Laura è così
di
Troy2a
genere
tradimenti
Avevo conosciuto Laura in un priveé: ci era andata con il suo ragazzo di allora, aveva 30 anni. Io mi avviavo ai 40, anche se ne dimostravo qualcuno meno. Lei si era avvicinata e mi aveva preso per mano, poi si era diretta verso un altro uomo ed aveva scelto anche lui, accompagnandoci entrambi verso una delle salette riservate, seguiti dal suo fidanzato. Ci aveva limonato per bene entrambi, prima di spogliarsi. Ricordo i suoi lunghi capelli neri ed il suo sguardo a cui era impossibile resistere. Il suo uomo, senza dire nulla, si era seduto in un angolo ed aveva sbottonato i pantaloni, esibendo un cazzo poco al di sotto della norma, già in erezione. Di lui colpivano molto più i vestiti che la persona: lo avrei definito insignificante, incontrandolo per strada. Lei, oltre che bella, era maledettamente sicura di sé: lo si intuiva in ogni suo gesto, in ogni sua parola, delle poche che pronunciò. Spogliandosi, esibì un corpo che già si immaginava attraverso gli abiti, con un seno bello, sodo, oltre che grande, una quarta abbondante, come avrei scoperto dopo. Ma il suo pezzo forte era il culo: sembrava scolpito nel marmo, con due incavi abbozzati poco più giù dell'articolazione femorale. Ci prese e ci trascinò sul letto, che ancora dovevamo spogliarci del tutto. Sentì la sua lingua scivolarmi intorno all'orbita oculare, poi sul naso e sulle labbra, senza fermarsi arrivò sul mento e lì si staccò, per andare a rendere lo stesso servizio all'altro uomo. Il cornuto, nel suo angolo, si segava lentamente. La bocca di Laura si alternava sapientemente sul corpo mi e dell'altro, indugiando sui punti più sensibili, quali i capezzoli, l'ombelico. Poi raggiunse l'inguine: le sue labbra baciavano tutto intorno al cazzo e la sua lingua percorreva il solco tra la coscia ed i genitali. Temetti di venire e di fare la figura del pirla, ma nessuna mai mi aveva eccitato così tanto. Avvicinò i nostri cazzi e li inumidì con la sua saliva, facendo saettare la lingua su di loro, prima di prenderli in bocca tutti e due. Poi si distese e mi tirò verso di lei, invitando l'altro a passargli di bocca il suo attrezzo. Le scivolai dentro lentamente e lei salutò il mio ingresso con un breve gemito, ricco di passione. La scopai dolcemente, attento a prolungare i tempi di quello stupendo atto di libidine il più possibile. Lei, di tanto in tanto, lasciava il cazzo dell'altro e fissava il suo sguardo nei miei occhi. Era uno sguardo dolce, lo sguardo di chi si gode il momento con passione e gioia, senza alcuna rabbia o voglia di affermarsi, di dominare. Andammo avanti così, con lei che fece capire all'altro che si sarebbe dovuto accontentare della sua bocca ed io che vivevo la scopata più bella che potessi immaginare, sempre lentamente, sempre affondando nel suo corpo con dolcezza, quasi con discrezione. Sentì l'altro grugnire e sollevai lo sguardo: un rivolo di sborra sfuggiva dalle labbra di Laura, mentre notavo il suo sforzo di deglutire, prima di ripulirlo con la lingua e lasciare che si allontanasse per rivestirsi e quasi fuggire via. Rimanemmo io e lei: io, lei ed il suo uomo all'angolo- ora i suoi occhi erano tutti per me ed i suoi gemiti erano diventati costanti, con le braccia avvinte al mio collo e le sue gambe che si serravano alle mie spalle. Avvertì chiari i prodromi dell'eiaculazione, accelerai il ritmo.
