sue tette. Ora che è distesa e svettano diritte con la pelle liscia, sembra quasi trasparente. Tette sintetiche, coi capezzoli trapassati da due barrette ciascuno, a croce. Potrebbe esser coetanea di mia madre. Chissà come saranno adesso le sue mani. Sono circa quindici anni che non le vedo. È lontana, nel tempo come nello spazio. È presto perché la ricordi sfumata. Mi hanno cacciata dalla loro vita, i miei genitori... mi hanno cacciata dalla famiglia. Sbagliato: mi hanno cancellata. Non esiste più nessun rapporto.
Mi scuoto. Riprendo ad osservare la donna accanto a me. Penso che ci possono scambiare per zia e nipote. Madre e figlia no, non ho più una madre, da quel giorno. E oggi è uno di quei giorni in cui mi torna in mente. Non come affetto, no: mi chiedo se ce ne sia più stato dopo che siamo venuti in Italia. Già prima aveva più spazio la rigida freddezza di quanto non avesse la tenerezza. Quando poi mi ha scoperto abbracciata a un ragazzo... sia chiaro: vestita. Piuttosto la ricordo come immanente condanna.
Osservo la donna al mio fianco cercando di togliermi dalla mente colei che è stata mia madre. Capisco che è l'esatto opposto di lei. Non proprio come avrei voluto che fosse mia madre. È per questo che la guardo, non sfacciatamente. Un po' di rispetto per una sconosciuta. Mi sembra d'averla vista ieri in un negozio, ma da questo è difficile ipotizzare non soltanto una conoscenza, ma anche un cenno di saluto. Allarga le gambe e guardo il ciuffetto di peli inguinali. Già ero bagnata quand'è arrivata, ma ora ho l'impressione che ci sia del metallo e percepisco nitidamente l'umidità sbocciare sulla mia passera. Ho voglia di spalancare le cosce e masturbarmi, ma cerco di resistere. Chiudo gli occhi e cerco di evitare i pensieri da troia. Però la troia ha già cominciato ad impossessarsi di me. Cerco di concentrarmi su altro. Ma le immagini che ho negli occhi della mente sono quella dei suoi piercing e quella delle sue unghie laccate di verde chimico che mi graffiano. Mio marito, mi sono accorta, è attratto dai piercing. È per questo che anch'io mi sono fatta trapassare un capezzolo. Mi ha fatto male, molto, ma ne sono entusiasta e l'altro riceverà lo stesso trattamento fra qualche giorno, quando saremo di ritorno. Dice che fa troia e questo mi stimola. Tanto più che l'effetto che ho riscontrato può essere decisamente positivo. Mi pare intanto di sentire sulla pelle il bruciore dei graffi, con quelle unghie arcuate. Ma sento il suo sguardo che mi percorre impudico, infame ed insinuante. Sento che si alza e socchiudo gli occhi per controllare l'azione senza che lei se ne accorga più di tanto. È accovacciata con le cosce aperte, fruga nella borsa. Ha le labbra della passera meno prominenti delle mie, ma i piercing che le forano sono quattro su ciascun labbro. Nel clitoride un anello infilato in un foro dilatato da un cilindretto. Mi sembra che il clitoride mi si muova, si agiti. Di certo s'è gonfiato. Sono sicura che la figa sta pulsando e, che io voglia o no, lascia sgorgare succo di desiderio. Lo sento: sembra un piccolo mollusco liquido che sporge il capo dal suo guscio. Quanto poco ci vuole perché i pensieri mutino in desideri? Lei si mette di fianco, il volto a guardarmi. Le sue tette non si muovono, restano tonde esattamente come quand'era supina. Mi sorride. Ha l'aria libidinosa. Sono io che mi alzo e con un cenno la invito a immergersi con me nell'acqua tiepida. Sorride e mi segue.
Nell'acqua ci sfioriamo. Lo sfioramento rompe ogni barriera. La bacio. La mia lingua trova sentore di sperma. Quanto tempo sarà trascorso dal momento di quel pompino? Infila le dita nella mia passera. La trova aperta. Le muove con delicatezza, ma percepisco nitide le unghie che si muovono lente dentro di me. Troppo lente. Ne accentuo l'effetto con movimenti bruschi, convulsi. Appena le estrae strusciamo le fighe l'una contro l'altra.