“Non puoi venirmi dentro!” mi sussurrò ed io mi sfilai da lei, eruttando sulla sua pancia il mio seme, con in cuor mio la delusione di non aver compiuto fino in fondo il mio atto d'amore. Lei raccolse con le dita la sborra e se la portò alla bocca, senza guardami. Poi mi afferrò di nuovo dietro al collo e mi avvicinò alla sua bocca. Non avrei mai pensato di baciare una donna che avesse appena inghiottito dello sperma. Ed invece ne stavo baciando una che aveva bevuto la sborra di due. E la stavo baciando con consapevolezza, con desiderio, con la voglia di sublimare qualcosa che era andato oltre il sesso.
“Tu sei già venuto, vero?” chiese al ragazzo seduto all'angolo.
“Due volte!” piagnucolò lui.
Lei vinse a stenti una smorfia di ribrezzo che le si disegnava sul volto.
“Andiamo, che è meglio!” disse, mentre cominciavamo a rivestirci e lei, tirando fuori dalla borsa una trusse, si rinfrescava il trucco leggero che aveva.
Cercai di parlare, ma non riuscì ad andare oltre un banale
“È stato bello!”
Cui lei rispose con un sorriso ed un bacio su una guancia.
Lasciai il priveé con una sorta di tristezza addosso, che decisi di stemperare al bar sotto casa mia, prendendomi una bella sbronza. Ma dopo il terzo rum, che misi tre ore a bere, rinunciai anche a quello e me ne tornai a casa. L'alba già chiariva l'orizzonte.
Entrai in camera e mi spogliai, prima di fare una doccia. Svuotai le tasche dei pantaloni, come ero solito fare, e solo allora trovai un kleenex che non avrei dovuto avere. C'era un nome scritto, il suo, seguito da un numero di cellulare. Senza riflettere, chiamai subito. Mi rispose una voce impastata di sonno.
“Pronto? Chi è?”
“Sono Maurizio!”
“Maurizio chi?”
“Maurizio... Scusami, hai ragione, non ci siamo presentati. Sono quello del priveé.”
“Ma sei pazzo a chiamarmi a quest'ora? Hai visto che ore sono?”
“Scusami, hai ragione! Ho agito di impulso: spero di non aver fatto casini. Lui è con te?”
“No, sta a casa sua. Vabbé, non ti preoccupare. Ma ora lasciami dormire; se hai voglia ci vediamo prima di pranzo al Bar Sole, per un aperitivo.”
“Certo! Scusami ancora e...” il clic del telefono mi disse che aveva chiuso. La doccia era andata a farsi benedire ed anche il sonno. Rimasi a guardare il sole che, lentamente, si sollevava alle spalle del palazzo di fronte al mio, in mutande, immerso in un turbinio di pensieri ed emozioni che sembrava voler far scoppiare il cuore. Alle 10, finalmente mi staccai e raggiunsi il bagno. Mi lasciai cullare dal getto dell'acqua per un tempo indefinito, poi rasai la barba. Lo specchio mi rimandava i segni di una notte insonne: per quanto mi sforzassi, non riuscivo a rendere presentabile il mio viso, deturpato da due occhiaie nere e dalle borse sotto gli occhi. Fui tentato di chiamarla e disdire l'appuntamento, ma un'altra voce, più forte, mi spingeva ad incontrarla.
Arrivai al Bar Sole con qualche minuto di ritardo: la riconobbi da lontano. Indossava un paio di anonimi jeans ed una maglietta di Guess neanche molto scollata, eppure più di uno, tra gli uomini, non riusciva a toglierle gli occhi di dosso. Il cameriere si avvicinò a lei, parlarono solo pochi secondi, poi lui si allontanò: gli avrà detto che aspetta qualcuno, pensai. Il cuore mi batteva all'impazzata, mentre percorrevo quegli ultimi metri che mi separavano da una donna che sarebbe dovuta essere l'avventura di una sera e che invece era lì ad aspettarmi. La baciai sulla guancia.
“Scusami: ho fatto tardi!”
“Sono appena arrivata! Ma che ti è successo?”
“Perché?”
“Hai una faccia tirata, come se non avessi dormito per nulla.”
Il cameriere si avvicinò nuovamente ed ordinammo due spritz.
“Hai indovinato! Non ho chiuso occhio”
“Come mai?”
Cercai, nella mente, qualche scusa che fosse quantomeno accettabile. Ma non trovai nulla.
“Vuoi la verità!”
“Io accetto solo la verità!”
Vinsi l'imbarazzo e
“Ieri sera mi era rimasta addosso la voglia di rivederti e trovare quel fazzoletto con il tuo numero mi ha messo di fronte alla mia fragilità”.
“Addirittura!” la sua risata cristallina mi colpì positivamente. Non c'era nulla di canzonatorio. Il cameriere tornava con i bicchieri colmi ed i soliti stuzzichini. Lei mise mano alla borsetta.
“Lascia. Faccio io!”
“Cavalleria?” chiese lei, stavolta sarcastica.
“No! Voglio solo farmi perdonare il ritardo.”
“Se è così, va bene. Anche se, ripeto, non hai nulla da farti perdonare.”
“Neanche la sveglia all'alba!”
“Ti avrei preso a cazzotti. Ma in quel momento, fortunatamente, non c'eri.”
“Ed ora?”
“Ora ho riposato. Mi sono riaddormentata e non ho alcun motivo per odiarti. A differenza tua”.
“Non riuscirei ad odiarti neanche se mi impegnassi!”
Restammo a parlare, consumando altri tre spritz e relativi salatini, prima di accorgerci che la clientela intorno a noi era cambiata chissà quante volte ed il sole aveva già salutato la piazzetta.
“Oddio! Si è fatto tardi e non ho guardato il cellulare”.
“Se è per questo, neanche io”:
“Tu sei fidanzato?”
“No!”
“Appunto! Mamma mia... telefonate, messaggi. Scusami: devo richiamarlo ed è meglio che sia sola”:
“Possiamo rivederci?”
“Sì, ma non stasera. Se vuoi, chiamami domani: magari riusciamo a fermarci al primo spritz”. Ridemmo insieme, ma avevo il cuore in tumulto per il nuovo appuntamento.
“Mi dici perché stai con lui?” forse non era la domanda migliore per iniziare il nuovo appuntamento, ma era un bisogno che sentivo.
“Giudicami male, se vuoi, ma è pieno di soldi e mi permette di fare una vita che per tanti anni ho solo sognato. Oppure, come qualcuno mi ha proposto, potevo avere facendo la puttana. Le doti le hai, mi ha detto uno. La pensi così anche tu?”
“Io... Io penso solo di essermi innamorato di te”:
“Bingo, allora!”
“Che vuoi dire?”
“Niente, lasciamo perdere!”
“Non lascio perdere affatto: che vuoi dire?”
“Voglio dire che anche tu mi piaci, che da quando ci siamo incontrati al priveé non faccio altro che pensare a te, che anche oggi aspetterei il tramonto qui, con te!”
“E ti dispiace?”
“Mi dispiace esserci caduta come una stupida. Te l'ho detto: lui ha i soldi”:
“io non sono un morto di fame”.
“Non era questo che intendevo”.
“Allora?”
“Ci siamo incontrati al priveé, ricordi? Beh, io sono così: anche se amo un uomo, magari scopo anche con altri. Sai cosa mi dà più fastidio di lui? Pretende di tenere il gioco: io posso incontrare chi decide lui e deve essere poco più grande di me. L'altra sera gli ho detto chiaro: stasera scelgo io, in base alle tue regole. Non so perché, ma mi avevi attirato dal primo momento. Ma io non faccio eccezioni: mi piace scopare coi ventenni, sono quelli che preferisco. Ma anche gli uomini maturi hanno un loro fascino. Sono così, te l'ho detto! Ora che lo sai, possiamo pagare e salutarci. È stato bello, sai?”
Sono passati 20 anni e 2 figli, mi capita di tornare a casa e di trovare qualche ragazzo, continua a preferire i ventenni, attaccato ai suoi seni. Io saluto e vado in camera, lasciandoli soli: so che Laura mi ama come quella prima volta al priveé- Il resto? Laura è così!