Dopo l'orgasmo di entrambe torniamo a riva, lasciamo che il sole disegni col sale piccoli arabeschi sulla nostra pelle. M'invita da lei. Sarà anche ridicola, ma mi fa ancora voglia. Anzi, mi fa ancor più voglia di prima. Ci andrei subito, da lei, ma è per la notte che mi vuole. Preferirei subito, per proseguire di notte.
Quanto avvenuto sinora non è una semplice promessa: è un esplicito desiderio d'intensità. Intanto tengo vivida la mia voglia. La faccio lievitare pensando a mia madre: perché privarmi di questo? No, no intendo dire che avrei voglia di un rapporto sessuale con lei, ma semplicemente attestare che ha sempre preteso che me ne privassi. Guardo l'ora. Che cosa posso fare per tutto questo tempo? Il pensiero di stasera e la promessa, si confondono nel sole che mi scalda la pelle. La risacca si fa accompagnare da ricordi di momenti con mia madre. Poco affetto, ma quando piangevo per le umiliazioni subite a scuola le sue parole, pur secche e brusche, mi spiegavano come e perché. Non serviva a nulla, però mi hanno indotto ad imparare meglio l'italiano. Ci sarebbe voluto il nonno: lui sì che lo parlava. La sua parlata, ora, nella memoria, mi pare strana. Me li ricordo appena, i genitori di mia madre. Svanito il nonno dentro una bara, ucciso, svanita la nonna dietro una porta che si chiudeva.
Gli schiaffi delle onde che si dissolvono sulla battigia mi riportano alla donna al mio fianco. La osservo mentre messaggia. Un ragazzone passa a qualche metro da noi. Lei si alza e lo abborda. Forse no, forse lo conosceva già prima. Viene da me e mi chiede se le posso tenere d'occhio le sue cose. Sarà di ritorno nel giro di un'oretta. Rispondo di sì e me ne pento quando già è scomparsa dalla mia vista. E se qualcuno si facesse avanti con me? O se io mi volessi proporre a qualcuno? Questo no, a dispetto della mia voglia assurda. Voglio restare al sole e adesso la spiaggia si sta svuotando. Il chiosco invece s'è riempito e i due camerieri si muovono come mosche impazzite fra i tavoli. Continuo a perdere occasioni. Mi sono innervosita. In più sono perseguitata dalle apparizioni materne, con collegamenti pindarici fra lei e la realtà. Immagini fredde e dolorose. Non è la mancanza. Non mi manca. È la presenza, eterea ma invadente. La porta s'è chiusa alle mie spalle anche per me, forse più che per quella che era lamia famiglia. Niente voci, niente corrispondenza. Soltanto qualche fantasma, molto fastidioso e invadente.
La donna è tornata e apre la borsa. Ne estrae il portafogli, lo apre. Come? Temi che ti abbia fregato i soldi? Sto per chiederglielo, ma vedo che vi ripone dentro una banconota da cinquanta. A me almeno l'ha data gratis. La reciprocità mi ha salvata? E stasera? Glielo chiedo. Ride. Mi domanda se io voglia stare con lei sola o se sia meglio organizzare un'orgetta. A lei va bene lo stesso e mi darebbe anche una parte dell'introito. Le troie come me le sa riconoscere bene. Penso a mio marito che tornerà domani. Immagino la scena di lui che mi trova imbrattata di uomini e donne. Mi piega e m'incula, di colpo, senza preavviso, senza curarsi dell'urlo che lancerei, senza badare all'orgasmo squassante che mi coglierebbe rapido. Mi alzo, le salto addosso. Riprendiamo la battaglia di mezzogiorno. Più forte, intensa. Veniamo. Suggerisce di aspettare la sera, altrimenti ci arriverei stanca. Ribatto che stanca magari ci arriverà lei. Mi guarda divertita. Mi bacia e m'invita a cena. Prendiamo le nostre cose e andiamo, nude, verso la strada che conduce al paese, abbracciate. Le sue tette restano rigide mentre le braccia traballano un po' flaccide. Ci vestiremo dopo, sul bordo della strada. Basta un attimo a due come noi, per coprirci. O no? Magari, mi dice, qualcuno si ferma...
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