“Non puoi venirmi dentro!” mi sussurrò ed io mi sfilai da lei, eruttando sulla sua pancia il mio seme, con in cuor mio la delusione di non aver compiuto fino in fondo il mio atto d'amore. Lei raccolse con le dita la sborra e se la portò alla bocca, senza guardami. Poi mi afferrò di nuovo dietro al collo e mi avvicinò alla sua bocca. Non avrei mai pensato di baciare una donna che avesse appena inghiottito dello sperma. Ed invece ne stavo baciando una che aveva bevuto la sborra di due. E la stavo baciando con consapevolezza, con desiderio, con la voglia di sublimare qualcosa che era andato oltre il sesso.
“Tu sei già venuto, vero?” chiese al ragazzo seduto all'angolo.
“Due volte!” piagnucolò lui.
Lei vinse a stenti una smorfia di ribrezzo che le si disegnava sul volto.
“Andiamo, che è meglio!” disse, mentre cominciavamo a rivestirci e lei, tirando fuori dalla borsa una trusse, si rinfrescava il trucco leggero che aveva.
Cercai di parlare, ma non riuscì ad andare oltre un banale
“È stato bello!”
Cui lei rispose con un sorriso ed un bacio su una guancia.
Lasciai il priveé con una sorta di tristezza addosso, che decisi di stemperare al bar sotto casa mia, prendendomi una bella sbronza. Ma dopo il terzo rum, che misi tre ore a bere, rinunciai anche a quello e me ne tornai a casa. L'alba già chiariva l'orizzonte.
Entrai in camera e mi spogliai, prima di fare una doccia. Svuotai le tasche dei pantaloni, come ero solito fare, e solo allora trovai un kleenex che non avrei dovuto avere. C'era un nome scritto, il suo, seguito da un numero di cellulare. Senza riflettere, chiamai subito. Mi rispose una voce impastata di sonno.
“Pronto? Chi è?”
“Sono Maurizio!”
“Maurizio chi?”
“Maurizio... Scusami, hai ragione, non ci siamo presentati. Sono quello del priveé.”
“Ma sei pazzo a chiamarmi a quest'ora? Hai visto che ore sono?”
“Scusami, hai ragione! Ho agito di impulso: spero di non aver fatto casini. Lui è con te?”
“No, sta a casa sua. Vabbé, non ti preoccupare. Ma ora lasciami dormire; se hai voglia ci vediamo prima di pranzo al Bar Sole, per un aperitivo.”
“Certo! Scusami ancora e...” il clic del telefono mi disse che aveva chiuso. La doccia era andata a farsi benedire ed anche il sonno. Rimasi a guardare il sole che, lentamente, si sollevava alle spalle del palazzo di fronte al mio, in mutande, immerso in un turbinio di pensieri ed emozioni che sembrava voler far scoppiare il cuore. Alle 10, finalmente mi staccai e raggiunsi il bagno. Mi lasciai cullare dal getto dell'acqua per un tempo indefinito, poi rasai la barba. Lo specchio mi rimandava i segni di una notte insonne: per quanto mi sforzassi, non riuscivo a rendere presentabile il mio viso, deturpato da due occhiaie nere e dalle borse sotto gli occhi. Fui tentato di chiamarla e disdire l'appuntamento, ma un'altra voce, più forte, mi spingeva ad incontrarla.
Arrivai al Bar Sole con qualche minuto di ritardo: la riconobbi da lontano. Indossava un paio di anonimi jeans ed una maglietta di Guess neanche molto scollata, eppure più di uno, tra gli uomini, non riusciva a toglierle gli occhi di dosso. Il cameriere si avvicinò a lei, parlarono solo pochi secondi, poi lui si allontanò: gli avrà detto che aspetta qualcuno, pensai. Il cuore mi batteva all'impazzata, mentre percorrevo quegli ultimi metri che mi separavano da una donna che sarebbe dovuta essere l'avventura di una sera e che invece era lì ad aspettarmi. La baciai sulla guancia.
“Scusami: ho fatto tardi!”
“Sono appena arrivata! Ma che ti è successo?”
“Perché?”
“Hai una faccia tirata, come se non avessi dormito per nulla.”
Il cameriere si avvicinò nuovamente ed ordinammo due spritz.
“Hai indovinato! Non ho chiuso occhio”
“Come mai?”
Cercai, nella mente, qualche scusa che fosse quantomeno accettabile. Ma non trovai nulla.
“Vuoi la verità!”
“Io accetto solo la verità!”
Vinsi l'imbarazzo e
“Ieri sera mi era rimasta addosso la voglia di rivederti e trovare quel fazzoletto con il tuo numero mi ha messo di fronte alla mia fragilità”.
“Addirittura!” la sua risata cristallina mi colpì positivamente. Non c'era nulla di canzonatorio. Il cameriere tornava con i bicchieri colmi ed i soliti stuzzichini. Lei mise mano alla borsetta.
“Lascia. Faccio io!”
“Cavalleria?” chiese lei, stavolta sarcastica.
“No! Voglio solo farmi perdonare il ritardo.”
“Se è così, va bene. Anche se, ripeto, non hai nulla da farti perdonare.”
“Neanche la sveglia all'alba!”
“Ti avrei preso a cazzotti. Ma in quel momento, fortunatamente, non c'eri.”
“Ed ora?”
“Ora ho riposato. Mi sono riaddormentata e non ho alcun motivo per odiarti. A differenza tua”.
“Non riuscirei ad odiarti neanche se mi impegnassi!”
Restammo a parlare, consumando altri tre spritz e relativi salatini, prima di accorgerci che la clientela intorno a noi era cambiata chissà quante volte ed il sole aveva già salutato la piazzetta.
“Oddio! Si è fatto tardi e non ho guardato il cellulare”.
“Se è per questo, neanche io”:
“Tu sei fidanzato?”
“No!”
“Appunto! Mamma mia... telefonate, messaggi. Scusami: devo richiamarlo ed è meglio che sia sola”:
“Possiamo rivederci?”
“Sì, ma non stasera. Se vuoi, chiamami domani: magari riusciamo a fermarci al primo spritz”. Ridemmo insieme, ma avevo il cuore in tumulto per il nuovo appuntamento.
“Mi dici perché stai con lui?” forse non era la domanda migliore per iniziare il nuovo appuntamento, ma era un bisogno che sentivo.
“Giudicami male, se vuoi, ma è pieno di soldi e mi permette di fare una vita che per tanti anni ho solo sognato. Oppure, come qualcuno mi ha proposto, potevo avere facendo la puttana. Le doti le hai, mi ha detto uno. La pensi così anche tu?”
“Io... Io penso solo di essermi innamorato di te”:
“Bingo, allora!”
“Che vuoi dire?”
“Niente, lasciamo perdere!”
“Non lascio perdere affatto: che vuoi dire?”
“Voglio dire che anche tu mi piaci, che da quando ci siamo incontrati al priveé non faccio altro che pensare a te, che anche oggi aspetterei il tramonto qui, con te!”
“E ti dispiace?”
“Mi dispiace esserci caduta come una stupida. Te l'ho detto: lui ha i soldi”:
“io non sono un morto di fame”.
“Non era questo che intendevo”.
“Allora?”
“Ci siamo incontrati al priveé, ricordi? Beh, io sono così: anche se amo un uomo, magari scopo anche con altri. Sai cosa mi dà più fastidio di lui? Pretende di tenere il gioco: io posso incontrare chi decide lui e deve essere poco più grande di me. L'altra sera gli ho detto chiaro: stasera scelgo io, in base alle tue regole. Non so perché, ma mi avevi attirato dal primo momento. Ma io non faccio eccezioni: mi piace scopare coi ventenni, sono quelli che preferisco. Ma anche gli uomini maturi hanno un loro fascino. Sono così, te l'ho detto! Ora che lo sai, possiamo pagare e salutarci. È stato bello, sai?”
Sono passati 20 anni e 2 figli, mi capita di tornare a casa e di trovare qualche ragazzo, continua a preferire i ventenni, attaccato ai suoi seni. Io saluto e vado in camera, lasciandoli soli: so che Laura mi ama come quella prima volta al priveé- Il resto? Laura è così!
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